La semplificazione amministrativa
Indice:
1. Disciplina generale
2. Esclusioni
3. Ambito applicativo
4. Le certificazioni
5. Le autocertificazioni
6. Autenticazione delle sottoscrizioni
7. Accertamento d’ufficio
8. Responsabilità e sanzioni
1. Disciplina generale
Possiamo definire la parola “semplificazione amministrativa” come una o più azioni tese al miglioramento del rapporto fra cittadini e pubblica amministrazione.
Per pubbliche amministrazioni si intendono: le Amministrazioni dello Stato (compresi gli Istituti e Scuole di ogni ordine e grado), le Aziende ed Amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, le Istituzioni universitarie, l’Istituto autonomo case popolari, le Camere di Commercio, gli Enti pubblici non economici, il Servizio Sanitario Nazionale, eccetera.
I gestori di pubblici servizi, enti o aziende quali l’Enel, le Ferrovie, la Rai, le Poste (quest'ultime possono svolgere anche un'attività da “privato” nei servizi bancari del “banco posta”), sono tenute ad accettare l’autocertificazione nella gestione del “servizio con l’utenza” così come, in ambito locale, le aziende che gestiscono i servizi pubblici di rilevanza economica, i quali coinvolgono interessi primari della collettività o dal fatto che la loro attività è comunque soggetta ad una qualche forma di controllo di diritto pubblico (ad es., concessione amministrativa), mentre nei rapporti con il personale, con le imprese che partecipano alle gare, nei servizi bancari, ecc. sono equiparati ai privati, e come tali non sono obbligati né tenuti ad accettare l’autocertificazione (anche se possono decidere di farlo).
La possibilità di accettare autocertificazioni può essere estesa anche ad alcuni soggetti privati come Banche e Assicurazioni, con tutti i vantaggi, per queste ultime di migliorare i rapporti con l’utenza, anche se non sono tenute a farlo, perché si tratta di una facoltà e non di un obbligo.
Al contrario, allorquando svolgono attività “per conto di soggetti pubblici”, ad esempio, limitatamente a queste attività, sono da considerarsi “gestori” di pubblico servizio (riscossione di tributi per conto di un'amministrazione), e come tali sono tenute ad accettare l’autocertificazione.
Nell’ambito dei destinatari delle norme sulla documentazione amministrativa (decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 28 dicembre 2000), non vi è l’Autorità giudiziaria che non è tenuta ad accettare l’autocertificazione nell’ambito dell’esplicazione delle funzioni giurisdizionali. Nulla vieta, tuttavia, che essa possa tenere il comportamento di tutte le altre pubbliche amministrazioni per quanto riguarda la sua attività di natura amministrativa.
È applicabile ai privati che lo consentano, riconoscendo in tal modo certezza ai rapporti documentali tra privati che la utilizzano, per fini privatistici, e, quindi, senza imporre loro l'obbligo di accettare le dichiarazioni sostitutive.
Si ritiene che il consenso debba tenere la forma scritta, in modo che ne derivi in maniera inequivocabile il consenso di tutte le parti in causa.
L’accettazione della dichiarazione sostitutiva, da parte del privato, mette quest’ultimo nella condizione di aver diritto ad una conferma, da parte dell’amministrazione certificante, di quanto dichiaratogli, ma tale richiesta deve essere supportata dall’esistenza di due presupposti:
- consenso scritto del dichiarante a che tale controllo venga effettuato;
- definizione di appositi accordi da parte della pubblica amministrazione con i privati.
L’estensione delle norme di semplificazione ai privati che vi consentono, così come attualmente è definita (e derivata dall’abrogato articolo 2 della legge n. 340/2000), non è particolarmente applicata in quanto:
- meno “certa” rispetto, appunto, al certificato presentato in quanto possono essere riportati, anche in buona fede, dei dati inesatti, ecc.;
- incompleta perché manca la possibilità, stabilita nell’articolo 45 del Testo Unico solo per pubbliche amministrazioni e gestori o esercenti di pubblico servizio, di accettare documentazione mediante esibizione di un documento di identità o di riconoscimento.
Inoltre si può ritenere che tale richiesta di controllo da parte dei privati sia in qualche modo appesantita per una serie di motivi:
a) obbligo di farsi rilasciare autorizzazione scritta dell’utente per procedere al controllo;
b) costo maggiore (la dicitura “senza oneri”, riportata ai commi 4 e 5 dell’articolo 43 del Testo Unico, è riferita solo alle “amministrazioni procedenti”) in quanto tale richiesta non sembra possa rientrare nei casi di esenzione dall’imposta di bollo previsti dalla normativa (decreto Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642);
c) mancanza, per il privato, di quelle possibilità “alternative” all’acquisizione del tradizionale certificato presso le amministrazioni certificanti per le quali (articolo 43, comma 5, del Testo Unico) il legislatore stabilisce che “il rilascio e l’acquisizione del certificato non sono necessari e le suddette informazioni sono acquisite, senza oneri, con qualunque mezzo idoneo ad assicurare la certezza della loro fonte di provenienza”;
d) perdita di tempo (sospensione della pratica) in attesa della definizione e perdita di denaro per il ritardo accumulato.
Le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà rivolte ai privati richiedono l’autentica della firma.
Una eccezione sulla non applicabilità del principio di autocertificazione, è rappresentata dal procedimento elettorale connessa alla fase di presentazione delle liste e dei candidati, di cui ora all’articolo 46 del decreto Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, al fine di certificare l'iscrizione nelle liste elettorali e l'applicabilità, in tale ambito, e dell'altro strumento di semplificazione documentale costituito dalla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà di cui ora all’articolo 47 del decreto Presidente della Repubblica n.445/2000 (Consiglio di Stato, Sez. 1°, parere n. 1232/00 del 13/12/2000).
Dal 1° gennaio 2012 la «decertificazione o riforma della semplificazione documentale» e lo snellimento dei rapporti tra privato e Pubblica amministrazione è stata ulteriormente estesa con la novella introdotta dall’articolo 15, comma 1 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (c.d. Legge di stabilità 2012), in base alla quale le pubbliche amministrazioni centrali e locali e i gestori di pubblici servizi non possono più richiedere al cittadino, né accettare certificati, riguardante tutte le tipologie di certificati, ma anche a non utilizzare gli atti di notorietà.
I certificati sono validi ed utilizzabili esclusivamente nei rapporti tra privati; infatti, questi ultimi, potranno richiederlo solo al fine di comprovare un determinato “stato”, “qualità” o “fatto”, nei riguardi di un privato.
In tal modo la norma tende a ridurre non solo tutti i certificati amministrativi che i cittadini dovevano presentare alle pubbliche amministrazioni e ai gestori di pubblici servizi, ma anche a non servirsi degli atti di notorietà, anche se in misura minore, che possono essere utilizzati.
Questo significa che, in ogni caso, le Amministrazioni devono acquisire le informazioni necessarie direttamente dagli enti certificanti, o accettare dai cittadini solo dichiarazioni sostitutive di certificati o di atti di notorietà.
Si estende così la facoltà dell’autocertificazione segnata dall’articolo 46 del decreto Presidente della Repubblica n. 445/2000. Fra le informazioni autocertificabili figura ad esempio, per le imprese, l’iscrizione in registri e in Albi pubblici, nonché il fatto di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato.
Le nuove disposizioni interessano, ad esempio, i soggetti che intendano intraprendere un’attività imprenditoriale, con o senza dipendenti. In questa seconda ipotesi, la semplificazione riguarda la documentazione da allegare alla comunicazione unica per l’avvio dell’attività di impresa, che l’interessato dovrà presentare all’ufficio del Registro imprese. La riduzione dei documenti da presentare diventa poi rilevante quando l’attività d’impresa deve essere iniziata tramite Scia (Segnalazione certificata di inizio attività).
Per quanto riguarda i datori di lavoro, la semplificazione è sempre utilizzata in occasione del riconoscimento di particolari benefici per l’assunzione di lavoratori che hanno uno status occupazionale di disagio, in base all’età, alla durata della disoccupazione, alle condizioni fisiche, e così via.
Per le lavoratrici madri, decade l’obbligo di produrre il certificato di nascita del figlio, da presentare all’Inps entro 15 giorni dall’evento.
2. Esclusioni
Restano, però, dei casi in cui l’autocertificazione è esplicitamente esclusa, che sono regolati dall’articolo 49 del decreto Presidente della Repubblica n. 445/2000. È il caso, ad esempio, del certificato di origine di una merce, rilasciato dalla Camera di commercio e generalmente destinato all’export.
Non può essere il produttore, infatti, ad autocertificare l’origine della propria merce. Rientrano in questa categoria anche i certificati medici, sanitari, veterinari, di conformità CE, di marchi e brevetti.
3. Ambito applicativo
Le disposizioni in materia di produzione di atti o documenti possono, quindi, essere utilizzate da:
• i cittadini italiani e dell’Unione europea;
• le persone giuridiche, le società di persone, le pubbliche amministrazioni, gli enti, i comitati e le associazioni aventi sede legale in Italia o in uno dei paesi dell’Unione europea.
La possibilità di utilizzare le dichiarazioni sostitutive è estesa anche agli extracomunitari in possesso di permesso di soggiorno (non è necessario che siano residenti, ovvero iscritti nell'anagrafe comunale), limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili in Italia da soggetti pubblici, con esclusione di dichiarazioni rese alle nostre autorità consolari o diplomatiche all'estero.
Inoltre, i cittadini extracomunitari che ne hanno necessità, possono utilizzate le dichiarazioni sostitutive anche nell’ambito di materie per cui esiste una convenzione fra l’Italia ed il Paese di provenienza del cittadino extracomunitario, con esclusione di dichiarazioni rese alle nostre autorità consolari o diplomatiche all'estero nonché per particolari situazioni che prevedono l'esibizione o la produzione di specifici documenti.
Le novità riguardano, direttamente o indirettamente, il certificato amministrativo, intendendo, dal punto di vista giuridico, come quel documento:
- proveniente da una pubblica Amministrazione o da soggetti ad essa equiparati;
- che svolge una funzione di ricognizione, riproduzione o partecipazione di stati, qualità personali e fatti, contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o, comunque, accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche;
- che consente di rendere tali informazioni conoscibili a soggetti terzi (certificato di residenza, certificato di destinazione urbanistica, certificato medico, ecc.).
La novità riguarda anche gli atti di notorietà, ossia quegli atti pubblici con cui una persona rende una dichiarazione che può anche riguardare “stati, “qualità personali” o “fatti”.
I certificati e gli atti di notorietà devono essere sostituiti, tranne qualche eccezione, da dichiarazioni sostitutive di certificazioni. La novella pone inequivocabilmente un obbligo preciso e generalizzato, in base al quale ogni amministrazione deve accettare solo dichiarazioni sostitutive del certificato e/o quelle dell’atto notorio o accettare, dal privato, informazioni su fatti, stati e qualità, da approfondire poi all’interno alla Pa e non può esigere, salvo poche eccezioni, che l’interessato presenti, invece, un certificato. Di conseguenza, il privato viene esonerato a rivolgersi all’amministrazione detentrice dell’informazione.
Viene resa chiara la regola, a carico della pubblica amministrazione procedente, di dover acquisire d’ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive, contrariamene a quanto avveniva prima della riforma in cui la pubblica amministrazione richiedeva al cittadino di fornire i certificati in possesso di altre pubbliche amministrazioni. Diviene fondamentale quanto espresso dal privato nelle proprie dichiarazioni sostitutive, mentre le pubbliche amministrazioni sono esortate ad agire per acquisire i dati personali necessari a svolgere la propria attività amministrativo-istituzionale.
È prevista, inoltre, alle pubbliche amministrazioni certificanti di inserire, nel testo delle dichiarazioni da utilizzare nei confronti dei privati, la seguente dicitura “Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi”.
La predetta annotazione non va apposta sui certificati rilasciati da un'amministrazione pubblica ad un altro ente pubblico o ad un gestore di pubblici servizi: su tali certificati, infatti, andrà apposta solo la seguente dicitura: “Rilasciato ai fini dell'acquisizione d'ufficio”.
La finalità è quella di trasmettere chiaramente intellegibili e visibili al privato i limiti delle nuove certificazioni, “contenendo” certificazioni improprie.
Con Direttiva del Ministro della pubblica amministrazione del 22 dicembre 2011, n. 14 è stato precisato che l'assenza di tale dicitura comporta la nullità del certificato. Ciò significa che la Pa non solo non più richiedere una certificazione (come invece consentito dalla normativa previgente), ma anche di produrlo alla pubblica amministrazione da parte dei cittadini.
I cittadini hanno il diritto di richiedere ed ottenere che le pubbliche amministrazioni acquisiscano d'ufficio direttamente ogni informazione, tipo di documento, certificato necessari ad avviare i procedimenti o a fruire dei servizi erogati.
Sotto l'impero della precedente normativa il cittadino poteva produrre, in sostituzione dei certificati, le dichiarazioni sostitutive e la pubblica amministrazione era tenuta ad acconsentire. Con la riforma al Testo Unico, approvato con decreto Presidente della Repubblica n. 445/2000 il cittadino/utente è obbligato, sotto la propria responsabilità penale in caso di dichiarazioni mendaci, alla presentazione di dichiarazioni sostitutive, mentre la pubblica amministrazione ha il dovere/obbligo di revocare i benefici eventualmente concessi a seguito di false dichiarazioni.
Tuttavia, in alternativa alla presentazione di dichiarazione sostitutiva, l'interessato può limitarsi a comunicare alla pubblica amministrazione le informazioni personali sui “fatti”, “qualità” e “fatti”, fornendo, altresì, gli elementi indispensabili per l’integrale reperimento di esse (ad es., l’oggetto a cui si riferiscono, eventuali estremi identificativi, l’ente che li detiene stabilmente, ecc.). In tal caso la pubblica amministrazione dovrà interessarsi di acquisire i dati richiesti.
Rimane invariata la regola secondo cui il documento su stati, qualità personali e fatti non soggetti a modificazione ha una validità illimitata e sia l’altra in base alla quale esso (certificato), ove concerna elementi personali soggetti a cambiamento, ha sei mesi di validità. Decade, tra l'altro, la possibilità che il certificato rivolto a una Pubblica amministrazione sia valido oltre i termini.
La regola «non più certificati verso la pubblica amministrazione» viene espressamente estesa anche alle informazioni relative alla regolarità contributiva. Anche tale genere di dati personali deve essere acquisito d’ufficio dalle Pubbliche amministrazioni procedenti, sgravando così sensibilmente i soggetti interessati dall’obbligo informativo, avendo cura questi ultimi di trasmettere agli uffici pubblici informazioni a tale proposito.
A questo punto si pone una domanda: cosa accade nell'ipotesi in cui l'utente produca spontaneamente i certificati? Nella formulata ipotesi il certificato prodotto in violazione della norma è causa di inammissibilità delle istanze tese all'avvio del procedimento amministrativo o di altre dichiarazioni, fatta salva l'ipotesi di successiva richiesta di regolarizzazione da parte del responsabile del procedimento resa mediante dichiarazione sostitutiva. Tuttavia, nella fattispecie citata di procedimento amministrativo avviato sulla scorta di certificati illegittimi, si ritiene che lo stesso (procedimento amministrativo) non possa considerarsi invalido. Non sarebbe infatti annullabile il provvedimento finale emesso in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti, ove si evince chiaramente che il provvedimento emanato, per la sua natura di carattere vincolato nel suo contenuto (discrezionalità tecnica) non avrebbe potuto essere diverso da quello emanato.
Ma vi è di più! Nella contraria ipotesi di provvedimento a carattere non vincolato (discrezionalità amministrativa), si è dell'opinione che, secondo lo scopo che la disposizione persegue (obiettivo) strettamente connessa ad un'interpretazione finalistica (prendendo in considerazione le discussioni delle assemblee legislative che con i loro voti danno vita a quei <lavori preparatori> che spesso forniscono elementi utili per la ricostruzione della volontà delle forze politiche che ne appoggiano l'approvazione) introdotta a tutela del cittadino/utente che presenta l'istanza alla Pubblica amministrazione allo scopo di ridurre i costi amministrativo/burocratici a suo carico, l'invalidità del certificato non inficia comunque il provvedimento finale emanato dall'Amministrazione procedente.
Nella residua ipotesi in cui la Pubblica amministrazione obbliga il cittadino alla presentazione di certificati, si ritiene di considerare annullabili i provvedimenti di non accoglimento, qualora motivati dalla esclusiva mancata produzione di certificati, illegittimamente richiesti in virtù della novella normativa.
4. Le certificazioni
4.1. La funzione dei certificati
Certificato è il documento rilasciato da una amministrazione pubblica per la ricognizione, riproduzione e partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche.
In pratica il certificato non è altro che uno strumento di comunicazione a terzi (interni ed esterni all'amministrazione) in grado di veicolare all'interno dell'ordinamento giuridico informazioni qualificate, vale a dire di quelle particolari qualità (garanzie formali e sostanziali) che è la certezza giuridica.
Le certificazioni, così come le autocertificazioni, non sono dichiarazioni di volontà in quanto non introducono nulla di nuovo nel mondo del diritto, limitandosi a rendere nota a terzi una realtà già esistente nel mondo giuridico.
4.2. Certificazioni e accertamenti
Le notizie veicolate attraverso il certificato e/o l'autocertificazione, si differenziano da tutte le altre in quanto in possesso di quella particolare qualità giuridica che è la certezza legale, essendoci a monte attività diretta a creare qualificazioni giuridiche di persone e cose.
È il certificato che mette poi in circolazione (certezza giuridica, appunto) dati/notizie già precedentemente qualificate da un altro atto giuridico.
Il certificato produttivo di certezze legali e che veicola le notizie fra i membri dell'ordinamento giuridico estratte da registri pubblici attraverso le fasi della ricognizione, riproduzione e partecipazione a terzi, sono definite certificazioni “proprie”.
Le certificazioni cosiddette “improprie” sono quelle in cui l'attività di accertamento è strettamente legata a quella della certificazione a tal punto che non esisterebbe se non ci fosse necessità di rilasciare quel determinato certificato (ad esempio, rilascio di certificati medici, sanitari, idoneità alla patente di guida, idoneità al porto d'armi, perizie tecniche, ecc.) il cui soggetto certificante procede direttamente a uno specifico accertamento di stati, qualità personali e fatti per poter poi redigere il certificato.
Queste certificazioni sono qualificate “improprie” in quanto non trasmettono fatti già rappresentati, mediante un atto di certezza, in registri, albi o elenchi, bensì costituiscono dichiarazioni di scienza contenenti l'attestazione del giudizio conclusivo a cui è pervenuto il dichiarante nell'esame di una determinata situazione, giudizio che ammettete la prova contraria ed è fondata sull'autorevolezza professionale del certificante stesso.
Ne deriva che lo specifico certificato rappresenta l'unica possibilità di veicolazione degli esiti di quella specifica attività di accertamento e di certificazione.
5. Le autocertificazioni
Vengono definite autocertificazioni perché hanno in comune sia la funzione di trasmettere notizie in possesso della qualità giuridica della certezza, sia quella di semplificare (non eliminare) i rapporti fra amministrazioni e cittadini semplificando gli adempimenti relativi alla documentazione amministrativa, sia il fatto di essere compilate e presentate da soggetti privati.
Anche tra le autocertificazioni si può distinguere tra certificazione “propria” ed “impropria”; la prima è il documento sottoscritto dall'interessato presentato in sostituzione dei certificati; la seconda è invece il documento, sottoscritto dall'interessato, concernente stati, qualità personali e fatti, che siano a diretta conoscenza di questi.
Nella prima ipotesi (dichiarazioni sostitutive di certificazioni) abbiamo notizie veicolate a terzi che riproducono esattamente il contenuto di altri atti preesistenti, trascritti in pubblici registi, albi o elenchi; nella seconda ipotesi (dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà), le notizie veicolate a terzi concernenti stati, qualità personali e fatti si presumono essere in possesso della certezza giuridica, purché siano a diretta conoscenza dell'interessato che compila e sottoscrive la dichiarazione sostitutiva medesima.
5.1. Le dichiarazioni sostitutive di certificazioni
Analogamente ai certificati, anche le autocertificazioni sono “dichiarazioni di scienza, contenute in un documento, allo scopo di veicolare notizie a terzi”: hanno natura dichiarativa e non costitutiva, vale a dire adempiono allo scopo di rendere pubblica una conoscenza (priva di qualsiasi espressione di volontà); non introducono alcuna novità nel circuito giuridico, hanno solo lo scopo di veicolare notizie inerenti fatti già esistenti nel mondo giuridico aventi il carattere della certezza.
Vi sono tuttavia anche divergenze: le certificazioni possono essere rilasciate solo da soggetti pubblici e dotati del potere certificativo o da altri soggetti equiparati alle pubbliche potestà e sostituiscono le certificazioni “proprie”, cioè quelle che vengono compilate attingendo dati contenuti in elenchi, albi o registri.
Esse, inoltre sono redatte e sottoscritte dal soggetto privato “interessato” utilizzando dati e/o notizie che attengono alla capacità conoscitiva del dichiarante.
Da ciò la differenza: nelle certificazioni il pubblico ufficiale rilascia il certificato compiendo attività materiale, vale a dire si limita a trascrivere (trasferire) nel documento dati, atti, qualità personali, ecc., contenuti in pubblici registri. Nelle autocertificazioni invece il soggetto che compila la dichiarazione sostitutiva non apprende le informazioni da pubblici registri dotate della qualità giuridica della certezza da veicolare a terzi con il certificato, bensì alla personale e diretta o indiretta conoscenza di ciò che autocertifica.
Infine, non tutte le notizie/dati possono formare oggetto di dichiarazione sostitutiva di certificazione, ma solo quelle che si riferiscono ad atti di certezza giuridica trascritti in pubblici registri indicati nell'articolo 46, comma 1 del Testo Unico, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000.
5.2. Le dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà
È il documento, sottoscritto dall'interessato, concernente stati, qualità personali e fatti che siano a sua diretta conoscenza di un fatto accaduto o comunque esistente e non di una dichiarazione di impegno o di volontà (ad es., atti d’obbligo i quali consistono in una vera e propria dichiarazione di volontà, ad eccezione dell’autentica della firma per gli atti volti ad ottenere la riscossione di provvidenze economiche da parte di terzi (Circolare del Ministero dell'Interno n. 10 del 30 luglio 1993) e che la stessa venga invece omessa per le deleghe semplici, necessarie per il ritiro di documenti).
Non rientrano, come accennato, nella tipologia delle dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà le dichiarazioni di impegno, le quali si sostanziano in manifestazioni di volontà circa il fare o non fare, in un futuro prossimo o remoto, qualcosa, (eccezion fatta qualora previste in bandi di concorso per ottenere un determinato provvedimento da una pubblica amministrazione), le accettazioni di incarichi e le rinunce ai medesimi.
Sono, quindi, esclusi gli atti negoziali di natura privatistica e quelli che contengono impegni, intenzioni future, accettazioni e rinunce di incarichi. Per questo motivo il “dipendente incaricato/delegato dal Sindaco” non potrà autenticare sottoscrizioni (pur rivolte a privati) dai contenuti relativi a testamenti, rinunce ad eredità, patti successori, atti societari, compravendite, cessioni, locazioni, procure, contratti, eccetera.
Il decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 ammette la possibilità dell'autentica delle sottoscrizioni in calce ad atti per la riscossione di benefici economici da parte di terzi (non riscossione di “qualsiasi somma di denaro” da parte di terzi), mediante l'istituto della delega, la quale si limiterebbe a prevedere l'attribuzione di una competenza fattuale ad un terzo, senza alcun coinvolgimento o estrinsecazione di una volontà da parte del soggetto delegato: sarebbe, in chiare parole, solo un'investitura a compiere un mero atto giuridico.
La dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà può riguardare stati, fatti e qualità personale riguardanti anche altri soggetti ma di cui il dichiarante sia a diretta conoscenza utilizzabili nel procedimento a difesa di un proprio diritto e/o interesse.
È ammessa inoltre la possibilità di comprovare non solo i fatti a conoscenza dell'interessato, per i quali non esiste certificazione della pubblica amministrazione, ma anche quei fatti che sono comprovabili con certificati amministrativi, non compresi nell'elenco di cui all'articolo 46 del decreto Presidente della Repubblica n. 445/2000 e non sono quindi sostituibili con dichiarazione sostitutiva di certificazione.
Particolare attenzione va posta alle dichiarazioni rese da coloro che si trovino in situazione di impedimento temporaneo a dichiarare per ragioni connesse allo stato di salute. Per dette situazioni, la norma prevede la possibilità di sostituire la dichiarazione dell’interessato con quella resa dal coniuge o, in sua assenza, dai figli o, in mancanza di questi, da altro parente in linea retta o collaterale fino al terzo grado, al pubblico ufficiale.
Per queste situazioni, la sostituzione delle persone citate è ammessa solo per veicolare informazioni come la data di nascita, la residenza, il reddito, ecc., e non certamente quello di dare agli stessi la possibilità di sostituirsi al diretto interessato nel manifestare la sua volontà, la quale può avvenire attraverso altri istituti previsti dall’ordinamento giuridico come la procura o addirittura per la dichiarazione di incapacità e la nomina di tutori o curatori, amministratori di sostegno.
Oggetto della dichiarazione sono, a titolo esemplificativo e non esaustivo:
1) le qualità personali, intese come caratteristiche specifiche appartenenti al dichiarante, quali ad esempio: essere socio di un'impresa, essere esperto in una determinata materia, prestare servizio di volontariato, essere iscritto in un particolare albo professionale, ecc.;
2) gli “stati” (status), intesi come situazioni che creano e/o modificano diritti e doveri giuridici, di cui il dichiarante sia a conoscenza diretta, anche con riferimento ad altre persone, quali ad esempio: la residenza in un Comune, erede legittimo o testamentario, la propria situazione di famiglia originaria, proprietario di immobile, occupare una carica (es., Consigliere Comunale, Revisore legale di una società), ecc.;
3) i fatti, nel senso di accadimenti naturali ed umani dai quali deriva un effetto giuridico che crea, modifica ed estingue rapporti giuridicamente rilevanti, di cui il dichiarante sia a conoscenza diretta, anche con riferimento al altre persone, quali ad esempio: il beneficiare di determinati sussidi economici, l'avere subito danni a seguito di calamità naturale, aver contratto matrimonio o la scomparsa di qualcuno, ecc..
Sopra si è detto che la differenza tra dichiarazioni sostitutive di certificazione e dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà richiama quella fra certificazioni “proprie” ed “improprie”.
Le certificazioni “proprie” corrispondono al contenuto di altri atti preesistenti, trascritti in registri pubblici, albi o elenchi; le certificazioni “improprie” invece costituiscono semplicemente dichiarazioni di scienza provenienti da soggetti pubblici, contenenti «l'attestazione del giudizio conclusivo a cui è pervenuto il certificante nell'esame di una determinata situazione, giudizio conclusivo che ammette la verifica della veridicità».
Sia nel caso delle certificazioni “improprie” sia in quello delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà manca il riferimento al contenuto di altri atti preesistenti, trascritti in registri pubblici, albi o elenchi. Infatti, le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà trasmettono a terzi notizie e/o dati che si ritengono essere certe, riguardanti stati, qualità personali e fatti, anche riguardanti altri soggetti, purché siano a diretta conoscenza del soggetto che compila e sottoscrive la dichiarazione in parola. Trattasi, quindi di informazioni e/ fatti accaduti o comunque esistenti e non di una dichiarazione di giudizio, né di una dichiarazione di impegno o di volontà di carattere negoziale intercorrente inerente a rapporti privatistici. Il dichiarante deve essere a conoscenza diretta e personale del fatto, anche se non è relativa alla sua persona, oppure sia a lui noto per aver presenziato direttamente al fatto, mentre non è ammessa la dichiarazione di conoscenze derivanti da attività informativa altrui.
Contrariamente alle dichiarazioni sostitutive di certificazioni, nel caso di specie le notizie/dati trasmesse con l'autocertificazione non sono di per sé dotate della qualità giuridica della certezza in quanto non riferentesi a precedenti attività di accertamento ed alla loro trascrizione in registri pubblici, bensì ricevono detta qualificazione giuridica direttamente dalla dichiarazione sostitutiva medesima, così come nelle certificazioni “improprie”.
Nelle dichiarazioni sostitutive di certificazione l'interessato si limita a veicolare a terzi, informazioni in possesso della qualità giuridica della certezza; infatti, il dichiarante pur attingendo dati/notizie dal proprio patrimonio conoscitivo anziché da pubblici registri, svolge attività materiale (presentazione fisica della documentazione).
Nella dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, l'interessato svolge nel contempo attività di accertamento e certificazione parimenti all'attività svolta da soggetti esercenti funzioni pubbliche che compilano e rilasciano certificazioni “improprie”(certificati medici, sanitari, perizie, collaudi, ecc.). Nel caso delle dichiarazioni sostitutive di certificazione vi è sostanziale coincidenza tra le notizie/dati oggetto dell'autocertificazione e parte di quelle che formano il contenuto di atti di certezza trascritti in registri pubblici; viceversa nel caso delle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà i dati/notizie oggetto della dichiarazione sostitutiva non trovano necessariamente riscontro in atti di certezza trascritti in registri pubblici, sebbene facciano parte della conoscenza diretta del dichiarante e che possono riguardare sia l'interessato che altri soggetti.
In definitiva, le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà pongono seri interrogativi circa la veridicità/certezza delle notizie/dati veicolati a terzi, in quanto mancanti del riferimento ad atti di certezza giuridica trascritti in pubblici registri.
Consegue che sia le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà che le certificazioni “improprie” sono riconducibili in capo ad uno stesso soggetto il quale svolge sia la funzione di certezza giuridica che quella di certificazione (funzione, come abbiamo visto, che viene svolta da soggetti diversi nel caso delle certificazioni e delle relative dichiarazioni sostitutive).
La differenza sta nel fatto che mentre le certificazioni “improprie” sono svolte da soggetti titolari di funzioni pubbliche, le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà sono compilate, redatte da soggetti privati che si assumono tutta la responsabilità circa le notizie/dati veicolate con l'attribuzione alle medesime della qualità giuridica della certezza. Ne deriva che, nel caso di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, l'attività di certezza giuridica posta in essere dal sottoscrittore è minima, coincidente con la conoscenza diretta da parte del firmatario degli stati, qualità personali o fatti oggetto della dichiarazione sostitutiva.
Nei confronti delle dichiarazioni sostitutive di certificazione, la compilazione e sottoscrizione delle dichiarazioni in questione, prevedono, proprio per i motivi anzidetti, alcune formalità tese ad aumentare la responsabilità del firmatario e ridurre così la probabilità di dichiarazioni non veritiere (sottoscrizione dell'interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore).
6. Autenticazione delle sottoscrizioni
L’autentica della sottoscrizione avviene previa identificazione del dichiarante da parte del pubblico ufficiale autenticante (notaio, cancelliere, segretario comunale, dipendente addetto a ricevere la documentazione, altro dipendente incaricato dal sindaco). L’accertamento dell’identità personale del dichiarante può avvenire mediante uno dei seguenti modi:
a) conoscenza diretta da parte del pubblico ufficiale;
b) testimonianza di due idonei fidefacienti conosciuti dal pubblico ufficiale;
c) esibizione di un valido documento di identità personale munito di fotografia, rilasciato da una pubblica autorità.
Il dipendente addetto a ricevere la documentazione può essere il dipendente addetto allo sportello o, se diverso da questo, il dipendente che istruisce la pratica. In assenza di istruzioni è sempre comunque competente a ricevere la documentazione il responsabile del procedimento: se poi anche questi non è stato formalmente nominato, per legge la sua figura viene a coincidere con quella del dirigente/responsabile dell’unità organizzativa competente.
Una nuova forma di autenticazione della sottoscrizione di qualsiasi istanza o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà da produrre agli organi della pubblica amministrazione, nonché ai gestori ed esercenti di servizi pubblici, è stata introdotta dall’articolo 21 del decreto Presidente della Repubblica n. 445/2000 il quale stabilisce che l’autenticità della firma su questi atti è garantita dal fatto che essa sia apposta dall’interessato in presenza del dipendente addetto a ricevere la documentazione, ovvero che l’atto sottoscritto sia presentato unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore.
L’articolo 21 in esame descrive una categoria generale di atti che possono essere autenticati: ma esistono anche altre disposizioni di legge che attribuiscano la competenza al dipendente comunale. Affinché l’autenticazione sia effettuata legittimamente dal funzionario incaricato dal sindaco, è necessario individuare la norma attributiva del relativo potere, sulla base della quale il sindaco provvederà con il conferimento della relativa delega.
Il decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 non disciplina l’autenticazione delle firme a cura di un pubblico ufficiale prevista da norme speciali, in particolare:
1) autenticazione degli atti previsti dall'articolo 14 della legge 21/03/1990, n. 53 e successive modifiche ed integrazioni (Misure urgenti atte a garantire maggiore efficienza al procedimento elettorale);
2) articolo 31, comma 3, lettera e) legge 184/1983 in materia di adozioni internazionali (il consenso scritto all’incontro tra gli aspiranti all’adozione ed il minore da adottare, proposto dall'autorità straniera, da parte degli aspiranti all'adozione, è l’unico atto della procedura relativa all’adozione che può essere autenticato dall’impiegato comunale);
3) articolo 39 del decreto legislativo n. 271/1989 sulla sottoscrizione di atti per i quali il codice penale prevede tale formalità, con esclusione di una competenza generale del funzionario delegato dal sindaco ad autenticare anche le sottoscrizioni per atti relativi ad un processo, civile o amministrativo (es. procura alle liti che, nel processo civile, deve essere autenticata nelle forme dell’atto pubblico o dal difensore: l’autentica del funzionario delegato dal sindaco eventualmente effettuata è nulla, in quanto eseguita in carenza di potere);
4) articolo 79 del decreto Presidente della Repubblica n. 285/1990 in materia di volontà alla cremazione del defunto;
5) autentica della firma del votante sulla busta contenente la scheda di votazione per l'elezione degli organi di ordini professionali (decreto Presidente della Repubblica 8 luglio 2005, n. 169);
6) articolo 7 del decreto-legge n. 223/2006 riguardante l’autentica sugli atti di alienazione di beni mobili registrati.
Per queste fattispecie chi scrive ritiene che i dipendenti degli uffici comunali dovranno ricevere ulteriore specifica delega del Sindaco che richiami espressamente la tipologia dell’atto.
Si evidenzia inoltre che, al di fuori dei casi che abbiamo descritto ed oltre i limiti stabiliti dalle norme attributive del potere di autentica, deve ritenersi esclusa la legittimità dell’intervento del funzionario incaricato dal sindaco ad autenticare atti che contengano manifestazioni di volontà.
7. Accertamento d'ufficio
I certificati, come abbiamo visto, non possono più essere impiegati dalle amministrazioni pubbliche le quali, per ottenere informazioni sicure nell'ambito dei vari procedimenti amministrativi, possono (debbono) utilizzare le autocertificazioni e l'accertamento d'ufficio.
Le autocertificazioni comportano vantaggi solo per i cittadini, mentre per le amministrazioni solo oneri, pesi, dispendio di risorse, etc.. Infatti, le autocertificazioni semplificano la vita ai cittadini ma la complicano alle amministrazioni, le quali se vogliono ottenere un grado accettabile di veridicità devono compiere una serie di attività dispendiose. Un'autocertificazione non veritiera comporta, per i responsabili di unità operative dell'amministrazione, in quanto pubblici ufficiali, l'obbligo di denuncia del dichiarante all'autorità giudiziaria, nonché l'obbligo di revocare “i benefici scaturenti dal provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera”.
Entrambi i provvedimenti comportano difficoltà operative, specie nell'attuale situazione di congiuntura economica negativa, decisamente incline a dannose forme di “accondiscendenza” nei confronti di irregolarità e abusi; entrambi i provvedimenti, inoltre, comportano dei costi politici, amministrativi e sociali. In particolare, se i benefici sono misurati non da prestazioni economiche ma da servizi erogati, è praticamente impossibile ripetere quanto indebitamente percepito; inoltre, la revoca del beneficio, soprattutto se interviene dopo un lungo lasso di tempo dalla erogazione del servizio (assistenza sociale, diritto allo studio, ecc.), non reca alcun vantaggio ai soggetti ingiustamente pretermessi in seguito alla presentazione dell'autocertificazione falsa, in quanto questi ultimi nella maggior parte dei casi non potranno subentrare al soggetto decaduto per aver dichiarato il falso o, addirittura, non mostrare più interesse alla prestazione in quanto il tempo ha modificato le originarie condizioni di partenza.
Consegue che le autocertificazioni se riducono la farraginosità di parte di un reparto dell'amministrazione, è pur vero che la parte irrisolta si traslerà in un altro segmento del sistema stesso.
In altre parole, se le autocertificazioni hanno drasticamente ridotto le incombenze precedentemente gravanti sui cittadini con la produzione dei certificati (code agli sportelli, perdita di tempo, trasferimento nel tempo e nello spazio di certificati, ecc.), tali oneri si sono abbattuti sulle amministrazioni, almeno in larga parte, perché gli indispensabili controlli ed i relativi oneri (non solo in termini monetari ma anche dal punto di vista dell'utilizzo di risorse umane e strumentali che indirettamente misurano dei costi) riguardano solo una parte più o meno ampia delle autocertificazioni prodotte. Quindi la gestione degli aspetti ora analizzati che ricadono sulle amministrazioni in seguito all'utilizzo delle autocertificazioni corrisponde solo ad una parte della riduzione di molteplicità di moduli operativi di cui hanno beneficiato i cittadini in virtù delle autocertificazioni, perché la parte restante della complessità è stata definitivamente espulsa.
Comunque, nonostante gli evidenti vantaggi arrecati ai cittadini ed ai soggetti economici, le autocertificazioni non possono rappresentare la soluzione definitiva del problema della semplificazione della documentazione amministrativa, sotto vari profili. Sul versante della certezza perché, acclarato che nemmeno i certificati garantiscono la certezza assoluta, tuttavia le autocertificazioni sono virtualmente sempre a rischio per quanto concerne l'attendibilità/veridicità delle informazioni in esse contenute, soprattutto in assenza di controlli.
Sotto l'aspetto della semplificazione perché comportano pur sempre per i cittadini oneri amministrativo/burocratici di vario tipo, mentre si dovrebbe tendere ad un modello civico di rapporto fra amministrazioni e cittadini tale per cui questi ultimi non debbano più dispiegare alcuna attività nei confronti delle amministrazioni procedenti, almeno per quanto attiene all'acquisizione di informazioni certe da parte di queste ultime. Infine sul piano dell'economicità, perché l'utilizzo delle autocertificazioni comporta in ogni caso dei costi (oneri) per i cittadini nonché per le amministrazioni, in quanto i controlli che queste ultime debbano attivare assorbono risorse umane (impiego di personale, etc.), strumentali (utilizzo beni di consumi e beni durevoli) e finanziarie (costo del personale, oneri riflessi, etc.), che potrebbero essere meglio convogliate verso altre finalità istituzionali.
A medio e lungo termine lo strumento cardine di semplificazione è dunque destinato ad essere l'accertamento d'ufficio “automatizzato”, con certificati ed autocertificazioni relegati in un ruolo subordinato rispetto allo strumento principe. L'acquisizione diretta di informazioni fra amministrazioni rappresenta la soluzione definitiva al problema della semplificazione della documentazione amministrativa: superati i certificati, superata la fase di transizione fondata sulle autocertificazioni, la terza ed ultima fase della semplificazione deve necessariamente basarsi sull'acquisizione diretta, da parte delle amministrazioni procedenti, delle informazioni dotate della qualità giuridica della certezza presenti nelle banche dati delle amministrazioni certificanti.
Il raggiungimento di questo obiettivo sarà possibile solo se combinato con l'uso di tecnologie informatiche e telematiche che consentano la consultazione in tempo reale delle banche dati delle Pa in rete traducendosi nella riduzione dei tempi e dei costi dell'azione amministrativa.
In questo modo i dati forniti dall'utente verrebbero verificati mediante connessioni virtuali e automatiche alle banche dati on-line delle altre amministrazioni, senza l'intervento del funzionario preposto, eccezion fatta per casi di rilevata difformità segnalati dal sistema.
Si è detto che per le amministrazioni l'aspetto positivo di questa modalità di acquisizione di informazioni consiste nel garantire loro la stessa certezza dei certificati, mentre quello negativo è rappresentato dagli oneri relativi ai processi organizzativi legati alla creazione dei collegamenti informatici e telematici fra le banche dati delle amministrazioni interessate.
In realtà, ad un esame più approfondito entrambi questi profili mostrano aspetti non immediatamente percepibili ai fini di una maggiore diffusione dell'accertamento d'ufficio come strumento di semplificazione.
In primo luogo non è del tutto esatto equiparare il grado di certezza delle informazioni contenute nei certificati con quello delle informazioni acquisite dall'amministrazione procedente mediante la consultazione diretta della banca dati dell'amministrazione attestante, oppure, più semplicemente, mediante un fax o un messaggio di posta elettronica inviato dall'amministrazione attestante stessa; in realtà, le informazioni acquisite direttamente con le modalità ora indicate sono dotate di un grado di attendibilità non pari, ma superiore a quello dei certificati tradizionali, superiori anche a quello delle autocertificazioni.
La ragione della maggiore attendibilità/sicurezza ottenuta mediante l'accertamento d'ufficio rispetto ai certificati dipende dall'impossibilità di falsificare i dati contenuti nel certificato (ovviamente questo rischio nel caso delle autocertificazioni è alto) e dell'aggiornamento in tempo reale delle informazioni acquisite direttamente (mentre i certificati non garantiscono tale aggiornamento, tant'è vero che la loro validità è limitata nel tempo). Dunque, l'accertamento d'ufficio non soltanto è lo strumento principe di semplificazione della documentazione amministrativa più efficace fra quelli disciplinati dal Testo Unico, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000, ma è anche l'unico che garantisce alle amministrazioni dati sicuri ed aggiornati in tempo reale, cosa che né i certificati, né tantomeno le autocertificazioni sono in grado di assicurare.
Passando ora all'aspetto negativo, per le amministrazioni pubbliche, dell'accertamento d'ufficio, rappresentato dagli oneri organizzativi connessi alla sua attuazione, si può osservare in primo luogo che se è vero che tali oneri sono per le amministrazioni certamente superiori a quelli, per esse inesistenti, del sistema tradizionale basato sui certificati, essi sono però da un lato inferiori rispetto a quelli derivanti dai controlli sulle autocertificazioni, dall'altro più che proporzionati rispetto ai vantaggi offerti dall'accertamento d'ufficio non solo dal punto di vista della semplicità e della certezza dell'azione amministrativa, ma anche da quello della sua efficienza, efficacia ed economicità.
Nel valutare gli oneri organizzativi derivanti dalle amministrazioni dall'uso dell'accertamento d'ufficio anziché delle autocertificazioni è infatti necessario tener conto del fatto che la creazione dei collegamenti informatici e telematici necessari per dar luogo all'accertamento d'ufficio richiede attività di raccolta e di coordinamento sicuramente impegnative, ma non destinate a ripetersi nel futuro, come invece accade per le attività di controllo a campione delle autocertificazioni. Una volta che le amministrazioni procedenti e certificanti abbiano individuato condizioni e limiti di svolgimento degli accertamenti d'ufficio non sono necessari ulteriori interventi, se non per monitorare il corretto svolgimento di tali attività.
Sotto questo aspetto, l'impegno una tantum necessario ad instaurare rapporti di collaborazione fra amministrazioni per svolgere gli accertamenti d'ufficio rappresenta un investimento destinato a dare i suoi frutti potenzialmente per sempre, realizzando così sia per l'amministrazione procedente, sia per quella certificante, un utilizzo di risorse umane, strumentali e finanziarie pubbliche che rispetta pienamente i criteri di efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa. Lo stesso non si può dire per le attività di controllo sulle autocertificazioni, che al contrario sono destinate a ripetersi sistematicamente nel tempo, ogni volta che le amministrazioni utilizzano le autocertificazioni anziché l'accertamento d'ufficio come strumento di semplificazione.
Emerge, all'interno delle pubbliche amministrazioni, quella connessione fra semplicità ed economicità dell'azione amministrativa; in questo caso, lo strumento che garantisce il massimo di attendibilità, per le amministrazioni, e di semplicità, per i cittadini, è anche quello che garantisce l'utilizzo più efficiente, efficace ed economico delle risorse di cui dispongono le amministrazioni.
8. Responsabilità e sanzioni
In materia di controllo d’ufficio dei dati, l’articolo 72, nella nuova versione del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000, pone maggiore attenzione all’attività di accertare, ovvero acquisire/reperire informazioni su fatti, stati e qualità e, soprattutto introduce specifici obblighi a carico delle pubbliche amministrazioni e gestori di pubblici servizi:
1) quelle aventi i dati hanno, dal 1° gennaio 2012, la necessità di individuare un ufficio responsabile, competente per tutte le attività dirette a gestire, garantire e verificare la trasmissione dei dati o l’accesso diretto alle stesse informazioni da parte delle altre amministrazioni che hanno bisogno di acquisire/verificare dati;
2) gli stessi soggetti pubblici, in passato certificanti, devono individuare e rendere note, sul proprio sito istituzionale, le misure organizzative adottate per rendere efficiente, efficace e tempestiva l’acquisizione d’ufficio dei dati delle amministrazioni procedenti;
3) le medesime amministrazioni che possiedono gli elementi informativi, implicitamente, sono tenute a rispondere entro 30 giorni dalla singola richiesta di controllo, posta dall’amministrazione procedente.
Ogni amministrazione, dunque, dovrà individuare un ufficio responsabile della semplificazione amministrativa e/o documentale, il quale avrà il compito di:
a) garantire l'accesso, la comunicazione dei dati e delle informazioni necessarie per consentire i controlli sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive rese dai cittadini;
b) predisporre le convenzioni-tipo previste e disciplinate dall'articolo 58 del Cad (acronimo di Codice dell'amministrazione digitale) e di pubblicarle sul proprio sito istituzionale in modo che la Pa interessata possa acquisirle direttamente;
c) pubblicazione delle informazioni sul sito istituzionale delle misure adottate per l'efficiente ed efficace acquisizione d'ufficio dei dati e per l'effettuazione dei successivi controlli.
A tal fine è previsto a carico delle Pa e gestori di pubblici servizi l'obbligo di predisporre il Piano di semplificazione, finalizzato alla progressiva eliminazione degli oneri amministrativi nell'ottica della semplificazione documentale sottoponendo all'organo di governo un piano di riduzione dei costi burocratici nonché l'attuazione di politiche di semplificazione documentale.
Da un punto di vista strategico-organizzativo è opportuno che l'ufficio, responsabile del coordinamento delle misure di semplificazione amministrativa, venga collocato in una posizione di staff, con presidio di tutti processi organizzativi e gestionali dell'ente ed in continuo rapporto con i responsabili dei sistemi informatici che gli consentono l'acquisizione delle informazioni dettagliate ed aggiornate sulle banche dati informatiche e delle azioni di e-government.
Ad esso compete l'individuazione dei procedimenti amministrativi di competenza dell'ente e rapportarsi con l'organismo incaricato del controllo di gestione per raccordare l'azione di semplificazione con quella di riduzione dei costi amministrativo-burocratici e degli uffici responsabili della comunicazione per la gestione del sito istituzionale, nonché allocazione ottimale delle risorse pubbliche. Resta comunque scontato che da un punto di vista professionale, detti soggetti debbono possedere ottime conoscenze giuridico-amministrative, capacità di interloquire con i tecnici informatici e padronanza delle metodologie di pianificazione, implementazione e controllo dell'innovazione nelle organizzazioni pubbliche.
Un eventuale ritardo, comporta la sanzione per la Pa che non si adegua alla de-certificazione non soltanto per la richiesta indebita di documenti amministrativi, ma anche quello di accettazione di certificati e di atti di notorietà.
Infatti, per i soggetti pubblici rappresentano comportamento che violano i doveri d’ufficio:
a) il richiedere o l’accettare certificati o atti di notorietà, salvo il caso in cui esso conserva valore giuridico;
b) il rilasciare certificati non conformi a quanto previsto all’articolo 40, comma 2, vale a dire documenti privi della formula che esclude la facoltà di presentazione nei confronti di pubbliche amministrazioni o di privati gestori di pubblici servizi, costituisce violazione dei doveri d’ufficio;
c) produzione di certificati da parte dei funzionari pubblici in assenza della dicitura: “Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della Pa o ai gestori di pubblici servizi”;
d) la sanzione per i soggetti pubblici non collaboranti al controllo. Ulteriore conseguenza negativa per la mancata risposta entro 30 giorni, da parte dell’amministrazione che detiene informazioni utili sul privato, rispetto a richieste di controllo provenienti da altra amministrazione.
In tal caso il soggetto responsabile dell’omissione (ma nessuna sanzione è prevista per la tardiva risposta) non solo commette violazione dei doveri di ufficio, ma pone in essere una condotta che deve essere presa in considerazione dai soggetti preposti ai fini della valutazione della performance individuale con evidente ripercussione negativa sulla retribuzione di risultato e alle progressioni di carriera (sia orizzontale che verticale) di cui al decreto legislativo n. 150/2009 e s.m.