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Il peso delle fiamme

Pentecoste
Pentecoste

L’amore si accarezza

Il mondo in cui viviamo è fecondo di crimini nascosti, celati dietro smaglianti sorrisi. Uno dei più odiosi è forse quello di aver oscurato il senso delle cose a favore delle ragioni delle stesse.

L’esempio più calzante, e forse più tragico, è quello dell’amore materno: considerato, in epoche più civilizzate, una delle più alte forme di carità, ora è stato da molti ridotto ad un semplice e fastidioso processo biochimico, le cui castranti conseguenze possono essere evitate con qualche accortezza.

Questi ragionamenti nascono non tanto, secondo me, da un feroce materialismo, poiché è proprio d’ogni uomo desiderare la bellezza, quanto da una distorta volontà di disincarnare il bene. Si pensa, probabilmente in maniera inconscia, che passioni come l’amore siano tanto più autentiche quanto meno legate a gesti, fatti o cause di natura materiale. Ecco che quindi, vinto da un’ascetica arroganza, l’uomo contemporaneo può giungere a pensare che sia proprio la profonda intimità della generazione carnale ad abbassare quel miracolo che è l’amore materno.

La conseguenza di questa disincarnazione della carità è l’incapacità di comprendere a fondo il senso delle conseguenze che essa porta. Chi, ad esempio, vedesse nel legame che unisce una madre a un figlio solo una reazione organica faticherebbe a comprendere il profondo compimento che una donna può raggiungere nel fondare su di esso la sua esistenza.

 

Ascoltare nel fuoco

Analogamente, questa tendenza ad astrarre completamente l’amore rende per il cristiano di oggi spesso difficile comprendere il senso dell’azione e della presenza dello Spirito Santo.

Nonostante il contatto con la Terza Persona della Santissima Trinità accompagni e scandisca tutte le fasi ed i momenti della vita del credente, spesso ci troviamo in difficoltà nel comprendere il profondo senso della Sua azione in noi. Finiamo per ridurlo alla stregua di un mero elemento simbolico il cui significato è talmente alto ed astratto da renderne la presenza quasi opzionale.

Ciò, a mio avviso, accade perché cerchiamo di concepire la Sua azione come totalmente autonoma, separata da quell’Incarnazione del Figlio cui è indissolubilmente legata. Non a caso infatti san Luca, negli Atti, ha posto il racconto della Pentecoste[1] poco dopo l’ascensione di Gesù al Cielo[2], evidenziando il profondo legame esistente fra questi due avvenimenti.

Riprendendo l’analogia con l’amore materno, non solo la Pentecoste è l’amorosa conseguenza di quella nuova nascita che Cristo ha reso possibile con la sua Passione, Morte e Risurrezione, ma i Suoi stessi gesti rivelano il loro significato solo alla luce di quel Fuoco d’Amore.

La Scrittura mostra chiaramente come l’intimo legame fra lo Spirito e l’Incarnazione, nel suo prodigioso svolgimento, dia vita ad una manifestazione della Verità che, nella sua evidenza e potenza vivificante, non sarebbe stata altrimenti possibile.

La solennità della Pentecoste, la cui centralità la Chiesa non ha mai cessato di evidenziare, ci ricorda che lo Spirito Santo, nella vita di fede, vivifica in noi quell’Incarnazione che altrimenti resterebbe inerte e ci permette di vivere il rapporto con Cristo alla luce di un magistero che ci sfuggirebbe.

Proprio come la pace di una madre si comprende solo nel legame fra la sua carne e quell’amore che le ha dato compimento, così gli insegnamenti di Gesù hanno senso e vita per noi solo alla luce dello Spirito d’Amore che pervade totalmente il mistero dell’Incarnazione.

 

Il senso della Luna

Se quindi è vero che l’autentica comprensione di Cristo l’abbiamo solo in quell’ingresso nell’Amore che lo Spirito ci comunica, allora il nostro sguardo sulle cose, illuminato dalla fede, sarà più chiaro in relazione alla centralità di Gesù nel creato.

San Paolo, nella Lettera ai Colossesi, ci viene in aiuto dicendo: “[…] in Lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili[3][…]” e ancora, “Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono[4]”. Da queste parole comprendiamo che Cristo, Verbo Eterno di Dio, è il cuore vivo e pulsante di tutto il creato; ne viene quindi che l’Amore illuminante la Sua Incarnazione vivifica anche la nostra capacità di comprendere il mondo che ci circonda.

Il cardinale Giacomo Biffi, nell’omelia sulla Pentecoste che pronunciò il 31 maggio del 1998, disse con grande efficacia che “Senza la luce dello Spirito, il mondo appare ai nostri occhi un’assurda contrada, vana e desolata come una landa lunare[5]”.

Queste parole, d’indubbia potenza espressiva, mettono in evidenza un’insufficienza nella conoscenza umana che tutti, con differenti gradi di consapevolezza, sperimentano con disagio. È ciò che ci porta a leggere nei testi dei nostri antenati, ben lontani dalla precisione delle attuali nozioni scientifiche, una comprensione del mondo che a noi sfugge. Anche in questo caso forse abbiamo cercato il significato del cosmo così in profondità da trasformare la domanda stessa in un vano velo di pensiero presto perduto.

Cerchiamo di farci bastare la conoscenza delle ragioni delle cose, ma interiormente soffriamo nello scorgervi, così distorte, solo delle splendide macchine che, chiuse in se stesse, hanno meno senso del più umile dei nostri utensili.

Vivere dello Spirito Santo invece ci pone nella prospettiva della creazione, di un atto d’amore tanto puro quanto concreto che nell’unità così formata spiega sia l’Amante che l’amato. Infiammati quindi dall’Amore di Dio, diveniamo capaci di vedere non solo in Lui ogni cosa, ma anche in ogni creatura un frammento di quella perfezione che sempre si fa dono.

 

[1] At 2, 1-4.

[2] At 1, 1-11.

[3] Col 1, 16 a.

[4] Col 1, 17.

[5] Cf Giacomo Biffi, Lo Spirito della verità, ESD, Bologna 2009, p. 181.

  • Giacomo Biffi, Lo Spirito della verità, ESD, Bologna 2009.