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La conferenza di servizi del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica all’installazione di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti: la normativa precodicistica.

Ai fini di una più completa disamina della disciplina della conferenza di servizi prevista dall’art. 208 del d. lgs. n. 152/2006 nell’ambito del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica all’installazione di impianti di smaltimento o di recupero rifiuti, si ritiene opportuno inquadrarla nel suo sviluppo storico, nel corso del quale sono emerse le principali problematiche cui la normativa attualmente vigente cerca di dare una risposta.

Nel contesto dell’evoluzione della normativa settoriale e della prassi sulla conferenza di servizi antecedenti all’introduzione della legge sul procedimento amministrativo, l’art. 3-bis della l. n. 441/1987 ha rappresentato il momento di svolta nel rilancio dell’istituto e il prototipo su cui si è sviluppata larga parte della successiva disciplina di settore, destinato ad essere ripresa dal modello generale originario configurato dall’art. 14 della l. n. 241/1990 (1).

Esso prevedeva che, sulla base delle risultanze della conferenza appositamente convocata dalla Regione, la quale valutava i profili di compatibilità ambientale del progetto e alla quale partecipavano i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti degli enti locali interessati, la Giunta regionale potesse concedere o negare l’autorizzazione, che andava a sostituire gli atti di assenso comunque denominati delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali.

Già in questa forma primordiale di conferenza la dottrina ha rilevato notevoli aspetti problematici in parte destinati a perdurare tuttora, dall’assenza di garanzie procedurali a tutela dei privati interessati alla prevalenza della scelta regionale di localizzazione dell’impianto sulle determinazioni degli enti locali, dato che il provvedimento autorizzatorio regionale – oltre ad avere il suddetto effetto sostitutivo – costituisce ancora variante dello strumento urbanistico generale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori, per cui l’automaticità dell’effetto di variante non garantisce all’ente locale dissenziente la possibilità di esercitare le sue competenze in materia urbanistica (2). In altri termini, con la disposizione in esame il legislatore ha determinato la sovrapposizione dell’interesse pubblico alla realizzazione degli impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti su eventuali interessi pubblici concorrenti, con l’unico limite che gli impianti siano compatibili con le esigenze ambientali e territoriali (3). Manca poi qualunque disciplina sui modi e sui tempi di convocazione della conferenza, in particolare sulla comunicazione ai rappresentanti degli enti locali dei documenti relativi al progetto che verrà posto in discussione, una lacuna che verrà colmata solo dal successivo d. lgs. n. 22/1997. Inoltre, non è del tutto chiara l’estensione dell’oggetto della conferenza, che riguarda «la compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali», espressione nella quale ci si chiede se rientrino solo i profili di merito ambientale o anche i profili di legittimità dei sub–procedimenti (autorizzazioni, concessioni, nulla–osta), convogliati nell’unico procedimento. Infine, l’adozione del provvedimento «sulla base delle risultanze» della conferenza non specifica se la Giunta regionale possa prescinderne o discostarvisi con congrua motivazione, lasciando alla giurisprudenza un non facile compito ermeneutico (4). Peraltro, la giurisprudenza è pienamente consapevole delle lacune della disposizione, riconoscendo che «la conferenza in parola è caratterizzata da forme estremamente semplici per quanto attiene sia la partecipazione dei soggetti interessati, sia l’efficacia di tale partecipazione procedimentale» (5).

La giurisprudenza ha affermato sin dall’inizio la natura istruttoria della conferenza in esame, negando che essa possa essere il luogo deputato all’adozione di decisioni finali ma solo la sede per la manifestazione e il confronto dei vari interessi pubblici rilevanti. In tal senso, «la conferenza, in particolare, non costituisce una sottofase deputata a risolvere il dissidio (frequentemente) esistente fra Enti locali, contrari ad interventi del tipo di cui trattasi, e Regione favorevole agli stessi. La stessa, invece, è un “modus procedendi” teso, da una parte, alla considerazione ed alla valorizzazione nonché alla ponderazione dei vari interessi pubblici coinvolti, non necessariamente confliggenti tra loro, ma pur sempre di tipo e peso diversi, e finalizzato comunque ad una migliore realizzazione del pubblico interesse generale senza dimenticare quello particolare, dall’altra, a semplificare e ad accelerare il procedimento» (6). Se dal primo punto di vista la conferenza è quindi solo «uno strumento procedimentale di emersione e comparazione di interessi pubblici e di previa composizione di eventuali conflitti, che, però, trovano il loro momento di sintesi solo nel provvedimento regionale» (7), «solo un modulo organizzativo per l’emersione degli interessi presenti ma non ha alcuna funzione decisoria in ordine ai progetti» (8), dall’altro essa ha «solo una valenza acceleratoria del procedimento» (9).

Nella consistente casistica, si censura l’autorizzazione rilasciata dalla Regione non solo se emessa senza la preventiva convocazione della conferenza (10) ma anche laddove sia inadeguata la motivazione con cui si è deciso di prescindere dalla risultanze istruttorie negative emerse in sede di conferenza (11), così come viene ritenuto illegittimo il provvedimento di diniego dell’autorizzazione in contrasto con le risultanze istruttorie positive emergenti dalla conferenza (12). Si richiede in generale una motivazione particolarmente rigorosa e puntuale delle ragioni per le quali la Regione decida di disattendere le risultanze dell’istruttoria conferenziale (13), non potendo essa in modo assoluto procedere al rilascio dell’autorizzazione in presenza di esiti del tutto negativi della conferenza (14) e con margini di discrezionalità di poco superiori anche nell’ipotesi in cui gli esiti siano non del tutto positivi. In tal senso, «le conclusioni della conferenza di servizi non possono ritenersi favorevoli nel caso di esiti istruttori non del tutto positivi, sicché, se in via di principio deve escludersi che, qualora gli esiti siano del tutto negativi, sia consentita l’approvazione, nel caso di esiti non del tutto positivi l’organo decidente ben può addivenire a conclusioni negative ritenendo prevalenti le ragioni dei soggetti ed enti contrari all’insediamento» (15).

Particolarmente problematica si dimostra subito la tematica della legittimazione processuale attiva degli enti locali partecipanti e dissenzienti a ricorrere contro la localizzazione dell’impianto nel proprio territorio (16).

Secondo l’iniziale orientamento assunto dalla giurisprudenza, l’ente locale è assimilabile al soggetto di amministrazione attiva procedente, con conseguente negazione della sua veste di controinteressato e impossibilità di configurare una lesività nei suoi confronti del provvedimento alla cui assunzione esso ha concorso. Ne deriva chela mancata convocazione di alcuni Comuni interessati non potrebbe determinare l’illegittimità del provvedimento finale, poiché ciò potrebbe derivare solo dalla «omissione della convocazione di tutti i soggetti pubblici interessati» (17). In altri termini, tale indirizzo sostiene la scissione tra titolarità del potere e destinatarietà del provvedimento, per cui difetta quel rapporto intersoggettivo che solo costituisce il presupposto della tutela giurisdizionale (18). Il Comune resta dunque sprovvisto di legittimazione attiva perché non è titolare di posizioni giuridiche soggettive direttamente lese dall’atto impugnato, dovendosi ritenere insufficiente a tal fine la posizione di figura esponenziale della comunità locale e degli interessi diffusi di quest’ultima (19). E ciò vale a prescindere che l’ente locale abbia o meno manifestato il proprio dissenso in conferenza (20).

Parallela a tale posizione è, in generale, la tendenza iniziale della giurisprudenza a ridimensionare il ruolo dei Comuni nei procedimenti di installazione di discariche, perché «si tratta di una partecipazione collaborativa, attraverso un concorso di idee e di desideri, e non già un vero e proprio parere su una proposta definitiva» (21), trattandosi di poteri «ristretti alla mera autorizzazione delle opere di carattere edilizio marginali e strumentali alle discariche stesse» (22). Nell’originaria interpretazione giurisprudenziale della l. n. 441/1987, si sottende un capovolgimento dei rapporti tra pianificazione urbanistica comunale e scelte inerenti alla localizzazione degli impianti, per cui la limitazione dei poteri pianificatori comunali è in funzione della tutela dell’ambiente, che – in quanto «valore primario assoluto» (23) – giustifica la compressione dell’autonomia comunale a poteri meramente istruttori. In tal senso, la giurisprudenza scioglie i dubbi di illegittimità costituzionale dell’art. 3–bis, «sotto il profilo che la potestà di modifica degli strumenti urbanistici assegnata alla conferenza regionale dei servizi pregiudicherebbe, in violazione dell’art. 5 della Costituzione, l’autonomia comunale in materia urbanistica», proprio perché «la limitazione dei poteri pianificatori comunali è disposta per ragioni di salubrità dell’ambiente», per cui «legittimamente il legislatore statale, in sede di bilanciamento di interessi costituzionalmente garantiti, quali quello dell’autonomia comunale in materia urbanistica, da una parte, e della salubrità dell’ambiente, dall’altra, ha dato la prevalenza al secondo» (24).

Peraltro, la dottrina non aveva mancato di criticare la scarsa coerenza di tale preclusione processuale con il carattere istruttorio della conferenza (25), e la successiva giurisprudenza – facendo leva proprio su tale dato – ha rilevato come le amministrazioni provinciali e comunali partecipino solo alla fase istruttoria del procedimento, cosicché è possibile delineare una distinzione tra soggetto deliberante e destinatario del provvedimento, che consente a quest’ultimo di proporne l’impugnazione (26).

Sull’intangibilità delle garanzie partecipative dei Comuni alla conferenza di servizi in esame è comunque intervenuta la Corte costituzionale, che ha chiarito l’inderogabilità dell’art. 3-bis della l. n. 441/1987 da parte di una legge regionale, in quanto costituente norma statale di principio e non di dettaglio (27).

Sul carattere istruttorio e non decisorio di tale conferenza, come di quella prevista dal successivo art. 27 del d. lgs. n. 22/1997, concorda anche la dottrina prevalente (28).

Si segnala, comunque, una posizione isolata secondo cui in essa ricorrerebbero sia una fase istruttoria che una fase decisoria. Più esattamente, la formulazione del primo comma dell’art. 3-bis della l. n. 441/1987, secondo cui la Regione provvede all’istruttoria dei progetti mediante apposite conferenze, che acquisiscono e valutano tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali, denoterebbe la fase istruttoria dei lavori conferenziali. Successivamente, con l’attribuzione al provvedimento autorizzatorio regionale dell’effetto sostitutivo degli atti di assenso delle amministrazioni intervenute, di cui al secondo comma, la conferenza diventerebbe la sede in cui maturano processi decisionali veri e propri. Sembrerebbe perciò evidente che «il ruolo istruttorio della conferenza sia puramente strumentale rispetto a quello decisionale riconosciuto alla conferenza stessa: la deliberazione finale della Regione, per quanto concerne la “compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali”, non può che assumere e sancire la decisione assunta dalla conferenza, e quindi la decisione espressa nella conferenza, per questi profili, risulta vincolante» (29).

Il secondo snodo sulla via verso la codificazione dell’istituto, operata dal d. lgs. n. 152/2006, è rappresentato dall’art. 27 del d. lgs. n. 22/1997 (30), che abroga e riprende la disciplina prevista dall’art. 3–bis della l. n. 441/1987, introduce alcune modifiche che innalzano il livello di procedimentalizzazione, ma non altera la circostanza per la quale è sempre la Giunta regionale e non la conferenza, sulla base delle risultanze di questa, a rilasciare o meno l’autorizzazione produttiva dell’effetto sostitutivo di ogni visto, parere, autorizzazione o concessione di competenza delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali. Inoltre, al fine di acquisire informazioni e chiarimenti, alla conferenza partecipa anche il privato che richiede l’autorizzazione, il quale è tenuto ad allegare alla domanda il progetto definitivo dell’impianto, la comunicazione del progetto all’autorità competente al rilascio della valutazione di impatto ambientale, ove questa sia richiesta, e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione dello stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute, di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica (31). Inoltre, mentre nella disciplina previgente la conferenza si limitava ad acquisire e valutare tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali, adesso procede direttamente alla valutazione dei progetti e acquisisce anche la valutazione di impatto ambientale, ove previsto dalla normativa vigente. Infine, per una maggiore celerità del procedimento, il termine entro cui la Giunta deve pronunciarsi è ridotto da centoventi a trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza.

Le statuizioni della giurisprudenza consolidata sui caratteri della conferenza di servizi prevista dall’art. 3-bis della l. n. 441/1987 vengono riprese ed approfondite in relazione alla nuova conferenza, tanto in relazione agli aspetti procedurali che di tutela ambientale. In particolare, si ribadisce la scarsa formalizzazione dell’istituto e il carattere non ostativo dei dissensi espressi dagli enti partecipanti (32), stante l’esclusione di ogni concorso volitivo di questi alla fase deliberativa e costitutiva del provvedimento finale ad opera degli organi regionali (33); si riconferma però che il dissenso manifestato dal Comune in seno alla conferenza, in quanto atto di indirizzo politico dell’amministrazione locale e non di natura gestionale, non è limitato alla mera conformità urbanistica dell’impianto, ma investe anche i profili ambientali (34); si riafferma non solo la legittimazione processuale attiva del Comune (35) – per la quale è sufficiente la «semplice partecipazione» (36) alla conferenza intesa come mera presenza ad essa del rappresentante dell’ente locale, non rilevando la circostanza che esso si sia astenuto o abbia votato contro il progetto trattato in conferenza (37) – ma anche il carattere “elastico” della nozione di “Comune interessato” ai fini della partecipazione, nella quale rientrano anche – ma non solo – gli enti il cui territorio sia limitrofo a quello di realizzazione della discarica e la cui popolazione sia suscettibile di ricevere un danno (38); si sottolinea la necessità di tenere adeguatamente conto del loro apporto partecipativo nel contenuto della determinazione finale (39); si ribadisce la possibilità per il provvedimento autorizzatorio regionale di prescindere dalle risultanze della conferenza solo in presenza di adeguata motivazione (40); infine, e soprattutto, si riafferma in termini inequivocabili il carattere istruttorio - oltreché facoltativo (41) – della conferenza (42), con conseguente inapplicabilità delle disposizioni dell’art. 14–ter della l. n. 241/1990 relative alla conferenza decisoria che siano incompatibili con la natura istruttoria della conferenza, quali quelle che regolano gli effetti della mancata partecipazione (43).

Alla tradizionale argomentazione dell’istruttorietà secondo cui la conferenza, acquisiti tutti gli elementi di valutazione del progetto con le esigenze ambientali e territoriali, si limita a trasmettere le proprie conclusioni con i relativi atti alla Giunta regionale per l’approvazione del progetto stesso (44), si aggiunge ora l’assenza di richiami alla regola dell’unanimità nella disposizione in esame, a differenza della coeva disciplina generale prevista dall’art. 14 della l. n. 241/1990, antecedente alla riforma operata dalla l. n. 340/2000 (45). Proprio tale caratteristica dell’istituto rappresenta l’aspetto maggiormente sottolineato dalla giurisprudenza e, anzi, l’occasione per ulteriori chiarificazioni sulla distinzione generale tra il modello istruttorio e quello decisorio (46).

Permangono, peraltro, rilevanti limitazioni all’autonomia comunale, come già si evince dal fatto che gli artt. 19 e 20 del d. lgs. n. 22/1997 attribuiscono soltanto alla Regione e alla Provincia le competenze relative alla localizzazione degli impianti. Continua poi a mancare un quorum costitutivo per il regolare e legittimo svolgimento delle attività da parte della conferenza, di modo che l’assenza di uno o più dei rappresentanti degli enti locali invitati a partecipare non impedisce né invalida i lavori di questa (47). Inoltre, diversamente dalla parallela disciplina generale dell’art. 14, quale disegnata dalla riforma operata dalla l. n. 127/1997, non è necessaria l’unanimità dei consensi dei soggetti partecipanti ai fini della validità della determinazione finale. Infine, non viene attribuita alcuna efficacia all’eventuale dissenso espresso in conferenza (48).

 

 

NOTE

 

(1) Ai sensi dei commi 1 e 2, «1. Fatti salvi i progetti già approvati o per i quali l'istruttoria sia stata positivamente conclusa, la regione provvede all'istruttoria dei progetti dei nuovi impianti di trattamento e di stoccaggio dei rifiuti urbani, speciali nonché tossici e nocivi, mediante apposite conferenze cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti nonché i rappresentanti degli enti locali interessati. La conferenza acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali. Sulla base delle risultanze della conferenza, la giunta regionale approva il progetto entro centoventi giorni dalla data di presentazione agli uffici regionali competenti. 2. L'approvazione, ai sensi del comma 1, sostituisce, ad ogni effetto, visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di competenza di organi regionali, provinciali e comunali; costituisce, ove occorra, variante dello strumento urbanistico generale e comporta – la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori».

(2) Cfr. P. BERTINI, “La conferenza di servizi”, in “Dir. amm.”, 1997, pp. 271 ss., p. 277 e D. D’ORSOGNA, “Conferenza di servizi e amministrazione della complessità”, Torino, 2002, pp. 75 s.

(3) Cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 27 aprile 1992, n. 148, in “Riv. giur. amb.”, 1993, p. 907. Sul punto cfr. F. FONDERICO, “L’ambiente nella giurisprudenza”, Milano, 1995, p. 119, nt. 195.

(4) Su tali problematiche cfr. F. GIAMPIETRO, “La «conferenza di servizi» nella l. n. 441 del 1987 sullo smaltimento di rifiuti”, in “Foro amm.”, 1988, pp. 2308 ss., p. 2309.

(5) T.A.R. Abruzzo, Pescara, 20 febbraio 1990, n. 166, in “Trib. amm. reg.”, 1991, pt. I, pp. 1428 ss.

(6) Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 1993, n. 1262, in “Riv. giur. amb.”, 1994, pp. 669 ss.

(7) T.A.R. Veneto, sez. I, 24 luglio 1996, n. 1425, in “Trib. amm. reg.”, 1996, pt. I, pp. 3728 ss.

(8) Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 2003, n. 1948, in “Foro amm. C.d.S.”, 2003, p. 1311.

(9) T.A.R. Liguria, sez. I, 4 dicembre 1995, n. 379, in “Foro amm.”, 1996, p. 1636.

(10) Cfr. T.A.R. Abruzzo, Pescara, 20 febbraio 1990, n. 166, cit. e, in relazione alla conferenza prevista dall’art. 27 del d. lgs. n. 22/1997, Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5296, in www.giustizia-amministrativa.it.

(11) Cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 23 aprile 1992, n. 100, in “Trib. amm. reg.”, 1992, pt. I, p. 2565 e Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 1999, n. 930, cit.

(12) Cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 23 aprile 1992, n. 107, in “Trib. amm. reg.”, 1992, pt. I, pp. 2570 ss.

(13) Cfr. T.A.R. Umbria, 21 febbraio 1996, n. 68, in “Rass. giur. umbra”, 1996, p. 536.

(14) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 1993, n. 1262, cit.

(15) Cfr. T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 14 maggio 1997, n. 342, in “Foro amm.”, 1998, pp. 556 s.

(16) Sul punto cfr. M. TALANI, “La conferenza di servizi. Nuovi orientamenti giurisprudenziali”, Milano, 2008, pp. 14 ss.

(17) T.A.R. Abruzzo, Pescara, 20 febbraio 1990, n. 166, cit. Negano la legittimazione processuale attiva dei Comuni intervenuti e dissenzienti anche T.A.R. Piemonte, sez. II, 7 ottobre 1991, n. 324, in “Trib. amm. reg.”, 1991, pp. 4232 ss.; T.A.R. Piemonte, sez. II, 11 novembre 1993, n. 334, in “Trib. amm. reg.”, 1994, pt. I, pp. 106 ss.; T.A.R. Piemonte, sez. II, 20 ottobre 1994, n. 535, in “Trib. amm. reg.”, 1994, pt. I, p. 4385; Cons. Stato, sez. IV, 28 novembre 1994, n. 968, in “Riv. giur. amb.”, 1995, pp. 488 ss.; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 23 settembre 1995, n. 950, in “Trib. amm. reg.”, 1995, pt. I, pp. 4635 s.; T.A.R. Piemonte, sez. II, 18 dicembre 1995, n. 540, in “Trib. amm. reg.”, 1995, pt. I, p. 4786.

(18) Cfr. FONDERICO, L’ambiente, cit. pp. 120 s.

(19) Cfr. T.A.R. Friuli–Venezia Giulia, 30 ottobre 1993, n. 541, in “Riv. giur. amb.”, 1994, pp. 450 ss.

(20) Cfr. T.A.R. Veneto, sez. I, 24 luglio 1996, n. 1425, cit.

(21) T.A.R. Piemonte, sez. II, 2 febbraio 1990, n. 31, in “Riv. giur. edil.”, 1990, pt. I, pp. 259 ss.

(22) T.A.R. Piemonte, sez. I, 2 febbraio 1989, n. 114, in “Trib. amm. reg.”, 1989, pt. I, p. 1223.

(23) Corte cost., 30 dicembre 1987, n. 641, n. 2.2 del cons. in dir., in www.cortecostituzionale.it.

(24) T.A.R. Veneto, sez. I, 2 novembre 1991, n. 926, in “Trib. amm. reg.”, 1992, pt. I, pp. 202 ss. Sul punto cfr. E. BALESTRA, “Localizzazione degli impianti per lo smaltimento dei rifiuti, conferenze dei servizi e piani regolatori”, in “Riv. giur. urb.”, 1994, pt. I, pp. 71 ss., pp. 76 s.

(25) Cfr. P. TRUINI, “Conferenze di servizi e tutela giurisdizionale dei partecipanti”, in “Riv. amm.”, 1992, pt. III, pp. 1081 ss.

(26) Per il riconoscimento della legittimazione processuale attiva degli enti partecipanti alla conferenza cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 dicembre 1992, n. 1001, in “Riv. giur. amb.”, 1993, pp. 310 ss.; T.A.R. Liguria, sez. I, 21 aprile 1993, n. 143, in “Riv. giur. amb.”, 1994, pp. 460 ss.; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 11 novembre 1994, n. 570, in “Trib. amm. reg.”, 1995, pt. I, p. 264; T.A.R. Veneto, 28 dicembre 1995, n. 1604, in “Trib. amm. reg.”, 1995, pt. I, pp. 524 s.; T.A.R. Veneto, sez. I, 21 febbraio 1996, n. 218, in “Trib. amm. reg.”, 1996, pt. I, pp. 1341 ss.; T.A.R. Veneto, sez. I, 24 luglio 1996, n. 1425, cit., che ricorda come la facoltà del Comune di opporsi giudizialmente a decisioni ritenute lesive degli interessi di cui è portatore sussiste anche se lo stesso non ha manifestato il proprio dissenso in sede di conferenza; T.A.R. Veneto, 6 novembre 1996, n. 1858, in “Trib. amm. reg.”, 1997, pt. I, pp. 137 ss.; T.A.R. Piemonte, sez. II, 31 marzo 1999, n. 194, in “Foro amm.”, 2000, pp. 146 s. Inoltre, sin dalla citata sentenza del Consiglio di Stato n. 1001 del 1992, si chiarisce che l’art. 3–bis della l. n. 441/1987 «ha inteso costituire un organo consultivo (la conferenza) proprio per acquisire l’avviso di tutti gli enti locali i cui interessi possono essere coinvolti dall’impianto di trattamento e di stoccaggio dei rifiuti e, quindi, non solo di quelli nel cui territorio avviene la localizzazione dell’impianto, ma anche di quelli la cui popolazione potrebbe subire danni dall’attuazione delle scelte dell’Autorità competente in ordine all’individuazione delle aree» (Cons. Stato, sez. V, 3 dicembre 1992, n. 1001, cit.).

(27) Cfr. Corte cost., 10 marzo 1996, n. 79, n. 4 del cons. in dir., in www.cortecostituzionale.it.

(28) Per la quale, anche con riferimento al carattere parimente istruttorio della conferenza prevista dal successivo art. 208 del d. lgs. n. 152/2006, cfr. F. BARBENSI–F. BENETTI, “Impianti di smaltimento di rifiuti: conferenze di servizi e riparto di competenze tra dirigenti e organi politici”, in “Com. d’It.”, 2003, n. 11, pp. 47 ss., p. 51; M. BUSÀ–P. COSTANTINO, “La disciplina dei rifiuti. Prontuario tecnico–giuridico”, Santarcangelo di Romagna, 2012, p. 36; B. CARAVITA, “Diritto dell’ambiente”, 3a ed., Bologna, 2005, p. 203; P. DELL’ANNO, “Gestione dei rifiuti: note introduttive sul nuovo decreto”, in “Amb.”, 1997, pp. 219 ss.; P. FERRARIS–E. ROBALDO, sub art. 208, in R. GRECO (a cura di), “Codice dell’ambiente”, 2a ed., Roma, 2011, pp. 955 ss., 957; F. FONDERICO, “Profili sostanziali e processuali del procedimento di approvazione degli impianti di smaltimento di rifiuti speciali”, in “Cons. Stato”, 2002, pt. II, pp. 333 ss., p. 335; F. FRACCHIA, “I procedimenti amministrativi in materia ambientale”, in A. CROSETTI–R. FERRARA–F. FRACCHIA–N. OLIVETTI RASON, “Diritto dell’ambiente”, 2a ed., Roma–Bari, 2002, pp. 187 ss., p. 341; A. GRATANI, “La conferenza di servizi in materia di realizzazione di una discarica: la partecipazione degli «enti locali interessati»”, in “Dir. com. e sc. int.”, 2005, pp. 111 ss., p. 120; E. GRILLO–N. SPADARO–A. BUONFINO, “Autorizzazioni e iscrizioni (Artt. 208–213)”, in M. BUCELLO–L. PISCITELLI–S.E. VIOLA (a cura di), “VAS, VIA, AIA, rifiuti, emissioni in atmosfera. Le modifiche apportate al Codice dell’Ambiente dai decreti legislativi 128/2010 e 205/2010”, Milano, 2012, pp. 955 ss., p. 967; P. LOMBARDI, “Il procedimento autorizzatorio ex art. 27, d.lg. 5 febbraio 1997 n. 22: natura, competenze e sindacato giurisdizionale”, in “Foro amm. T.A.R.”, 2002, pp. 3154 ss., p. 3157; L. RAMACCI, “La nuova disciplina dei rifiuti”, Piacenza, 2006, p. 118; A. SCARCELLA, “L’autorizzazione integrata ambientale. Il nuovo sistema unitario di prevenzione e controllo delle fonti inquinanti dell’ambiente. Principi, procedure e sistema sanzionatorio”, Milano, 2005, p. 98.

(29) BALESTRA, op. cit., p. 74.

(30) Ai sensi dei commi 1-5, «1. I soggetti che intendono realizzare nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute e di sicurezza sul lavoro, e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale statale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modifiche ed integrazioni. 2. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione nomina un responsabile del procedimento e convoca una apposita conferenza cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti, e i rappresentanti degli enti locali interessati. Alla conferenza è invitato a partecipare anche il richiedente l'autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire informazioni e chiarimenti. 3. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la conferenza: a) procede alla valutazione dei progetti; b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali; c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale; d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla giunta regionale. 4. Per l'istruttoria tecnica della domanda la regione può avvalersi degli organismi individuati ai sensi del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61. 5. Entro trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza, e sulla base delle risultanze della stessa, la Giunta regionale approva il progetto e autorizza la realizzazione dell'impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali. L'approvazione stessa costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale, e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori».

(31) Come è stato rilevato, in relazione alla disposizione di tenore analogo contenuta nell’art. 208 del d. lgs. n. 152/2006, in tal modo «si ha una completa interazione delle finalità ambientali con il governo del territorio, tutela della salute, tutela del lavoro e della sicurezza, a riconferma della natura trasversale della tutela dell’ambiente (art. 117, comma 2, lett. s) come affermato dalla Corte costituzionale a partire dalla nota sentenza n. 407 del 2002» (L. SALVEMINI, sub art. 208, in AA.VV., “Codice dell’ambiente. Commento al d. lgs. 3 aprile 2006, n.152, aggiornato alla Legge 6 giugno 2008, n. 101”, Milano, 2008, pp. 1684 ss., p. 1689). Va da sé, ovviamente, che il privato partecipa senza diritto di voto e la sua presenza non rileva ai fini della formazione della volontà della conferenza, quantunque abbia comunque legittimazione processuale attiva nei confronti della decisione finale (cfr. BUSÀ–COSTANTINO, op. cit., p. 36).

(32) In tal senso, «la conferenza costituisce un momento di comparazione di interessi e di valutazione preventiva, il cui espletamento non è rigidamente formalizzato e le cui conclusioni sono soltanto uno degli elementi che l’Amministrazione regionale deve valutare. Pertanto, il parere non favorevole alla discarica opposto da alcuno dei soggetti intervenuti alla conferenza non può impedire alla Regione di decidere la localizzazione dell’impianto di discarica» (Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5296, cit.).

(33) Cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 3 aprile 2001, n. 151, in www.giustizia-amministrativa.it.

(34) Cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 21 dicembre 2000, n. 2949 (ord.), in “Riv. giur. amb.”, 2000, pp. 651 ss.

(35) Cfr., ex multiis, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 12 novembre 1998, n. 2597, in “Riv. giur. amb.”, 1999, pp. 934 ss.

(36) Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 21 aprile 1999, n. 1311, in “Riv. giur. amb.”, 1999, pp. 934 ss.

(37) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 1999, n. 212, in “Riv. giur. amb.”, 2000, pp. 93 ss. e Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5296, cit.

(38) Cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 19 settembre 2000, n. 696, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2002, n. 1557, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 20 ottobre 2005, n. 1549 (ord.), in www.ambientediritto.it. Particolarmente interessante è Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2004, n. 3451, in www.giustizia-amministrativa.it, che, nel dichiarare l’illegittimità della conferenza in cui non siano stati invitati tutti i Comuni con territori limitrofi alla discarica, distingue tra «enti locali interessati» ed «enti locali necessari», chiarendo che «è la convocazione delle conferenza che denota la volontà dell’autorità competente di dar corso all’iniziativa e conferisce attualità all’interesse ad interloquire, cosicché in assenza di domande di partecipazione può procedersi all’intervento dei soli soggetti indispensabili». Per una rassegna giurisprudenziale di tutte le tipologie di «enti locali interessati» alla partecipazione ad una conferenza di servizi per l’approvazione di un impianto di smaltimento di rifiuti, cfr. GRATANI, op. cit., pp. 118 s. e, ivi, giurisprudenza citata nelle note.

(39) In tal senso, «nella composizione della Conferenza, accanto alla partecipazione di organi di competenza tecnica, è prevista anche la presenza di altri soggetti, come i rappresentanti degli enti locali interessati dall’impianto; da ciò emerge che l’apporto istruttorio che deve necessariamente essere compendiato e sintetizzato nella decisione finale dell’organo competente, consiste non solo in elementi di carattere tecnico, ma anche in aspetti afferenti la sfera della discrezionalità amministrativa vera e propria; diversamente, non si comprenderebbe il motivo per cui, oltre alla presenza di soggetti con specifica competenza tecnica, sia stata prevista dalla legge anche la partecipazione di soggetti di rilevanza “politica”. Pertanto, anche la valutazione finale deve eventualmente essere suffragata da valutazioni di carattere discrezionale, non potendosi fondare unicamente su scelte di natura tecnica» (T.A.R. Piemonte, sez. I, 24 gennaio 2002, n. 278, in www.giustizia-amministrativa.it).

(40) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 1999, n. 212, cit.; Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 1999, n. 930, cit.; T.A.R. Milano, Lombardia, sez. IV, 21 novembre 2008, n. 5334, in www.giustizia-amministrativa.it.

(41) In tal senso, «il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione di un impianto per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti non è subordinato, nella fase di approvazione dei progetti, alla preventiva utilizzazione della conferenza di servizi che […] è meramente facoltativa. La conferenza di servizi, infatti, costituisce un semplice strumento nell’ambito dell’attività di concertazione tra le varie amministrazioni, la cui assenza non ha alcuna incidenza sulla legittimità del procedimento adottato» e le cui conclusioni, anche se con motivazioni puntuali, possono essere disattese dall’ente pubblico competente alla procedura (Cass. pen., sez. III, 24 settembre 2003, n. 36048, in “Riv. pen.”, 2003, p. 624). Sul punto cfr. M. BENOZZO, “La gestione dei rifiuti”, in M. BENOZZO–F. BRUNO–A. GERMANÒ–E. ROOK BASILE, “Commento al codice dell’ambiente”, Torino, 2008, pp. 441 ss., p. 517, nt. 291.

(42) Cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 28 settembre 2002, n. 984, in www.giustizia-amministrativa.it. A favore della natura istruttoria e non decisoria della conferenza in esame si sono espresse T.A.R. Toscana, sez. II, 8 giugno 2000, n. 1114, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Piemonte, sez. I, 24 gennaio 2002, n. 278, cit.; Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2002, n. 3917, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 9 settembre 2003, n. 3241, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Liguria, sez. I, 11 maggio 2004, n. 745, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 10 giugno 2004, n. 2594, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 22 novembre 2005, n. 5236, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2006, n. 696, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 12 marzo 2007, n. 1003, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 5 dicembre 2007, n. 12470, cit.; T.A.R. Milano, Lombardia, sez. IV, 21 novembre 2008, n. 5334, cit.

(43) Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 15 luglio 2010, n. 2992, in www.giustizia-amministrativa.it.

(44) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2006, n. 696, cit.

(45) Cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 28 settembre 2002, n. 984, cit.

(46) In tal senso, si sottolinea che alla conferenza di servizi prevista dall’art. 27 del d. lgs. n. 22/1997 «sono affidati compiti di natura istruttoria, con la conseguenza che ad essa non é applicabile la disciplina dettata dall’art. 14, comma 3–bis, L. 7 agosto 1990 n. 241 per le ipotesi di dissenso in seno a conferenze di servizi aventi competenze di tipo decisorio. In vero, la particolare natura della Conferenza di servizi ex art. 27 del D.L.vo n. 22/1997, é quella di consentire ai soggetti ed Enti a vario titolo interessati al provvedimento finale di far conoscere il proprio punto di vista secondo lo schema della partecipazione funzionale, per cui ciascun apporto mantiene la sua autonomia; pertanto, la Conferenza stessa ha funzione “istruttoria”, in quanto costituisce una formula organizzativa assimilabile al previo concerto, strumento procedimentale di emersione e comparazione d’interessi pubblici, destinati a sintetizzarsi nel provvedimento finale, e non un vero e proprio organo collegiale ove le singole manifestazioni di volontà si fondono in una, fermo restando, che la Conferenza di servizi non é il luogo giuridico in cui si assumono le decisioni finali, ma solo la sede ove tutti gli interessi pubblici rilevanti in un certo ambito vengono palesati e confrontati e, quale strumento di collaborazione e di accelerazione del procedimento, il suo valore resta determinato dall’ampiezza degli interessi considerati e dalla qualità dei singoli apporti tecnici» (T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 9 settembre 2003, n. 3241, cit.). Parimenti, si ribadisce «il consolidato orientamento giurisprudenziale che attribuisce natura istruttoria, e non “decisoria”, alla conferenza di servizi prevista dall’art. 27 d. lgs. n. 22/97 e che considera non applicabili a tale tipo di conferenza le disposizioni all’epoca contenute nel citato comma III–bis, considerate per loro natura riferibili alle sole conferenze di tipo “decisorio”. La distinzione tra i due tipi di conferenze, contrariamente a quanto sostenuto dalle Amministrazioni costituite, pur non essendo stigmatizzata in una precisa definizione legislativa, non corrisponde ad una mera elucubrazione teorica sfornita di ogni riscontro concreto, ma trova il proprio fondamento in profonde ed evidenti differenze ravvisabili nelle stesse previsioni normative sul funzionamento e sugli scopi perseguibili dalla conferenza nell’uno e nell’altro caso: tra tali differenze, che la giurisprudenza ha da lungo tempo individuato, possono citarsi la mancanza di formalità di convocazione e di svolgimento dei lavori, nonché la non necessità di una “determinazione” conclusiva unitaria, che caratterizza la conferenza istruttoria quale semplice luogo di raccolta di pareri ed elementi istruttori nell’ambito di un procedimento promosso e condotto da una singola Amministrazione chiaramente identificata, a fronte della ben più dettagliata regolamentazione prevista per il funzionamento della conferenza “decisoria”, destinata a portare direttamente all’adozione del provvedimento definitorio dell’iter procedimentale, con la conseguente necessità di un’unica ed univoca determinazione conclusiva» (T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 10 giugno 2004, n. 2594, cit.).

(47) La giurisprudenza è chiara nel ritenere la mancata partecipazione di qualche rappresentante di ente locale è irrilevante ai fini della legittimità o meno del provvedimento autorizzatorio regionale, per la quale cfr., ad esempio, Cons. Stato, sez. IV, 23 luglio 1998, n. 1088, in “Riv. giur. amb.”, 1999, pp. 511 ss., la quale precisa che la conferenza in esame «non ha natura di collegio perfetto, in quanto non può venire paralizzata dall’assenza sistematica di un componente».

(48) Su tali critiche – che non sembrano tuttavia tenere sufficientemente conto del carattere istruttorio della conferenza – cfr. CARAVITA, op. cit., pp. 203 s.

Ai fini di una più completa disamina della disciplina della conferenza di servizi prevista dall’art. 208 del d. lgs. n. 152/2006 nell’ambito del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica all’installazione di impianti di smaltimento o di recupero rifiuti, si ritiene opportuno inquadrarla nel suo sviluppo storico, nel corso del quale sono emerse le principali problematiche cui la normativa attualmente vigente cerca di dare una risposta.

Nel contesto dell’evoluzione della normativa settoriale e della prassi sulla conferenza di servizi antecedenti all’introduzione della legge sul procedimento amministrativo, l’art. 3-bis della l. n. 441/1987 ha rappresentato il momento di svolta nel rilancio dell’istituto e il prototipo su cui si è sviluppata larga parte della successiva disciplina di settore, destinato ad essere ripresa dal modello generale originario configurato dall’art. 14 della l. n. 241/1990 (1).

Esso prevedeva che, sulla base delle risultanze della conferenza appositamente convocata dalla Regione, la quale valutava i profili di compatibilità ambientale del progetto e alla quale partecipavano i responsabili degli uffici regionali competenti e i rappresentanti degli enti locali interessati, la Giunta regionale potesse concedere o negare l’autorizzazione, che andava a sostituire gli atti di assenso comunque denominati delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali.

Già in questa forma primordiale di conferenza la dottrina ha rilevato notevoli aspetti problematici in parte destinati a perdurare tuttora, dall’assenza di garanzie procedurali a tutela dei privati interessati alla prevalenza della scelta regionale di localizzazione dell’impianto sulle determinazioni degli enti locali, dato che il provvedimento autorizzatorio regionale – oltre ad avere il suddetto effetto sostitutivo – costituisce ancora variante dello strumento urbanistico generale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori, per cui l’automaticità dell’effetto di variante non garantisce all’ente locale dissenziente la possibilità di esercitare le sue competenze in materia urbanistica (2). In altri termini, con la disposizione in esame il legislatore ha determinato la sovrapposizione dell’interesse pubblico alla realizzazione degli impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti su eventuali interessi pubblici concorrenti, con l’unico limite che gli impianti siano compatibili con le esigenze ambientali e territoriali (3). Manca poi qualunque disciplina sui modi e sui tempi di convocazione della conferenza, in particolare sulla comunicazione ai rappresentanti degli enti locali dei documenti relativi al progetto che verrà posto in discussione, una lacuna che verrà colmata solo dal successivo d. lgs. n. 22/1997. Inoltre, non è del tutto chiara l’estensione dell’oggetto della conferenza, che riguarda «la compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali», espressione nella quale ci si chiede se rientrino solo i profili di merito ambientale o anche i profili di legittimità dei sub–procedimenti (autorizzazioni, concessioni, nulla–osta), convogliati nell’unico procedimento. Infine, l’adozione del provvedimento «sulla base delle risultanze» della conferenza non specifica se la Giunta regionale possa prescinderne o discostarvisi con congrua motivazione, lasciando alla giurisprudenza un non facile compito ermeneutico (4). Peraltro, la giurisprudenza è pienamente consapevole delle lacune della disposizione, riconoscendo che «la conferenza in parola è caratterizzata da forme estremamente semplici per quanto attiene sia la partecipazione dei soggetti interessati, sia l’efficacia di tale partecipazione procedimentale» (5).

La giurisprudenza ha affermato sin dall’inizio la natura istruttoria della conferenza in esame, negando che essa possa essere il luogo deputato all’adozione di decisioni finali ma solo la sede per la manifestazione e il confronto dei vari interessi pubblici rilevanti. In tal senso, «la conferenza, in particolare, non costituisce una sottofase deputata a risolvere il dissidio (frequentemente) esistente fra Enti locali, contrari ad interventi del tipo di cui trattasi, e Regione favorevole agli stessi. La stessa, invece, è un “modus procedendi” teso, da una parte, alla considerazione ed alla valorizzazione nonché alla ponderazione dei vari interessi pubblici coinvolti, non necessariamente confliggenti tra loro, ma pur sempre di tipo e peso diversi, e finalizzato comunque ad una migliore realizzazione del pubblico interesse generale senza dimenticare quello particolare, dall’altra, a semplificare e ad accelerare il procedimento» (6). Se dal primo punto di vista la conferenza è quindi solo «uno strumento procedimentale di emersione e comparazione di interessi pubblici e di previa composizione di eventuali conflitti, che, però, trovano il loro momento di sintesi solo nel provvedimento regionale» (7), «solo un modulo organizzativo per l’emersione degli interessi presenti ma non ha alcuna funzione decisoria in ordine ai progetti» (8), dall’altro essa ha «solo una valenza acceleratoria del procedimento» (9).

Nella consistente casistica, si censura l’autorizzazione rilasciata dalla Regione non solo se emessa senza la preventiva convocazione della conferenza (10) ma anche laddove sia inadeguata la motivazione con cui si è deciso di prescindere dalla risultanze istruttorie negative emerse in sede di conferenza (11), così come viene ritenuto illegittimo il provvedimento di diniego dell’autorizzazione in contrasto con le risultanze istruttorie positive emergenti dalla conferenza (12). Si richiede in generale una motivazione particolarmente rigorosa e puntuale delle ragioni per le quali la Regione decida di disattendere le risultanze dell’istruttoria conferenziale (13), non potendo essa in modo assoluto procedere al rilascio dell’autorizzazione in presenza di esiti del tutto negativi della conferenza (14) e con margini di discrezionalità di poco superiori anche nell’ipotesi in cui gli esiti siano non del tutto positivi. In tal senso, «le conclusioni della conferenza di servizi non possono ritenersi favorevoli nel caso di esiti istruttori non del tutto positivi, sicché, se in via di principio deve escludersi che, qualora gli esiti siano del tutto negativi, sia consentita l’approvazione, nel caso di esiti non del tutto positivi l’organo decidente ben può addivenire a conclusioni negative ritenendo prevalenti le ragioni dei soggetti ed enti contrari all’insediamento» (15).

Particolarmente problematica si dimostra subito la tematica della legittimazione processuale attiva degli enti locali partecipanti e dissenzienti a ricorrere contro la localizzazione dell’impianto nel proprio territorio (16).

Secondo l’iniziale orientamento assunto dalla giurisprudenza, l’ente locale è assimilabile al soggetto di amministrazione attiva procedente, con conseguente negazione della sua veste di controinteressato e impossibilità di configurare una lesività nei suoi confronti del provvedimento alla cui assunzione esso ha concorso. Ne deriva chela mancata convocazione di alcuni Comuni interessati non potrebbe determinare l’illegittimità del provvedimento finale, poiché ciò potrebbe derivare solo dalla «omissione della convocazione di tutti i soggetti pubblici interessati» (17). In altri termini, tale indirizzo sostiene la scissione tra titolarità del potere e destinatarietà del provvedimento, per cui difetta quel rapporto intersoggettivo che solo costituisce il presupposto della tutela giurisdizionale (18). Il Comune resta dunque sprovvisto di legittimazione attiva perché non è titolare di posizioni giuridiche soggettive direttamente lese dall’atto impugnato, dovendosi ritenere insufficiente a tal fine la posizione di figura esponenziale della comunità locale e degli interessi diffusi di quest’ultima (19). E ciò vale a prescindere che l’ente locale abbia o meno manifestato il proprio dissenso in conferenza (20).

Parallela a tale posizione è, in generale, la tendenza iniziale della giurisprudenza a ridimensionare il ruolo dei Comuni nei procedimenti di installazione di discariche, perché «si tratta di una partecipazione collaborativa, attraverso un concorso di idee e di desideri, e non già un vero e proprio parere su una proposta definitiva» (21), trattandosi di poteri «ristretti alla mera autorizzazione delle opere di carattere edilizio marginali e strumentali alle discariche stesse» (22). Nell’originaria interpretazione giurisprudenziale della l. n. 441/1987, si sottende un capovolgimento dei rapporti tra pianificazione urbanistica comunale e scelte inerenti alla localizzazione degli impianti, per cui la limitazione dei poteri pianificatori comunali è in funzione della tutela dell’ambiente, che – in quanto «valore primario assoluto» (23) – giustifica la compressione dell’autonomia comunale a poteri meramente istruttori. In tal senso, la giurisprudenza scioglie i dubbi di illegittimità costituzionale dell’art. 3–bis, «sotto il profilo che la potestà di modifica degli strumenti urbanistici assegnata alla conferenza regionale dei servizi pregiudicherebbe, in violazione dell’art. 5 della Costituzione, l’autonomia comunale in materia urbanistica», proprio perché «la limitazione dei poteri pianificatori comunali è disposta per ragioni di salubrità dell’ambiente», per cui «legittimamente il legislatore statale, in sede di bilanciamento di interessi costituzionalmente garantiti, quali quello dell’autonomia comunale in materia urbanistica, da una parte, e della salubrità dell’ambiente, dall’altra, ha dato la prevalenza al secondo» (24).

Peraltro, la dottrina non aveva mancato di criticare la scarsa coerenza di tale preclusione processuale con il carattere istruttorio della conferenza (25), e la successiva giurisprudenza – facendo leva proprio su tale dato – ha rilevato come le amministrazioni provinciali e comunali partecipino solo alla fase istruttoria del procedimento, cosicché è possibile delineare una distinzione tra soggetto deliberante e destinatario del provvedimento, che consente a quest’ultimo di proporne l’impugnazione (26).

Sull’intangibilità delle garanzie partecipative dei Comuni alla conferenza di servizi in esame è comunque intervenuta la Corte costituzionale, che ha chiarito l’inderogabilità dell’art. 3-bis della l. n. 441/1987 da parte di una legge regionale, in quanto costituente norma statale di principio e non di dettaglio (27).

Sul carattere istruttorio e non decisorio di tale conferenza, come di quella prevista dal successivo art. 27 del d. lgs. n. 22/1997, concorda anche la dottrina prevalente (28).

Si segnala, comunque, una posizione isolata secondo cui in essa ricorrerebbero sia una fase istruttoria che una fase decisoria. Più esattamente, la formulazione del primo comma dell’art. 3-bis della l. n. 441/1987, secondo cui la Regione provvede all’istruttoria dei progetti mediante apposite conferenze, che acquisiscono e valutano tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali, denoterebbe la fase istruttoria dei lavori conferenziali. Successivamente, con l’attribuzione al provvedimento autorizzatorio regionale dell’effetto sostitutivo degli atti di assenso delle amministrazioni intervenute, di cui al secondo comma, la conferenza diventerebbe la sede in cui maturano processi decisionali veri e propri. Sembrerebbe perciò evidente che «il ruolo istruttorio della conferenza sia puramente strumentale rispetto a quello decisionale riconosciuto alla conferenza stessa: la deliberazione finale della Regione, per quanto concerne la “compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali”, non può che assumere e sancire la decisione assunta dalla conferenza, e quindi la decisione espressa nella conferenza, per questi profili, risulta vincolante» (29).

Il secondo snodo sulla via verso la codificazione dell’istituto, operata dal d. lgs. n. 152/2006, è rappresentato dall’art. 27 del d. lgs. n. 22/1997 (30), che abroga e riprende la disciplina prevista dall’art. 3–bis della l. n. 441/1987, introduce alcune modifiche che innalzano il livello di procedimentalizzazione, ma non altera la circostanza per la quale è sempre la Giunta regionale e non la conferenza, sulla base delle risultanze di questa, a rilasciare o meno l’autorizzazione produttiva dell’effetto sostitutivo di ogni visto, parere, autorizzazione o concessione di competenza delle amministrazioni regionali, provinciali e comunali. Inoltre, al fine di acquisire informazioni e chiarimenti, alla conferenza partecipa anche il privato che richiede l’autorizzazione, il quale è tenuto ad allegare alla domanda il progetto definitivo dell’impianto, la comunicazione del progetto all’autorità competente al rilascio della valutazione di impatto ambientale, ove questa sia richiesta, e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione dello stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute, di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica (31). Inoltre, mentre nella disciplina previgente la conferenza si limitava ad acquisire e valutare tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali, adesso procede direttamente alla valutazione dei progetti e acquisisce anche la valutazione di impatto ambientale, ove previsto dalla normativa vigente. Infine, per una maggiore celerità del procedimento, il termine entro cui la Giunta deve pronunciarsi è ridotto da centoventi a trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza.

Le statuizioni della giurisprudenza consolidata sui caratteri della conferenza di servizi prevista dall’art. 3-bis della l. n. 441/1987 vengono riprese ed approfondite in relazione alla nuova conferenza, tanto in relazione agli aspetti procedurali che di tutela ambientale. In particolare, si ribadisce la scarsa formalizzazione dell’istituto e il carattere non ostativo dei dissensi espressi dagli enti partecipanti (32), stante l’esclusione di ogni concorso volitivo di questi alla fase deliberativa e costitutiva del provvedimento finale ad opera degli organi regionali (33); si riconferma però che il dissenso manifestato dal Comune in seno alla conferenza, in quanto atto di indirizzo politico dell’amministrazione locale e non di natura gestionale, non è limitato alla mera conformità urbanistica dell’impianto, ma investe anche i profili ambientali (34); si riafferma non solo la legittimazione processuale attiva del Comune (35) – per la quale è sufficiente la «semplice partecipazione» (36) alla conferenza intesa come mera presenza ad essa del rappresentante dell’ente locale, non rilevando la circostanza che esso si sia astenuto o abbia votato contro il progetto trattato in conferenza (37) – ma anche il carattere “elastico” della nozione di “Comune interessato” ai fini della partecipazione, nella quale rientrano anche – ma non solo – gli enti il cui territorio sia limitrofo a quello di realizzazione della discarica e la cui popolazione sia suscettibile di ricevere un danno (38); si sottolinea la necessità di tenere adeguatamente conto del loro apporto partecipativo nel contenuto della determinazione finale (39); si ribadisce la possibilità per il provvedimento autorizzatorio regionale di prescindere dalle risultanze della conferenza solo in presenza di adeguata motivazione (40); infine, e soprattutto, si riafferma in termini inequivocabili il carattere istruttorio - oltreché facoltativo (41) – della conferenza (42), con conseguente inapplicabilità delle disposizioni dell’art. 14–ter della l. n. 241/1990 relative alla conferenza decisoria che siano incompatibili con la natura istruttoria della conferenza, quali quelle che regolano gli effetti della mancata partecipazione (43).

Alla tradizionale argomentazione dell’istruttorietà secondo cui la conferenza, acquisiti tutti gli elementi di valutazione del progetto con le esigenze ambientali e territoriali, si limita a trasmettere le proprie conclusioni con i relativi atti alla Giunta regionale per l’approvazione del progetto stesso (44), si aggiunge ora l’assenza di richiami alla regola dell’unanimità nella disposizione in esame, a differenza della coeva disciplina generale prevista dall’art. 14 della l. n. 241/1990, antecedente alla riforma operata dalla l. n. 340/2000 (45). Proprio tale caratteristica dell’istituto rappresenta l’aspetto maggiormente sottolineato dalla giurisprudenza e, anzi, l’occasione per ulteriori chiarificazioni sulla distinzione generale tra il modello istruttorio e quello decisorio (46).

Permangono, peraltro, rilevanti limitazioni all’autonomia comunale, come già si evince dal fatto che gli artt. 19 e 20 del d. lgs. n. 22/1997 attribuiscono soltanto alla Regione e alla Provincia le competenze relative alla localizzazione degli impianti. Continua poi a mancare un quorum costitutivo per il regolare e legittimo svolgimento delle attività da parte della conferenza, di modo che l’assenza di uno o più dei rappresentanti degli enti locali invitati a partecipare non impedisce né invalida i lavori di questa (47). Inoltre, diversamente dalla parallela disciplina generale dell’art. 14, quale disegnata dalla riforma operata dalla l. n. 127/1997, non è necessaria l’unanimità dei consensi dei soggetti partecipanti ai fini della validità della determinazione finale. Infine, non viene attribuita alcuna efficacia all’eventuale dissenso espresso in conferenza (48).

 

 

NOTE

 

(1) Ai sensi dei commi 1 e 2, «1. Fatti salvi i progetti già approvati o per i quali l'istruttoria sia stata positivamente conclusa, la regione provvede all'istruttoria dei progetti dei nuovi impianti di trattamento e di stoccaggio dei rifiuti urbani, speciali nonché tossici e nocivi, mediante apposite conferenze cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti nonché i rappresentanti degli enti locali interessati. La conferenza acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali. Sulla base delle risultanze della conferenza, la giunta regionale approva il progetto entro centoventi giorni dalla data di presentazione agli uffici regionali competenti. 2. L'approvazione, ai sensi del comma 1, sostituisce, ad ogni effetto, visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di competenza di organi regionali, provinciali e comunali; costituisce, ove occorra, variante dello strumento urbanistico generale e comporta – la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori».

(2) Cfr. P. BERTINI, “La conferenza di servizi”, in “Dir. amm.”, 1997, pp. 271 ss., p. 277 e D. D’ORSOGNA, “Conferenza di servizi e amministrazione della complessità”, Torino, 2002, pp. 75 s.

(3) Cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 27 aprile 1992, n. 148, in “Riv. giur. amb.”, 1993, p. 907. Sul punto cfr. F. FONDERICO, “L’ambiente nella giurisprudenza”, Milano, 1995, p. 119, nt. 195.

(4) Su tali problematiche cfr. F. GIAMPIETRO, “La «conferenza di servizi» nella l. n. 441 del 1987 sullo smaltimento di rifiuti”, in “Foro amm.”, 1988, pp. 2308 ss., p. 2309.

(5) T.A.R. Abruzzo, Pescara, 20 febbraio 1990, n. 166, in “Trib. amm. reg.”, 1991, pt. I, pp. 1428 ss.

(6) Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 1993, n. 1262, in “Riv. giur. amb.”, 1994, pp. 669 ss.

(7) T.A.R. Veneto, sez. I, 24 luglio 1996, n. 1425, in “Trib. amm. reg.”, 1996, pt. I, pp. 3728 ss.

(8) Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 2003, n. 1948, in “Foro amm. C.d.S.”, 2003, p. 1311.

(9) T.A.R. Liguria, sez. I, 4 dicembre 1995, n. 379, in “Foro amm.”, 1996, p. 1636.

(10) Cfr. T.A.R. Abruzzo, Pescara, 20 febbraio 1990, n. 166, cit. e, in relazione alla conferenza prevista dall’art. 27 del d. lgs. n. 22/1997, Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5296, in www.giustizia-amministrativa.it.

(11) Cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 23 aprile 1992, n. 100, in “Trib. amm. reg.”, 1992, pt. I, p. 2565 e Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 1999, n. 930, cit.

(12) Cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 23 aprile 1992, n. 107, in “Trib. amm. reg.”, 1992, pt. I, pp. 2570 ss.

(13) Cfr. T.A.R. Umbria, 21 febbraio 1996, n. 68, in “Rass. giur. umbra”, 1996, p. 536.

(14) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 1993, n. 1262, cit.

(15) Cfr. T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 14 maggio 1997, n. 342, in “Foro amm.”, 1998, pp. 556 s.

(16) Sul punto cfr. M. TALANI, “La conferenza di servizi. Nuovi orientamenti giurisprudenziali”, Milano, 2008, pp. 14 ss.

(17) T.A.R. Abruzzo, Pescara, 20 febbraio 1990, n. 166, cit. Negano la legittimazione processuale attiva dei Comuni intervenuti e dissenzienti anche T.A.R. Piemonte, sez. II, 7 ottobre 1991, n. 324, in “Trib. amm. reg.”, 1991, pp. 4232 ss.; T.A.R. Piemonte, sez. II, 11 novembre 1993, n. 334, in “Trib. amm. reg.”, 1994, pt. I, pp. 106 ss.; T.A.R. Piemonte, sez. II, 20 ottobre 1994, n. 535, in “Trib. amm. reg.”, 1994, pt. I, p. 4385; Cons. Stato, sez. IV, 28 novembre 1994, n. 968, in “Riv. giur. amb.”, 1995, pp. 488 ss.; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 23 settembre 1995, n. 950, in “Trib. amm. reg.”, 1995, pt. I, pp. 4635 s.; T.A.R. Piemonte, sez. II, 18 dicembre 1995, n. 540, in “Trib. amm. reg.”, 1995, pt. I, p. 4786.

(18) Cfr. FONDERICO, L’ambiente, cit. pp. 120 s.

(19) Cfr. T.A.R. Friuli–Venezia Giulia, 30 ottobre 1993, n. 541, in “Riv. giur. amb.”, 1994, pp. 450 ss.

(20) Cfr. T.A.R. Veneto, sez. I, 24 luglio 1996, n. 1425, cit.

(21) T.A.R. Piemonte, sez. II, 2 febbraio 1990, n. 31, in “Riv. giur. edil.”, 1990, pt. I, pp. 259 ss.

(22) T.A.R. Piemonte, sez. I, 2 febbraio 1989, n. 114, in “Trib. amm. reg.”, 1989, pt. I, p. 1223.

(23) Corte cost., 30 dicembre 1987, n. 641, n. 2.2 del cons. in dir., in www.cortecostituzionale.it.

(24) T.A.R. Veneto, sez. I, 2 novembre 1991, n. 926, in “Trib. amm. reg.”, 1992, pt. I, pp. 202 ss. Sul punto cfr. E. BALESTRA, “Localizzazione degli impianti per lo smaltimento dei rifiuti, conferenze dei servizi e piani regolatori”, in “Riv. giur. urb.”, 1994, pt. I, pp. 71 ss., pp. 76 s.

(25) Cfr. P. TRUINI, “Conferenze di servizi e tutela giurisdizionale dei partecipanti”, in “Riv. amm.”, 1992, pt. III, pp. 1081 ss.

(26) Per il riconoscimento della legittimazione processuale attiva degli enti partecipanti alla conferenza cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 dicembre 1992, n. 1001, in “Riv. giur. amb.”, 1993, pp. 310 ss.; T.A.R. Liguria, sez. I, 21 aprile 1993, n. 143, in “Riv. giur. amb.”, 1994, pp. 460 ss.; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 11 novembre 1994, n. 570, in “Trib. amm. reg.”, 1995, pt. I, p. 264; T.A.R. Veneto, 28 dicembre 1995, n. 1604, in “Trib. amm. reg.”, 1995, pt. I, pp. 524 s.; T.A.R. Veneto, sez. I, 21 febbraio 1996, n. 218, in “Trib. amm. reg.”, 1996, pt. I, pp. 1341 ss.; T.A.R. Veneto, sez. I, 24 luglio 1996, n. 1425, cit., che ricorda come la facoltà del Comune di opporsi giudizialmente a decisioni ritenute lesive degli interessi di cui è portatore sussiste anche se lo stesso non ha manifestato il proprio dissenso in sede di conferenza; T.A.R. Veneto, 6 novembre 1996, n. 1858, in “Trib. amm. reg.”, 1997, pt. I, pp. 137 ss.; T.A.R. Piemonte, sez. II, 31 marzo 1999, n. 194, in “Foro amm.”, 2000, pp. 146 s. Inoltre, sin dalla citata sentenza del Consiglio di Stato n. 1001 del 1992, si chiarisce che l’art. 3–bis della l. n. 441/1987 «ha inteso costituire un organo consultivo (la conferenza) proprio per acquisire l’avviso di tutti gli enti locali i cui interessi possono essere coinvolti dall’impianto di trattamento e di stoccaggio dei rifiuti e, quindi, non solo di quelli nel cui territorio avviene la localizzazione dell’impianto, ma anche di quelli la cui popolazione potrebbe subire danni dall’attuazione delle scelte dell’Autorità competente in ordine all’individuazione delle aree» (Cons. Stato, sez. V, 3 dicembre 1992, n. 1001, cit.).

(27) Cfr. Corte cost., 10 marzo 1996, n. 79, n. 4 del cons. in dir., in www.cortecostituzionale.it.

(28) Per la quale, anche con riferimento al carattere parimente istruttorio della conferenza prevista dal successivo art. 208 del d. lgs. n. 152/2006, cfr. F. BARBENSI–F. BENETTI, “Impianti di smaltimento di rifiuti: conferenze di servizi e riparto di competenze tra dirigenti e organi politici”, in “Com. d’It.”, 2003, n. 11, pp. 47 ss., p. 51; M. BUSÀ–P. COSTANTINO, “La disciplina dei rifiuti. Prontuario tecnico–giuridico”, Santarcangelo di Romagna, 2012, p. 36; B. CARAVITA, “Diritto dell’ambiente”, 3a ed., Bologna, 2005, p. 203; P. DELL’ANNO, “Gestione dei rifiuti: note introduttive sul nuovo decreto”, in “Amb.”, 1997, pp. 219 ss.; P. FERRARIS–E. ROBALDO, sub art. 208, in R. GRECO (a cura di), “Codice dell’ambiente”, 2a ed., Roma, 2011, pp. 955 ss., 957; F. FONDERICO, “Profili sostanziali e processuali del procedimento di approvazione degli impianti di smaltimento di rifiuti speciali”, in “Cons. Stato”, 2002, pt. II, pp. 333 ss., p. 335; F. FRACCHIA, “I procedimenti amministrativi in materia ambientale”, in A. CROSETTI–R. FERRARA–F. FRACCHIA–N. OLIVETTI RASON, “Diritto dell’ambiente”, 2a ed., Roma–Bari, 2002, pp. 187 ss., p. 341; A. GRATANI, “La conferenza di servizi in materia di realizzazione di una discarica: la partecipazione degli «enti locali interessati»”, in “Dir. com. e sc. int.”, 2005, pp. 111 ss., p. 120; E. GRILLO–N. SPADARO–A. BUONFINO, “Autorizzazioni e iscrizioni (Artt. 208–213)”, in M. BUCELLO–L. PISCITELLI–S.E. VIOLA (a cura di), “VAS, VIA, AIA, rifiuti, emissioni in atmosfera. Le modifiche apportate al Codice dell’Ambiente dai decreti legislativi 128/2010 e 205/2010”, Milano, 2012, pp. 955 ss., p. 967; P. LOMBARDI, “Il procedimento autorizzatorio ex art. 27, d.lg. 5 febbraio 1997 n. 22: natura, competenze e sindacato giurisdizionale”, in “Foro amm. T.A.R.”, 2002, pp. 3154 ss., p. 3157; L. RAMACCI, “La nuova disciplina dei rifiuti”, Piacenza, 2006, p. 118; A. SCARCELLA, “L’autorizzazione integrata ambientale. Il nuovo sistema unitario di prevenzione e controllo delle fonti inquinanti dell’ambiente. Principi, procedure e sistema sanzionatorio”, Milano, 2005, p. 98.

(29) BALESTRA, op. cit., p. 74.

(30) Ai sensi dei commi 1-5, «1. I soggetti che intendono realizzare nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo dell'impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di salute e di sicurezza sul lavoro, e di igiene pubblica. Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale statale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini ed il termine di cui al comma 3 resta sospeso fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modifiche ed integrazioni. 2. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la regione nomina un responsabile del procedimento e convoca una apposita conferenza cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti, e i rappresentanti degli enti locali interessati. Alla conferenza è invitato a partecipare anche il richiedente l'autorizzazione o un suo rappresentante al fine di acquisire informazioni e chiarimenti. 3. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la conferenza: a) procede alla valutazione dei progetti; b) acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali; c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di compatibilità ambientale; d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla giunta regionale. 4. Per l'istruttoria tecnica della domanda la regione può avvalersi degli organismi individuati ai sensi del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61. 5. Entro trenta giorni dal ricevimento delle conclusioni della conferenza, e sulla base delle risultanze della stessa, la Giunta regionale approva il progetto e autorizza la realizzazione dell'impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali. L'approvazione stessa costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale, e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori».

(31) Come è stato rilevato, in relazione alla disposizione di tenore analogo contenuta nell’art. 208 del d. lgs. n. 152/2006, in tal modo «si ha una completa interazione delle finalità ambientali con il governo del territorio, tutela della salute, tutela del lavoro e della sicurezza, a riconferma della natura trasversale della tutela dell’ambiente (art. 117, comma 2, lett. s) come affermato dalla Corte costituzionale a partire dalla nota sentenza n. 407 del 2002» (L. SALVEMINI, sub art. 208, in AA.VV., “Codice dell’ambiente. Commento al d. lgs. 3 aprile 2006, n.152, aggiornato alla Legge 6 giugno 2008, n. 101”, Milano, 2008, pp. 1684 ss., p. 1689). Va da sé, ovviamente, che il privato partecipa senza diritto di voto e la sua presenza non rileva ai fini della formazione della volontà della conferenza, quantunque abbia comunque legittimazione processuale attiva nei confronti della decisione finale (cfr. BUSÀ–COSTANTINO, op. cit., p. 36).

(32) In tal senso, «la conferenza costituisce un momento di comparazione di interessi e di valutazione preventiva, il cui espletamento non è rigidamente formalizzato e le cui conclusioni sono soltanto uno degli elementi che l’Amministrazione regionale deve valutare. Pertanto, il parere non favorevole alla discarica opposto da alcuno dei soggetti intervenuti alla conferenza non può impedire alla Regione di decidere la localizzazione dell’impianto di discarica» (Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5296, cit.).

(33) Cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 3 aprile 2001, n. 151, in www.giustizia-amministrativa.it.

(34) Cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 21 dicembre 2000, n. 2949 (ord.), in “Riv. giur. amb.”, 2000, pp. 651 ss.

(35) Cfr., ex multiis, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 12 novembre 1998, n. 2597, in “Riv. giur. amb.”, 1999, pp. 934 ss.

(36) Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 21 aprile 1999, n. 1311, in “Riv. giur. amb.”, 1999, pp. 934 ss.

(37) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 1999, n. 212, in “Riv. giur. amb.”, 2000, pp. 93 ss. e Cons. Stato, sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5296, cit.

(38) Cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 19 settembre 2000, n. 696, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2002, n. 1557, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 20 ottobre 2005, n. 1549 (ord.), in www.ambientediritto.it. Particolarmente interessante è Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2004, n. 3451, in www.giustizia-amministrativa.it, che, nel dichiarare l’illegittimità della conferenza in cui non siano stati invitati tutti i Comuni con territori limitrofi alla discarica, distingue tra «enti locali interessati» ed «enti locali necessari», chiarendo che «è la convocazione delle conferenza che denota la volontà dell’autorità competente di dar corso all’iniziativa e conferisce attualità all’interesse ad interloquire, cosicché in assenza di domande di partecipazione può procedersi all’intervento dei soli soggetti indispensabili». Per una rassegna giurisprudenziale di tutte le tipologie di «enti locali interessati» alla partecipazione ad una conferenza di servizi per l’approvazione di un impianto di smaltimento di rifiuti, cfr. GRATANI, op. cit., pp. 118 s. e, ivi, giurisprudenza citata nelle note.

(39) In tal senso, «nella composizione della Conferenza, accanto alla partecipazione di organi di competenza tecnica, è prevista anche la presenza di altri soggetti, come i rappresentanti degli enti locali interessati dall’impianto; da ciò emerge che l’apporto istruttorio che deve necessariamente essere compendiato e sintetizzato nella decisione finale dell’organo competente, consiste non solo in elementi di carattere tecnico, ma anche in aspetti afferenti la sfera della discrezionalità amministrativa vera e propria; diversamente, non si comprenderebbe il motivo per cui, oltre alla presenza di soggetti con specifica competenza tecnica, sia stata prevista dalla legge anche la partecipazione di soggetti di rilevanza “politica”. Pertanto, anche la valutazione finale deve eventualmente essere suffragata da valutazioni di carattere discrezionale, non potendosi fondare unicamente su scelte di natura tecnica» (T.A.R. Piemonte, sez. I, 24 gennaio 2002, n. 278, in www.giustizia-amministrativa.it).

(40) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 1999, n. 212, cit.; Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 1999, n. 930, cit.; T.A.R. Milano, Lombardia, sez. IV, 21 novembre 2008, n. 5334, in www.giustizia-amministrativa.it.

(41) In tal senso, «il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione di un impianto per lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti non è subordinato, nella fase di approvazione dei progetti, alla preventiva utilizzazione della conferenza di servizi che […] è meramente facoltativa. La conferenza di servizi, infatti, costituisce un semplice strumento nell’ambito dell’attività di concertazione tra le varie amministrazioni, la cui assenza non ha alcuna incidenza sulla legittimità del procedimento adottato» e le cui conclusioni, anche se con motivazioni puntuali, possono essere disattese dall’ente pubblico competente alla procedura (Cass. pen., sez. III, 24 settembre 2003, n. 36048, in “Riv. pen.”, 2003, p. 624). Sul punto cfr. M. BENOZZO, “La gestione dei rifiuti”, in M. BENOZZO–F. BRUNO–A. GERMANÒ–E. ROOK BASILE, “Commento al codice dell’ambiente”, Torino, 2008, pp. 441 ss., p. 517, nt. 291.

(42) Cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 28 settembre 2002, n. 984, in www.giustizia-amministrativa.it. A favore della natura istruttoria e non decisoria della conferenza in esame si sono espresse T.A.R. Toscana, sez. II, 8 giugno 2000, n. 1114, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Piemonte, sez. I, 24 gennaio 2002, n. 278, cit.; Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2002, n. 3917, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 9 settembre 2003, n. 3241, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Liguria, sez. I, 11 maggio 2004, n. 745, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 10 giugno 2004, n. 2594, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 22 novembre 2005, n. 5236, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2006, n. 696, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 12 marzo 2007, n. 1003, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 5 dicembre 2007, n. 12470, cit.; T.A.R. Milano, Lombardia, sez. IV, 21 novembre 2008, n. 5334, cit.

(43) Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 15 luglio 2010, n. 2992, in www.giustizia-amministrativa.it.

(44) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2006, n. 696, cit.

(45) Cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 28 settembre 2002, n. 984, cit.

(46) In tal senso, si sottolinea che alla conferenza di servizi prevista dall’art. 27 del d. lgs. n. 22/1997 «sono affidati compiti di natura istruttoria, con la conseguenza che ad essa non é applicabile la disciplina dettata dall’art. 14, comma 3–bis, L. 7 agosto 1990 n. 241 per le ipotesi di dissenso in seno a conferenze di servizi aventi competenze di tipo decisorio. In vero, la particolare natura della Conferenza di servizi ex art. 27 del D.L.vo n. 22/1997, é quella di consentire ai soggetti ed Enti a vario titolo interessati al provvedimento finale di far conoscere il proprio punto di vista secondo lo schema della partecipazione funzionale, per cui ciascun apporto mantiene la sua autonomia; pertanto, la Conferenza stessa ha funzione “istruttoria”, in quanto costituisce una formula organizzativa assimilabile al previo concerto, strumento procedimentale di emersione e comparazione d’interessi pubblici, destinati a sintetizzarsi nel provvedimento finale, e non un vero e proprio organo collegiale ove le singole manifestazioni di volontà si fondono in una, fermo restando, che la Conferenza di servizi non é il luogo giuridico in cui si assumono le decisioni finali, ma solo la sede ove tutti gli interessi pubblici rilevanti in un certo ambito vengono palesati e confrontati e, quale strumento di collaborazione e di accelerazione del procedimento, il suo valore resta determinato dall’ampiezza degli interessi considerati e dalla qualità dei singoli apporti tecnici» (T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 9 settembre 2003, n. 3241, cit.). Parimenti, si ribadisce «il consolidato orientamento giurisprudenziale che attribuisce natura istruttoria, e non “decisoria”, alla conferenza di servizi prevista dall’art. 27 d. lgs. n. 22/97 e che considera non applicabili a tale tipo di conferenza le disposizioni all’epoca contenute nel citato comma III–bis, considerate per loro natura riferibili alle sole conferenze di tipo “decisorio”. La distinzione tra i due tipi di conferenze, contrariamente a quanto sostenuto dalle Amministrazioni costituite, pur non essendo stigmatizzata in una precisa definizione legislativa, non corrisponde ad una mera elucubrazione teorica sfornita di ogni riscontro concreto, ma trova il proprio fondamento in profonde ed evidenti differenze ravvisabili nelle stesse previsioni normative sul funzionamento e sugli scopi perseguibili dalla conferenza nell’uno e nell’altro caso: tra tali differenze, che la giurisprudenza ha da lungo tempo individuato, possono citarsi la mancanza di formalità di convocazione e di svolgimento dei lavori, nonché la non necessità di una “determinazione” conclusiva unitaria, che caratterizza la conferenza istruttoria quale semplice luogo di raccolta di pareri ed elementi istruttori nell’ambito di un procedimento promosso e condotto da una singola Amministrazione chiaramente identificata, a fronte della ben più dettagliata regolamentazione prevista per il funzionamento della conferenza “decisoria”, destinata a portare direttamente all’adozione del provvedimento definitorio dell’iter procedimentale, con la conseguente necessità di un’unica ed univoca determinazione conclusiva» (T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 10 giugno 2004, n. 2594, cit.).

(47) La giurisprudenza è chiara nel ritenere la mancata partecipazione di qualche rappresentante di ente locale è irrilevante ai fini della legittimità o meno del provvedimento autorizzatorio regionale, per la quale cfr., ad esempio, Cons. Stato, sez. IV, 23 luglio 1998, n. 1088, in “Riv. giur. amb.”, 1999, pp. 511 ss., la quale precisa che la conferenza in esame «non ha natura di collegio perfetto, in quanto non può venire paralizzata dall’assenza sistematica di un componente».

(48) Su tali critiche – che non sembrano tuttavia tenere sufficientemente conto del carattere istruttorio della conferenza – cfr. CARAVITA, op. cit., pp. 203 s.