Jackson: un nuovo giudice della Corte suprema federale
Il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha nominato un nuovo giudice della Corte suprema federale: Ketanji Brown Jackson, 51 anni, attualmente in servizio alla Court of Appeals for the District of Columbia Circuit. Se confermata dal Senato (come è più ragionevole ritenere che accadrà), Judge Jackson succederà a Justice Stephen Breyer e sarà la prima donna nera a servire presso la Corte più famosa del mondo.
La nomina di Ketanji Brown Jackson era largamente attesa. Dai retroscena delle scorse settimane è emerso che Biden, che durante la campagna elettorale aveva promesso di nominare alla Corte una donna nera, ha preso in considerazione tre candidate: Jackson, Leondra Kruger (45 anni, attualmente giudice della Corte suprema della California) e Julianna Michelle Childs (55 anni, giudice della District Court for the District of South Carolina). Jackson è stata però considerata, fin dal primo momento, la prima scelta da Biden, come suggerito dal fatto che uno dei primi atti dell’amministrazione è stata proprio la sua promozione da giudice di primo grado a giudice d’appello.
Ketanji Brown Jackson ha studiato ad Harvard e, dopo la laurea, ha lavorato come assistente di ben tre giudici federali, uno per ciascun livello dell’ordinamento giudiziario (cosa piuttosto rara): Patti B. Saris della District Court for the District of Massachusetts (tribunale di primo grado); Bruce M. Selya della Court of Appeals for the First Circuit (corte d’appello); Stephen Breyer della U.S. Supreme Court. Dal 2000 al 2003 ha esercitato la libera professione forense, mentre dal 2003 al 2005 ha fatto parte della United States Sentencing Commission, un organo incaricato di fissare delle linee guida in materia di termini edittali di pena. Dal 2005 al 2007 ha lavorato come public defender, per poi tornare alla United States Sentencing Commission nel ruolo di vicepresidente.
Nel 2012, è stata selezionata da Obama come giudice della United States District Court for the District of Columbia, per poi essere elevata, come già ricordato, alla Court of Appeals for the District of Columbia Circuit da Biden nel giugno 2021. La sentenza più nota pronunciata da Jackson è Committee on the Judiciary of the US House of Representatives v. McGahn (2019), un caso che ha visti opposti la House Committee on the Judiciary (a guida democratica) e Don McGahn, ex consigliere dell’amministrazione Trump. La House Committee aveva citato in giudizio McGahn, a seguito del rifiuto di quest’ultimo di adeguarsi all’ordine di testimoniare nel corso dei procedimenti per l’impeachment di Trump. Jackson si è pronunciata a favore della House Committee, statuendo l’insussistenza della tesi giuridica, difesa dall’amministrazione Trump, di una immunità speciale dei membri del governo, e scrivendo in proposito che «secondo la Costituzione, nessuno è al di sopra della legge» e che «i presidenti non sono re».
Proprio perché il suo servizio come giudice è principalmente limitato a processi di primo grado, manca un insieme di sentenze idonee a delineare con precisione la judicial philosophy di Ketanji Brown Jackson. Tuttavia, per la sua formazione e le sue esperienze, è chiaro che si allineerà alla cosiddetta ala “liberal” della Corte, in compagnia delle giudici Sonia Sotomayor ed Elena Kagan, nominate da Obama. Resta da vedere, però, a chi delle due sarà, per così dire, più vicina: e se cioè si comporterà da “progressista” limpidissima, come la Sotomayor, o se invece seguirà la Kagan (nonché l’esempio del suo mentore Breyer), mostrando maggiore inclinazione a trovare un punto di equilibrio con i giudici più “conservatori”.
Ciò che è certo, però, è che Ketanji Brown Jackson porterà con sé una prospettiva nuova alla Corte, specialmente in materia penale. Se confermata, sarà infatti l’unica giudice ad aver lavorato come public defender e la seconda dei nove giudici attuali a non aver mai lavorato per il Governo federale (l’altra è Amy Coney Barrett, nominata da Trump, che viene da una storia accademica). La visione – che, con un termine forse approssimativo ma certo efficace, può dirsi – “garantista” di Ketanji Brown Jackson si è formata fin dai suoi anni giovanili, come testimoniato dal titolo della sua tesi di diploma: The Hand of Oppression: Plea Bargaining Processes and the Coercion of Criminal Defendants. Questa visione è originata anche da un sentimento di affetto familiare: un suo zio, infatti, è stato condannato all’ergastolo per un reato (non violento) di spaccio di sostanze stupefacenti, in base alle cosiddette “three strikes” laws, ossia leggi gravemente punitivistiche che riconnettono l’ergastolo automatico alla commissione di tre, successivi, reati della medesima indole. Durante i suoi anni alla United States Sentencing Commission, Ketanji Brown Jackson è intervenuta per diminuire, in modo retroattivo, la severità delle linee guida in materia di condanna per reati legati al consumo o allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Il Senato dovrebbe avviare a breve le audizioni sulla candidatura di Ketanji Brown Jackson, così da confermare il giudice nel suo nuovo ruolo già prima di Pasqua. Se la sua nomina sarà approvata, Ketanji Brown Jackson inizierà il proprio servizio come Associate Justice della Corte suprema a partire dall’ottobre prossimo.