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La comunione volontaria immobiliare

Las Vegas
Ph. Antonio Capodieci / Las Vegas

La Cassazione enuncia un principio di diritto sull’acquisto di beni non elencati dall’articolo 1117 codice civile: non è sufficiente la mera indicazione nel regolamento condominiale, ancorché di natura contrattuale, di un bene non incluso nell’articolo 1117 codice civile, perché lo stesso sia qualificato come comune, in assenza di una inequivoca manifestazione di consenso da parte di tutti i condòmini.

 

La Suprema Corte di Cassazione è recentemente intervenuta in una lite relativa ad un condominio orizzontale milanese, composto da un insieme di capannoni, nella quale il proprietario esclusivo di uno di essi richiedeva al Condominio il rimborso delle ingenti spese sostenute per la rimozione di eternit dal tetto della proprietà esclusiva, sulla scorta della (generica) previsione del regolamento contrattuale che affermava la contitolarità delle “coperture”.

Premette il Supremo Collegio come, sotto un profilo processuale, sia previsto il litisconsorzio necessario di tutti i condòmini per poter accertare la condominialità di un bene, ai sensi dell’articolo 1117 codice civile, e che a tal fine la legittimazione passiva del solo amministratore non possa dirsi sufficiente. Nel caso che occupa, l’accertamento svolto dalla Corte di Cassazione avrà, pertanto, natura meramente incidentale, funzionale alle decisione in questione, ma “privo di efficacia di giudicato in ordine all’estensione dei diritti reali dei singoli”. A tal fine, infatti, il procedimento avrebbe dovuto svolgersi in confronto con tutti i condòmini, ai quali si sarebbe dovuta consentire la partecipazione al giudizio.

 

Il nesso di condominialità

Nel merito della questione, insegna la Suprema Corte come il nesso di condominialità possa ravvisarsi in svariate tipologie costruttive, incluso il “condominio orizzontale” oggetto della vicenda litigiosa.

La norma di cui all’articolo 1117 codice civile ne contiene, come noto, una presunzione, laddove si abbia ad oggetto un bene tra quelli elencati in tale disposizione, costituiti da strutture portanti e da impianti essenziali comuni, tra essi legate da un rapporto di funzionalità necessaria e dunque caratterizzate dalla specifica funzione di utilità al servizio ed al godimento delle parti comuni, sia del medesimo edificio, sia persino di gruppi di edifici tra loro distinti.

L’unica deroga prevista dalla norma risiede in una diversa disposizione del titolo, la quale diviene essenziale nel caso in esame, poiché evidentemente la funzione di copertura svolta dal tetto dei cui oneri di manutenzione straordinaria si tratta, non attiene alla utilità comune, di talché non opera la presunzione di condominialità necessaria prevista dalla ridetta norma codicistica.

 

Il regolamento condominiale

Secondo la Corte d’Appello meneghina, la cui pronuncia viene impugnata nel giudizio di legittimità in commento, invero, il titolo in questione sarebbe stato costituito dal regolamento contrattuale, che era stato incorporato, con specifica approvazione, nei rogiti di acquisto dei singoli condòmini e la cui previsione era del seguente tenore, che appare opportuno riportare per la sua migliore analisi: “Costituiscono proprietà comune, inalienabile ed indivisibile di tutti i proprietari dei diversi piani o posizioni di piano dello stabile, le fondazioni, la scala, le strutture portanti dell'edificio, il cortile, il locale guardiola, il W.C. esterno, la cabina elettrica, il locale contatore luci e gas, le facciate, il portone di ingresso pedonale, il portone di ingresso carraio, gli impianti di fognatura, di scarico, di acqua potabile, di energia elettrica e gas sino ai rispettivi contatori di intercettazione e conteggio dell'utenza specifica, ovvero sino alle diramazioni delle singole unità immobiliari, le coperture e tutto quanto specificato nell'allegata planimetria”.

Osserva il Supremo Collegio come i beni elencati in tale disposizione siano genericamente determinati e che alcuni tra essi neppure risultino esistenti in un condominio orizzontale.

Rileva, inoltre, la Corte di Cassazione, come, sia vero, da un lato, che è proprio radicato orientamento affermare che “con il regolamento di condominio, anche se predisposto dal costruttore dell'edificio (regolamento cd. esterno), può essere attribuita la comproprietà di una o più cose non incluse tra quelle elencate nell'articolo 1117 codice civile a tutti i condomini o soltanto a quelli cui appartengano alcune determinate unità immobiliari. Se un siffatto regolamento, contenente un atto che costituisce la comunione di uno o più beni, sia stato regolarmente trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari, esso è poi opponibile altresì a tutti coloro che acquistino successivamente le varie unità del fabbricato”.

 

La comunione volontaria immobiliare

Dall’altro lato, tuttavia, evidenzia il Collegio degli Ermellini come una comunione volontaria immobiliare possa ravvisarsi, per accordo delle parti, sia allorquando più soggetti mettano in comune immobili già di loro rispettiva proprietà individuale, sia quando, con distinti atti di alienazione, si vendano a più soggetti singole parti di un bene immobile, obbligando gli acquirenti a lasciare in comune alcune parti residue (c.d. comunione a formazione progressiva). In tale ultimo caso, tuttavia, non si riscontra una espressa volontà degli acquirenti di dare luogo ad una comunione, bensì la stessa si costituisce quale “automatica conseguenza del fatto che l’acquisto del diritto reale su una cosa (atto a causa traslativa) sia stato compiuto da più persone”.

Spiega la Corte di Cassazione come, pertanto, al fine, di accertare che un bene non oggetto di condominialità presunta, secondo l’articolo 1117 codice civile sia stato comune a tutti i condòmini, “occorre accertare o che tutti i condomini abbiano acquistato individualmente con i rispettivi atti una quota di tale bene, oppure che tale comunione abbia un vero e proprio titolo costitutivo contrattuale, ai sensi degli articoli 1350 n. 3 e 2643 n. 3, codice civile, il quale abbia comportato il trasferimento del diritto dal patrimonio del singolo a quello soggettivamente collettivo.”, annotando come in tale ultima fattispecie la manifestazione del consenso dovrà avvenire in forma necessariamente scritta.

Ne discende come il titolo che si limiti a richiamare un regolamento condominiale contenente una generica descrizione di alcuni beni non può valere a dar luogo ad un contratto o ad un fatto costitutivo di una comunione immobiliare, che anzi detto regolamento sembra già dare per avvenuta, essendo necessario che dal documento scritto risulti la volontà di costituire la comunione.

 

Il principio di diritto

Enuncia, in conclusione, la Suprema Corte, il seguente principio di diritto: “La comproprietà di una o più cose, non incluse tra quelle elencate nell'articolo 1117 codice civile (quale, nella specie, un tetto avente funzione di copertura di una sola delle unità immobiliari comprese in un condominio orizzontale), può essere attribuita a tutti i condomini quale effetto dell'acquisto individuale operato con i rispettivi atti di una quota di tale bene, oppure in forza di un contratto costitutivo di comunione, ai sensi degli articoli 1350 n. 3 e 2643 n. 3, codice civile„ recante l'inequivoca manifestazione del consenso unanime dei condomini, espressa nella forma scritta essenziale, alla nuova situazione di contitolarità del immobili individuati nella loro consistenza e localizzazione.