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La giurisdizione sugli atti di mobilità interna

Sentenza Tar Lazio-Latina Sez. I n. 32/2024
mobilità interna
mobilità interna

La giurisdizione sugli atti di mobilità interna. (Sentenza Tar Lazio-Latina Sez. I n. 32/2024)

 

Abstract: Il presente approfondimento analizza alcuni principi a valenza generale in materia di giurisdizione nelle controversie afferenti la gestione privatistica del rapporto di lavoro con particolare riferimento alla mobilità interna, traendo spunto dalle motivazioni della Sentenza del TAR Lazio - Sede di Latina, Sezione I n. 32 del 13 Gennaio 2024 con cui, a conferma di un consolidato orientamento giurisprudenziale, è stato dichiarato inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, il ricorso avente ad oggetto la contestazione di due disposizioni dirigenziali attuative del trasferimento da un’unità organizzativa all’altra, impugnate congiuntamente all’atto programmatorio (PIAO) che le aveva previste.

           

Premessa

La disciplina della mobilità interna rientra nell’ambito delle attività che ogni amministrazione pubblica, ai sensi dell’art. 5, c. 2, D. Lgs. n. 165 del 30 Marzo 2001 (TUPI), è tenuta ad assicurare nel rispetto del principio di pari opportunità ed avendo cura che la direzione e l’organizzazione del lavoro degli uffici siano assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, fatte salve la sola informazione ai sindacati o le ulteriori forme di partecipazione previste eventualmente previste dai contratti collettivi nazionali.

Per mobilità interna si intende il trasferimento del dipendente dall’ufficio di un’area a quello di un’area diversa, con conservazione del profilo professionale o con mutamento dello stesso previa verifica della sussistenza dei requisiti richiesti nell’ambito della categoria giuridica posseduta. Rispetto alla mobilità esterna, comportante, invece, il passaggio del dipendente da una pubblica amministrazione ad un’altra, ciò che muta, in caso di mobilità interna, è unicamente il luogo di esecuzione della prestazione lavorativa restando immutato il soggetto beneficiario della prestazione.

Per quanto concerne il comparto degli Enti Locali, l’attuale CCNL Funzioni Locali sottoscritto in data 16 novembre 2022, menziona l’istituto della mobilità solamente in relazione al caso specifico dei “criteri generali di priorità per la mobilità tra sedi di lavoro dell’amministrazione “ (art. 5, comma 3, lett. h), ricompreso nell’elencazione delle materie oggetto di confronto con i soggetti sindacali.

In linea generale il trasferimento di un dipendente nell’ambito dello stesso ente resta, quindi, vincolato al rispetto:  

  1. del vincolo della equivalenza delle mansioni di cui all’art. 52 del D. Lgs. n. 165/2001, ove sia accompagnato anche da un mutamento delle stesse;
  2. delle eventuali disposizioni in materia di mobilità interna autonomamente assunte dall’ente nel rispetto del combinato disposto dei commi 2 e 3 lett. h) dell’art. 5 del vigente CCNL Funzioni Locali 2019-2021.

 

La mobilità interna

L’istituto della mobilità interna consente all’ente di impiegare il personale dipendente in modo flessibile, contemperando l’esigenza di assicurare un’organizzazione del lavoro efficace, efficiente, economica e funzionale al buon andamento dei servizi con l’obiettivo di collocare le persone all’interno della suddetta organizzazione in modo da:

  • valorizzarne le competenze, l’esperienza e le potenzialità;
  • favorirne la crescita professionale;
  • soddisfarne eventuali esigenze di natura personale, compatibilmente con il regolare funzionamento dei servizi ed il buon andamento dell’amministrazione.

La mobilità interna, generalmente, deriva da una scelta intrapresa mediante l’adozione di un  atto di macro-organizzazione (art. 5, comma 2 TUPI sopra citato) e deve, quindi, essere attuata conciliando nella misura più ampia possibile le esigenze di interesse pubblico dell’Amministrazione, comunque prioritarie, con le esigenze delle persone e contribuendo così a favorire la tendenza al continuo miglioramento sia dell’efficacia ed efficienza dei servizi resi alla cittadinanza che dei processi di qualificazione del personale dipendente e del benessere organizzativo.

La mobilità interna, di regola, viene attuata attraverso due tipologie di procedure:

a) la mobilità d’ufficio;

b) la mobilità volontaria su richiesta del dipendente.

La mobilità d’ufficio, sia di tipo ordinario che urgente, avviene, ad esempio, in caso di:

  • istituzione, soppressione o riorganizzazione di servizi ed uffici;
  • ridistribuzione di competenze fra uffici;
  • sopravvenute carenze di organico connesse all’attribuzione di nuove competenze ad un oggettivo e permanente aggravamento di carichi di lavoro;
  • sopravvenuto accertamento di esuberi di personale in determinati servizi od uffici;
  • copertura di posti di lavoro vacanti per effetto di:
  1. intervenute cessazioni del rapporto di lavoro con i dipendenti che li occupavano;
  2. precedenti trasferimenti di dipendenti ad altri servizi od uffici comunali (per mobilità interna) o ad altra Amministrazione (per mobilità esterna).

La mobilità interna volontaria, presuppone, invece, una specifica richiesta del dipendente interessato ed è attuata nel rispetto delle procedure, le cui modalità sono eventualmente disciplinate da appositi regolamenti ispirati ai criteri generali di priorità definiti d’intesa con le Organizzazioni sindacali (art. 5, commi 2 e 3 del CCNL Funzioni Locali).

 

La questione dedotta in giudizio

La controversia trae origine dall’impugnazione dei seguenti atti:

  1. deliberazione di Giunta comunale relativa all’aggiornamento del Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO) 2022-2024 nella parte in cui veniva disposta, tra l’altro, la mobilità interna di alcuni dipendenti comunali, tra i quali il ricorrente, in servizio a tempo determinato, con il profilo di istruttore direttivo tecnico, che dal Settore tecnico ed urbanistico veniva trasferito all’Ufficio protezione civile e mobilità del Settore servizi generali, gestione del ciclo sanzionatorio e del contenzioso, viabilità e mobilità;
  2. note dirigenziali con le quali, rispettivamente, veniva comunicata al ricorrente:
  1. la nuova assegnazione in esecuzione del punto 3) della deliberazione giuntale;
  2. che l’ufficio preposto per lo svolgimento delle mansioni assegnate era ubicato presso il Comando della polizia locale.

L’illegittimità del trasferimento veniva fondata dal legale del ricorrente sulla violazione di una serie di disposizioni di legge tra cui:

  • art. 6 del decreto-legge 9 giugno 2021 n. 80, convertito nella legge n. 113/2021 (adozione del PIAO);
  • art. 5 del D. Lgs. n.165/2001 (potere di organizzazione delle P.A.);
  • artt. 48 (Competenza della Giunta), 49 (Pareri dei Responsabili dei Servizi) e 107 (Funzioni e Responsabilità della dirigenza) del D. Lgs.  n. 267/2000;
  • art. 3 della legge n. 241/1990 (difetto di motivazione della deliberazione gravata che non dà conto delle ragioni del trasferimento).

Nel ricorso, inoltre, si sostiene:

  • che il trasferimento sia inficiato da eccesso di potere in quanto il PIAO è un atto generale di pianificazione e programmazione che fa necessariamente salve le competenze gestorie in capo ai dirigenti, tra cui le decisioni inerenti la mobilità interna del personale dipendente e, di conseguenza, la Giunta comunale si sarebbe indebitamente ingerita nel merito di tali profili omettendo di acquisirne il parere preventivo in ordine al trasferimento dei rispettivi dipendenti;
  • l’illegittimità derivata delle due note dirigenziali attuative del trasferimento, quale conseguenza dei vizi che affliggono la suddetta deliberazione, posto che si tratterebbe di “meri atti conseguenziali privi di valore provvedimentale”.

Il Comune, costituitosi in giudizio, ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario, rilevando che il ricorso solo apparentemente sembra diretto a ottenere l’annullamento “in parte qua” del PIAO, ma in sostanza intende contestare il provvedimento di mobilità interna con cui viene disposta l’assegnazione a un nuovo ufficio.

La causa è stata, quindi, trattenuta per la decisione alla pubblica udienza del 15 dicembre 2023.

 

La motivazione

Con la sentenza n. 32/2024, pubblicata in data 13/1/2024, la Sezione di Latina del TAR Lazio ha accolto l’eccezione sollevata dal Comune basata sul presupposto che la questione dedotta in giudizio attiene alla gestione privatistica del rapporto di lavoro di un dipendente comunale che, nel caso di specie, interessa il trasferimento da un ufficio dell’ente ad un altro dello stesso ente.

La norma cardine di riferimento secondo il TAR è, infatti costituita dall’art. 63 comma 1[1] del D. Lgs. n. 165/2001 che devolve al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti privatizzati alle dipendenze della pubblica amministrazione (art. 1, comma 2 TUPI) con esclusione di quelle di cui al comma 4[2], che sono, invece, attribuite alla cognizione del giudice amministrativo.

Dopo l’approvazione della graduatoria finale del concorso pubblico, afferma il collegio giudicante, è ormai opinione dominante che “si apre la fase esecutiva nella quale si configurano attività che attengono allo svolgimento privatistico del rapporto di lavoro” (Cfr. TAR Lazio, Roma, sez. V, 14 dicembre 2023 n. 18972; sez. I, 28 marzo 2023 n. 5327; TAR Sardegna, sez. I, 8 settembre 2020 n. 483). Nel contesto di questa fase concorsuale, di conseguenza, tutte le determinazioni dell’Amministrazione configurano espressione del suo potere negoziale esercitato nella veste e con la capacità del privato datore di lavoro (Cfr. Cass. Civile Sez. Un., sentenza 6 luglio 2006, n. 15342).

Il TAR adito, dopo aver evidenziato:

  • che sussiste l’obbligo di stabilire la giurisdizione “sulla base della domanda” in quanto ciò che rileva ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, non è la prospettazione compiuta dalle parti, bensì il cd. petitum sostanziale da identificarsi “non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuarsi con riguardo ai fatti allegati” (Cfr. Cass. civ., sez. un., 22 settembre 2022 n. 27748; TAR Lazio, Roma, sez. V, 14 dicembre 2023 n. 18972);
  • che il ricorso concerne l’impugnazione sia del PIAO che le note dirigenziali attuative del trasferimento, rispetto alle quali il piano in parola costituisce un atto amministrativo presupposto;

ha, anche, chiarito che è l’interesse personale, diretto, concreto e attuale ad agire azionato dal ricorrente, a rappresentare il petitum sostanziale del ricorso. Interesse  che, lungi dal costituire una generica ed astratta pretesa alla legalità della gestione delle risorse umane da parte dell’ente datore di lavoro, nasce e si alimenta dalla volontà del dipendente di mantenere l’assegnazione in essere facendo valere una situazione giuridica soggettiva legata al rapporto di lavoro in essere con l’amministrazione, sotto il profilo del diritto alla sede di servizio, precisando, infine, che sul punto “giurisprudenza che il collegio intende condividere ha già affermato la giurisdizione del giudice ordinario sulla controversia relativa all’assegnazione del dipendente a una diversa unità organizzativa nel rispetto della categoria e del profilo professionale di appartenenza, in quanto gestita con i poteri del privato datore di lavoro e non comportante alcuna modificazione del rapporto di impiego tra le parti ” (TAR Marche, sez. I, 7 marzo 2014 n. 327).

In merito non è superfluo osservare che è lo stesso art. 63 del TUPI a precisare le materie sottoposte alla giurisdizione del giudice ordinario “ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti”, nel caso di specie costituito dal PIAO adottato dal Comune in cui era stata prevista la mobilità interna come conseguenza di una diversa distribuzione dei servizi afferenti i diversi settori dell’ente.

Ciò significa che il Giudice Ordinario può decidere controversie nelle quali assumono rilevanza anche i c.d. atti di macro-organizzazione e cioè quelli elencati all’art. 2, comma 1, TUPI, la cui adozione è rimessa agli organi di indirizzo politico-amministrativo ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 4 del TUPI.  

Gli atti di macro-organizzazione conservano, comunque, la natura pubblicistica e si differenziano rispetto ai c.d. atti di micro-organizzazione, che hanno, ai sensi dell’art. 5 del TUPI, natura privatistica in quanto:

  • sono adottati dai dirigenti con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro;
  • si pongono in rapporto di attuazione o comunque entro i confini tracciati a monte dagli atti di macro-organizzazione.

Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale (cfr. ex multis, Cons. St., Sez. V, 28 novembre 2013, n. 5684; Sez. V, 16 gennaio 2012, n. 138; Sez. V, 20 dicembre 2011, n. 6705), ai fini del riparto di giurisdizione nelle controversie in materia di pubblico impiego occorre, infatti, distinguere tra:

  1. atti di macro–organizzazione e cioè quelli riguardanti le linee fondamentali di organizzazione degli uffici ed i modi di conferimento degli incarichi dirigenziali, nonché le modalità di copertura del fabbisogno di personale, assoggettati a principi e regole pubblicistiche;
  2. atti di micro–organizzazione, che si collocano nell’ambito della categoria provvedimentale con cui si dispone l’organizzazione dei singoli uffici, regolati dalla disciplina privatistica.

Appartengono, quindi, alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti gli atti di macro – organizzazione, nei cui confronti, quali atti presupposti rispetto a quelli di organizzazione e gestione dei singoli rapporti di lavoro, sono astrattamente configurabili posizioni di interesse legittimo, potendo essi produrre effetti immediatamente pregiudizievoli per il dipendente ed essendo peraltro irrilevante, ai fini della giurisdizione , la loro incidenza riflessa sullo stesso rapporto di lavoro.

Gli atti di micro – organizzazione, direttamente ed unicamente incidenti sulla concreta gestione del rapporto di lavoro, rientrano, invece, nella giurisdizione del giudice ordinario (C.d.S. Sez. V n. 5139 del 15.10.2014[3]).

 

La decisione

Alla luce delle predette valutazioni di fatto e di diritto, il TAR ha individuato nelle note dirigenziali attuative del trasferimento gli atti direttamente lesivi della posizione del ricorrente e considerato che sono state ”assunte con le capacità e i poteri del privato datore di lavoro, ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001” ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo:

  1. che la cognizione sull’eventuale esistenza di patologie che ne inficino la legittimità è devoluta al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, ai sensi dell’art. 63, D. Lgs. n. 165/2001 a cui è anche attribuito il potere di eventuale disapplicazione del PIAO in quanto atto amministrativo presupposto rilevante;
  2. che, quindi, è al suddetto giudice ordinario che il ricorrente potrà riproporre la domanda nei termini di legge, ai sensi degli articoli 59 della legge 18 giugno 2009 n. 69 e 11 del Codice processuale amministrativo e secondo i principi affermati dalle sentenze della Corte costituzionale 12 marzo 2007 n. 77 e della Corte di cassazione, sezioni unite, 22 febbraio 2007 n. 4109.

 

La giurisdizione in tema di lavoro pubblico

La sentenza appena commentata, come sopra anticipato, ha offerto a chi scrive l’occasione per  una breve disamina di alcuni principi, ormai consolidati, in materia di riparto di giurisdizione nelle controversie relative al pubblico impiego contrattualizzato, partendo dal presupposto che il  vigente quadro normativo, consente di sostenere che “in tema di lavoro pubblico la giurisdizione del giudice ordinario costituisce ormai la regola e quella del giudice amministrativo l’eccezione” (ex multis  Cass., Sezioni  Unite  n. 2403 del 26 gennaio 2023; n.7218 del 13 marzo 2020 n. 7218 e  n. 6040 del 28 febbraio 2019 ).

La corretta applicazione del suddetto principio rende, inoltre, necessario:

  1. valutare se l’oggetto della contestazione sia la legittimità di un atto di macro-organizzazione e se l’asserita lesione della posizione giuridica soggettiva sia direttamente riferibile a tale atto;
  2. adottare una nozione ristretta di “procedure concorsuali” (Cass. Civile Sez. Unite ordinanza n. 7483/2017[4]);

fermo restando il rispetto dell’altrettanto consolidato principio secondo cui “ la giurisdizione deve essere determinata sulla base della domanda, dovendosi guardare, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, non già alla prospettazione compiuta dalle parti, bensì al petitum sostanziale, da identificare, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuarsi con riguardo ai fatti allegati” (Cass. sez. unite n. 27748/2022) citata al paragrafo 3).

Occorre, altresì, tenere presente che l’opinione prevalente ritiene che il G.O. in funzione di giudice del lavoro non esercita una giurisdizione di tipo esclusivo, in quanto l’art. 63 del TUPI gli attribuisce il solo il potere di disapplicare gli atti amministrativi presupposti. Di conseguenza, fermo restando l’ambito della giurisdizione rimessa al G.O., si renderà necessario, di volta in volta, valutare la natura effettiva della posizione giuridica dedotta in giudizio (diritto soggettivo o interesse legittimo). Ciò comporta che la tutela giurisdizionale dovrà avvenire davanti al Giudice Ordinario, qualora si contesti l’atto di micro-organizzazione applicativo di quello macro-organizzativo, venendo quest’ultimo in rilievo unicamente come atto presupposto non direttamente lesivo della posizione giuridica fatta valere.

Nel caso della sentenza di cui ci si occupa, l’atto di macro-organizzazione, che prevede la scelta di procedere mediante una mobilità interna intersettoriale (PIAO), ha avuto bisogno delle note dirigenziali attuative del trasferimento che, in quanto atti di micro-organizzazione incidenti sul rapporto in essere, vanno impugnati dinanzi al Giudice Ordinario in funzione di giudice del lavoro.

 

[1] Art.63 c.1 D.Lgs.n.165/2001 -“1. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell’atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo”.

[2]  Art.63 c.4 D. Lgs.165/2001 -”4. Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui allarticolo 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi.

[3] Si veda gazzetta amministrativa.it - Procedure concorsuali: la differenza tra atti di macro-organizzazione e di micro-organizzazione per lindividuazione del giudice competente; segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V n. 5139 del 15.10.2014.

[4] In relazione alla distinzione tra controversie concernenti procedure concorsuali “per l’assunzione”, devolute alla giurisdizione amministrativa, e controversie concernenti “l’assunzione al lavoro”, devolute alla giurisdizione ordinaria, secondo le Sezioni unite della Corte di cassazione (ordinanza 23 marzo 2017, n. 7483), al fine di individuare l’ambito delle controversie in materia di procedure concorsuali riservate alla giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 63, c. 4, Tupi, è necessario adottare una nozione ristretta di “procedure concorsuali”. Rientrano, quindi, nella giurisdizione del giudice amministrativo solo le controversie attinenti agli atti adottati dalla pubblicazione del bando sino all’approvazione della graduatoria finale. Le controversie riguardanti atti che precedono l’approvazione della graduatoria sono, invece,  sottoposte alla giurisdizione del giudice ordinario. Tali controversie, infatti, hanno ad oggetto determinazioni assunte con la capacità del datore di lavoro privato, a fronte delle quali sono configurabili diritti soggettivi all’assunzione