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Le fondazioni universitarie

Prospettive
Ph. Fabio Toto / Prospettive

Con l'art. 59, n. 3, della Legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge Finanziaria 2001), il nostro ordinamento ha dotato le Università della possibilità di costituire fondazioni di diritto privato che, con la partecipazione di enti, amministrazioni pubbliche ed anche di soggetti privati, si occupano dello svolgimento di tutte quelle attività strumentali e di supporto alla didattica e alla ricerca degli atenei.

Detta disposizione normativa ha quindi concesso alle Università, che assumono la qualifica di enti di riferimento, la facoltà di affidare alle fondazioni tutte quelle attività che non siano di didattica e di ricerca, queste ultime strettamente riservate all'istituzione pubblica universitaria.

Le fondazioni sono infatti concepite come strutture operative strumentali ed attuative delle finalità della didattica e della ricerca, che rimangono invece di esclusiva competenza degli Atenei.

Più nello specifico possono ritenersi ricomprese in tali finalità attuative delle attività istituzionali delle università: la gestione del patrimonio immobiliare e dei beni culturali di proprietà delle Università e delle biblioteche universitarie, l'organizzazione di master, convegni, seminari e corsi di alta formazione e di specializzazione e, non da ultimo, la promozione della raccolta di fondi privati e pubblici e la richiesta di contributi pubblici e privati locali, nazionali, europei e internazionali da destinare agli scopi della fondazione, c.d. fund raising.

In particolare, il successivo DPR 24 maggio 2001, n. 254, rubricato "Regolamento recante criteri e modalità per la costituzione di fondazioni universitarie di diritto privato, a norma dell'articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388", ha disciplinato, più nel dettaglio, il numerus clausus delle tipologie di attività che le Università, quali enti di riferimento, possono attribuire alle fondazioni.

Viene infatti specificato che le fondazioni possono svolgere, a favore e per conto degli enti di riferimento, le seguenti attività:

a) l'acquisizione di beni e servizi alle migliori condizioni di mercato;

b) lo svolgimento di attività strumentali e di supporto della didattica e della ricerca scientifica e tecnologica, con specifico riguardo:

1) alla promozione e sostegno finanziario alle attività didattiche, formative e di ricerca;

2) alla promozione e allo svolgimento di attività integrative e sussidiarie alla didattica ed alla ricerca;

3) alla realizzazione di servizi e di iniziative diretti a favorire le condizioni di studio;

4) alla promozione e supporto delle attività di cooperazione scientifica e culturale degli enti di riferimento con istituzioni nazionali ed internazionali;

5) alla realizzazione e gestione, nell'ambito della programmazione degli enti di riferimento, di strutture di edilizia universitaria e di altre strutture di servizio strumentali e di supporto all'attività istituzionale degli enti di riferimento;

6) alla promozione e attuazione di iniziative a sostegno del trasferimento dei risultati della ricerca, della creazione di nuove imprenditorialità originate dalla ricerca ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b), n. 1), del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, della valorizzazione economica dei risultati delle ricerche,

anche attraverso la tutela brevettale;

7) al supporto all'organizzazione di stages e di altre attività formative, nonché ad iniziative di formazione a distanza.

Il medesimo regolamento, al successivo articolo 2, individua quelle attività che le fondazioni possono svolgere al fine di perseguire le finalità appena sopra elencate, tra cui:

a) promuovere la raccolta di fondi privati e pubblici e la richiesta di contributi pubblici e privati locali, nazionali, europei e internazionali da destinare agli scopi della fondazione;

b) stipulare contratti, convenzioni, accordi o intese con soggetti pubblici o privati;

c) amministrare e gestire i beni di cui abbiano la proprietà o il possesso, nonché le strutture universitarie delle quali le sia stata affidata la gestione;

d) sostenere lo svolgimento di attività di formazione, ricerca e trasferimento tecnologico, anche attraverso la gestione operativa di strutture scientifiche e/o tecnologiche degli enti di riferimento;

e) promuovere la costituzione o partecipare a consorzi, associazioni o fondazioni che condividono le medesime finalità, nonché a strutture di ricerca, alta formazione e trasferimento tecnologico in Italia e all'estero, ivi comprese società di capitali strumentali a dette strutture. Nel caso di partecipazione a tali

società di capitali la partecipazione non può superare il cinquanta per cento dell'intero capitale sociale;

 f) promuovere e partecipare ad iniziative congiunte con altri istituti nazionali, stranieri, con amministrazioni ed organismi internazionali e, in genere, con operatori economico e sociali, pubblici o privati;

 g) promuovere seminari, conferenze e convegni anche con altre istituzioni e organizzazioni nazionali ed internazionali o partecipare ad analoghe iniziative promosse da altri soggetti.

A chiusura dell'art. 2 del D.P.R. n. 254/2001 riguardante, come si è visto, il numerus clausus delle tipologie di finalità delle fondazioni e delle attività a ciò strumentali, si inserisce una previsione che caratterizza in modo determinante ed inequivoco l'impianto generale della fondazione ed il suo assetto patrimoniale.

Il comma 3, infatti, così recita: "Le fondazioni agevolano la partecipazione alla propria attività di enti e amministrazioni pubbliche e di soggetti privati, sviluppando ed incrementando la necessaria rete di relazioni nazionali ed internazionali funzionali al raggiungimento dei propri fini".

Da ciò si evince, in maniera ben precisa, come l'architettura delle fondazioni universitarie, ricalchi lo schema tipico delle "fondazioni di partecipazione".

Come più dettagliatamente argomentato in un precedente contributo forniti a questa rubrica (si veda "Le Fondazioni di partecipazione", articolo 11 Marzo 2021 a cura dell'Avv. Gianluca Limardi),accanto al modello tradizionale di fondazione, la prassi ha dato vita a fondazioni c.d. aperte, in cui è possibile entrare in momenti successivi rispetto a quello originario della costituzione dell'ente: queste ultime sono per ciò caratterizzate dalla presenza di aderenti successivi, i quali decidono di condividere, mediante le loro contribuzioni, un progetto intrapreso in precedenza da altri.

In questo caso la dottrina ha individuato il modello delle "fondazioni di partecipazione", i cui elementi specifici sono riconducibili in parte alla fondazione ed in parte all'associazione. Esse sono infatti dotate di un'articolata organizzazione funzionale in cui si contempera la partecipazione attiva e la gestione dell'ente tanto da parte dei fondatori, quanto da parte degli aderenti successivi.

Il patrimonio, pur mantenendo la sua centralità nella caratterizzazione dello schema della fondazione, può essere anche "a formazione progressiva" in modo tale che la dotazione iniziale possa arricchirsi in seguito, per effetto di adesioni successive. Al riguardo la prassi ha proposto la distinzione tra il patrimonio della fondazione costituito inizialmente dal fondo di dotazione dei conferimenti in denaro o di beni mobili o immobili effettuati da Fondatori Promotori ed il fondo di gestione, costituito dalle risorse impiegabili dalla fondazione per il suo funzionamento e lo svolgimento delle attività finalizzate al raggiungimento dei propri scopi.

Da un lato, infatti, vi è il patrimonio della fondazione, costituito:

- dalla dotazione iniziale in beni mobili e/o immobili conferita dai fondatori all'atto della costituzione;

- dai beni mobili e immobili che perverranno alla fondazione a qualsiasi titolo, nonché da contributi, donazioni e lasciti di persone fisiche e giuridiche pubbliche e private, la cui accettazione sia deliberata, previo gradimento degli enti di riferimento, dal consiglio di amministrazione della fondazione e che il consiglio stesso decida di imputare a patrimonio;

- dai proventi delle attività proprie che il consiglio di amministrazione deliberi di destinare ad incremento del patrimonio;

- dagli utili, derivanti da partecipazioni, che il consiglio di amministrazione decida di imputare a patrimonio;

- dai fondi di riserva costituiti con eventuali avanzi di gestione.

Dall'altro lato vi è il fondo di gestione, ovvero la somma delle risorse impiegabili dalla fondazione per il raggiungimento dei propri scopi, infatti la fondazione, per lo svolgimento delle proprie attività, dispone:

a) di ogni eventuale provento, contributo, donazione o lascito destinato all'attuazione degli scopi statutari e non espressamente destinato all'incremento del patrimonio;

b) dei redditi provenienti dalla gestione del patrimonio;

c) dei corrispettivi per le prestazioni effettuate nei confronti degli enti di riferimento.

È stata quindi individuata la presenza di un apparato organizzativo strutturato su due livelli: il primo che annovera la presenza dei fondatori, i quali partecipano alla costituzione della fondazione e si riservano la funzione di indirizzare l'attività dell'ente; il secondo, più tipicamente operativo, in cui vengono coinvolti i partecipanti, sia istituzionali e sia tout court, che assumono compiti gestionali ed esecutivi, contribuendo alla realizzazione degli scopi dell'ente, mediante contributi in denaro annuali o pluriennali.

Le summenzionate categorie si distinguono per la specificità dei relativi compiti:

1. I "Fondatori": partecipano alla costituzione della fondazione e sono gli enti, le amministrazioni pubbliche e i soggetti privati individuati dagli enti di riferimento, che abbiano accettato di contribuire, nella misura indicata nello statuto, al fondo di dotazione iniziale e al fondo di gestione della fondazione mediante contributi in denaro, in attività o in beni materiali e immateriali.

2. I "Partecipanti istituzionali" alla fondazione, previo gradimento della stessa e dell'ente di riferimento, sono gli enti, amministrazioni pubbliche e soggetti privati che, condividendo le finalità della fondazione, contribuiscono alla realizzazione dei suoi scopi mediante contributi in denaro annuali o pluriennali, in attività o beni materiali e immateriali, in misura non inferiore a quella all'uopo stabilita annualmente dal consiglio di amministrazione della fondazione.

3. I "Partecipanti" sono gli enti, amministrazioni pubbliche e soggetti privati che contribuiscono in via non continuativa agli scopi della fondazione con mezzi e risorse in misura non inferiore a quella stabilita dal consiglio di amministrazione della fondazione.

L'assetto amministrativo interno segue l'impostazione operativa della fondazione. Sono, quindi, organi dell'ente:

a) il presidente;

b) il consiglio di amministrazione, composto da un massimo di undici membri compreso il presidente, la maggioranza dei quali è nominata dagli enti di riferimento e i restanti dalla compagine "partecipativa";

c) il collegio dei revisori dei conti.

Gli statuti possono prevedere un comitato scientifico, come pure tutti gli altri aspetti del funzionamento della fondazione.

Sotto questo aspetto, il regolamento ministeriale opera un rinvio allo statuto della fondazione stessa sia per la disciplina dei criteri per l'ingresso di soggetti pubblici o privati nella compagine dell'ente, sia per la nomina dei relativi rappresentanti, come pure in relazione alle competenze del comitato scientifico.

Quanto poi al regime del personale della fondazione, i rapporti di lavoro dei dipendenti delle fondazioni sono disciplinati dalle disposizioni del Codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato essendo contrattualmente costituiti e regolati.

Alla data odierna, dal sito del Ministero dell'Istruzione Ministero dell'Università e della Ricerca, risultano costituite ed operative le seguenti Fondazioni Universitarie:

Fondazione Politecnica delle Marche (ANCONA), Fondazione Universitaria “Magna Graecia” (CATANZARO), Fondazione Cutgana (CATANIA), Fondazione Università “G. d’Annunzio” (CHIETI), Fondazione “Francesco Solano” dell’Università della Calabria (COSENZA), Fondazione Università dell’Aquila (L’AQUILA), Fondazione Politecnico di MILANO (MILANO), Fondazione IULM (MILANO), Fondazione “Marco Biagi” – (MODENA), Fondazione TECNOMED (Tecnologie per la medicina) di Milano Bicocca ( MONZA), Fondazione UNIVENETO (PADOVA), Fondazione Italo-Libica in liquidazione (PALERMO), Fondazione “Alma Mater Ticinensis” (PAVIA), Fondazione “Azienda Agraria” (PERUGIA), Fondazione INPHOTEC (PISA), Fondazione “INUIT – TOR VERGATA” (ROMA), Fondazione “CEIS ECONOMIA – TOR VERGATA” (ROMA), Fondazione “MARUFFI ROMA TRE” (ROMA), Fondazione Università di Salerno (SALERNO), Fondazione Università di Teramo (TERAMO), Fondazione Universitaria Fondo Ricerca Talenti (TORINO), Fondazione IUAV di Venezia (VENEZIA), Fondazione “Ca’ Foscari” (VENEZIA).

Non è quindi revocabile in alcun dubbio come, proprio grazie alla specifica struttura conferita dal legislatore alle Fondazioni Universitarie, queste ultime possano coinvolgere in maniera stabile, ovvero in progetti annuali o pluriennali, tutti quei soggetti (imprese, istituti di ricerca, regioni, comuni, associazioni di categoria, persone fisiche etc etc), i quali, aderendo alla fondazione, partecipano alla gestione della medesima, sempre secondo il grado di apertura e di influenza riservato loro dall'ente di riferimento e, quindi, dall'Università stessa.

A tal riguardo, meriterebbero ulteriori approfondimenti le agevolazioni fiscali che il legislatore ha previsto per le fondazioni e di cui possono beneficiare, quale aspetto tutt'altro che secondario, anche le fondazioni universitarie in ragione degli specifici ambiti di intervento.

In conclusione l'istituto della fondazione universitaria, oltre a sostanziarsi in uno strumento efficace per assicurare un sostegno operativo alle attività istituzionali degli atenei, può rappresentare, a parere di chi scrive, anche un'opportunità per le Università le quali possono rimodulare e rinnovare le stesse funzioni di didattica e di ricerca, soprattutto attraverso il confronto e lo scambio con le istituzioni ed imprese coinvolte nei progetti.