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Il travagliato percorso del taser nell’ordinamento italiano

Dal contrasto ai fenomeni di violenza nelle manifestazioni sportive al decreto sicurezza del 2018
Armi
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Il “Tavolo tecnico delle interforze” nella seduta del 28 febbraio 2018 approvò le “Linee guida tecnico-operative” per l'avvio della sperimentazione della pistola elettrica Taser modello X2, ritenendo di dover dare attuazione all’art. 8 comma 1-bis del decreto legge n.119 del 2014 convertito con modificazioni dalla legge n. 146 del 2014. Il suddetto decreto prevede disposizioni urgenti in materia di contrasto a fenomeni di illegalità e violenza in occasione di manifestazioni sportive, di riconoscimento della protezione internazionale, nonché assicurare la funzionalità del Ministero dell’Interno. Nello specifico, all’art 8 comma 1 bis emerge che è possibile <<con  le  necessarie  cautele  per  la   salute  e l'incolumità  pubblica e secondo principi  di  precauzione  e  previa intesa con il Ministro della salute, la  sperimentazione  dell'arma comune ad impulsi elettrici per  le  esigenze  dei  propri  compiti istituzionali, nei limiti di spesa previsti>>.

Prima dell’introduzione, sperimentazione ed utilizzo dell’arma si è dovuto attendere un periodo di quattro anni; dal 2014 la proposta di utilizzo del taser era caduta in un volontario dimenticatoio, non essendoci stati né interesse, né indicazioni o chiarimenti in favore delle forze dell’ordine che avrebbero dovuto e/o potuto utilizzarlo. Per taser si intende una pistola che agisce inviando scosse elettriche che renderebbero incapace la vittima di potersi muovere, con l’unico obiettivo di immobilizzarla. Tale effetto, però, agisce per pochi secondi, consentendo al soggetto colpito il recupero fisico quasi immediato,e garantendo al taser la classificazione di “arma non letale”. Non potendo né ledere né ferire questa mira, come detto, a immobilizzare e stordire il soggetto che si intende colpire, ma ciononostante Amnesty International ha dichiarato che il taser abbia causato ben 864 decessi a partire dal 2001- le cause di morte sarebbero legate soprattutto a soggetti che presentavano patologie respiratorie e/o cardiache.   

Durante il cd “Governo Conte I”, nell’ottobre 2018, l’allora Ministro dell’Interno, si fece promotore di un decreto legge – convertito in legge nel dicembre dello stesso anno – che introdusse l’utilizzo del dispositivo - L. 1 dicembre 2018, n. 132. Al termine del periodo sperimentale, avviato a settembre 2018, e dopo aver svolto attività di addestramento, si procedette alla consegna del materiale a tutte le pattuglie della Polizia di Stato operanti sul territorio nazionale, ai Carabinieri, alla Guardia di Finanza, e alle Polizie locali in alcune zone.

Durante la fase di formazione, oltre che analizzare le caratteristiche tecniche dell'arma, le ipotesi di utilizzo, le procedure, le precauzioni da adottare e i criteri giuridici relativi all'uso dello strumento, il periodo di educazione è stato integrato da interventi informativi del personale medico. Infatti, dopo l’utilizzo del dispositivo dato in dotazione, indipendentemente dalle condizioni fisiche in cui si trovi il soggetto colpito, è fatto obbligo per l’operatore di polizia la richiesta di intervento da parte del personale sanitario - proprio per prevenire tragiche conseguenze dettate da eventuali patologie pregresse del soggetto colpito dalla scarica - che dovrà poi rilasciare un’apposita certificazione medica. Il modello di taser fornito alle forze di Polizia consente l’utilizzo di due impulsi elettrici e l’agente che intende utilizzarlo deve prima mostrarlo e successivamente dichiararne l’effetto.

L’uso del taser è comunque consentito esclusivamente nei casi previsti dalla vigente normativa per l’uso delle armi. Nonostante il periodo di formazione e le necessarie accortezze in materia, nel luglio del 2020, l’attuale Ministro dell’Interno ha sospeso l’utilizzo dell’arma propria con una circolare ministeriale, non avendo superato delle prove balistiche indispensabili ai fini del suo utilizzo. Il ritiro fu dichiarato temporaneo e, infatti, nel mese di giugno 2021 è arrivato l’annuncio non solo dell’operatività del taser, ma anche della possibilità di fornire alle forze dell’ordine le cd. body-cam – già in dotazione ad alcuni comandi di Polizia Locale -  per documentare eventuali violenze subite dagli agenti della forza pubblica in occasione di manifestazioni “di piazza”.

 Aldilà della sua efficienza, diversi sono i fattori di rischio che gettano ombre sulla reale opportunità di utilizzare lo strumento in commento. L’utilizzo del taser non solo richiede una grande attenzione dell’operatore che intende avvalersene, ma potrebbe risultare inadeguato rispetto a talune situazioni di vita quotidiana che impegnano le forze dell’ordine. Poste tali riserve, alla luce dei diversi fatti di cronaca che hanno avuto a oggetto il comportamento inadeguato delle forze dell’ordine, è innegabile la convenienza di strumenti capaci di  realizzare interventi a basso rischio ed è allo stesso tempo opportuno interrogarsi sull’efficacia che avrebbero avuto se fossero stati introdotti prima.
 

L’utilizzo del Taser limiterebbe le ipotesi di eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi?

Partendo dal presupposto che l’articolo 53 cp disciplina l’uso legittimo delle armi, il decreto di cui sopra –dl 119/2014- si è occupato dell’avvio alla sperimentazione di un altro mezzo di coazione fisica, ed è quindi legittimo ritenere che il taser rientri nel perimetro operativo della scriminante. Nella disposizione della scriminante il pubblico ufficiale può o ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o vincere una resistenza. L’articolo 55 c.p., invece, disciplina le ipotesi di eccesso colposo ogniqualvolta sussistano i presupposti di fatto di una delle cause di giustificazione e il soggetto ne travalica i limiti. L’articolo sopramenzionato dispone che <<quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli artt. 51,52,53 e 54 si eccedono, colposamente i limiti, stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità ovvero imposti dalla necessità si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo>>.

L’espresso richiamo alle disposizioni, -che disciplinano le cause di giustificazione e la specificazione che l’eccesso ricorre quando, per colpa, si eccedono i limiti stabiliti dalla legge o dall’autorità, nell’ipotesi prevista dagli artt. 51 e 53- consente di affermare che l’art. 55 necessariamente postula un collegamento tra eccesso colposo e situazioni scriminanti, e dunque l’impossibilità di ritenere la fattispecie descritta dall’art.55, come una fattispecie colposa “ab origine” autonoma svincolata dalle previsioni delle singole scriminanti. Ciò che conta è che la volontà dell’agente sia sempre tesa a realizzare quel fine che nella situazione concreta rende giustificato il comportamento, e che per un errore vincibile sulla necessità dell’uso di dati mezzi, o sull’estensione dei limiti concreti che la situazione si impone, si realizza un evento sproporzionato rispetto a quello che sarebbe stato invece sufficiente produrre.[1] Con riferimento alla forma dell'eccesso colposo, solitamente si opera una distinzione tra eccesso nel fine ed eccesso nei mezzi. Il primo caso risulta strettamente connesso all'errore-motivo, che si verifica quando l'agente si rappresenta erroneamente, travalicandoli, i limiti della causa di giustificazione. In altre parole, egli, nonostante agisca in presenza dei presupposti della scriminante, ritiene consentito e necessario nel caso concreto un comportamento che va oltre i confini della scriminante che viene in rilievo. Nell’ipotesi di eccesso nei mezzi, invece, si ha un errore-inabilità. L’agente cioè riesce a valutare correttamente i limiti della causa di liceità, ma a causa di una sua inabilità nella fase esecutiva della condotta travalica tali limiti, con la conseguenza che, a differenza della precedente ipotesi, l’agente non vuole l’evento più grave.[2]

Secondo una serie di dati raccolti dall’Agi si è arrivati a concludere che in più del 75% dei casi, in Europa, l’uso del taser abbia risolto situazioni complesse di ordine pubblico senza ricorrere all’utilizzo di armi.
 

Il taser: conclusioni

Si può ritenere che il legislatore sembrerebbe non preoccuparsi dell’aggiornamento della disciplina di settori particolari. È pacifico che chi opera sul territorio, quale garante dell’ordine e della sicurezza pubblica,  sa bene che assumersi dei rischi è inevitabile, ma sarebbe altresì auspicabile non solo disporre di strumenti di difesa adeguati, ma anche, sotto il profilo squisitamente giuridico, che il legislatore costruisca un’architettura normativa adeguata che chiarisca i requisiti applicativi degli strumenti a disposizione e consenta alle forze dell’ordine, nei casi di utilizzo legittimo dei suddetti strumenti, di poter invocare la scriminante. Parallelamente, è indubbio, ma questo non ha immediata attinenza con la normativa penale, che un notevole ausilio agli operatori possa venire dall’evoluzione tecnologica in termini di mezzi protettivi sempre più validi e di strumenti di coazione fisica a basso regime di pericolosità.

[1] Bettinol-Pettoello Mantovani, Diritto penale e Fiandaca Musco,Diritto penale parte generale

[2] Caringella-Della Valle-De Palma, Manuale di diritto penale parte generale IX ed. 202