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La Costituzione nei suoi tratti essenziali

Da sudditi a cittadini: sovranità, cittadinanza, diritti, libertà e partecipazione
La Costituzione nei suoi tratti essenziali
La Costituzione nei suoi tratti essenziali

Abstract

Il testo vuole individuare gli elementi imprescindibili che i Costituenti hanno posto a fondamento del progetto che ha dato vita ad una Costituzione moderna e democratica, propria di uno Stato dinamico e pluralista quale è la Repubblica italiana.

Muovendo dal punto di rottura che segna il passaggio dallo Stato liberale allo Stato democratico di diritto, cavalcando i supremi principi di eguaglianza e solidarietà, la strada da percorrere è imprescindibilmente quella della sovranità, che non può appartenere ad altri se non al popolo.

Si giunge così a toccare un tema tanto attuale quale è quello della cittadinanza, dando conto del fatto che oggi più di ieri, per poter dispiegare la propria forza e i propri effetti nel rispetto dei canoni del costituzionalismo moderno-democratico, richiede il riconoscimento di una dimensione inclusiva e perciò attiva che può realizzarsi solo ricorrendo alla categoria della cd. cittadinanza costituzionale.

This document focus on the essential elements that the Founding Fathers laid as the foundation of the project of a modern and democratic Constitution, belonging to a dynamic and pluralist State as the Italian Republic.

Starting from the breaking point between Liberal State and Democratic State, following the supreme principles of equality and solidarity, the right path is the one of sovereignty, which has to belong to the people.

At the end, we arrive to the new problem of citizenship, considering that today more than yesterday, to deploy its own strength in accordance with the modern-democratic standards of constitutionalism, it needs an inclusive and active dimension that can be realized only with the category of the constitutional citizenship.

 

Sommario

1. Il paradigma costituzionale della Carta del ’48;

2. La Costituzione come programma: la sovranità “appartiene” al popolo;

3. Dalla cittadinanza élitaria alla cittadinanza attiva della Costituzione repubblicana.

1. Il paradigma costituzionale della Carta del ’48

La Costituzione repubblicana si pone in netta antitesi rispetto alla precedente concezione dello Stato liberale sì da inserirsi nell’alveo del moderno Stato democratico-sociale, emblema degli Stati di diritto volti, in particolare, a «consentire il libero esplicarsi dell’autonomia individuale»[1], nonché a riconoscere il principio di eguaglianza sostanziale.

Lo Stato sociale mantiene i valori di eguaglianza, libertà e democrazia dello Stato liberale, ma li plasma affinché siano effettivamente realizzati; l’obiettivo è garantire concretamente il godimento delle libertà, ora accresciute dai nuovi diritti sociali, i quali richiedono un tangibile intervento dell’apparato statale affinché, dagli stessi, possa trarsi un reale beneficio [V’è da sottolineare sul punto che i principi costituzionali dello Stato sociale di diritto non rappresentano una peculiarità tipica della nostra Costituzione repubblicana, invero sono elementi connaturati e coessenziali al costituzionalismo proprio delle Carte del Secondo dopoguerra].

L’innovazione della Costituzione del ’48 è la valorizzazione del singolo individuo, ora al centro del sistema, che vede affermare in capo a sé i diritti di libertà: fondamentali e perciò inviolabili, rientranti (non solo) nella fattispecie aperta dell’articolo 2 della Costituzione. I diritti inviolabili dell’uomo promanano da un semplice riconoscimento ad opera dello Stato, la Repubblica si limita dunque a costituzionalizzarli in quanto ontologicamente radicati nell’essenza dell’individuo; in questo senso, infatti, si ritiene che l’organizzazione dei poteri pubblici (ossia lo Stato) è posto per la persona e non viceversa.

I Costituenti sono stati in grado di creare un sistema di pesi e contrappesi volto a permettere l’intervento dell’azione statale, sì da garantire l’alternanza tra diritti e doveri in virtù del fatto che «chi riceve dei diritti» deve «essere disposto a contraccambiare con l’adempimento dei doveri», è questo l’«elemento indefettibile» di un ordinamento democratico e «della sua stessa tenuta»[2].

Ciò che caratterizza il Patto costituzionale, qualificandosi come strumento di convergenza tra le diverse forze politiche, è la concorde volontà di erigere un’organizzazione statale in netta antitesi con la precedente. Rispetto allo Statuto albertino si nota come il patrimonio giuridico-costituzionale del singolo e delle formazioni sociali sia arricchito di nuove libertà e diritti, soprattutto grazie ai Titoli Terzo e Quarto della Prima parte della Costituzione, trait d’union con la Seconda, dimostrando come la Carta sia fondamentale nella sua interezza, senza possibilità di scissione tra gli articoli ivi contenuti.

 

2. La Costituzione come programma: la sovranità “appartiene” al popolo

La Costituzione nasce dunque come un compromesso tra le varie forze politiche e questo ha determinato un “tiro alla fune” sui cd. temi caldi: il primato e la centralità della persona, i nuovi principi di libertà e di giustizia sociale. Non solo, la Carta costituzionale si pone come un programma all’interno del quale sono espressamente sanciti gli obiettivi che devono essere conseguiti e che si propongono come stella polare per l’esercizio dell’azione dei pubblici poteri. È dunque necessario l’intervento della Repubblica cosicché, da un lato, sia garantito il raggiungimento degli obiettivi e, dall’altro lato, sia consentita la possibilità di azione degli uomini, ora attori in quanto cittadini. La nostra, infatti, non è una Costituzione statica, ma «è una Costituzione che apre le vie verso l’avvenire»[3] per il cui funzionamento si richiede il simbiotico lavoro dello Stato e degli individui.

Il concetto di sovranità nasce e si sviluppa con l’avvento degli Stati moderni, individua una situazione di alterità che si presenta come strumento atto a regolare un rapporto fra soggetti diversi, ossia la Nazione e il popolo. Con le Carte moderne tale nozione si pone in un rapporto di stretta correlazione con la Costituzione, gravandosi del carattere giuridico necessariamente vincolato al tipo di ordine assicurato dalla stessa Costituzione.

L’articolo 1 della Costituzione, dichiarando che «la sovranità appartiene al popolo», sottolinea l’inscindibilità della sovranità nazionale, ovvero il fatto che nessun organo può considerarsene titolare perché sarebbe mosso solo da interessi particolaristici e non dal cd. superiore interesse della nazione. Ma, proprio perché la Nazione non è in grado di esprimere direttamente la propria volontà, tale compito è attribuito dalla Costituzione – che quindi è la sola Sovrana – ai rappresentanti, in qualità di soggetti chiamati ad esercitare tale carica a seguito di elezioni liberamente e democraticamente svolte. [Il fine della Carta costituzionale è perciò quello di stabilire un terreno comune e, viepiù, dei limiti entro i quali si esplicano la pacifica convivenza e la pacifica competizione elettorale, altrimenti non potrebbe aversi uno Stato democratico e pluralista, rispettoso del proprio Testo fondamentale].

Il concetto di sovranità popolare oggi inteso si trova solo nelle Carte del Secondo dopoguerra perché, per poter funzionare, presuppone il riconoscimento della libertà di associazione; è proprio con l’esercizio delle libertà riconosciute agli individui che si configurano la «condizione e [il] presupposto per conferire efficienza alla partecipazione popolare alla vita dello Stato»[4]. L’unico soggetto legittimato all’esercizio della sovranità è – e non può essere altro che – il corpo elettorale, il quale si occupa da un lato, dell’elezione dei rappresentati in Parlamento e, dall’altro lato, dell’abrogazione di leggi o del concorso alla revisione costituzionale (articoli 75 e 138 Costituzione).

 

3. Dalla cittadinanza élitaria alla cittadinanza attiva della Costituzione repubblicana

Date queste premesse, l’ordinamento statale, investendo la vita dei singoli, è un imprescindibile fattore di coesione umana oltre che strumento di distinzione tra coloro che gli sono e coloro che non gli sono soggetti; il compito principale dello Stato è dunque quello di regolare la vita di una cerchia determinata di individui che costituisce un gruppo idoneo a raffigurarsi come unità, perciò legittimato ad avere la denominazione collettiva di popolo.

La funzione fondamentale della cittadinanza[5] è individuare il popolo e, al tempo stesso, attribuirgli specifiche situazioni giuridiche soggettive.

Ecco che appartenenza e partecipazione costituiscono la dicotomia essenziale dell’istituto che pretende il rispetto dei rapporti reciproci tra i consociati, in quanto strumento di aggregazione mosso dall’obiettivo di trovare nuove energie per crescere; sorge il problema dell’assimilazione, problema di contaminazione tra culture, che chiede il riconoscimento della comunità che si accoglie e la presa di conoscenza dello straniero.

L’appartenenza è connotata da forti radici identitarie, si è cittadini se si appartiene ad una collettività organizzata nella quale ci si riconosce per tradizione e per cultura. È solo con l’avvento degli Stati-nazione che la cittadinanza non rappresenta più il presupposto di una comunità di cives, ma costituisce una risultante necessaria del mutamento rientrante nella più ampia nozione di sovranità.

La partecipazione è invece l’anima più classica della cittadinanza, riconosce l’aspetto fondamentale dell’intervento dell’individuo all’attività della res publica; non a caso già Aristotele riteneva che la cittadinanza si potesse configurare con la partecipazione alla vita della comunità, individuando così chi fosse parte della comunità e chi, invece, ne era escluso[6].

Con l’avvento degli Stati moderni si affievolisce l’idea aristocratica della cittadinanza, tant’è che oggi tutti possono essere cittadini in quanto «diventa una cittadinanza costituzionale»[7], dunque strettamente ancorata ai valori posti alla base di ogni ordinamento; valori che si individuano con i poteri costituiti per i quali ciò che conta è la partecipazione concreta ad una specifica comunità politica.

[1] V. Cocozza, Costituzione italiana (voce), Enciclopedia giuridica, X, Roma, 1988, p.1.

[2] A. Apostoli, La svalutazione del principio di solidarietà. Crisi di un valore fondamentale per la democrazia, Milano, 2012, p. 59.

[3] P. Calamandrei, Lo Stato siamo noi, Padova, 2016, p. 5.

[4] C. Mortati, Articolo 1, in G. Branca (a cura di), Commentario alla Costituzione, Bologna-Roma, 1975, p. 27.

[5] Cfr. sul punto, almeno, D. Zolo (a cura di), La cittadinanza: appartenenza, identità, diritti, Roma-Bari, 1999; P. Costa, Cittadinanza, Roma-Bari, 2005; G. Azzariti, La cittadinanza. Appartenenza, partecipazione, diritti delle persone, in Dritto pubblico, 2, 2011; É. Balibar, Cittadinanza, Torino, 2012.

[6] Aristotele, Politica, III, Roma, 2013.

[7] G. Azzariti, Contro il revisionismo costituzionale, Roma-Bari, 2016, p. 114.