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La responsabilità degli amministratori: azione sociale dei soci e dei terzi creditori

Responsabilità amministratori
Responsabilità amministratori

A cura di Assuntina Avallone, Benedetta Barlottini, Maria Rosaria Chiedi e Giulia Costa, partecipanti dell’Executive Master in Avvocato di Affari e dell’Executive Master in Giurista d’Impresa di MELIUSform Business School.

 

Gli amministratori di una società di capitali svolgono un ruolo di grande responsabilità avendo la competenza esclusiva sulla gestione della società. La loro responsabilità è duplice: sia per negligenza, imprudenza ed imperizia nello svolgimento delle loro funzioni sia per violazione degli obblighi specifici attribuiti dallo statuto della società. L’azione di responsabilità verso gli amministratori può essere esercitata dai singoli soci, dal terzo danneggiato, dalla minoranza qualificata e dai creditori sociali.

 

L’azione dei soci di minoranza

L’articolo 2393 bis codice civile disciplina uno strumento giuridico introdotto[1] dal legislatore al fine di garantire una migliore tutela ed un maggiore controllo ai soci di minoranza, quando la società - ovvero il gruppo di comando - rimanga inerte nei confronti di amministratori responsabili di aver arrecato un pregiudizio alla società, mediante comportamenti contrari ai doveri ad essi imposti dalla legge o dallo statuto, secondo quanto stabilito dall’articolo 2392 codice civile[2].

L’azione sociale di responsabilità può essere esperita, nelle società chiuse, da soci che rappresentino almeno un quinto del capitale, ma è riconosciuta la possibilità di prevedere una diversa soglia nello statuto, purché questa non sia superiore ad un terzo. Per quanto riguarda le società che fanno ricorso al capitale di rischio, l’articolo 2393 bis, comma 2 codice civile stabilisce invece che i soci debbono rappresentare un quarantesimo del capitale o la minore misura prevista nello statuto.

In entrambi i casi, qualora i soci siano più d’uno, sarà necessario provvedere alla nomina di uno o più rappresentanti comuni, ai quali compete l’esercizio dell’azione ed il compimento degli atti conseguenti. A costoro è tuttavia preclusa la decisione in merito alla rinuncia agli atti del procedimento, salvo che non gli sia stato conferito espressamente tale potere.

 

L’azione dei creditori

L’amministratore risponde non solo verso la società, ma anche verso i creditori sociali i quali, ai sensi dell’articolo 2934 codice civile, hanno la possibilità di esperire un’azione nei suoi confronti - anche laddove la società stessa abbia voluto rinunciare ad intraprendere un giudizio - per inosservanza degli obblighi di conservazione e integrità del patrimonio sociale, ovvero in via sussidiaria, quando il patrimonio sociale è divenuto insufficiente a soddisfare i loro crediti.

In buona sostanza, i creditori sociali potrebbero o surrogarsi nei diritti della società per proporre l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori, o far valere una responsabilità da atto illecito ex articolo 2043 codice civile per il danno ingiusto causato da amministratori che abbiano agito con colpa o dolo in violazione dei doveri ad essi imposti[3].

Presupposto per l’esercizio di tale azione è “l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale”; la natura di detta responsabilità è diretta e personale dell’amministratore nei confronti del creditore sociale, come conseguenza della sua mala gestio, che, al pari della responsabilità illimitata nella società personali, dovrebbe disincentivare comportamenti avventati da parte di chi gestisce.

Ad esempio, si pensi:

  • all’amministratore che presenti infedeli dichiarazioni dei redditi o bilanci societari irregolari: in questo caso egli risponderà con il proprio patrimonio personale, in solido con la società, per le conseguenze sanzionatorie a carico della stessa; come asserito dalla Suprema Corte[4], infatti, “la redazione, approvazione e presentazione del Bilancio di esercizio, nonché la dichiarazione dei redditi, sono atti affidati per funzione all’amministratore e legale rappresentante”, quindi – sotto il profilo delle responsabilità fiscale e patrimoniale – “ad esso imputabili”;
  • ancora, alle previsioni degli articolo 2485 e 2486 codice civile: tali norme prevedono la responsabilità degli amministratori per eventuali danni subiti per effetto di ritardato o omesso accertamento di una causa di scioglimento della società e per violazione dell’obbligo di gestire la società, al verificarsi di una causa di scioglimento, ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale;
  • o piuttosto gli amministratori che hanno presentato in maniera fraudolenta documenti fiscali per conto della società, causando accertamenti e rettifiche a carico della stessa.

Giova, infine, ricordare come il riconoscimento della responsabilità degli amministratori nei confronti dei creditori sociali appare necessario al fine di consentire l’esercizio di tale azione anche da parte del curatore fallimentare. Così il curatore avrebbe a disposizione uno strumento in più oltre quelli previsti in via generale dall’articolo 146 della legge fallimentare.

 

L’azione individuale del socio e del terzo

Anche il singolo socio o il terzo danneggiato può promuovere l’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di una società di capitali.

L’articolo 2395 codice civile, al comma 1, infatti, prevede il diritto al risarcimento del danno spettante al singolo socio o terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti colposi o dolosi degli amministratori. L’articolo in parola configura un’azione tipicamente individuale di responsabilità di natura extracontrattuale la quale, ai sensi dell’articolo 2043 codice civile, implica la prova di una condotta dolosa o colposa tenuta dagli amministratori nonché la prova del danno subito dal singolo socio e il nesso di causalità intercorrente tra i due elementi. Dal tenore letterale della norma in parola, in particolare, si desume come l’inadempimento e la cattiva amministrazione del patrimonio sociale non siano sufficienti, da soli, a dare ingresso all’azione di responsabilità[5], essendo, invece, necessario che “il comportamento doloso o colposo dell’amministratore, posto in essere nell’esercizio delle sue funzioni ed al di fuori di esse, abbia determinato un danno che incida direttamente sul patrimonio del socio, rimanendo irrilevante che il comportamento dell’amministratore sia andato a vantaggio della società stessa[6].

Ad esempio si consideri la possibilità, per il socio, di agire nei confronti degli amministratori nell’ipotesi in cui venga illegittimamente escluso dalla divisione degli utili di esercizio. Tale azione si contraddistingue per il carattere diretto del pregiudizio lamentato da chi agisce.  La stessa non spetta, invece, al socio che lamenti un danno definibile come “riflesso”, ossia quale conseguenza di un pregiudizio che gli amministratori hanno cagionato alla società[7]; in quest’ultimo caso occorre esperire l’azione sociale di responsabilità esercitabile anche dalla minoranza dei soci, la quale resta comunque a vantaggio della società e non dei singoli soci che l’hanno promossa.

Al pari del socio, anche il terzo danneggiato può promuovere azione di responsabilità nei confronti degli amministratori.

È questa l’ipotesi dell’azionista che patisce un danno diretto per la perdita di valore delle sue azioni a seguito della mala gestio degli amministratori che hanno depauperato il patrimonio sociale. Oppure l’amministratore che fornisce informazioni false o compie azioni discriminatorie a danno di un singolo azionista[8]: come quando si verifica la sottoscrizione di un aumento di capitale o l’acquisto di azioni a prezzo eccessivo indotti da un bilancio falso oppure la conclusione di una trattativa con la società disponendo di informazioni non corrette.

La giurisprudenza[9], in tali ipotesi, afferma essere necessario che, il comportamento pregiudizievole dell’amministratore, abbia effettivamente indotto l’azionista ad acquistare o a non alienare delle azioni, non essendo di per sé sufficiente l’accertamento concreto della redazione di un bilancio (o altra documentazione pubblica) in modo non veritiero. Per tale ragione in detta ipotesi, la prova specifica del fatto colposo o doloso dell’amministratore, nonché del nesso di causalità con il danno direttamente subito dal terzo[10] è a carico dell’attore.

Da ultimo si evidenzia che, al pari dell’azione promossa dal singolo socio, anche in questo caso il comportamento pregiudizievole dell’amministratore (con dolo o colpa) non è giustificatorio nemmeno se commesso nell’interesse della società[11]. Anzi, qualora tale comportamento fosse stato posto in essere anche nell’interesse della società, ricorrerebbe una responsabilità solidale con quest’ultima, nei cui confronti sarebbe giustificata l’applicazione in maniera estensiva dell’articolo 2049 codice civile e, quindi, il riconoscimento di una corresponsabilità oggettiva della società per gli atti compiuti dall’amministratore (o anche dal dipendente) nell’interesse della società stessa.

Va infine rilevato che il socio, anche a seguito della dichiarazione di fallimento della società, è legittimato ad agire ex articolo2395 cc per il risarcimento dei danni patiti nella propria sfera individuale, causati direttamente dall’attività degli amministratori, se questi siano conseguenza immediata e diretta di tale condotta e non il mero riflesso del pregiudizio che ha colpito la società[12].

 

Per approfondire tutti i temi legati alla responsabilità degli amministratori potete affidarvi al Master in Avvocato di Affari e al Master in Giurista d’Impresa di Meliusform Business School.

 

[1] Tale disposizione è stata introdotto mediante il d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, tuttavia l’azione di minoranza era già prevista all’art. 129 T. U. B., poi abrogato dal d. lg., 6 febbraio 2004, n. 37.

[2] L’art. 2393 c. c. stabilisce che la decisione in merito all’esperibilità dell’azione sociale, per responsabilità da mala gestio, è rimessa all’assemblea ordinaria.

[3] Cass. Civ., Sez. I n. 13465/2010.

[4] Cass. Civ., Sez. Tributaria n. 27036/2007.

[5] Cass. Civ. sez. VI n. 15822/2019.

[6] Cass. Civ., n. 9206/2020.

[7] Cass. Civ., sez. I n. 22573/2014.

[8] Cass. Civ., sez. I n. 5450/2015.

[9] Cass. Civ., sez. VI – n. 15822/2019 “L’inadempimento contrattuale di una società di capitali non implica automaticamente la responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente ai sensi dell’art. 2395 c.c., atteso che tale responsabilità, di natura extracontrattuale, richiede la prova di una condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi, del danno e del nesso causale tra questa e il danno patito dal terzo contraente”.

[10] Tribunale di Milano, 18/07/2006 n. 865.

[11] Tribunale Sez. Proprietà Industriale e Intellettuale – Napoli, 01/10/2019 n. 8607 “La responsabilità prevista dall’art. 2395 c.c. costituisce un’applicazione dell’ipotesi disciplinata dall’art. 2043 c.c.”.

[12] Cass. Civ., n. 8458/2014.