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Il risarcimento del danno da tardiva restituzione dell’immobile locato

ardiva restituzione dell’immobile
ardiva restituzione dell’immobile

Nell’ipotesi in cui il conduttore non restituisca tempestivamente, e dunque nel termine contrattualmente previsto, l’immobile al locatore, la norma codicistica prevede il diritto di questi ad ottenere il risarcimento del danno patito.

Esso viene differenziato in una duplice qualificazione: la c.d. indennità di occupazione, che si quantifica nella misura del canone pattuito ed il maggior danno che, rispetto a tale prima quantificazione, il locatore provasse di aver patito.

Dispone, infatti, l’art. 1591 c.c. che “il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno”.

 

Presupposti: la costituzione in mora

Il presupposto normativo è costituito dalla mora del conduttore, la quale secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, si ha per il fatto stesso della scadenza del contratto di locazione, senza necessità di una esperessa costituzione in mora ex art. 1219 c.c.

Dunque, ai fini probatori, sarà sufficiente al locatore la allegazione del fatto costituente la mancata restituzione della cosa locata mentre il conduttore potrà liberarsi dell’obbligo risarcitorio solo provando che la mancata restituzione è da riferirsi ad una causa a lui non imputabile.

 

Natura e caratteristiche della responsabilità per ritardata consegna

Secondo pacifico insegnamento della Suprema Corte, “l'obbligazione di restituire la cosa locata non ha carattere sinallagmatico, ma consegue alla natura propria della locazione che è contratto a termine; essa nasce alla scadenza della locazione ed ha natura contrattuale, derivando dal contratto locativo. Corrispondentemente ha natura contrattuale la responsabilità per la ritardata riconsegna della cosa o per la trasformazione o il deterioramento di essa non dovuto all'uso.” (Cass. civ. Sez. III n. 11189 del 15.5.2007).

Il Collegio degli Ermellini afferma costantemente come l’art. 1591 c.c. assicuri “al locatore danneggiato dalla ritardata restituzione, una liquidazione automatica del danno, incentrata sulla presunzione secondo cui esso deve essere almeno pari al canone precedentemente pagato. Trattasi di presunzione assoluta, che non ammette prova contraria, se non in senso più favorevole al locatore: (…) il conduttore in mora non può eccepire che il danno subito dal locatore è inferiore alla misura del canone, ma deve continuare a versare quest'ultimo, quale corrispettivo di una prosecuzione — non voluta dal locatore — della relazione di godimento con la res non ancora restituita.” (Cass. civ. Sez. III n. 27287 del 7.10.2021, v. anche Cass. civ. Sez. III n. 18946 del 16.7.2019).

Spetta al locatore, eventualmente, il diritto di reclamare il maggior danno che lamentasse di aver patito rispetto a tale automatica e predeterminata liquidazione del danno operata ex lege.

Precisa, a tal proposito, la Suprema Corte come il canone convenuto costituisca esclusivamente il parametro normativo “di riferimento per la quantificazione del risarcimento minimo spettante” e come versandone l’importo al locatore, il conduttore non dia corso all’adempimento di una obbligazione contrattuale, e nella specie a quella di “dare il corrispettivo nei termini convenuti” (ex art. 1587 co. 2 c.c.) bensì adempia ad una obbligazione risarcitoria, “che si sostituisce a quella contrattuale di pagamento del canone”. Tale debito viene qualificato conseguentemente, in ragione della sua natura risarcitoria, come debito di valore, e pertanto soggetto a rivalutazione monetaria. (cfr. Cass. 27287/21 cit.)

Tuttavia, vi è ampia e discorde giurisprudenza (cfr. ex multis Cass. civ. Sez. III n. 15146 del 20.06.2017) che considera tale obbligazione di pagamento quale debito di valuta, sottoposto “al principio nominalistico (pur rivestendo funzione risarcitoria, venendo ad essere liquidato il danno in misura forfetaria e predeterminata ex lege)”.

 

Il risarcimento del maggior danno

Costituisce, invece, pacificamente debito di valore il risarcimento del maggior danno patito, che potrà essere provato con ogni mezzo, e dunque anche in via presuntiva, dal locatore (cfr. Cass. Civ. 15146/2017 cit.).

Tale danno potrà attenere “alle condizioni dell'immobile, alla sua ubicazione e alle possibilità di nuova sua utilizzazione, nonché all'esistenza di soggetti seriamente disposti ad assicurarsene il godimento dietro corrispettivo, dalle quali emerga il verificarsi di un'effettiva lesione del patrimonio” (Cass. Civ. 27287/2021 cit.)

In caso di vendita dell’immobile locato, per esempio, è certamente “responsabile del danno consistente nella perdita di vantaggiose occasioni di vendita della cosa locata o nella risoluzione del contratto di vendita di essa il conduttore che, ritardando la riconsegna della cosa o riconsegnandola trasformata o deteriorata, ponga in essere le condizioni della perdita delle occasioni o della risoluzione della vendita.” (Cass. Civ. 11189/2007).

Si tratta di un danno in concreto, che non potrà pertanto configurarsi quale danno figurativo in re ipsa, escluso dalla giurisprudenza anche nelle altre ipotesi di occupazione abusiva dell’immobile locato: dovrà pertanto escludersi ogni ipotesi di danno da perdita di chance, il quale, come insegna il Supremo Collegio, si distingue dal danno da perdita definitiva del vantaggio atteso in quanto connotato da una condizione di “insuperabile incertezza eventistica” ovvero da individuarsi nell’ambito delle relazioni incerte tra eventi tra loro non interdipendenti, e quindi derivante da una assoluta, aprioristica ed insuperabile incertezza circa la sua sussistenza, e dunque incompatibile con il maggior danno da ritardata restituzione del bene locato. (Cass. Civ. 27287/21 cit.)

 

Prescrizione

Da ultimo, deve evidenziarsi come il termine prescrizionale per l’indennità di occupazione debba individuarsi, in forza della sua funzione risarcitoria, secondo un criterio di responsabilità contrattuale, nel termine decennale di cui all’art. 2946 c.c. con esclusione, invece, del più breve termine quinquennale previsto in materia di pagamento di pigioni, fitti e di ogni altro corrispettivo di locazioni, previsto ex art. 2948 n. 3 c.c.