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La delimitazione dei poteri del Gip in materia di indagini in caso di rigetto della richiesta di archiviazione

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La delimitazione dei poteri del Gip in materia di indagini in caso di rigetto della richiesta di archiviazione

La cassazione sezione 4 con la sentenza numero 18758 del 12 maggio 2022 ha esaminato la questione relativa all’esatto confine dei poteri del Gip in materia di indagini quando rigetta la richiesta di archiviazione avanzata dall’organo inquirente.

Nel caso di specie il Gip aveva ordinato, in un caso di omicidio stradale contro ignoti, la formulazione dell'imputazione nei confronti dei responsabili della manutenzione ordinaria e straordinaria della strada, “allo stato ignoti e non sottoposti alle indagini”.

La cassazione ha stabilito che l'anomalia del provvedimento riguarda la delimitazione dei poteri del giudice per le indagini preliminari rispetto alla sfera di autonomia dell'organo inquirente.

Questa materia è stata oggetto di diverse pronunce del supremo Collegio le quali - sulla scia di copiosa giurisprudenza costituzionale (Corte Cost., sentenza n. 88 del 1991; Corte cost., sentenza n. 478 del 1993; Corte Cost., ordinanza n. 176 del 1999; Corte Cost., ordinanza n. 348 del 2005) - hanno affermato che rientra tra i poteri del giudice delle indagini preliminari quello di effettuare un controllo completo sulle indagini svolte dal pubblico ministero, non limitato, sotto il profilo oggettivo, alle imputazioni iscritte nel registro delle notizie di reato e, sotto il profilo soggettivo, alle persone indagate ed iscritte nel relativo registro.

Ne consegue che, se le valutazioni del giudice non concordano con le richieste conclusive del pubblico ministero, questi potrà essere invitato a compiere nuove indagini e, se tali indagini devono estendersi a persone non ancora indagate, il giudice ne potrà ordinare l'iscrizione nel registro delle notizie di reato (Sez. U., n. 22909 del 31/05/2005, Minervini, Rv. 231163).

Muovendo da queste premesse la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire, in più occasioni, che, quando il giudice per le indagini preliminari, dissentendo dal pubblico ministero, ordina l'iscrizione di una persona nel registro delle notizie di reato, il procedimento è restituito all'iniziativa dell'ufficio inquirente il quale deve poter esercitare tutti i poteri che gli sono attribuiti dalla legge, “primo tra tutti quello di adottare le determinazioni conseguenti all'esito delle indagini espletate”.

Deve quindi poter svolgere le investigazioni ritenute più opportune, procedere all'iscrizione di ulteriori soggetti che, all'esito delle indagini, dovessero risultare concorrenti nel reato, procedere per reati ulteriori rispetto a quelli originariamente supposti, ovvero richiedere una nuova archiviazione (fermo restando, ovviamente, in ogni caso, il potere di controllo del giudice sull'esercizio dell'azione penale).

In attuazione di questi principi sono stati ritenuti abnormi: il provvedimento del giudice delle indagini preliminari che, oltre ad ordinare l'iscrizione di un soggetto nel registro delle notizie di reato, abbia fissato una nuova udienza in prosecuzione per verificare il puntuale adempimento di quanto stabilito (Sez. U., 3 Corte di Cassazione - copia non ufficiale n. 22909 del 31/05/2005, Minervini, Rv. 231163).

L'ordinanza che, nel rigettare la richiesta di archiviazione disponendo indagini suppletive, abbia ordinato al pubblico ministero di richiedere l'incidente probatorio per svolgere un accertamento peritale (Sez. 4, n. 27566 del 12/06/2008, Monastero, Rv. 240739).

Il provvedimento del giudice delle indagini preliminari con il quale, nel rigettare la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero, si sia ordinato a quest'ultimo la formulazione dell'imputazione anche per fatti diversi da quelli per i quali il procedimento era stato iscritto (Sez. 5, n. 12987 del 16/02/2012, Di Felice, Rv. 252312).

In applicazione dei medesimi principi è stata ritenuta abnorme - e la decisione è di specifico interesse nel presente ricorso - l'ordinanza con la quale il giudice delle indagini preliminari abbia ordinato al pubblico ministero l'iscrizione di persona non sottoposta ad indagini nel registro degli indagati e la formulazione nei suoi confronti della imputazione coatta.

Si tratta, infatti, di una indebita ingerenza nei poteri dell'organo inquirente e di una violazione dei diritti di difesa del soggetto non sottoposto ad indagini, che non è stato destinatario dell'avviso di cui all'art. 409 cod. proc. pen., e, di conseguenza, non ha partecipato all'udienza camerale e alla discovery, dei risultati delle indagini avvenuta in quella sede (Sez. U., n. 4319 del 28/11/2013, L., n. 257786).

Com'è evidente, la ratio comune alle decisioni citate risiede nel fatto che il giudice delle indagini preliminari non deve surrogarsi all'organo d'accusa, cui è rimessa ogni valutazione e decisione in ordine al tempo e al modo di svolgimento delle indagini.

Ciò avviene, invece, se il giudice per le indagini preliminari non si limita a disporre l'iscrizione di un soggetto nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen. ma, contestualmente, ordina al pubblico ministero la formulazione della imputazione nei suoi confronti. In questo modo, infatti, il g.i.p. invade la sfera di attribuzioni della pubblica accusa, costretta ad espletare, nei ristretti termini prescritti dall'art. 409, comma 5, cod. proc. pen., gli adempimenti ivi previsti, e a dare alle indagini preliminari l'esito imposto dal giudicante (Sez. 5, n. 46135 del 19/06/2014, PM in proc. ignoti, Rv. 262140; Sez. 5, n. 36160 del 04/04/2019, PMT c/ignoti, Rv. 277429).