Imposte comunali: le gigantografie sono soggette?

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Abstract

L’ordinanza 21043/2020 ribadisce l’orientamento costante della Suprema Corte sull’imposta comunale di pubblicità sulle gigantografie di prodotti venduti all’interno  di un supermercato ed installate sulle sue vetrine. Infatti, tali immagini, volte a richiamare l’attenzione del pubblico e a promuovere l’attività del supermercato, sono considerate soggette ad imposta. Traendo spunto dalla pronuncia della Cassazione, approfondisco i presupposti dell’imposta di pubblicità in relazione alle vetrofanie.

 

Indice:

1. L’ ordinanza 21043/2020 della Corte di Cassazione

2. Il presupposto impositivo dell’imposta comunale di pubblicità

3. Orientamento della Corte di Cassazione

4. Conclusioni

 

1. L’ ordinanza 21043/2020 della Corte di Cassazione

La materia del contendere è l’accertamento dell’imposta comunale di pubblicità, notificato da una società concessionaria dell’accertamento e riscossione dei tributi locali di un Comune lombardo ad un supermercato per le vetrofanie affisse nel punto vendita.

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione al contribuente ritenendo che: “ le vetrofanie apposte sulle vetrine del mini market in questione sono carenti di funzione pubblicitaria, trattandosi di anonime riproduzioni di alcuni articoli in vendita che non richiamano in alcun modo la denominazione sociale del contribuente, limitandosi a raffigurare cibo in genere”.

La società concessionaria interpose ricorso per cassazione eccependo la violazione degli articoli 5, 6 e 17 del Decreto  Legislativo 507/93.

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso, poiché: “costituisce fatto imponibile qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, il quale risulti - indipendentemente dalla ragione e finalità della sua adozione - obbiettivamente idoneo a far conoscere indiscriminatamente alla massa indeterminata di possibili acquirenti ed utenti cui si rivolge il nome, l'attività ed il prodotto di una azienda, non implicando la funzione pubblicitaria una vera e propria operazione reclamistica o propagandistica”.

 

2. Il presupposto impositivo dell’imposta comunale di pubblicità

L’articolo 5 del Decreto legislativo 507/93 dispone: “La diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile è soggetta all’imposta di pubblicità. Ai fini dell’imposizione si considerano rilevanti i messaggi diffusi nell’esercizio di un’attività economica allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, ovvero a migliorare l’immagine del soggetto pubblicizzato

Applicando l’articolo 5 alle vetrofanie si può concludere che il messaggio è diffuso in luogo pubblico o percepibile da luogo pubblico.

Occorre chiedersi se una vetrofania di un prodotto alimentare di un supermercato abbia lo scopo di promuovere la domanda del bene venduto all’interno.

Una prima risposta affermativa viene dall’articolo 17 del Decreto legislativo 507/93, altra norma citata dalla concessionaria della riscossione nel proprio ricorso.

Esso elenca una serie di esenzioni dall’imposta comunale di pubblicità, tra cui, alla lettera a) le insegne esposte sulle vetrine e sulle porte di ingresso dei locali adibiti alla vendita di beni o alla prestazione di servizi, purchè siano attinenti all’attività svolta all’interno e non superino, nel loro insieme, la superficie complessiva di mezzo metro quadrato per ciascuna vetrina o ingresso.

Pertanto, sotto un profilo esclusivamente giuridico, le vetrofanie di prodotti venduti all’interno di un supermercato che superino complessivamente mezzo metro quadrato per ciascuna vetrina sono considerati idonei mezzi pubblicitari.

Una tale caratterizzazione emerge in modo ancor più netto da un’interpretazione sistematica dell’articolo 17, che, alla lettera b) esclude da imposta di pubblicità gli avvisi al pubblico relativi all’attività svolta e quelli riguardanti la localizzazione e l’utilizzazione dei servizi di pubblica utilità esposti nelle vetrine o sulle porte di ingresso ai locali, la cui superficie non superi il mezzo metro quadrato.

Da tale raffronto si desume che le vetrofanie dei prodotti venduti all’interno di un supermercato, di superficie complessiva superiore a mezzo metro quadrato per ciascuna vetrina, non sono considerati mere informazioni, bensì messaggi pubblicitari.

Dunque, esse assommano al carattere informativo quello persuasivo, diretto a modificare il comportamento del destinatario del messaggio pubblicitario, orientandone i consumi.

 

3. Orientamento della Corte di Cassazione

L’ordinanza 21043/2020 ribadisce un orientamento consolidato della Corte di Cassazione.

Viene considerato presupposto dell’imposta comunale di pubblicità qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, il quale risulti - indipendentemente dalla ragione e finalità della sua adozione - obbiettivamente idoneo a far conoscere indiscriminatamente alla massa indeterminata di possibili acquirenti ed utenti cui si rivolge il nome, l'attività ed il prodotto di una azienda, non implicando la funzione pubblicitaria una vera e propria operazione reclamistica o propagandistica (Cass. n. 17852 del 2004, Cass. n. 15449 del 2010).

L’ordinanza n. 1359 del 2019 distingue, al riguardo, i mezzi di comunicazione con il pubblico, soggetti ad imposizione, in quanto obiettivamente idonei a veicolare un messaggio, diretto ad una pluralità indeterminata di possibili acquirenti, che promuova l'immagine ovvero i prodotti e/o servizi di un'azienda da quelli aventi finalità meramente decorativa, per i quali detta imposta non trova invece applicazione.

Le vetrofanie di superficie superiore a mezzo metro quadrato per vetrina promuovono l'attività dell'esercente e sono dirette a richiamare l'attenzione dell'eventuale acquirente, in quanto sono strettamente attinenti all'attività commerciale svolta all'interno del supermercato.

 

4. Conclusioni

Questa pronuncia e l’approfondimento che ne è seguito evidenziano che le questioni tributarie sono caratterizzate da un estremo tecnicismo e che i concetti non possono essere interpretati secondo il “senso comune”.

L’imposta di pubblicità, come tutti i tributi locali, sono poco conosciute e studiate e presentano un alto grado di specificità.

Affrontare questi aspetti senza la necessaria preparazione apre la porta a contestazioni ed accertamenti da parte dei Comuni o delle società concessionarie dell’accertamento e riscossione.