Il sistema degli ammortizzatori sociali
Il sistema degli ammortizzatori sociali è costituito dall’insieme degli strumenti predisposti dallo Stato al fine di fornire una tutela del reddito ai lavoratori che si trovano a dover affrontare, nel corso della loro vita lavorativa, periodi più o meno lunghi senza lavoro, per riduzione o cessazione dell’attività lavorativa. In tali casi, il Legislatore, è intervenuto mediante misure di sicurezza economica, che integrano il reddito di lavoro, ridotto a causa della sospensione dell’attività, o che sostengano il lavoratore improvvisamente privato della retribuzione a causa della cessazione del rapporto. Gli ammortizzatori sociali rappresentano, pertanto, misure di politica passiva del lavoro che si aggiungono alle misure finalizzate alla rioccupazione e alla riqualificazione del lavoratore rientranti nell’ambito della politica attiva del lavoro.
Il nostro sistema degli ammortizzatori sociali è stato a lungo oggetto di dibattito e di proposte di riforma in quanto ritenuto inadeguato e, comunque, insufficiente per fronteggiare la sempre più frequente crisi occupazionale.
Tra le principali carenze, sono stati indicati:
- Il c.d. tasso di copertura, in quanto le indennità e i sussidi esistenti non erano fruibili da tutti i lavoratori disoccupati ma solo da quelli che presentassero determinati requisiti assicurativi e contributivi ed appartenessero a determinate categorie;
- La mancanza di collegamento con gli interventi di politica attiva, per cui era insito al sistema il rischio della formazione di masse di disoccupazione assistita.
La Legge n. 92 del 2012 (Legge Fornero), rappresenta una riforma epocale in materia di ammortizzatori sociali in quanto la stessa ha previsto un ampliamento della tutela economica e il rafforzamento dei legami tra gli strumenti di sostegno del reddito e le politiche di attivazione.
A distanza di due anni dal suddetto intervento, il Jobs Act (L. 183 del 2014), ha previsto una nuova riforma degli ammortizzatori sociali, che ha trovato attuazione con due decreti emanati nel 2015 (Decreto legislativo 22/2015 e Decreto legislativo 148/2015). L’obiettivo è stato quello di assicurare, in caso di disoccupazione involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori e di porre, come presupposto di ogni tipo di intervento, il coinvolgimento attivo del soggetto interessato. Sotto questo profilo ha assunto particolare rilevanza l’ulteriore decreto attuativo del Jobs Act (Decreto legislativo 150 del 2015), che ha rafforzato il c.d. principio di condizionalità, in forza del quale all’erogazione del trattamento a sostegno del reddito deve corrispondere il comportamento del precettore diretto ad attivarsi nella ricerca dell’occupazione, a tal fine anche partecipando a percorsi di qualificazione e riqualificazione. In altri termini, vengono introdotte ulteriori misure, anche a carattere sanzionatorio, volte a condizionare la fruizione degli strumenti a sostegno del reddito alla ricerca attiva di una occupazione e al reinserimento nel tessuto produttivo.
Relativamente agli strumenti di tutela in caso di perdita dell’occupazione, le previsioni del Jobs Act sono state attuate con il Decreto legislativo n. 22 del 4 maggio 2015 che è intervenuto sull’assicurazione sociale per l’impiego, ridefinita e denominata NASPI. È stata, in tal modo, effettuata l’omogeneizzazione dei trattamenti, prima distinti in trattamenti ordinari e in trattamenti bevi (cd mini – ASPI), in un unico tipo di indennità, la cui durata è in funzione della contribuzione maturata dal lavoratore, con un’elevazione del periodo di godimento in presenza di carriere contributive più rilevanti. Alla scadenza del periodo di fruizione dell’indennità è stato previsto un ulteriore trattamento a sostegno del reddito (c.d. ASDI), nel caso in cui il soggetto disoccupato versasse in una situazione economica di bisogno. Successivamente, il Decreto legislativo n. 147 del 2017 ha soppresso l’ASDI e introdotto un nuovo strumento di sostegno, c.d. reddito di inclusione (REI), a sua volta sostituito dal reddito di cittadinanza a partire dal mese di aprile 2019.
È stata, inoltre, riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi, in via sperimentale per il 2015, una apposita indennità di disoccupazione (c.d. DIS-COLL), successivamente prorogata fino al 30.06.2017 con il c.d. decreto milleproroghe (D.l. 244/2016 conv. in L. 19/2017).
Nel 2019 è stato, infine, introdotto il contratto di espansione per le imprese impegnate in processi di reindustrializzazione e riorganizzazione (articolo 26 quater D.l. 34/2019 conv. in L. 58/2019, c.d. decreto crescita). Il contratto di espansione, inizialmente introdotto in via sperimentale per il biennio 2019 – 2020, è stato poi prorogato dalla legge di bilancio 2021 per l’intero anno corrente.
Tale breve excursus normativo ci fa comprendere il ruolo fondamentale delle politiche passive nel nostro paese. Nonostante i numerosi interventi normativi, le risorse messe a disposizione per i suddetti ammortizzatori sociali continuano ad essere insufficienti e ben al di sotto della media degli altri paesi dell’Unione europea.
A mio parere, la pandemia Covid 19, pur nella sua drammaticità, costituisce un “semplice” acceleratore di un processo di trasformazione che la rivoluzione scientifica 4.0 ha già attivato. La pandemia e il lockdown, in questa prospettiva, hanno, quindi, reso solo più evidenti alcune traiettorie del cambiamento in atto e reso più urgente la necessità di apportare correttivi agli strumenti di politica attiva e passiva. Il presente elaborato poggia sulla convinzione che in futuro non sarà più sufficiente mettere al centro delle nostre politiche il “posto di lavoro” perché finiremo per consumare, senza grande costrutto, enormi risorse, accrescendo, comunque, disparità e ingiustizie. Servirà, invece, prendersi cura del “lavoro e dei lavoratori”, cioè delle imprese e delle persone. Sarà importante, in questo senso, mettere, quindi, al centro l’idea di sviluppo e di comunità nell’unica prospettiva di ampio respiro che pare possibile, cioè, quella dell’Europa, alla quale bisogna guardare anche nel progettare le riforme possibili.