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Il mancato versamento dell’imposta di soggiorno e il peculato degli albergatori

La Cassazione esclude l’abolitio criminis ma perdurano le criticità interpretative

Failure to pay the tourist tax and embezzlement by hoteliers: the Supreme Court excludes the abolitio criminis but the interpretative criticalities persist
Siamo (noi) la più grande tempesta
Ph. Paolo Panzacchi / Siamo (noi) la più grande tempesta

Abstract

Lo scritto si sofferma sulle ricadute innescate dall’entrata in vigore dell’art. 180 del d.l. n. 34 del 19 maggio 2020, convertito in legge n. 77 del 20 luglio 2020 in relazione alla perdurante rilevanza penale o meno delle condotte di peculato commesse da parte dei gestori delle strutture ricettive anteriormente alla data di entrata in vigore del recente intervento normativo. Dopo la ricostruzione del quadro normativo di riferimento e delle differenti posizioni emerse in giurisprudenza nei primi dieci mesi di vigenza del novum, vengono segnalate le perduranti criticità dell’orientamento sin qui recepito dalla Suprema Corte di Cassazione.

The paper focuses on the repercussions produced by the entry into force of the article 180 of the l. d. n. 34/2020 related to the criminal relevance of the behaviors committed by the managers of the accommodation facilities prior to the date of entry into force of the new legislation. After the reconstruction of the reference regulatory framework and the different positions that emerged in case law in the first ten months of the novum's validity, are reported the possible critical issues of the orientation adopted by the Supreme Court.

 

Sommario

1. Il c.d. “decreto rilancio” (art. 180, terzo comma, del D.L. n. 34 del 19 maggio 2020) e l’impatto del novum normativo sulle condotte di peculato poste in essere da parte dei gestori delle strutture alberghiere e ricettive antecedentemente alla sua entrata in vigore

2. La tesi della perdurante rilevanza penale delle condotte di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno da parte dei gestori delle strutture ricettive poste in essere antecedentemente al 19 maggio 2020

3. La tesi dell’intervenuta abolitio criminis: i diversi approdi ermeneutici emersi nella più recente giurisprudenza di merito

3.1. La connessa tematica della retroattività delle sanzioni amministrative di recente introduzione

4. Le ultimissime pronunce della giurisprudenza di merito e di legittimità sul tema e le perduranti questioni irrisolte

 

Summary

1. The article 180 of the l. d. n. 34/2020 and the uncertain repercussions related to the criminal relevance of the behaviors committed by the managers of the accommodation facilities prior to the date of entry into force of the new legislation

2. The thesis of the continuing criminal relevance of the omitted, delayed or partial payment of the tourist tax by the managers of the accommodation facilities put in place prior to May 19, 2020

3. The thesis of the abolitio criminis: the different hermeneutical approaches that emerged in the most recent case law.

3.1. The related issue of the retroactivity of recently introduced administrative sanctions

4. The latest rulings of the jurisprudence of the first instance Courts and of the Supreme Court and the persisting unresolved issues

 

1. Il c.d. “decreto rilancio” (art. 180, terzo comma, del D.L. n. 34 del 19 maggio 2020) e l’impatto del novum normativo sulle condotte di peculato poste in essere da parte dei gestori delle strutture alberghiere e ricettive antecedentemente alla sua entrata in vigore

Come è noto, con l’art. 180, terzo comma, del decreto-legge n. 34/2020 (c.d. “decreto rilancio”, entrato in vigore lo scorso 19 maggio 2020 e convertito, con modificazioni, nella legge 77/2020 entrata in vigore il 19 luglio 2020) il legislatore ha recentemente apportato significative innovazioni in relazione alle condotte di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno da parte da parte dei gestori delle strutture ricettive.

Il novum normativo in commento, all’esito delle modifiche apportate in sede di conversione, sancisce testualmente: “Il gestore della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell'imposta di soggiorno di cui al comma 1 e del contributo di soggiorno di cui all'articolo 14, comma 16, lettera e), del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale. La dichiarazione deve essere presentata cumulativamente ed esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo, secondo le modalità approvate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Per l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma dal 100 al 200 per cento dell’importo dovuto. Per l’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno si applica la sanzione amministrativa di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471[1].

Il legislatore della recente riforma, a ben vedere, ha dunque proceduto sia a rimeditare la qualifica soggettiva dei gestori delle strutture ricettive (oggi autentici “responsabili del pagamento dell’imposta” ai sensi dell’art. 64 d.P.R. 600/1973), sia ad introdurre un inedito illecito amministrativo sagomato proprio sulle condotte di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno da parte dei gestori delle strutture ricettive.

È altrettanto nota la circostanza che, all’indomani dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 34/2020 e della successiva legge di conversione, sono state prospettate – tanto in dottrina, quanto in giurisprudenza – soluzioni estremamente variegate, talvolta radicalmente opposte tra loro, circa l’eventuale abolitio criminis delle condotte di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno poste in essere, da parte dei gestori delle strutture ricettive, antecedentemente alla data di entrata in vigore del c.d. “decreto rilancio”.

Più nel dettaglio, pacifica l’irrilevanza penale pro futuro delle condotte menzionate da ultimo (attesa la sussumibilità di esse, oggi, nell’ambito dell’illecito amministrativo di recente introduzione), ci si chiede se analoga abolitio criminis possa essere affermata anche con riferimento alle condotte poste in essere antecedentemente all’entrata in vigore del decreto più volte menzionato (e dunque in relazione alle condotte perfezionatesi prima del 19 maggio 2020).

Su tale questione, come anticipato, dottrina e giurisprudenza sono pervenute a soluzione diametralmente opposte. Più nel dettaglio - e pur nella consapevolezza dei limiti connaturati a schematizzazioni di questo tipo - il dibattito dottrinale e giurisprudenziale ha finito per polarizzarsi attorno a due distinti orientamenti interpretativi, tra loro radicalmente alternativi ed incompatibili.

 

2. La tesi della perdurante rilevanza penale delle condotte di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno da parte dei gestori delle strutture ricettive poste in essere antecedentemente al 19 maggio 2020

Alla stregua di una prima impostazione, inizialmente minoritaria (quantomeno a livello di formante giurisprudenziale) ma in corso di consolidamento nella giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione[2], le condotte di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno da parte dei gestori delle strutture ricettive poste in essere antecedentemente alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 34/2020 manterrebbero intatta la loro rilevanza penale: tanto sull’assunto secondo cui il recente intervento normativo si sarebbe sostanzialmente limitato ad innescare una successione nel tempo di leggi extrapenali in alcun modo qualificabili come autenticamente integratrici del precetto.

L’orientamento in commento, in particolare, ha fermamente escluso che si verta al cospetto di un fenomeno di abolitio criminis in considerazione del fatto che il legislatore del c.d. “decreto rilancio” si sarebbe esclusivamente limitato a rimeditare, per il futuro, la qualifica soggettiva dei gestori delle strutture ricettive (oggi, come anticipato, autentici “responsabili del pagamento dell’imposta” ai sensi dell’art. 64, terzo comma, d.P.R. 600/1973) prevedendo, in luogo della qualifica pubblicistica (ed in particolare quella di incaricato di pubblico servizio) da tempo attribuita a costoro, per vero non senza oscillazioni, dalla giurisprudenza maggioritaria della Suprema Corte di Cassazione e dalla Corte dei Conti, quella di “responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno […] con diritto di rivalsa sui soggetti passivi”.

In ciò riposerebbe la predicata qualificazione del fenomeno successorio in commento in termini di successione nel tempo di leggi extrapenali non integratrici del precetto: in luogo della veste di incaricato di pubblico servizio (e più nel dettaglio di agente contabile incaricato dell’espletamento di un’attività ausiliaria nei confronti dell’ente impositore ed oggettivamente strumentale all’esecuzione dell’obbligazione tributaria intercorrente, in via esclusiva, tra il Comune ed il soggetto alloggiante nella struttura ricettiva), il decreto-legge n. 34/2020 si sarebbe limitato ad attribuire al gestore di strutture ricettive la veste di coobbligato solidale del cliente alloggiante nella propria struttura, con espresso diritto di rivalsa nei confronti di quest’ultimo, secondo lo schema tipico del “responsabile d’imposta” disciplinato dall’art. 64, terzo comma, d.P.R. 600/1973.

Proprio facendo leva sul (solo) profilo relativo al mutamento della qualifica soggettiva del gestore di strutture ricettive nei termini precedentemente compendiati, la Suprema Corte di Cassazione, nella pronunce richiamate, ha ritenuto di poter fare applicazione dei principi di diritto autorevolmente enunciati dalle Sezioni Unite nel 2007 nell’ambito di una paradigmatica vicenda di successione nel tempo di leggi extrapenali innescata dall’adesione della Romania all’Unione europea, con il conseguente acquisto – da parte dei rumeni – dello status di cittadini europei.

Con la pronuncia in commento (e con altre di segno analogo intervenute successivamente) le Sezioni unite, ribadita l’obbligatorietà del ricorso al criterio del raffronto strutturale in astratto tra fattispecie al fine di verificare l’eventuale operatività della disciplina contenuta nell’art. 2, secondo comma, c.p., ebbero ad affermare che nell’ipotesi di successione nel tempo di leggi extrapenali si verte al cospetto di un fenomeno di autentica abolitio criminis esclusivamente nell’ipotesi in cui la norma extrapenale richiamata dalla fattispecie penale incriminatrice risulti integratrice di essa (come nell’ipotesi paradigmatica delle norme cc.dd. definitorie).

Anche nell’ipotesi di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno da parte da parte dei gestori delle strutture ricettive poste in essere antecedentemente alla data di entrata in vigore del c.d. “decreto rilancio”, alla stregua dell’orientamento recentemente inaugurato dalla Corte Suprema di Cassazione, ci si troverebbe al cospetto - esattamente come nella vicenda scrutinata dalle Sezioni Unite “Magera” - di una modifica normativa non integratrice del precetto nel senso precedentemente chiarito e ciò per l’elementare ragione che la modifica del quadro normativo di riferimento, di natura extrapenale, che regola il versamento dell’imposta di soggiorno non sarebbe sussumibile nel fenomeno del “riempimento di norme penali in bianco”, né risulterebbe qualificabile in termini di norma definitoria: il novum normativo, assai più modestamente, si sarebbe limitato ad innescare una successione di norme extrapenali che, pur collocandosi in rapporto di “interferenza applicativa” sia con la nozione della persona incaricata di un pubblico servizio dettata dall’art. 358 c.p. sia con quella che stabilisce la struttura del reato (il riferimento, stavolta, è al delitto di peculato previsto dall’art. 314 c.p.), lasciano però entrambe inalterate, potendo al più dirsi richiamate in maniera implicita da elementi normativi contenuti sia nella norma definitoria che nella fattispecie penale.

La tesi contraria al fenomeno dell’abolitio criminis è stata condivisa, oltre che da alcuni Uffici Requirenti, anche da parte di autorevole dottrina[3].

Richiamata preliminarmente la nozione di norme extrapenali integratrici del precetto, si è osservato, in prospettiva analoga a quella suggerita dalla Suprema Corte di Cassazione, che l’art. 180, terzo comma, del decreto-legge n. 34/2020 non avrebbe modificato la nozione astratta di incarico di pubblico servizio, ma avrebbe eliminato le condizioni che consentono - o meglio, che avevano consentito alla giurisprudenza di legittimità ed a quella contabile - di qualificare il singolo gestore della struttura ricettiva come incarico di pubblico servizio.

In definitiva non si sarebbe verificata un’abolitio criminis in quanto il novum normativo non avrebbe espunto dalla macro-categoria degli incaricati di pubblico servizio la sotto-categoria degli incaricati alla riscossione delle imposte per conto di un ente pubblico.

La norma sopravvenuta impedirebbe piuttosto, d’ora in avanti, di ricondurre i singoli “albergatori” alla sotto-categoria in commento, trasformandoli in obbligati in solido (esattamente come, mutatis mutandis, l’adesione della Romania all’Unione europea non ha modificato la nozione di straniero extracomunitario presupposta dal delitto contemplato dall’art. 14, comma 5 ter, del D. Lgs. 286/1998).

All’argomento richiamato da ultimo ne viene affiancato un altro di natura – per così dire – “valoriale”, sostanzialmente riconducibile alla teoria della c.d. “continuità normativa del tipo dell’illecito che si è già avuto modo di richiamare in precedenza: si osserva, in particolare, che la tesi contraria all’abolitio criminis risulterebbe coerente anche con la sostanza della riforma del maggio scorso. La scelta di modificare la disciplina relativa alla tassa di soggiorno, più nel dettaglio, nulla avrebbe a che vedere con il disvalore penale del fatto di chi, venendo meno all’obbligo di versamento, si sia appropriato di denaro che, al momento dell’incasso, diviene di proprietà della pubblica amministrazione.

In tale contesto l’illecito amministrativo di nuovo conio sarebbe destinato a trovare applicazione esclusivamente in relazione alle condotte concomitanti, non anche con riguardo a quelle pregresse e ciò in coerenza con il mutato quadro normativo che avrebbe decretato l’attrazione dell’omesso versamento della tassa di soggiorno dalla sfera della distrazione di denaro pubblico a quella dell’evasione fiscale, dunque del mancato versamento di denaro privato.

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