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La dimensione costituzionale del sistema del Terzo settore

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La dimensione costituzionale del sistema del Terzo settore

 

Durante l’attività di costante attenzione alle questioni riguardanti il Terzo settore può accadere che, anche da pronunzie solo apparentemente limitate a fattispecie di più ristretto impatto pratico, si possano ricavare ampi spunti di riflessione.

Del  succitato tenore è sicuramente la recente sentenza della Corte costituzionale n. 72 del 15 marzo 2022 la quale, oltre ad aver segnato il superamento, da parte del codice del Terzo settore, di un primo vaglio di costituzionalità, ha fornito preziose risorse per operare una lettura costituzionalmente orientata dell'intero sistema degli enti del Terzo settore, definito dalla Consulta: “ … una dimensione che attiene ai principi fondamentali della Costituzione, in quanto espressione di un pluralismo sociale rivolto a perseguire la solidarietà - posta dall'art. 2 Cost. tra i valori fondanti dell'ordinamento giuridico - e a concorrere all'eguaglianza sostanziale che consente lo sviluppo della personalità, cui si riferisce il secondo comma dell'art. 3 Cost. Proprio in quanto tale, questo sistema è valorizzato ai sensi del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all'art. 118, quarto comma, Cost., fino a dar vita, nell'art. 55 cod. terzo settore, a un modello di amministrazione condivisa tra gli ETS e le pubbliche amministrazioni”.

Nello specifico, le questioni di legittimità costituzionale portate dal Consiglio di Stato al vaglio della Consulta, riguardanti la violazione degli artt. 2, 3, 4, 9, 18, 76 e 118, quarto comma della Costituzione da parte dell’art. 76 del Codice del Terzo settore (dlgs n. 117/2017), nella parte in cui vengono riservati, esclusivamente alle organizzazioni di volontariato (d’ora in avanti ODV), contributi statali per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e beni strumentali, con conseguente discriminatoria esclusione, da tale beneficio, degli altri enti del Terzo settore (d’ora in avanti ETS), anch’essi svolgenti, parimenti, attività di interesse generale.

La norma censurata prevede espressamente che: “1. Le risorse di cui all'articolo 73, comma 2, lettera c), sono destinate a sostenere l'attività di interesse generale delle organizzazioni di volontariato attraverso l'erogazione di contributi per l'acquisto, da parte delle medesime, di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e di beni strumentali, utilizzati direttamente ed esclusivamente per attività di interesse generale, che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diverse utilizzazioni senza radicali trasformazioni, nonché per la donazione dei beni ivi indicati nei confronti delle strutture sanitarie pubbliche da parte delle organizzazioni di volontariato e delle fondazioni.

2. Per l'acquisto di autoambulanze e di beni mobili iscritti in pubblici registri destinati ad attività antincendio da parte dei vigili del fuoco volontari, in alternativa a quanto disposto al comma 1, le organizzazioni di volontariato possono conseguire il predetto contributo nella misura corrispondente all'aliquota IVA del prezzo complessivo di acquisto, mediante corrispondente riduzione del medesimo prezzo praticata dal venditore. Il venditore recupera le somme corrispondenti alla riduzione praticata mediante compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”.

I Giudici delle leggi hanno inizialmente rimarcato come nel registro unico nazionale del Terzo settore (c.d. RUNTS), siano raccolti tutti gli enti iscritti e costituiti in forme organizzative tipizzate, quali le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le società di mutuo soccorso, le reti associative, le imprese sociali e le cooperative sociali, oltre agli altri enti “atipici”, quali le associazioni riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di diritto privato diversi dalle società, che perseguono, “senza scopo di lucro, […] finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi”.

Prendendo le mosse da tali premesse, la Corte costituzionale ha inteso evidenziare che, nonostante il Codice del Terzo settore (dlgs n. 117/2017) abbia conseguito una funzione unificatrice delle varie tipologie di enti, non può tuttavia ritenersi raggiunta una indistinta omologazione dei diversi enti che, proprio per le rispettive peculiarità, differenti caratteristiche, nonché tipologie dei modelli organizzativi, mantengono comunque legittime differenziazioni, non da ultimo per il perseguimento degli specifici fini istituzionali.

Proprio alla luce delle sopra evidenziate differenze strutturali esistenti tra i vari ETS, la Corte costituzionale ha ritenuto perciò legittima la peculiarità introdotta dall’ordinamento giuridico (rectius dall'art. 76 del dlgs n. 117/2017) in favore delle sole ODV rientrante, più nello specifico, nelle differenziazioni dei regimi di sostegno pubblico in ragione di diversi fattori, tra cui quello della dimensione che assume l’apporto della componente volontaria all’interno dei precitati enti.

Invero la Corte, nell'approfondire l'esame della peculiare struttura delle ODV, ha ravvisato la necessaria prevalenza della componente volontaristica in quanto, se la regola generale è che tutti gli ETS «possono» avvalersi di volontari (art. 17, comma 1, cod. terzo settore), una regola specifica impone alle ODV di avvalersene «in modo prevalente» (art. 32, comma 1, cod. terzo settore).

Nello specifico l’art. 33, comma 1 del codice del terzo settore prescrive, per tali enti, anche la possibilità di assumere lavoratori dipendenti, ma solo entro precisi limiti di carattere “qualitativo”, cioè «occorrenti a qualificare o specializzare l’attività svolta», ma che «in ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari».

Tale prevalenza dell’attività di volontariato assume un rilievo centrale, perché incide anche sul sistema di finanziamento, come del resto conferma l’art. 33, comma 3, cod. terzo settore, che vincola espressamente le ODV a ricevere, per l’attività di interesse generale prestata, «soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate».

Si tratta, in realtà, di un vincolo in qualche modo collegato al principio generale secondo cui «[l]’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall’ente del Terzo settore tramite il quale svolge l’attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo. Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario» (art. 17, comma 3, cod. terzo settore).

In buona sostanza, la necessaria prevalenza della componente volontaristica nella struttura costitutiva delle ODV è associata alla circostanza che la disciplina dell’attività di interesse generale di tali enti è caratterizzata da un vincolo particolarmente stringente, prodromico ad agevolare quella caratteristica di gratuità connotante le attività del volontario.

Proprio a fronte di tali inderogabili limiti imposti dall’ordinamento alle attività di volontariato, consistenti, più in particolare, nel vincolo della gratuità con particolare preclusione della possibilità di ottenere margini positivi da destinare all’incremento dell’attività stessa che non sia il mero rimborso delle spese, la Consulta ha inteso ravvisare la concretezza del rischio per le ODV di non riuscire ad affrontare l’acquisto o il rinnovo dei propri beni strumentali, con conseguente affermazione della legittimità costituzionale delle previste misure di sostegno pubblico.

Nel proprio argomentare circa l’essenziale gratuità che connota l’attività di volontariato, la Corte ha specificato che “… nella forma di impegno civico costituita dal volontariato la persona è chiamata ad agire non per calcolo utilitaristico o per imposizione di un'autorità, ma per libera e spontanea espressione della profonda socialità che caratterizza la persona stessa, secondo il modello fondamentale dell'azione positiva e responsabile dell'individuo; all'origine dell'azione volontaria si trova l'emergere della natura relazionale della persona umana che, nella ricerca di senso alla propria esistenza, si compie nell'apertura al bisogno dell'altro”.

La Consulta non ha quindi ritenuto irragionevole, ritenendolo non discriminatorio, l’accessibilità del contributo oggetto della norma censurata soltanto a ETS caratterizzati dal vincolo normativo alla prevalenza dei volontari e dal connesso principio di gratuità, con esclusione degli altri enti per i quali tale previsione non sussiste e che quindi possono stabilire remunerazioni tramite le quali autonomamente finanziare l’acquisto o il rinnovo dei beni strumentali.

Nella previsione in esame, pertanto, è proprio la connotazione sostanziale delle ODV a giustificare la legittimità del contributo in questione, rivolto ai precitati enti in cui è strutturalmente prevalente la componente volontaristica e che, a fronte della limitazione al solo rimborso delle spese, non possono reperire le risorse finanziarie necessarie all’acquisto o alla sostituzione degli automezzi e degli altri mezzi strumentali.

Nell’approdare alla conclusione di non ritenere fondate le questioni sollevate in ordine all’art. 76 del codice del Terzo settore, la stessa Corte ha però segnalato al legislatore che anche altri ETS si possono trovare in una condizione ragionevolmente assimilabile a quella delle ODV. Tale specifico riferimento è alle associazioni di promozione sociale che, in forza dell’art. 35, comma 1, cod. terzo settore, condividono il medesimo requisito della necessaria prevalenza dei volontari nelle persone associate. Prova ne sia che, nell’impianto sistematico del succitato codice, in virtù dell’esistenza del medesimo carattere strutturale, le ODV e le associazioni di promozione sociale vengono accomunate nell’accesso a medesimi benefici come, ad esempio, nell’art. 56, in relazione alle convenzioni; nell’art. 67, relativamente all’accesso al credito agevolato; nell’art. 68, in relazione ai crediti privilegiati; nell’art. 72, in riferimento al finanziamento di progetti.

Ragion per cui è stato auspicato un prossimo intervento del legislatore volto a rendere meno rigido “il filtro selettivo” previsto dalla disposizione, “in modo da permettere l’accesso alle relative risorse anche a tutti quegli Ets sulla cui azione – per disposizione normativa, come nel caso delle associazioni di promozione sociale, o per la concreta scelta organizzativa dell’ente di avvalersi di un significativo numero di volontari rispetto a quello dei dipendenti – maggiormente si riflette la portata generale dell’art. 17, comma 3, cod. terzo settore, per cui al volontario possono essere rimborsate soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata”.

In conclusione la sentenza in commento, pur riguardando una fattispecie di mero interesse pratico ed avendo, peraltro, sancito l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, ha fornito indicazioni operative e spunti di riflessione per l’intero sistema del Terzo settore del quale è stata delineata la dimensione costituzionale.