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La revoca degli Assessori Comunali e Provinciali nella parabola interpretativa della giurisprudenza

Sommario:

1. In generale

2. La nomina e la revoca

3. La motivazione

4. La comunicazione

5. Sindacabilità

6. Conclusioni

1. In generale

Vigente il testo unico approvato con regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148 il Sindaco, il Presidente della Provincia e la Giunta venivano eletti dal Consiglio Comunale o Provinciale nel proprio seno ai sensi rispettivamente degli artt. 145 e 134 e senza l’approvazione di un programma condiviso. A livello politico locale ogni alleanza era possibile e le “contrattazioni” erano aperte fino al raggiungimento di un risultato soddisfacente per tutte le forze politiche partecipanti. La posta in gioco era la nomina alla carica di Sindaco, di Presidente della Provincia e di Assessore senza trascurare le designazioni dei rappresentanti degli stessi enti locali presso altre amministrazioni presenti sul territorio come ad esempio, nel caso dei Comuni, i vecchi “comitati di gestione” degli ospedali locali.

Ciascuno dei componenti della Giunta era eletto a titolo personale dal rispettivo Consiglio. Le eventuali dimissioni del Sindaco, del Presidente della Provincia o della maggioranza degli Assessori comportavano solo la necessità di sostituire i dimissionari. Coloro che non avevano presentato le dimissioni rimanevano in carica anche se di fatto poi si trovavano a far parte della minoranza consiliare. Non era previsto dalla norma che il Sindaco od il Presidente della Provincia potesse nominare e tantomeno revocare gli Assessori. Il Sindaco ed il Presidente della Provincia avevano la facoltà di conferire le deleghe agli Assessori che erano espressione dei partiti che componevano la maggioranza. La disciplina vigente, con l’art. 46 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (c.d. T.U.E.L.), affida esclusivamente al Sindaco ed al Presidente della Provincia, non più eletti dai rispettivi Consigli, ma eletti a suffragio universale e diretto, la potestà di nominare gli Assessori in base ad un rapporto fiduciario verso i prescelti ai sensi del comma 2 e provvedono alla loro revoca, ai sensi del successivo comma 4, dandone motivata comunicazione sempre ai rispettivi Consigli.

Nei Comuni sopra i quindici mila abitanti, così come nelle Province, la carica di Assessore, ai sensi del comma 1 dell’art. 64 del T.U.E.L. n. 267/00 è incompatibile con quella di Consigliere Comunale o Provinciale. Gli Assessori quindi sono tutti esterni al Consiglio Comunale o Provinciale. Spesso capita che vengano individuati taluni Consiglieri Comunali o Provinciali ai quali conferire la delega di Assessore. Nomina che senza tanti veli serve a cementare i legami della coalizione. In questo caso il Consigliere individuato si dimette da detta carica ed il Sindaco od il Predente delle Provincia provvede a nominarlo Assessore.

L’individuazione dei possibili “candidati” che saranno chiamati a far parte della futura Giunta attraversa necessariamente un momento di condivisione del programma elettorale pensato dal Sindaco o dal Presidente della Provincia e con il quale si è sottoposto al vaglio elettorale. Una volta eletto, il Sindaco o Presidente della Provincia, deve poter attuare il programma che è un vero e proprio contratto con la città. Da quanto immediatamente precede è ovvio che il Sindaco o Presidente della Provincia si circondi di collaboratori che condividono il suo programma ed è legittimo sostenere che c’è la necessità di assicurare la coesione e l’unità di indirizzo della Giunta. Di assicurare cioè la piena “governabilità” dell’ente che non è possibile perseguire in caso di contrasti all’interno della Giunta.

All’indomani dell’entrata in vigore del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 il disposto dell’art. 46 non ha destato particolare attenzione anche perché la norma è chiarissima. Il legislatore si è preoccupato di disporre che della revoca ne fosse data motivata comunicazione al Consiglio Comunale senza curarsi dell’interessato revocato.

I problemi sono sorti strada facendo nel senso che, nel tempo, taluni dei “revocati”, ritenendosi in qualche modo danneggiati dall’atto di revoca del Sindaco hanno proposto ricorso al T.A.R.. D’altro canto allorquando il Sindaco revoca uno o più Assessori, già Consiglieri Comunali, dopo la comunicazione formale al Consiglio Comunale è legittimo aspettarsi una qualche reazione sia da parte di quella forza politica, della quale l’Assessore revocato era espressione, mediante richiesta urgente di chiarimenti, e sia da parte del revocato che sentendosi maggiormente penalizzato può presentare ricorso al T.A.R.. Va ricordato che nei Comuni al di sopra dei quindici mila abitanti, così come bnelle Provicne, l’Assessore, già Consigliere Comunale o Provinciale che viene revocato non riacquista il ruolo di Consigliere.

A tale proposito, nell’esaminare i vari ricorsi al T.A.R. fin qui proposti dagli interessati, parte della giurisprudenza ha interpretato la norma nel senso che la revoca deve essere preceduta dalla comunicazione di inizio del procedimento all’interessato, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/90; altra parte esclude del tutto l’obbligo della comunicazione di avvio del procedimento per la particolarità della fattispecie. Altra parte ancora sostiene anche che il provvedimento di revoca della nomina di Assessore deve essere adeguatamente motivato.

2. La nomina e la revoca

Il Sindaco e il Presidente della Provincia, secondo quanto stabilisce il comma 2 dell’art. 46 del T.U.E.L. n. 267/00 nominano i componenti della Giunta, tra cui un Vicesindaco e un Vicepresidente, e ne danno comunicazione al Consiglio Comunale nella prima seduta successiva alla elezione.1

Dal tenore letterale della norma è pacifico ritenere che la nomina di Assessore è libera e il Sindaco e il Presidente della Provincia hanno l’obbligo di darne comunicazione al Consiglio.

Nel caso specifico sono, rispettivamente, il Sindaco o il Presidente della Provincia a dover decidere e certamente la nomina sarà motivata e giustificata dal semplice rapporto fiduciario.

Per quanto riguarda la nomina, come si è già detto, non sono fin qui sorti problemi ma, riteniamo, per il solo fatto della carenza di interesse in generale a ricorrere. Non va sottaciuto, giusto per completezza di ragionamento, che a tenore dell’art. 3, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, anche l’atto di nomina di assessore andrebbe motivato.

Il medesimo articolo, al comma 4, stabilisce che il Sindaco e il Presidente della Provincia possono revocare uno o più Assessori, dandone motivata comunicazione al Consiglio.

Durante il mandato amministrativo si possono verificare delle situazioni di attrito tra Sindaco e Assessore nel qual caso un problema si pone e non è solo politico. Infatti se il conflitto è grave si può profilare all’orizzonte la revoca dell’assessore che è una prerogativa accordata dalla legge esclusivamente al Sindaco.

3. La motivazione

Secondo il T.A.R. Abruzzo, dal tenore letterale della norma non si evince alcun obbligo di motivazione posto in testa al Sindaco in ordine alla revoca dell’Assessore “presiedendo ad essa valutazioni di opportunità politica sottratte al sindacato giurisdizionale e che conducono ad affermare che la disposizione in questione possa essere configurata come lex specialis derogatoria del generale principio della necessità della motivazione2”.

L’esigenza della motivazione dell’atto di revoca, a parte qualche eccezione come sopra ricordata, viene ritenuta indispensabile da parte della giurisprudenza. A tale proposito occorre evidenziare che la motivazione corrisponde essenzialmente all’esigenza primaria di assicurare la trasparenza dell’operato dei pubblici poteri in quanto solo il corredo motivazionale, attraverso l’esplicazione dell’iter logico dell’autorità decidente, permette di accertare la correttezza dell’operato della P.A..3

Il Consiglio di Stato con decisione n. 944/05, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado or citato ha sostenuto che l’atto di revoca pur rientrando nell’ampia discrezionalità del Sindaco deve essere adeguatamente motivato, sussistendo il dovere di giustificare l’esercizio del relativo potere che non deve essere certamente arbitrario dovendo essere rivolto alla cura degli interessi della comunità locale secondo il programma politico-amministrativo sulla cui base è intervenuto il voto popolare. Secondo il Consiglio di Stato l’obbligo della motivazione deve ritenersi assolto qualora nel provvedimento di revoca venga sottolineata la posizione non collaborativa assunta dall’Assessore nei confronti della Giunta, senza l’apporto di alcun contributo propositivo sul programma della maggioranza.4 La decisione in esame prevede la comunicazione motivata al Consiglio per la revoca dell’incarico di Assessore senza preoccuparsi della giustificazione da rendere al diretto interessato e senza prevedere uno specifico voto di ratifica da parte consiliare.

A tale proposito quanto appena detto si giustifica con l’esigenza di favorire la effettiva governabilità dell’ente locale motivo per cui il legislatore non si è preoccupato di curarsi più di tanto della eventuale cessazione dei singoli Assessori.

L’esigenza della motivazione viene confermata implicitamente dal Consiglio di Stato nella decisione n. 1052 del 6 marzo 2006. In tale occasione infatti è stato ritenuto legittimo il provvedimento di revoca motivato con riferimento a dati di fatto, esplicitati nella motivazione dell’atto di revoca stesso ritenuti idonei a far venir meno il rapporto di fiducia tra il Capo dell’amministrazione e l’Assessore.5 E’ stato chiarito inoltre dal Consiglio di Stato che la comunicazione motivata al Consiglio “è tendenzialmente diretta al mantenimento di un corretto rapporto collaborativo tra Sindaco–Giunta/Presidente Provincia-Giunta ed il Consiglio Comunale o Provinciale (Cons. Stato n. 209/07).

Dal medesimo alto consesso è stato anche ribadito che “l’obbligo di motivazione del provvedimento di revoca dell’incarico di un singolo Assessore può senz’altro basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrative, rimesse in via esclusiva al Sindaco o al Presidente della Provincia, tenendo conto sia di esigenze di carattere generale, quali ad es. rapporti con l’opposizione o rapporti interni alla maggioranza consiliare, sia di particolari esigenze di maggiore operosità ed efficienza di specifici settori dell’amministrazione locale o per l’affievolirsi del rapporto fiduciario tra il capo dell’amministrazione e singolo Assessore”.

4. La comunicazione

a) Motivata al Consiglio Comunale o Provinciale

La revoca si perfeziona e acquista efficacia con la comunicazione motivata al Consiglio Comunale o Provinciale non prevedendo la legge stessa un voto di ratifica, si è già detto. Non per questo può sostenersi però che il Consiglio debba necessariamente limitarsi a prendere supinamente atto della revoca dell’Assessore da parte del Sindaco o del Presidente di Provincia, perché in relazione alle sue prerogative, come organo di controllo e indirizzo politico di cui all’art. 42 del T.U.E.L., può benissimo procedere alla valutazione sull’operato del Sindaco o del Presidente di Provincia, come si dirà dopo.

b) Motivata all’interessato (dell’avvio di inizio del procedimento?)

E’ utile evidenziare, sia pure brevemente, in generale, che la comunicazione di avvio di inizio del procedimento all’interessato assume finalità diverse a seconda delle circostanze: nel pubblico impiego una procedura disciplinare inizia con la comunicazione dell’avvio di inizio del procedimento all’interessato e alla fine la procedura può avere un epilogo sanzionatorio. In una procedura per la realizzazione di un opera pubblica le delibere che approvano il progetto preliminare e quello definitivo che comportano la dichiarazione di pubblica utilità adottate senza l’avviso di avvio del procedimento sono illegittime ecc. ecc..

La comunicazione di avvio di inizio del procedimento, in relazione alla revoca di Assessore, per il T.A.R. Puglia-Lecce è motivo di illegittimità del provvedimento. Infatti il primo giudice appena citato, sostiene che l’esercizio del potere del Sindaco di revocare in qualsiasi momento l’atto di nomina di un Assessore non può prescindere in generale dall’obbligo di far precedere l’atto di revoca da una comunicazione di avvio del procedimento di revoca ai sensi dell’art. 7, della legge n. 241/90; da tale obbligo può prescindersi solo nel caso in cui l’urgenza e/o le modalità del tipo di contrasto insorto tra il Sindaco e l’Assessore, impongano l’immediata interruzione del rapporto di collaborazione e non consentano l’inoltro della comunicazione di avvio del procedimento di revoca. Lo stesso Giudice ritiene che deve in particolare ritenersi affetto dal vizio di insufficiente motivazione il provvedimento del Sindaco di revoca di un Assessore comunale, nel caso in cui il Capo dell’amministrazione, con detto provvedimento, si sia limitato ad affermare, ai fini della revoca, che "è venuto meno il rapporto di fiducia che aveva motivato la nomina ad Assessore." 6

Con successiva sentenza il T.A.R. Emilia Romagna–Parma ha precisato che il provvedimento di revoca non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio di inizio procedimento e che ai fini della legittimità o meno del provvedimento stesso da parte del Sindaco non è rilevante l’assenza di una preveniva contestazione nei confronti dell’interessato atteso che la revoca dell’incarico di assessore non ha valenza sanzionatoria.7

Circa l’obbligo della comunicazione di inizio del procedimento all’interessato non poche sono le perplessità, quantomeno sulla sua utilità. Infatti posto che il potere di revoca sicuramente è una prerogativa del Capo dell’amministrazione il quale addiviene alla decisione motivata di revocare la delega all’Assessore, la comunicazione ex art. 7, della legge n. 241/90, ancorché condivisibile in linea teorica, in pratica appare un inutile appesantimento della procedura amministrativa che in qualche modo ritarda la ricomposizione dell’organo esecutivo e di collaborazione quale è la Giunta.

A nostro sommesso avviso, è legittimo sostenere che la comunicazione dell’avvio del procedimento, anche se ha carattere generale, nel caso specifico, possa essere utilmente esperita allorquando l’interessato, abbia una qualche possibilità di interferire nella formazione dell’atto contribuendo a migliorare il provvedimento nell’interesse pubblico. Viceversa poiché l’atto di revoca, secondo il tenore del comma 4 dell’art. 46, del T.U.E.L., è demandato alla potestà esclusiva del Sindaco o del Presidente della Provincia l’Assessore revocato non può essere “coinvolto” nel procedimento se non nell’aspetto finale come destinatario del provvedimento.8 Pertanto, per quanto precede, sembra che nulla possa fare l’Assessore revocato per incidere sul provvedimento di revoca in un contesto normativo (come è quello della revoca dell’Assessore) nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al Sindaco o Presidente della Provincia.

5. Sindacabilità

Come si è già accennato prima, dall’esame della giurisprudenza che fin qui si è andata formando appare che il potere di revoca dell’Assessore da parte del Sindaco o del Presidente della Provincia così come disposto dalla norma, a seconda dei casi sembra incontrare più di qualche difficoltà. Riteniamo prioritario stabilire se l’atto di revoca possa essere sottoposto al sindacato giurisdizionale di legittimità e capire se vi sono e quali sono i margini di azione eventualmente accordabili all’assessore revocato.

Secondo quanto sostiene il T.A.R. Liguria, la revoca dell’incarico di Assessore, da parte del Sindaco o del Presidente della Provincia ha natura di atto politico e in quanto tale non può essere sottoposto al sindacato di legittimità ai sensi dell’art. 31 del regio decreto n. 1054/24.9

Il T.A.R. perviene all’affermazione appena riportata tenuto conto delle recenti modifiche del titolo V della Costituzione e dalle ricadute che le stesse hanno avuto sull’ordinamento degli enti locali.

Secondo il T.A.R. Abbruzzo-Pescara, Sez. I. la revoca di un Assessore costituisce un atto altamente discrezionale a contenuto sostanzialmente politico e solo indirettamente e secondariamente amministrativo il che comporterebbe la non applicabilità della legge n. 241/90 10. A conforto di questa tesi il T.A.R. cita la sentenza del Consiglio di Stato n. 209/07. A tale proposito, tuttavia, ci sembra di capire che il Consiglio di Stato nella sentenza n. 209/07 sostiene tra l’altro che “la revoca dell’Assessore, oltre a non costituire un tipico procedimento sanzionatorio è difficilmente sindacabile in sede di legittimità se non sotto i profili formali e l’aspetto della evidente arbitrarietà….”. Da quanto si è detto lo stesso Consiglio di Stato ammette la legittimità della revoca sia pure alle condizioni citate in sentenza, ossia che il provvedimento di revoca sia motivato.

Concordando con quanto sostenuto dal T.A.R. Abruzzo-Aquila con decisione n. 839 dell’8 novembre 2003, secondo la quale sono soggetti al controllo giurisdizionale in genere tutti gli atti dell’ordinamento giuridico quale che sia la natura, si tratti cioè di atto legislativo o di atto giudiziario o di atti della pubblica amministrazione per i quali, per espressa disposizione dell’art. 113 della Costituzione, commi 1 e 2 "è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa", tutela giurisdizionale che "non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti".11

Il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’atto di revoca dell’Assessore non può essere considerato alla stessa stregua degli atti che attengono alla direzione suprema e generale dello Stato.

Il massimo organo di giustizia amministrativa ha delineato la differenza che intercorre tra atti di natura politica e atti amministrativi. L’alto consesso ritiene che l’atto di revoca non sia da ritenere un atto politico e quindi è impugnabile a tutti gli effetti davanti al giudice amministrativo non essendo nemmeno applicabile la disciplina di cui all’art. 31 del T.U.E.L. sul Consiglio di Stato di cui al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054.

Per il Consiglio di Stato, dunque, gli atti politici sono quelli inclusi nella Costituzione e che attengono alla direzione suprema e generale dello Stato considerato nella sua unità e nelle sue istituzioni fondamentali. Gli atti amministrativi invece ancorché espressione della più ampia discrezionalità sono vincolati ai fini posti dalla legge. La determinazione degli Organi di governo locale, le funzioni e le sfere di competenza appartengono in via esclusiva allo Stato. Da quanto precede si può agevolmente dedurre che gli organi di cui all’art. 36 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 non hanno dignità costituzionale. Conseguenza di quanto appena detto è che l’impugnativa dell’atto di revoca di un Assessore, in seguito alla valutazione da parte del Sindaco o del Presidente della Provincia, scelta dello stesso a modificare la composizione della Giunta nell’interesse della comunità locale e quindi nel perseguimento dell’interesse pubblico e alla conseguente comunicazione motivata al Consiglio Comunale o Provinciale in ossequio al comma 2 dell’art. 46, deve ritenersi ammissibile “in quanto posto in essere da una autorità amministrativa e, nell’esercizio di un potere amministrativo, sia pure ampiamente discrezionale”.12

6. Conclusioni

Secondo i pronunciamenti della giurisprudenza prevalente sembra potersi sostenere che il potere di nomina e revoca dell’Assessore da parte del Sindaco o del Presidente della Provincia non è messo in discussione. Ciò che è oggetto di discussione invece è l’uso che del potere di revoca ne fa e che non può discostarsi dall’interesse della collettività amministrata.

In generale è stato fin qui verificato dalla giurisprudenza che i provvedimenti di revoca sono stati adottati dal Sindaco o dal Presidente della Provincia per il venire meno del rapporto di fiducia con l’Assessore revocato e a causa dei continui contrasti tra Sindaco o Presidente della Provincia e Assessore. Ma cosa succede se l’Assessore prende le distanze dell’operato del Sindaco o del Presidente della Provincia per motivi che riguardano il buon andamento e imparzialità della P.A. di cui all’art. 97 della Costituzione?

E’ ammissibile la revoca non per esigenze di migliore funzionamento della Giunta ma per esigenze di altro genere?

Le domande trovano spunto dalla sentenza del T.A.R. Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza n. 1073/08. 13

In tale circostanza il T.A.R. ha ritenuto illegittimo, sospendendolo, il provvedimento “con il quale il Sindaco ha revocato l’incarico nei confronti di un Assessore, motivato dal fatto che quest’ultimo avrebbe tenuto un comportamento incompatibile con l’indirizzo politico della Giunta per il fatto che lo stesso, in una seduta del Consiglio Comunale, convocata per l’approvazione di una variante urbanistica preordinata alla realizzazione di un locale ad uso commerciale, si è astenuto dal voto per ragioni legate all’abbattimento di alcuni locali di ritenuto pregio artistico-urbanistico.”

Il T.A.R. Precisando che “eventuali impegni politici preventivamente assunti dal Sindaco al di fuori delle sedi istituzionalmente competenti, su alcuni argomenti di carattere amministrativo, non possano essere tali da comprimere valutazioni, simili a quelle espresse dal ricorrente concernenti la imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione.

Deve essere sottolineato che alla luce di giurisprudenza costante anche in presenza di un comportamento del Sindaco o del Presidente della Provincia che appare contrario ai principi di imparzialità e buon andamento della P.A. non viene meno la potestà riconosciutagli dalla legge di nomina e revoca degli Assessori.

A tale proposito occorre però sottolineare che tale potere in seguito ai pronunciamenti della giurisprudenza si è ridimensionato.

Secondo quanto viene evidenziato nella sentenza n. 1073/08 del T.A.R. Lecce va detto che l’Assessore si è astenuto dalla votazione, potremmo dire, per motivi di interesse generale. In tal il Consiglio Comunale, ricevendone motivata comunicazione da parte del Sindaco sebbene non chiamato a votare sul provvedimento di revoca può esercitare il potere del controllo politico che la legge gli attribuisce e valutare in merito.

E’ utile sottolineare nel merito che il Consiglio Comunale nell’ambito della sua sovranità potrebbe eventualmente opporsi ad un simile atto ma attraverso l’estremo rimedio della presentazione e approvazione di una mozione di sfiducia con il conseguente automatico scioglimento ai sensi dell’art. 52 comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. 14

Come si intuisce dalla ricostruzione giurisprudenziale si passa da una certezza iniziale che si pensava fosse indubitabile considerato il testo letterale della norma ad un forte temperamento dei poteri del Sindaco o Presidente della Provincia relativamente alla revoca dell’Assessore. Potere che rimane, almeno per ora, fortemente discrezionale e però sindacabile in sede giurisdizionale.

In ogni caso occorre evidenziare che la soluzione sta nel corretto uso della revoca che non può discostarsi dall’interesse pubblico; buon andamento e imparzialità della P.A..

Infine, oltre al controllo politico da parte del Consiglio Comunale o Provinciale non va sottovalutato quel controllo democratico che i cittadini hanno il diritto di esercitare e in base al quale poi orienteranno il proprio voto in sede di rinnovo elettorale.



1 Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, art. 46. Elezione del Sindaco e del Presidente della Provincia - Nomina della Giunta.

1. Il Sindaco e il Presidente della Provincia sono eletti dai cittadini a suffragio universale e diretto secondo le disposizioni dettate dalla legge e sono membri dei rispettivi Consigli.

2. Il Sindaco e il Presidente della Provincia nominano i componenti della Giunta, tra cui un Vicesindaco e un Vicepresidente, e ne danno comunicazione al Consiglio nella prima seduta successiva alla elezione.

3. Entro il termine fissato dallo statuto, il Sindaco o il Presidente della Provincia, sentita la Giunta, presenta al consiglio le linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato.

4. Il Sindaco e il Presidente della Provincia possono revocare uno o più Assessori, dandone motivata comunicazione al Consiglio.

2 T.A.R. Abruzzo - L’Aquila - Sentenza 1° luglio 2004, n. 805.

3 Francesco Caringella, “Corso di diritto Amministrativo”, Giuffrè Editore, Ed. 2005.

4 Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 8 marzo 2005, n. 944.

5 Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 6 marzo 2006, n. 1052.

6 Cosi T.A.R. Puglia-Lecce, Sez. II – Sentenza 14 luglio 2003, n. 4740; T.A.R. Puglia-Lecce, Sez. II – Sentenza 14 agosto 2007, n. 3088.

7 Così T.A.R. Emilia Romagna - Parma - Sentenza 4 aprile 2007, n. 209.

8 Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 23 gennaio 2007, n. 209.

9 Cosi T.A.R. Liguria, Sez. I - Sentenza 7 dicembre 2004, n. 1600.

10 T.A.R. Abruzzo -Pescara, Sez. I - Sentenza 21 marzo 2008, n. 203.

11 T.A.R. Abruzzo -L’Aquila – Sentenza 8 ottobre 2003, n. 839.

12 Cosi Consiglio di Stato, Sez. V – Sentenza 23 gennaio 2007, n. 209.

13 T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. I - Ordinanza 19 novembre 2008, n. 1073.

14 Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, Art. 52: Mozione di sfiducia.

2. Il Sindaco, il Presidente della Provincia e le rispettive giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio. La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei Consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il Sindaco e il Presidente della Provincia, e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, si procede allo scioglimento del Consiglio e alla nomina di un Commissario ai sensi dell’articolo 141.

Sommario:

1. In generale

2. La nomina e la revoca

3. La motivazione

4. La comunicazione

5. Sindacabilità

6. Conclusioni

1. In generale

Vigente il testo unico approvato con regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148 il Sindaco, il Presidente della Provincia e la Giunta venivano eletti dal Consiglio Comunale o Provinciale nel proprio seno ai sensi rispettivamente degli artt. 145 e 134 e senza l’approvazione di un programma condiviso. A livello politico locale ogni alleanza era possibile e le “contrattazioni” erano aperte fino al raggiungimento di un risultato soddisfacente per tutte le forze politiche partecipanti. La posta in gioco era la nomina alla carica di Sindaco, di Presidente della Provincia e di Assessore senza trascurare le designazioni dei rappresentanti degli stessi enti locali presso altre amministrazioni presenti sul territorio come ad esempio, nel caso dei Comuni, i vecchi “comitati di gestione” degli ospedali locali.

Ciascuno dei componenti della Giunta era eletto a titolo personale dal rispettivo Consiglio. Le eventuali dimissioni del Sindaco, del Presidente della Provincia o della maggioranza degli Assessori comportavano solo la necessità di sostituire i dimissionari. Coloro che non avevano presentato le dimissioni rimanevano in carica anche se di fatto poi si trovavano a far parte della minoranza consiliare. Non era previsto dalla norma che il Sindaco od il Presidente della Provincia potesse nominare e tantomeno revocare gli Assessori. Il Sindaco ed il Presidente della Provincia avevano la facoltà di conferire le deleghe agli Assessori che erano espressione dei partiti che componevano la maggioranza. La disciplina vigente, con l’art. 46 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (c.d. T.U.E.L.), affida esclusivamente al Sindaco ed al Presidente della Provincia, non più eletti dai rispettivi Consigli, ma eletti a suffragio universale e diretto, la potestà di nominare gli Assessori in base ad un rapporto fiduciario verso i prescelti ai sensi del comma 2 e provvedono alla loro revoca, ai sensi del successivo comma 4, dandone motivata comunicazione sempre ai rispettivi Consigli.

Nei Comuni sopra i quindici mila abitanti, così come nelle Province, la carica di Assessore, ai sensi del comma 1 dell’art. 64 del T.U.E.L. n. 267/00 è incompatibile con quella di Consigliere Comunale o Provinciale. Gli Assessori quindi sono tutti esterni al Consiglio Comunale o Provinciale. Spesso capita che vengano individuati taluni Consiglieri Comunali o Provinciali ai quali conferire la delega di Assessore. Nomina che senza tanti veli serve a cementare i legami della coalizione. In questo caso il Consigliere individuato si dimette da detta carica ed il Sindaco od il Predente delle Provincia provvede a nominarlo Assessore.

L’individuazione dei possibili “candidati” che saranno chiamati a far parte della futura Giunta attraversa necessariamente un momento di condivisione del programma elettorale pensato dal Sindaco o dal Presidente della Provincia e con il quale si è sottoposto al vaglio elettorale. Una volta eletto, il Sindaco o Presidente della Provincia, deve poter attuare il programma che è un vero e proprio contratto con la città. Da quanto immediatamente precede è ovvio che il Sindaco o Presidente della Provincia si circondi di collaboratori che condividono il suo programma ed è legittimo sostenere che c’è la necessità di assicurare la coesione e l’unità di indirizzo della Giunta. Di assicurare cioè la piena “governabilità” dell’ente che non è possibile perseguire in caso di contrasti all’interno della Giunta.

All’indomani dell’entrata in vigore del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 il disposto dell’art. 46 non ha destato particolare attenzione anche perché la norma è chiarissima. Il legislatore si è preoccupato di disporre che della revoca ne fosse data motivata comunicazione al Consiglio Comunale senza curarsi dell’interessato revocato.

I problemi sono sorti strada facendo nel senso che, nel tempo, taluni dei “revocati”, ritenendosi in qualche modo danneggiati dall’atto di revoca del Sindaco hanno proposto ricorso al T.A.R.. D’altro canto allorquando il Sindaco revoca uno o più Assessori, già Consiglieri Comunali, dopo la comunicazione formale al Consiglio Comunale è legittimo aspettarsi una qualche reazione sia da parte di quella forza politica, della quale l’Assessore revocato era espressione, mediante richiesta urgente di chiarimenti, e sia da parte del revocato che sentendosi maggiormente penalizzato può presentare ricorso al T.A.R.. Va ricordato che nei Comuni al di sopra dei quindici mila abitanti, così come bnelle Provicne, l’Assessore, già Consigliere Comunale o Provinciale che viene revocato non riacquista il ruolo di Consigliere.

A tale proposito, nell’esaminare i vari ricorsi al T.A.R. fin qui proposti dagli interessati, parte della giurisprudenza ha interpretato la norma nel senso che la revoca deve essere preceduta dalla comunicazione di inizio del procedimento all’interessato, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/90; altra parte esclude del tutto l’obbligo della comunicazione di avvio del procedimento per la particolarità della fattispecie. Altra parte ancora sostiene anche che il provvedimento di revoca della nomina di Assessore deve essere adeguatamente motivato.

2. La nomina e la revoca

Il Sindaco e il Presidente della Provincia, secondo quanto stabilisce il comma 2 dell’art. 46 del T.U.E.L. n. 267/00 nominano i componenti della Giunta, tra cui un Vicesindaco e un Vicepresidente, e ne danno comunicazione al Consiglio Comunale nella prima seduta successiva alla elezione.1

Dal tenore letterale della norma è pacifico ritenere che la nomina di Assessore è libera e il Sindaco e il Presidente della Provincia hanno l’obbligo di darne comunicazione al Consiglio.

Nel caso specifico sono, rispettivamente, il Sindaco o il Presidente della Provincia a dover decidere e certamente la nomina sarà motivata e giustificata dal semplice rapporto fiduciario.

Per quanto riguarda la nomina, come si è già detto, non sono fin qui sorti problemi ma, riteniamo, per il solo fatto della carenza di interesse in generale a ricorrere. Non va sottaciuto, giusto per completezza di ragionamento, che a tenore dell’art. 3, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, anche l’atto di nomina di assessore andrebbe motivato.

Il medesimo articolo, al comma 4, stabilisce che il Sindaco e il Presidente della Provincia possono revocare uno o più Assessori, dandone motivata comunicazione al Consiglio.

Durante il mandato amministrativo si possono verificare delle situazioni di attrito tra Sindaco e Assessore nel qual caso un problema si pone e non è solo politico. Infatti se il conflitto è grave si può profilare all’orizzonte la revoca dell’assessore che è una prerogativa accordata dalla legge esclusivamente al Sindaco.

3. La motivazione

Secondo il T.A.R. Abruzzo, dal tenore letterale della norma non si evince alcun obbligo di motivazione posto in testa al Sindaco in ordine alla revoca dell’Assessore “presiedendo ad essa valutazioni di opportunità politica sottratte al sindacato giurisdizionale e che conducono ad affermare che la disposizione in questione possa essere configurata come lex specialis derogatoria del generale principio della necessità della motivazione2”.

L’esigenza della motivazione dell’atto di revoca, a parte qualche eccezione come sopra ricordata, viene ritenuta indispensabile da parte della giurisprudenza. A tale proposito occorre evidenziare che la motivazione corrisponde essenzialmente all’esigenza primaria di assicurare la trasparenza dell’operato dei pubblici poteri in quanto solo il corredo motivazionale, attraverso l’esplicazione dell’iter logico dell’autorità decidente, permette di accertare la correttezza dell’operato della P.A..3

Il Consiglio di Stato con decisione n. 944/05, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado or citato ha sostenuto che l’atto di revoca pur rientrando nell’ampia discrezionalità del Sindaco deve essere adeguatamente motivato, sussistendo il dovere di giustificare l’esercizio del relativo potere che non deve essere certamente arbitrario dovendo essere rivolto alla cura degli interessi della comunità locale secondo il programma politico-amministrativo sulla cui base è intervenuto il voto popolare. Secondo il Consiglio di Stato l’obbligo della motivazione deve ritenersi assolto qualora nel provvedimento di revoca venga sottolineata la posizione non collaborativa assunta dall’Assessore nei confronti della Giunta, senza l’apporto di alcun contributo propositivo sul programma della maggioranza.4 La decisione in esame prevede la comunicazione motivata al Consiglio per la revoca dell’incarico di Assessore senza preoccuparsi della giustificazione da rendere al diretto interessato e senza prevedere uno specifico voto di ratifica da parte consiliare.

A tale proposito quanto appena detto si giustifica con l’esigenza di favorire la effettiva governabilità dell’ente locale motivo per cui il legislatore non si è preoccupato di curarsi più di tanto della eventuale cessazione dei singoli Assessori.

L’esigenza della motivazione viene confermata implicitamente dal Consiglio di Stato nella decisione n. 1052 del 6 marzo 2006. In tale occasione infatti è stato ritenuto legittimo il provvedimento di revoca motivato con riferimento a dati di fatto, esplicitati nella motivazione dell’atto di revoca stesso ritenuti idonei a far venir meno il rapporto di fiducia tra il Capo dell’amministrazione e l’Assessore.5 E’ stato chiarito inoltre dal Consiglio di Stato che la comunicazione motivata al Consiglio “è tendenzialmente diretta al mantenimento di un corretto rapporto collaborativo tra Sindaco–Giunta/Presidente Provincia-Giunta ed il Consiglio Comunale o Provinciale (Cons. Stato n. 209/07).

Dal medesimo alto consesso è stato anche ribadito che “l’obbligo di motivazione del provvedimento di revoca dell’incarico di un singolo Assessore può senz’altro basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrative, rimesse in via esclusiva al Sindaco o al Presidente della Provincia, tenendo conto sia di esigenze di carattere generale, quali ad es. rapporti con l’opposizione o rapporti interni alla maggioranza consiliare, sia di particolari esigenze di maggiore operosità ed efficienza di specifici settori dell’amministrazione locale o per l’affievolirsi del rapporto fiduciario tra il capo dell’amministrazione e singolo Assessore”.

4. La comunicazione

a) Motivata al Consiglio Comunale o Provinciale

La revoca si perfeziona e acquista efficacia con la comunicazione motivata al Consiglio Comunale o Provinciale non prevedendo la legge stessa un voto di ratifica, si è già detto. Non per questo può sostenersi però che il Consiglio debba necessariamente limitarsi a prendere supinamente atto della revoca dell’Assessore da parte del Sindaco o del Presidente di Provincia, perché in relazione alle sue prerogative, come organo di controllo e indirizzo politico di cui all’art. 42 del T.U.E.L., può benissimo procedere alla valutazione sull’operato del Sindaco o del Presidente di Provincia, come si dirà dopo.

b) Motivata all’interessato (dell’avvio di inizio del procedimento?)

E’ utile evidenziare, sia pure brevemente, in generale, che la comunicazione di avvio di inizio del procedimento all’interessato assume finalità diverse a seconda delle circostanze: nel pubblico impiego una procedura disciplinare inizia con la comunicazione dell’avvio di inizio del procedimento all’interessato e alla fine la procedura può avere un epilogo sanzionatorio. In una procedura per la realizzazione di un opera pubblica le delibere che approvano il progetto preliminare e quello definitivo che comportano la dichiarazione di pubblica utilità adottate senza l’avviso di avvio del procedimento sono illegittime ecc. ecc..

La comunicazione di avvio di inizio del procedimento, in relazione alla revoca di Assessore, per il T.A.R. Puglia-Lecce è motivo di illegittimità del provvedimento. Infatti il primo giudice appena citato, sostiene che l’esercizio del potere del Sindaco di revocare in qualsiasi momento l’atto di nomina di un Assessore non può prescindere in generale dall’obbligo di far precedere l’atto di revoca da una comunicazione di avvio del procedimento di revoca ai sensi dell’art. 7, della legge n. 241/90; da tale obbligo può prescindersi solo nel caso in cui l’urgenza e/o le modalità del tipo di contrasto insorto tra il Sindaco e l’Assessore, impongano l’immediata interruzione del rapporto di collaborazione e non consentano l’inoltro della comunicazione di avvio del procedimento di revoca. Lo stesso Giudice ritiene che deve in particolare ritenersi affetto dal vizio di insufficiente motivazione il provvedimento del Sindaco di revoca di un Assessore comunale, nel caso in cui il Capo dell’amministrazione, con detto provvedimento, si sia limitato ad affermare, ai fini della revoca, che "è venuto meno il rapporto di fiducia che aveva motivato la nomina ad Assessore." 6

Con successiva sentenza il T.A.R. Emilia Romagna–Parma ha precisato che il provvedimento di revoca non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio di inizio procedimento e che ai fini della legittimità o meno del provvedimento stesso da parte del Sindaco non è rilevante l’assenza di una preveniva contestazione nei confronti dell’interessato atteso che la revoca dell’incarico di assessore non ha valenza sanzionatoria.7

Circa l’obbligo della comunicazione di inizio del procedimento all’interessato non poche sono le perplessità, quantomeno sulla sua utilità. Infatti posto che il potere di revoca sicuramente è una prerogativa del Capo dell’amministrazione il quale addiviene alla decisione motivata di revocare la delega all’Assessore, la comunicazione ex art. 7, della legge n. 241/90, ancorché condivisibile in linea teorica, in pratica appare un inutile appesantimento della procedura amministrativa che in qualche modo ritarda la ricomposizione dell’organo esecutivo e di collaborazione quale è la Giunta.

A nostro sommesso avviso, è legittimo sostenere che la comunicazione dell’avvio del procedimento, anche se ha carattere generale, nel caso specifico, possa essere utilmente esperita allorquando l’interessato, abbia una qualche possibilità di interferire nella formazione dell’atto contribuendo a migliorare il provvedimento nell’interesse pubblico. Viceversa poiché l’atto di revoca, secondo il tenore del comma 4 dell’art. 46, del T.U.E.L., è demandato alla potestà esclusiva del Sindaco o del Presidente della Provincia l’Assessore revocato non può essere “coinvolto” nel procedimento se non nell’aspetto finale come destinatario del provvedimento.8 Pertanto, per quanto precede, sembra che nulla possa fare l’Assessore revocato per incidere sul provvedimento di revoca in un contesto normativo (come è quello della revoca dell’Assessore) nel quale la valutazione degli interessi coinvolti è rimessa in modo esclusivo al Sindaco o Presidente della Provincia.

5. Sindacabilità

Come si è già accennato prima, dall’esame della giurisprudenza che fin qui si è andata formando appare che il potere di revoca dell’Assessore da parte del Sindaco o del Presidente della Provincia così come disposto dalla norma, a seconda dei casi sembra incontrare più di qualche difficoltà. Riteniamo prioritario stabilire se l’atto di revoca possa essere sottoposto al sindacato giurisdizionale di legittimità e capire se vi sono e quali sono i margini di azione eventualmente accordabili all’assessore revocato.

Secondo quanto sostiene il T.A.R. Liguria, la revoca dell’incarico di Assessore, da parte del Sindaco o del Presidente della Provincia ha natura di atto politico e in quanto tale non può essere sottoposto al sindacato di legittimità ai sensi dell’art. 31 del regio decreto n. 1054/24.9

Il T.A.R. perviene all’affermazione appena riportata tenuto conto delle recenti modifiche del titolo V della Costituzione e dalle ricadute che le stesse hanno avuto sull’ordinamento degli enti locali.

Secondo il T.A.R. Abbruzzo-Pescara, Sez. I. la revoca di un Assessore costituisce un atto altamente discrezionale a contenuto sostanzialmente politico e solo indirettamente e secondariamente amministrativo il che comporterebbe la non applicabilità della legge n. 241/90 10. A conforto di questa tesi il T.A.R. cita la sentenza del Consiglio di Stato n. 209/07. A tale proposito, tuttavia, ci sembra di capire che il Consiglio di Stato nella sentenza n. 209/07 sostiene tra l’altro che “la revoca dell’Assessore, oltre a non costituire un tipico procedimento sanzionatorio è difficilmente sindacabile in sede di legittimità se non sotto i profili formali e l’aspetto della evidente arbitrarietà….”. Da quanto si è detto lo stesso Consiglio di Stato ammette la legittimità della revoca sia pure alle condizioni citate in sentenza, ossia che il provvedimento di revoca sia motivato.

Concordando con quanto sostenuto dal T.A.R. Abruzzo-Aquila con decisione n. 839 dell’8 novembre 2003, secondo la quale sono soggetti al controllo giurisdizionale in genere tutti gli atti dell’ordinamento giuridico quale che sia la natura, si tratti cioè di atto legislativo o di atto giudiziario o di atti della pubblica amministrazione per i quali, per espressa disposizione dell’art. 113 della Costituzione, commi 1 e 2 "è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa", tutela giurisdizionale che "non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti".11

Il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’atto di revoca dell’Assessore non può essere considerato alla stessa stregua degli atti che attengono alla direzione suprema e generale dello Stato.

Il massimo organo di giustizia amministrativa ha delineato la differenza che intercorre tra atti di natura politica e atti amministrativi. L’alto consesso ritiene che l’atto di revoca non sia da ritenere un atto politico e quindi è impugnabile a tutti gli effetti davanti al giudice amministrativo non essendo nemmeno applicabile la disciplina di cui all’art. 31 del T.U.E.L. sul Consiglio di Stato di cui al regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054.

Per il Consiglio di Stato, dunque, gli atti politici sono quelli inclusi nella Costituzione e che attengono alla direzione suprema e generale dello Stato considerato nella sua unità e nelle sue istituzioni fondamentali. Gli atti amministrativi invece ancorché espressione della più ampia discrezionalità sono vincolati ai fini posti dalla legge. La determinazione degli Organi di governo locale, le funzioni e le sfere di competenza appartengono in via esclusiva allo Stato. Da quanto precede si può agevolmente dedurre che gli organi di cui all’art. 36 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 non hanno dignità costituzionale. Conseguenza di quanto appena detto è che l’impugnativa dell’atto di revoca di un Assessore, in seguito alla valutazione da parte del Sindaco o del Presidente della Provincia, scelta dello stesso a modificare la composizione della Giunta nell’interesse della comunità locale e quindi nel perseguimento dell’interesse pubblico e alla conseguente comunicazione motivata al Consiglio Comunale o Provinciale in ossequio al comma 2 dell’art. 46, deve ritenersi ammissibile “in quanto posto in essere da una autorità amministrativa e, nell’esercizio di un potere amministrativo, sia pure ampiamente discrezionale”.12

6. Conclusioni

Secondo i pronunciamenti della giurisprudenza prevalente sembra potersi sostenere che il potere di nomina e revoca dell’Assessore da parte del Sindaco o del Presidente della Provincia non è messo in discussione. Ciò che è oggetto di discussione invece è l’uso che del potere di revoca ne fa e che non può discostarsi dall’interesse della collettività amministrata.

In generale è stato fin qui verificato dalla giurisprudenza che i provvedimenti di revoca sono stati adottati dal Sindaco o dal Presidente della Provincia per il venire meno del rapporto di fiducia con l’Assessore revocato e a causa dei continui contrasti tra Sindaco o Presidente della Provincia e Assessore. Ma cosa succede se l’Assessore prende le distanze dell’operato del Sindaco o del Presidente della Provincia per motivi che riguardano il buon andamento e imparzialità della P.A. di cui all’art. 97 della Costituzione?

E’ ammissibile la revoca non per esigenze di migliore funzionamento della Giunta ma per esigenze di altro genere?

Le domande trovano spunto dalla sentenza del T.A.R. Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza n. 1073/08. 13

In tale circostanza il T.A.R. ha ritenuto illegittimo, sospendendolo, il provvedimento “con il quale il Sindaco ha revocato l’incarico nei confronti di un Assessore, motivato dal fatto che quest’ultimo avrebbe tenuto un comportamento incompatibile con l’indirizzo politico della Giunta per il fatto che lo stesso, in una seduta del Consiglio Comunale, convocata per l’approvazione di una variante urbanistica preordinata alla realizzazione di un locale ad uso commerciale, si è astenuto dal voto per ragioni legate all’abbattimento di alcuni locali di ritenuto pregio artistico-urbanistico.”

Il T.A.R. Precisando che “eventuali impegni politici preventivamente assunti dal Sindaco al di fuori delle sedi istituzionalmente competenti, su alcuni argomenti di carattere amministrativo, non possano essere tali da comprimere valutazioni, simili a quelle espresse dal ricorrente concernenti la imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione.

Deve essere sottolineato che alla luce di giurisprudenza costante anche in presenza di un comportamento del Sindaco o del Presidente della Provincia che appare contrario ai principi di imparzialità e buon andamento della P.A. non viene meno la potestà riconosciutagli dalla legge di nomina e revoca degli Assessori.

A tale proposito occorre però sottolineare che tale potere in seguito ai pronunciamenti della giurisprudenza si è ridimensionato.

Secondo quanto viene evidenziato nella sentenza n. 1073/08 del T.A.R. Lecce va detto che l’Assessore si è astenuto dalla votazione, potremmo dire, per motivi di interesse generale. In tal il Consiglio Comunale, ricevendone motivata comunicazione da parte del Sindaco sebbene non chiamato a votare sul provvedimento di revoca può esercitare il potere del controllo politico che la legge gli attribuisce e valutare in merito.

E’ utile sottolineare nel merito che il Consiglio Comunale nell’ambito della sua sovranità potrebbe eventualmente opporsi ad un simile atto ma attraverso l’estremo rimedio della presentazione e approvazione di una mozione di sfiducia con il conseguente automatico scioglimento ai sensi dell’art. 52 comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. 14

Come si intuisce dalla ricostruzione giurisprudenziale si passa da una certezza iniziale che si pensava fosse indubitabile considerato il testo letterale della norma ad un forte temperamento dei poteri del Sindaco o Presidente della Provincia relativamente alla revoca dell’Assessore. Potere che rimane, almeno per ora, fortemente discrezionale e però sindacabile in sede giurisdizionale.

In ogni caso occorre evidenziare che la soluzione sta nel corretto uso della revoca che non può discostarsi dall’interesse pubblico; buon andamento e imparzialità della P.A..

Infine, oltre al controllo politico da parte del Consiglio Comunale o Provinciale non va sottovalutato quel controllo democratico che i cittadini hanno il diritto di esercitare e in base al quale poi orienteranno il proprio voto in sede di rinnovo elettorale.



1 Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, art. 46. Elezione del Sindaco e del Presidente della Provincia - Nomina della Giunta.

1. Il Sindaco e il Presidente della Provincia sono eletti dai cittadini a suffragio universale e diretto secondo le disposizioni dettate dalla legge e sono membri dei rispettivi Consigli.

2. Il Sindaco e il Presidente della Provincia nominano i componenti della Giunta, tra cui un Vicesindaco e un Vicepresidente, e ne danno comunicazione al Consiglio nella prima seduta successiva alla elezione.

3. Entro il termine fissato dallo statuto, il Sindaco o il Presidente della Provincia, sentita la Giunta, presenta al consiglio le linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato.

4. Il Sindaco e il Presidente della Provincia possono revocare uno o più Assessori, dandone motivata comunicazione al Consiglio.

2 T.A.R. Abruzzo - L’Aquila - Sentenza 1° luglio 2004, n. 805.

3 Francesco Caringella, “Corso di diritto Amministrativo”, Giuffrè Editore, Ed. 2005.

4 Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 8 marzo 2005, n. 944.

5 Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 6 marzo 2006, n. 1052.

6 Cosi T.A.R. Puglia-Lecce, Sez. II – Sentenza 14 luglio 2003, n. 4740; T.A.R. Puglia-Lecce, Sez. II – Sentenza 14 agosto 2007, n. 3088.

7 Così T.A.R. Emilia Romagna - Parma - Sentenza 4 aprile 2007, n. 209.

8 Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 23 gennaio 2007, n. 209.

9 Cosi T.A.R. Liguria, Sez. I - Sentenza 7 dicembre 2004, n. 1600.

10 T.A.R. Abruzzo -Pescara, Sez. I - Sentenza 21 marzo 2008, n. 203.

11 T.A.R. Abruzzo -L’Aquila – Sentenza 8 ottobre 2003, n. 839.

12 Cosi Consiglio di Stato, Sez. V – Sentenza 23 gennaio 2007, n. 209.

13 T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. I - Ordinanza 19 novembre 2008, n. 1073.

14 Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, Art. 52: Mozione di sfiducia.

2. Il Sindaco, il Presidente della Provincia e le rispettive giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio. La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei Consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il Sindaco e il Presidente della Provincia, e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, si procede allo scioglimento del Consiglio e alla nomina di un Commissario ai sensi dell’articolo 141.