La famiglia in evoluzione: verso la discussione del modello costituzionale?
L’ordinamento costituzionale assume differenti atteggiamenti rispetto ai plurimi modelli familiari esistenti. Esso conferisce assoluta preminenza al modello della società naturale fondata sul matrimonio, prevedendo un’apposita disciplina intangibile per il legislatore ordinario. L’articolo 29 Costituzione è oggetto di opposte interpretazioni in dottrina.
Nell’ottica di taluni, la disposizione sopracitata è contraddittoria e irrisolta per due motivi: da un lato, definisce la famiglia come “società naturale”, ponendo contemporaneamente a suo fondamento l’istituzione giuridica del matrimonio; dall’altro, ammette “i diritti della famiglia” contrapponendoli ai diritti garantiti al singolo membro della medesima dall’articolo 2 Costituzione[1]. Al contrario, vi è chi reputa l’articolo 29 Costituzione una disposizione puntuale e coerente; tale indirizzo, nel riconoscere valore giuridicamente vincolante alla concezione cattolica della famiglia, concepisce “società naturale” e “matrimonio” come concetti inscindibili, non sempre rispettati dal legislatore[2].
In realtà, come avallato da una parte della dottrina, il problema effettivo è un altro: evitare che la nozione “società naturale” venga considerata immutabile.
Come ben evidenziato, se il testo costituzionale fosse mantenuto nel suo significato primitivo, il patto fondativo non potrebbe essere realmente rispettato, in quanto “perderebbe la sua capacità di condizionare una realtà inevitabilmente cangiante”[3]. In linea con ciò, una corrente di pensiero reputa che il dato testuale dovrebbe essere riletto a fronte dell’insorgenza di nuove forme di rapporti sociali, tale da rendere necessaria la definizione di un nuovo modello giuridico di famiglia.
La disposizione costituzionale ha subito un’evoluzione interpretativa tale da determinare “un radicale rovesciamento di significati rispetto a quella che ragionevolmente era stata l’intenzione dei Costituenti in una stagione in cui non era pensabili significative alternative sociali alla coessenzialità del rapporto matrimonio-famiglia”[4]. Sulla stessa scia, si pone anche quella parte della dottrina che non intravede più nella famiglia legittima il modello da preservare e tutelare, per via della legge di riforma e per effetto di un’interpretazione sistematica dei principi costituzionali in materia[5].
Senza screditare le tesi appena citate, si ritiene che il riferimento alla società naturale di cui all’articolo 29 Costituzione debba essere concepito come richiamo alla tradizione etica, sociale e culturale dell’Occidente: entrando nei dettagli, sussiste un vincolo inscindibile tra atto e rapporto, nel senso che il rapporto – complesso di diritti e doveri costituenti la famiglia – trova esclusivamente nel matrimonio il titolo di legittimazione.
A tale visione si potrebbe obiettare di accordare prevalenza all’atto piuttosto che al rapporto; tuttavia, occorre tenere presente che al legislatore ordinario non è precluso individuare e tracciare modalità di disciplina giuridica finalizzate a offrire tutela a particolari interessi di soggetti meritevoli di attenzione. Da ciò ne deriva chiaramente che le altre aggregazioni familiari possono trovare regolamentazione nel campo dell’articolo 2 Costituzione. La formula che promuove l’inserimento dalla famiglia di fatto nell’alveo delle aggregazioni giuridicamente rilevanti è quella di “formazioni sociali”. A tale proposito, è opportuno marcare come il sostantivo “società” racchiuso nell’articolo 29 Costituzione richiami quello di formazione sociale cui si riferisce l’articolo 2 Costituzione Si riscontra una netta differenziazione tra i due disposti: mentre l’articolo 2 Costituzione sancisce la prioritaria tutela dei diritti individuali dell’uomo nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, l’articolo 29 Costituzione non ammette un’analoga protezione dei diritti dell’individuo. Quest’ultimo, nel riconoscere i diritti della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio, sembra dare luogo ad un centro di interessi distinto da quello dei suoi membri.
Una conferma è rinvenibile nell’articolo 144 c.c., ai sensi del quale i coniugi concordano l’indirizzo della vita familiare secondo le esigenze di essi e quelle preminenti della famiglia stessa. È innegabile che oggi si assista ad una maggiore valorizzazione degli interessi individuali dei componenti della famiglia, a detrimento di quelli dell’istituzione familiare. La decisione di convivere senza matrimonio (a prescindere dall’orientamento sessuale) indica chiaramente la volontà di attribuire priorità alla dimensione della libertà.
Il consolidamento normativo e giurisprudenziale delle molteplici realtà familiari induce inevitabilmente a chiedersi se sia necessario apportare modifiche al dettato costituzionale. Di recente, vi è chi ha ammesso che le direttrici costituzionali sulla famiglia richiedono di essere conformate ad una struttura della stessa che “non soltanto è profondamente mutata, ma che anche viene percepita come diversa rispetto alla definizione costituzionale”[6].
Si tratta di un’operazione delicata e ardua, la cui attuazione potrebbe favorire l’emersione di ulteriori problematiche; la strada preferibile da percorrere – a parere di chi scrive – è quella di ripartire dallo stesso modello costituzionale, giacchè proprio la Costituzione ha consentito all’istituzione familiare sino ad oggi di adempiere le sue funzioni fondamentali.
[1] Così, C. GRASSETTI, I principi costituzionali relativi al diritto familiare, in P. CALAMANDREI, A. LEVI (diretto da), Commentario sistematico alla Costituzione italiana, Barbera, Firenze, 1950, p. 294.
[2] Così, E. LAMARQUE, Famiglia (dir. Costituzione), in S. CASSESSE (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, Giuffrè, Milano, 2006, p. 2419. In particolare, secondo l’on. Aldo Moro “dichiarando che la famiglia
è una società naturale, si intende stabilire che la famiglia ha una sua sfera di ordinamento autonomo nei confronti dello Stato, il quale, quando interviene, si trova di fronte ad una realtà che non può menomare né mutare; inoltre, quando si parla di società naturale si ammette quasi sempre l’esistenza di un vincolo di carattere religioso e giuridico il quale consacri l’unità organica della famiglia” (Assemblea Costituente, I Sottocommissione, seduta del 6 novembre 1946, in Camera dei deputati, Segretariato generale, La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, vol. VI, Roma 1970, p. 645). Per una ricostruzione del dibattito in Assemblea Costituente, si veda F. P. CASAVOLA, La famiglia dalla identificazione nel “pater familias” alla società naturale, in La famiglia e i suoi diritti nella comunità civile e religiosa, Atti del VII Colloquio giuridico 1986, Roma, Pontificia Università Lateranense, 1987, pp. 27 e ss.
[3] Così, M. MANETTI, Famiglia e Costituzione: le nuove sfide del pluralismo delle morali, in Rivista AIC, 2 luglio 2010, p. 4.
[4] Così, N. LIPARI, Riflessioni sul matrimonio a trent’anni dalla riforma del diritto di famiglia, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2005, p. 717.
[5] Così, V. SCALISI, La famiglia e le famiglie, in Categorie e istituti del diritto civile nella transizione al postmoderno, Giuffrè, Milano, 2005, p. 217.
[6] Così, E. ROSSI, Un fossile vivente (e necessario): la famiglia tra disciplina costituzionale e mutamenti sociali, in Rivista AIC, n. 1, 2022, p. 78.