x

x

La Terza Direttiva antiriciclaggio e gli obblighi per i professionisti

INDICE:

1. PREMESSA

2. L’ESAME DELLA TERZA DIRETTIVA

3.GLI OBBLIGHI DI ADEGUATA VERIFICA

4. GLI OBBLIGHI RAFFORZATI DI ADEGUATA VERIFICA

5. CONCLUSIONI

1. PREMESSA

I decreti previsti dall’articolo 3, comma 2 e dall’articolo 8, comma 4 del Decreto Legislativo 20 febbraio 2004, n. 56 (recante "Attuazione della direttiva 2001/97/CE in materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite") [1], previsti originariamente per il 14 novembre 2004, non hanno ancora trovato attuazione [2] che l’approvazione della Direttiva 2005/60/CE [3], cd. “Terza Direttiva antiriciclaggio” [4] ha modificato (rectius, integrato) gli obblighi per i professionisti, in particolare per quanto attiene alla identificazione e la verifica del cliente.

Prima di addentrarci nella tematica, si riporta qui a livello incidentale che, contestualmente ai citati decreti attuativi del  Decreto Legislativo 56/2004, dovrebbero essere pubblicate le istruzioni operative, emanate dall’Ufficio Italiano Cambi e riservate ai professionisti, che individuano 34 indici di anomalia in presenza dei quali dovrebbero essere inoltrate le segnalazioni di operazioni sospette [5].

2. L’ESAME DELLA TERZA DIRETTIVA.

La terza Direttiva antiriciclaggio, cui gli Stati membri devono dare attuazione entro il 15 dicembre 2007, “rappresenta il frutto di un approccio moderno al problema del contrasto alle basi economiche della criminalità (sia comune che organizzata) e del terrorismo internazionale” [6]. La disposizione comunitaria, che recepisce le indicazioni del GAFI [7] con le 40 raccomandazioni in materia di riciclaggio unitamente alle 8 relative al finanziamento del terrorismo, ha uno dei punti qualificanti negli obblighi di adeguata verifica del cliente, disposizioni che assumono una veste tutto peculiare con riferimento ai professionisti.

Il comma 14 del Preambolo alla terza Direttiva sancisce infatti che i notai ed gli altri liberi professionisti legali sono soggetti alle disposizioni quando “partecipano ad operazioni di natura finanziaria o societaria, inclusa la consulenza tributaria, per le quali è particolarmente elevato il rischio che i servizi di tali professionisti legali vengano utilizzati a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose o a scopo di finanziamento al terrorismo”.

A margine della tematica, non è dato al momento sapere se, in sede di recepimento della Direttiva, l’espressa inclusione della “consulenza tributaria” varrà a riproporre quanto già avvenuto in sede di emanazione del D. Lgs. 56/2004 con le “proteste” di consulenti del lavoro e tributaristi, che avevano lamentato l’esclusione dal novero dei soggetti obbligati [8]. Questi, in riferimento alle attività professionali, sono stati individuati, come si ricorderà, nei professionisti legali iscritti agli albi, anche tenuto conto della relazione ministeriale e della precisazione, ivi contenuta, che la Direttiva fa riferimento alle persone fisiche e giuridiche che agiscono nell’esercizio della loro attività professionale, e che in Italia queste attività vengono individuate non sulla base del contenuto della prestazione fornita ma attraverso il requisito formale dell’iscrizione nel relativo albo [9] [10].

3. OBBLIGHI DI ADEGUATA VERIFICA DELLA CLIENTELA

Nelle more dell’emanazione dei decreti attuativi, l’obbligo dell’adeguata verifica del cliente, previsto nella Direttiva dall’articolo 6 al 19, risulta essere un’integrazione di non lieve portata rispetto al disposto del Decreto Legislativo 56/2004 che nel merito, per i professionisti, faceva riferimento a quanto stabilito dall’articolo 13 del decreto legge 15 dicembre 1979, convertito con la legge 6 febbraio 1980, n. 15 [11].

Si ricorda che in virtù di tale disposizione deve essere identificato, a cura del personale incaricato e deve indicare per iscritto, sotto la sua personale responsabilità, le generalità del soggetto per cui compie l’operazione, chiunque compie operazioni che comportano trasmissione o movimentazione di mezzi di pagamento di qualsiasi tipo, di importo superiore ai 12.500 euro, che avvengano presso gli intermediari espressamente indicati nel citato articolo 13. Tale obbligo si applica anche in riferimento a quelle operazioni (cd. “frazionate”) che, pur inferiori al limite sopra evidenziato, per la loro natura e per le modalità costituiscono parte di un’unica operazione [12], ricordando infine che tutti i dati sopra indicati, vale a dire le generalità dei soggetti, comprensivi di codice fiscale, unitamente a data, causale ed importo dell’operazione, devono essere inseriti entro 30 giorni in un apposito archivio unico informatico [13].

Nel percorso tra la seconda e la terza Direttiva, si ha modo di osservare come l’esigenza di identificare il reale beneficiario dell’operazione occupi il centro dell’attenzione del legislatore comunitario del 2005, che già nella premessa spiega come, pur imponendo un obbligo di identificazione del cliente, la Direttiva 91/308/CEE [14] conteneva “relativamente poche indicazioni quanto alle procedure da applicare a tal fine”. Pertanto, in considerazione “dell’importanza determinante di questo aspetto della prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo”, è stato ritenuto opportuno introdurre disposizioni più specifiche e dettagliate sull’identificazione e la verifica dell’identità del cliente e dell’eventuale titolare effettivo.

In base al disposto dell’articolo 7, gli enti e le persone soggetti alla Direttiva applicano gli obblighi di adeguata verifica della clientela nei seguenti casi:

a) quando instaurano rapporti d’affari;

b) quando eseguono transazioni occasionali il cui importo sia pari o superiore a 15.000 euro, indipendentemente dal fatto che siano effettuate con un’operazione unica o con diverse operazioni che appaiono collegate;

c) quando vi è sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, indipendentemente da qualsiasi deroga, esenzione o soglia applicabile;

d) quando vi sono dubbi sulla veridicità o sull’adeguatezza dei dati precedentemente ottenuti ai fini dell’identificazione di un cliente.

Il concetto di adeguata verifica trova la sua esplicazione nel successivo articolo 8, che spiega come tali obblighi comprendano:

a) identificare il cliente e verificarne l’identità sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente;

b) se necessario, identificare il titolare effettivo [15] ed adottare misure adeguate e commisurate al rischio per verificarne l’identità, in modo tale che l’ente o la persona soggetti alla presente Direttiva siano certi di conoscere chi sia il titolare effettivo, il che implica per le persone giuridiche, i trust ed istituti giuridici simili adottare misure adeguate e commisurate alla situazione di rischio per comprendere la struttura di proprietà e di controllo del cliente;

c) ottenere informazioni sullo scopo e sulla natura prevista del rapporto d’affari;

d) svolgere un controllo costante nel rapporto d’affari, in particolare esercitando un controllo sulle transazioni concluse durante tutta la durata di tale rapporto in modo da assicurare che tali transazioni siano compatibili con la conoscenza che l’ente o la persona in questione hanno del proprio cliente, delle sue attività commerciali e del suo profilo di rischio, avendo riguardo, se necessario, all’origine dei fondi e tenendo aggiornati i documenti, i dati o le informazioni detenute.

Una precisazione importante è contenuta al paragrafo 2 del citato articolo 8, secondo il quale gli enti e le persone soggetti alla presente Direttiva “applicano tutti gli obblighi di adeguata verifica della clientela previsti nel paragrafo 1, ma possono calibrare tali obblighi in funzione del rischio associato al tipo di cliente, rapporto d’affari, prodotto o transazione di cui trattasi”, stabilendo in capo ai medesimi soggetti destinatari un ulteriore obbligo di dimostrare, nei confronti delle autorità competenti di cui all’articolo 37 della Direttiva [16], che la portata delle misure è adeguata all’entità del rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

3.1. PRIME CONSIDERAZIONI

Da un primo, sommario esame delle disposizioni della terza Direttiva, sembrano meritevoli di attenzione quantomeno due problematiche, in ordine

- all’elevazione della soglia (da 12.500 a 15.00 euro) superata la quale scatta l’obbligo di identificazione del soggetto che pone in essere l’operazione;

- alla previsione di un’adeguata verifica dell’identità del cliente che, come poi verrà ulteriormente specificato ultra, prevede degli obblighi rafforzati in determinati casi.

In merito al primo aspetto, si vuole qui ricordare che già in sede di recepimento della seconda Direttiva si era deciso, nonostante la richiesta delle Commissioni parlamentari, di non elevare il limite a 15.000 euro sulla base della duplice considerazione di una recente modifica della soglia [17] e della possibilità di intervenire, per espressa previsione legislativa [18], con un decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze sul limite in questione.

In merito al secondo aspetto, l’obbligo di adeguata verifica, almeno sulla base del dato letterale della disposizione, pare essere per il professionista un nuovo obbligo rispetto a quello costituito dalla mera identificazione della clientela. Questo aspetto, al contrario, risulta costituire un momento di un procedimento più ampio che comprende un’attivazione del professionista per conoscere il titolare effettivo dell’operazione, ottenere informazioni e svolgere un controllo costante sul rapporto d’affari, attività che comprende, tra l’altro, anche una conoscenza dell’origine dei fondi. Tematiche che, è possibile anticipare in questa sede, hanno già costituito spunto di riflessione per i professionisti destinatari degli obblighi [19].

Altro aspetto meritevole di attenzione è il momento della verifica dell’identità del cliente. A questo è dedicato l’articolo 9 che, con valore di regola generale, al comma 1 prevede che tale verifica avvenga prima dell’instaurazione del rapporto d’affari o dell’esecuzione della transazione, con la specificazione, contenuta nell’ultimo comma dell’articolo, che gli obblighi di adeguata verifica della clientela non riguardano soltanto i nuovi clienti, ma anche, “al momento opportuno”, la clientela esistente, sulla base della valutazione del rischio presente.

Quale deroga, la verifica dell’identità del cliente e del titolare effettivo può avvenire durante l’instaurazione del rapporto d’affari se ciò è necessario per non interrompere la normale conduzione degli affari e se vi è scarso rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

Come importante conseguenza del mancato rispetto di quanto stabilito dall’articolo 8, il punto 5 dell’articolo 9 stabilisce che se il professionista non è in grado di rispettare le disposizioni sull’adeguata verifica della clientela (eccettuato il controllo costante del rapporto d’affari, in virtù della non inclusione della lettera d dell’articolo 8), non è possibile avviare il rapporto d’affari o effettuare la transazione in questione ovvero deve essere posta fine al rapporto d’affari in questione, “prendendo in considerazione” la possibilità di effettuare una segnalazione del cliente interessato alla FIU [20], a norma dell’articolo 22 [21].

Tale conseguenza trova però una limitazione che riguarda proprio i professionisti, in considerazione di quanto previsto dal successivo articolo 23, comma 2, che prevede la non obbligatorietà dell’applicazione della norma in questione ai notai, ai liberi professionisti legali, ai revisori dei conti, ai contabili esterni e ai consulenti tributari nel corso dell’esame della posizione giuridica del loro cliente, dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza di questo cliente in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento [22].

4. GLI OBBLIGHI RAFFORZATI DI ADEGUATA VERIFICA

Tali obblighi vengono ulteriormente incrementati in base alla previsione dell’articolo 13, che impone “obblighi rafforzati di adeguata verifica”, sulla base della valutazione del rischio esistente, come punto di partenza generale in quelle situazioni che per loro natura possono presentare un rischio più elevato di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.

Due in particolare le situazioni considerate più sensibili per i profili d’interesse della Direttiva. La prima si manifesta quando il cliente non è fisicamente presente a fini di identificazione, ragione che determina per gli Stati membri la necessità di imporre ai soggetti obbligati “misure specifiche ed adeguate” per compensare il rischio più elevato, mediante l’applicazione delle seguenti misure:

a) garantire l’accertamento dell’identità del cliente tramite documenti, dati o informazioni supplementari;

b) adottare misure supplementari per la verifica o la certificazione dei documenti forniti o richiedere di una certificazione di conferma di un ente creditizio o finanziario soggetto alla presente Direttiva;

c) garantire che il primo pagamento relativo all’operazione sia effettuato tramite un conto intestato al cliente presso un ente creditizio.

Il secondo profilo di rischio riguarda le operazioni o i rapporti d’affari con persone politicamente esposte residenti in un altro Stato membro o in un paese terzo, per le quali gli Stati membri impongono ai soggetti destinatari di

a) disporre di adeguate procedure basate sul rischio per determinare se il cliente sia una persona politicamente esposta;

b) ottenere l’autorizzazione dei massimi dirigenti prima di avviare un rapporto d’affari con tali clienti;

c) adottare ogni misura adeguata per stabilire l’origine del patrimonio e dei fondi impiegati nel rapporto d’affari o nell’operazione;

d) di assicurare un controllo continuo e rafforzato del rapporto d’affari.

5. CONCLUSIONI

In conclusione, sembra meritevole di riproposizione in questa sede una tematica già emersa, a cura delle Commissioni II (Giustizia) e VI (Finanze e Tesoro) [23], in sede di recepimento della seconda Direttiva, in ordine alla necessità di individuare correttamente i profili di responsabilità del professionista, evidenziando uno “spartiacque, quello della cooperazione consapevole alla realizzazione dello scopo illecito che il cliente si propone di conseguire per il tramite dello strumento legale predisposto dal professionista o dall’attività professionale di costui”. In altri termini, una cooperazione consapevole del professionista integrerà le fattispecie di cui al 648 bis o 648 ter, evidenziando, con tutta evidenza, un profilo di responsabilità penale che assorbirà la violazione amministrativa comunque commessa.

Ma senza questa consapevolezza, per chiudere con le parole delle Commissioni Parlamentari, “appare difficile addossare ad un privato cittadino, non chiamato a funzioni o compiti pubblici, un vero e proprio ruolo di supplenza o addirittura di ausilio ad un ruolo di contenuto eminentemente pubblico”.



[1] Decreto Legislativo 20 febbraio 2004, n. 56.

[2] Articolo 3. Obblighi di identificazione e di conservazione delle informazioni. – 1. Gli obblighi previsti nell’articolo 13 del decreto – legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, come sostituito dall’articolo 30, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, e poi dall’articolo 2, comma 1, della legge antiriciclaggio, anche con riguardo alle operazioni frazionate di cui al comma 2 del medesimo articolo 13, si applicano ai soggetti indicati nell’articolo 2, comma 1. (Nel novero dei soggetti indicati dal predetto articolo 2 si ricorda, per quanto d’interesse della presente trattazione, coloro che [lettera s] sono iscritti nell’albo dei ragionieri e dei periti commerciali, nel registro dei revisori contabili, nell’albo dei dottori commercialisti e nell’albo dei consulenti del lavoro, ai quali si aggiungono [lettera t] i notai e gli avvocati quando, in nome o per conto dei propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare e quando assistono i loro clienti nella progettazione o nella realizzazioni delle operazioni indicate nei punti da 1 a 4 del citato articolo 2).

Articolo 8. Disposizioni transitorie e finali. - [omissis] 4. Il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti l’UIC e le competenti amministrazioni interessate, al fine di assicurare omogeneità di comportamento, stabilisce con regolamento, da adottarsi entro 240 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, le norme per l’individuazione delle operazioni di cui all’articolo 3 della legge antiriciclaggio da parte dei soggetti indicati nell’articolo 2, comma , lettere s) e t).

A titolo esemplificativo, si ricorda in questa sede Enrico Brivio, Ue l’Italia è in ritardo, in “Il Sole-24 Ore” del 3 dicembre 2004, pag. 6; ivi, Giovanni Negri, Nuovo colpo al falso in bilancio, pag. 31; Claudio Di Gregorio, Giovanni Mainolfi, Antiriciclaggio. Verso una disciplina per i professionisti, in “il fisco”, n. 47/2004, fasc. 1, pag. 17082; N. Am., Antiriciclaggio, ancora troppe falle, in “Il Sole-24 Ore” del 5 febbraio 2006, pag. 12. Da ultimo, la stampa specializzata ha dato notizia dell’emanazione dei decreti dopo il parere positivo del Consiglio di Stato, [si veda Simona Andreazza, Lotta a tutto campo sul riciclaggio, in “Italia Oggi” del 29 settembre 2005, pag. 26] e, successivamente, entro gennaio 2006, [si veda Luigi Ferrajoli, Professionisti, debutto antiriciclaggio, in “Il Sole-24 Ore” del 09 gennaio 2006, pag. 30].

[3] Direttiva 2005/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 25 novembre 2005, n. 309.

[4] In base agli articoli 1 e 22 della legge 25 gennaio 2006, n. 29, cd. legge comunitaria 2005, il Governo è delegato ad emanare, entro 18 mesi dall’approvazione della legge, “uno o più decreti attuativi” della citata Direttiva 2005/60/CE.

[5] Cristina Bartelli, Professionisti, 007 antiriciclaggio, in “Italia Oggi”, 30 gennaio 2006, pag. 5

[6] Antonio Balsamo, La destinazione delle somme di denaro fa scattare il finanziamento del terrore, in “Guida al diritto – Diritto Comunitario ed internazionale”, n. 1/2006, pag. 37.

[7] GAFI (Group d’action financière sur le blanchiment de capitaux), altrimenti denominato FATF (Financial Action Task Force on money laundering) è un gruppo di azione, a carattere intergovernativo, costituito nel 1989 a Parigi e composto da esperti di 29 Stati, in Claudio Di Gregorio, Giovanni Mainolfi, Le transazioni finanziarie sospette: controlli e adempimenti, Bancaria editrice, Roma 2004, pag. 121

[8] Per una breve disamina della questione si rimanda a Giancarlo Pezzuto, I nuovi obblighi antiriciclaggio per i professionisti, in “il fisco” n. 31/2004, pag. 4811. Nell’articolo, l’Autore riporta anche il parere espresso, in data 18 dicembre 2003, dalle Commissioni II (Giustizia) e VI (Finanze e Tesoro) riunite del Senato, che hanno espresso sul punto alcune riserve, rilevando che “l’effettiva incisività ai fini del contrasto antiriciclaggio potrebbe essere compromessa dalla prevista limitazione degli obblighi di identificazione e segnalazione ai soli professionisti iscritti agli albi. Non può sfuggire infatti che la strada di identificare quali destinatari della disciplina in commento gli iscritti agli albi mostra il fianco alla ovvia osservazione che le operazioni ’sospette’ si indirizzeranno verso altri professionisti non iscritti negli Albi e quindi non tenuti ad alcuna segnalazione”. Possono essere consultati anche Conti, Sull’antiriciclaggio il Parlamento chiede di estendere gli obblighi, in “Il Sole-24 Ore” del 23 dicembre 2003; Nella lotta al riciclaggio arruolati i professionisti, in “Il Sole-24 Ore” del 7 novembre 2003;M.C. De Cesari, Antiriciclaggio, fuori i senza Albo, in “Il Sole -24 ore” del 11 febbraio 2004.

[9] Giancarlo Pezzuto, I nuovi obblighi antiriciclaggio per i professionisti, cit.

[10] Per completezza di trattazione, si ricorda che l’articolo 21 della legge comunitaria 2005 ha introdotto la lettera s -bis) all’articolo 2, comma 1 del D. Lgs. 56/2004, estendendo gli obblighi antiriciclaggio ad ogni altro soggetto che rende i servizi forniti da revisori contabili, periti, consulenti ed altri soggetti che svolgono attività in materia di amministrazione, contabilità e tributi.

[11] Decreto legge 15 dicembre 1979, convertito con modificazioni, nella legge 6 febbraio 1980, n. 15. Articolo prima sostituito ex legge 19 marzo 1990, n. 55 (art. 30) e successivamente ex d.l. 3 maggio 1991, n. 143 (articolo 2), convertito nella legge 5 luglio 1991, n. 197.

[12] Corre l’obbligo di ricordare che, in riferimento alla tipologia di operazioni che determinano l’identificazione della clientela, il d. m. 19 dicembre 1991 ha individuato la trasmissione o movimentazione dei mezzi di pagamento, il trasferimento di denaro contante o titoli al portatore, le operazioni frazionate e i conti, depositi o altri rapporti continuativi.

[13] Facoltà prevista nella II Direttiva, che non però ha trovato recepimento nel D. Lgs. 56/2004, era quella per i professionisti di poter adempiere a tali obblighi mediante i propri ordini professionali.

[14] La citata direttiva 91/308/CE viene abrogata dall’articolo 44 della Direttiva 2005/60/CE

[15] L’articolo 3, 6) della terza Direttiva definisce “titolare effettivo” la persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedano o controllano il cliente e/o la persona fisica per conto delle quali viene realizzata un’operazione o un’attività.

[16] Direttiva Comunità europea del 26 ottobre 2005, n. 60.

Articolo 37 : [Misure adottate per il controllo del rispetto degli obblighi] 1.Gli Stati membri impongono alle autorità competenti almeno di controllare in modo efficace e di adottare le misure necessarie per garantire che gli enti e le persone soggetti alla presente Direttiva. 2. Gli Stati membri assicurano che le autorità competenti dispongano di poteri adeguati, compresa la facoltà di esigere la comunicazione di ogni informazione pertinente per il controllo dell’osservanza degli obblighi prescritti e di effettuare verifiche e siano dotate di risorse adeguate per l’assolvimento delle loro funzioni.[omissis]

[17]  L’articolo 13 della legge 15/1980 aveva originariamente fissato l’importo in 20 milioni, poi modificato in 12.500 euro con il D.M. 17 ottobre 2002

[18] Articolo 4 legge 197/1991.

[19] Si riporta qui, a titolo esemplificativo, quanto emerso nel documento presentato dall’Unione Triveneta dei Consigli degli Ordini degli Avvocati che, oltre a definire “prematuro” l’introduzione della terza Direttiva, “quando ancora non tutti gli Stati membri hanno completamente attuato la seconda”, evidenziava una serie di perplessità in merito alle disposizioni del citato provvedimento, con particolare riferimento ai seguenti punti:

“a) definizione di “relazione d’affari” (“business relationship”): non è chiaro quando inizi, ma il momento di inizio è molto importante perché da tale momento sorge l’obbligo di sottostare agli obblighi antiriciclaggio (addirittura in qualche caso sembrerebbe che un obbligo di segnalazione possa sorgere anche prima dell’instaurarsi di una relazione d’affari);

b) è difficile parlare di “relazione d’affari” nel campo dell’attività professionale “pro bono”;

c) il continuo monitoraggio della pratica, pure richiesto, va al di là dei termini di un tipico rapporto fra avvocato e cliente;

d) un avvocato dovrebbe porre fine al rapporto professionale se non è andata a buon fine la procedura di verifica dei dati;

e) viene introdotto il termine “sospetto” attraverso l’espressione “sospetti o abbia ragionevole motivo di sospettare”: ciò implica un’attenta considerazione delle implicane relative;

f) viene ora introdotto un espresso ed inderogabile divieto del “tipping off”, mentre nella 2^ Direttiva si consentiva agli Stati membri di non imporre tale divieto”.

[20] Financial Intelligence Unit, individuata per l’Italia nell’Ufficio Italiano Cambi

[21] Direttiva CE 2005/60-

Articolo 22 - 1. Gli Stati membri impongono agli enti e alle persone soggetti alla presente Direttiva e, se del caso, ai loro amministratori e dipendenti di collaborare pienamente:

a) informando prontamente l’UIF, di propria iniziativa, quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo;

b) fornendo prontamente all’UIF, su sua richiesta, tutte le informazioni necessarie secondo le procedure di cui alla legislazione vigente.

2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono trasmesse all’UIF dello Stato membro nel cui territorio è situato l’ente o la persona che trasmette le informazioni stesse. Tale trasmissione è effettuata di regola dalla persona o dalle persone designate secondo le procedure di cui all’articolo 34.

[22] Antonio Balsamo ricorda che sulla compatibilità dell’ obbligo di segnalare tali situazioni sospette con il diritto di difesa resta aperta la questione su cui dovrà pronunciarsi la Corte di giustizia europea su iniziativa della Corte di arbitrato belga, Legali: una parola certa sui confini del segreto, in “Guida al diritto – Diritto Comunitario ed internazionale”, n. 1/2006, pag. 38.

[23] Parere del 18 dicembre 2003. Ne dava notizia Giancarlo Pezzuto, I nuovi obblighi antiriciclaggio per i professionisti, cit. Cfr. anche nota 8.

INDICE:

1. PREMESSA

2. L’ESAME DELLA TERZA DIRETTIVA

3.GLI OBBLIGHI DI ADEGUATA VERIFICA

4. GLI OBBLIGHI RAFFORZATI DI ADEGUATA VERIFICA

5. CONCLUSIONI

1. PREMESSA

I decreti previsti dall’articolo 3, comma 2 e dall’articolo 8, comma 4 del Decreto Legislativo 20 febbraio 2004, n. 56 (recante "Attuazione della direttiva 2001/97/CE in materia di prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite") [1], previsti originariamente per il 14 novembre 2004, non hanno ancora trovato attuazione [2] che l’approvazione della Direttiva 2005/60/CE [3], cd. “Terza Direttiva antiriciclaggio” [4] ha modificato (rectius, integrato) gli obblighi per i professionisti, in particolare per quanto attiene alla identificazione e la verifica del cliente.

Prima di addentrarci nella tematica, si riporta qui a livello incidentale che, contestualmente ai citati decreti attuativi del  Decreto Legislativo 56/2004, dovrebbero essere pubblicate le istruzioni operative, emanate dall’Ufficio Italiano Cambi e riservate ai professionisti, che individuano 34 indici di anomalia in presenza dei quali dovrebbero essere inoltrate le segnalazioni di operazioni sospette [5].

2. L’ESAME DELLA TERZA DIRETTIVA.

La terza Direttiva antiriciclaggio, cui gli Stati membri devono dare attuazione entro il 15 dicembre 2007, “rappresenta il frutto di un approccio moderno al problema del contrasto alle basi economiche della criminalità (sia comune che organizzata) e del terrorismo internazionale” [6]. La disposizione comunitaria, che recepisce le indicazioni del GAFI [7] con le 40 raccomandazioni in materia di riciclaggio unitamente alle 8 relative al finanziamento del terrorismo, ha uno dei punti qualificanti negli obblighi di adeguata verifica del cliente, disposizioni che assumono una veste tutto peculiare con riferimento ai professionisti.

Il comma 14 del Preambolo alla terza Direttiva sancisce infatti che i notai ed gli altri liberi professionisti legali sono soggetti alle disposizioni quando “partecipano ad operazioni di natura finanziaria o societaria, inclusa la consulenza tributaria, per le quali è particolarmente elevato il rischio che i servizi di tali professionisti legali vengano utilizzati a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose o a scopo di finanziamento al terrorismo”.

A margine della tematica, non è dato al momento sapere se, in sede di recepimento della Direttiva, l’espressa inclusione della “consulenza tributaria” varrà a riproporre quanto già avvenuto in sede di emanazione del D. Lgs. 56/2004 con le “proteste” di consulenti del lavoro e tributaristi, che avevano lamentato l’esclusione dal novero dei soggetti obbligati [8]. Questi, in riferimento alle attività professionali, sono stati individuati, come si ricorderà, nei professionisti legali iscritti agli albi, anche tenuto conto della relazione ministeriale e della precisazione, ivi contenuta, che la Direttiva fa riferimento alle persone fisiche e giuridiche che agiscono nell’esercizio della loro attività professionale, e che in Italia queste attività vengono individuate non sulla base del contenuto della prestazione fornita ma attraverso il requisito formale dell’iscrizione nel relativo albo [9] [10].

3. OBBLIGHI DI ADEGUATA VERIFICA DELLA CLIENTELA

Nelle more dell’emanazione dei decreti attuativi, l’obbligo dell’adeguata verifica del cliente, previsto nella Direttiva dall’articolo 6 al 19, risulta essere un’integrazione di non lieve portata rispetto al disposto del Decreto Legislativo 56/2004 che nel merito, per i professionisti, faceva riferimento a quanto stabilito dall’articolo 13 del decreto legge 15 dicembre 1979, convertito con la legge 6 febbraio 1980, n. 15 [11].

Si ricorda che in virtù di tale disposizione deve essere identificato, a cura del personale incaricato e deve indicare per iscritto, sotto la sua personale responsabilità, le generalità del soggetto per cui compie l’operazione, chiunque compie operazioni che comportano trasmissione o movimentazione di mezzi di pagamento di qualsiasi tipo, di importo superiore ai 12.500 euro, che avvengano presso gli intermediari espressamente indicati nel citato articolo 13. Tale obbligo si applica anche in riferimento a quelle operazioni (cd. “frazionate”) che, pur inferiori al limite sopra evidenziato, per la loro natura e per le modalità costituiscono parte di un’unica operazione [12], ricordando infine che tutti i dati sopra indicati, vale a dire le generalità dei soggetti, comprensivi di codice fiscale, unitamente a data, causale ed importo dell’operazione, devono essere inseriti entro 30 giorni in un apposito archivio unico informatico [13].

Nel percorso tra la seconda e la terza Direttiva, si ha modo di osservare come l’esigenza di identificare il reale beneficiario dell’operazione occupi il centro dell’attenzione del legislatore comunitario del 2005, che già nella premessa spiega come, pur imponendo un obbligo di identificazione del cliente, la Direttiva 91/308/CEE [14] conteneva “relativamente poche indicazioni quanto alle procedure da applicare a tal fine”. Pertanto, in considerazione “dell’importanza determinante di questo aspetto della prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo”, è stato ritenuto opportuno introdurre disposizioni più specifiche e dettagliate sull’identificazione e la verifica dell’identità del cliente e dell’eventuale titolare effettivo.

In base al disposto dell’articolo 7, gli enti e le persone soggetti alla Direttiva applicano gli obblighi di adeguata verifica della clientela nei seguenti casi:

a) quando instaurano rapporti d’affari;

b) quando eseguono transazioni occasionali il cui importo sia pari o superiore a 15.000 euro, indipendentemente dal fatto che siano effettuate con un’operazione unica o con diverse operazioni che appaiono collegate;

c) quando vi è sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, indipendentemente da qualsiasi deroga, esenzione o soglia applicabile;

d) quando vi sono dubbi sulla veridicità o sull’adeguatezza dei dati precedentemente ottenuti ai fini dell’identificazione di un cliente.

Il concetto di adeguata verifica trova la sua esplicazione nel successivo articolo 8, che spiega come tali obblighi comprendano:

a) identificare il cliente e verificarne l’identità sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente;

b) se necessario, identificare il titolare effettivo [15] ed adottare misure adeguate e commisurate al rischio per verificarne l’identità, in modo tale che l’ente o la persona soggetti alla presente Direttiva siano certi di conoscere chi sia il titolare effettivo, il che implica per le persone giuridiche, i trust ed istituti giuridici simili adottare misure adeguate e commisurate alla situazione di rischio per comprendere la struttura di proprietà e di controllo del cliente;

c) ottenere informazioni sullo scopo e sulla natura prevista del rapporto d’affari;

d) svolgere un controllo costante nel rapporto d’affari, in particolare esercitando un controllo sulle transazioni concluse durante tutta la durata di tale rapporto in modo da assicurare che tali transazioni siano compatibili con la conoscenza che l’ente o la persona in questione hanno del proprio cliente, delle sue attività commerciali e del suo profilo di rischio, avendo riguardo, se necessario, all’origine dei fondi e tenendo aggiornati i documenti, i dati o le informazioni detenute.

Una precisazione importante è contenuta al paragrafo 2 del citato articolo 8, secondo il quale gli enti e le persone soggetti alla presente Direttiva “applicano tutti gli obblighi di adeguata verifica della clientela previsti nel paragrafo 1, ma possono calibrare tali obblighi in funzione del rischio associato al tipo di cliente, rapporto d’affari, prodotto o transazione di cui trattasi”, stabilendo in capo ai medesimi soggetti destinatari un ulteriore obbligo di dimostrare, nei confronti delle autorità competenti di cui all’articolo 37 della Direttiva [16], che la portata delle misure è adeguata all’entità del rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

3.1. PRIME CONSIDERAZIONI

Da un primo, sommario esame delle disposizioni della terza Direttiva, sembrano meritevoli di attenzione quantomeno due problematiche, in ordine

- all’elevazione della soglia (da 12.500 a 15.00 euro) superata la quale scatta l’obbligo di identificazione del soggetto che pone in essere l’operazione;

- alla previsione di un’adeguata verifica dell’identità del cliente che, come poi verrà ulteriormente specificato ultra, prevede degli obblighi rafforzati in determinati casi.

In merito al primo aspetto, si vuole qui ricordare che già in sede di recepimento della seconda Direttiva si era deciso, nonostante la richiesta delle Commissioni parlamentari, di non elevare il limite a 15.000 euro sulla base della duplice considerazione di una recente modifica della soglia [17] e della possibilità di intervenire, per espressa previsione legislativa [18], con un decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze sul limite in questione.

In merito al secondo aspetto, l’obbligo di adeguata verifica, almeno sulla base del dato letterale della disposizione, pare essere per il professionista un nuovo obbligo rispetto a quello costituito dalla mera identificazione della clientela. Questo aspetto, al contrario, risulta costituire un momento di un procedimento più ampio che comprende un’attivazione del professionista per conoscere il titolare effettivo dell’operazione, ottenere informazioni e svolgere un controllo costante sul rapporto d’affari, attività che comprende, tra l’altro, anche una conoscenza dell’origine dei fondi. Tematiche che, è possibile anticipare in questa sede, hanno già costituito spunto di riflessione per i professionisti destinatari degli obblighi [19].

Altro aspetto meritevole di attenzione è il momento della verifica dell’identità del cliente. A questo è dedicato l’articolo 9 che, con valore di regola generale, al comma 1 prevede che tale verifica avvenga prima dell’instaurazione del rapporto d’affari o dell’esecuzione della transazione, con la specificazione, contenuta nell’ultimo comma dell’articolo, che gli obblighi di adeguata verifica della clientela non riguardano soltanto i nuovi clienti, ma anche, “al momento opportuno”, la clientela esistente, sulla base della valutazione del rischio presente.

Quale deroga, la verifica dell’identità del cliente e del titolare effettivo può avvenire durante l’instaurazione del rapporto d’affari se ciò è necessario per non interrompere la normale conduzione degli affari e se vi è scarso rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

Come importante conseguenza del mancato rispetto di quanto stabilito dall’articolo 8, il punto 5 dell’articolo 9 stabilisce che se il professionista non è in grado di rispettare le disposizioni sull’adeguata verifica della clientela (eccettuato il controllo costante del rapporto d’affari, in virtù della non inclusione della lettera d dell’articolo 8), non è possibile avviare il rapporto d’affari o effettuare la transazione in questione ovvero deve essere posta fine al rapporto d’affari in questione, “prendendo in considerazione” la possibilità di effettuare una segnalazione del cliente interessato alla FIU [20], a norma dell’articolo 22 [21].

Tale conseguenza trova però una limitazione che riguarda proprio i professionisti, in considerazione di quanto previsto dal successivo articolo 23, comma 2, che prevede la non obbligatorietà dell’applicazione della norma in questione ai notai, ai liberi professionisti legali, ai revisori dei conti, ai contabili esterni e ai consulenti tributari nel corso dell’esame della posizione giuridica del loro cliente, dell’espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza di questo cliente in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento [22].

4. GLI OBBLIGHI RAFFORZATI DI ADEGUATA VERIFICA

Tali obblighi vengono ulteriormente incrementati in base alla previsione dell’articolo 13, che impone “obblighi rafforzati di adeguata verifica”, sulla base della valutazione del rischio esistente, come punto di partenza generale in quelle situazioni che per loro natura possono presentare un rischio più elevato di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.

Due in particolare le situazioni considerate più sensibili per i profili d’interesse della Direttiva. La prima si manifesta quando il cliente non è fisicamente presente a fini di identificazione, ragione che determina per gli Stati membri la necessità di imporre ai soggetti obbligati “misure specifiche ed adeguate” per compensare il rischio più elevato, mediante l’applicazione delle seguenti misure:

a) garantire l’accertamento dell’identità del cliente tramite documenti, dati o informazioni supplementari;

b) adottare misure supplementari per la verifica o la certificazione dei documenti forniti o richiedere di una certificazione di conferma di un ente creditizio o finanziario soggetto alla presente Direttiva;

c) garantire che il primo pagamento relativo all’operazione sia effettuato tramite un conto intestato al cliente presso un ente creditizio.

Il secondo profilo di rischio riguarda le operazioni o i rapporti d’affari con persone politicamente esposte residenti in un altro Stato membro o in un paese terzo, per le quali gli Stati membri impongono ai soggetti destinatari di

a) disporre di adeguate procedure basate sul rischio per determinare se il cliente sia una persona politicamente esposta;

b) ottenere l’autorizzazione dei massimi dirigenti prima di avviare un rapporto d’affari con tali clienti;

c) adottare ogni misura adeguata per stabilire l’origine del patrimonio e dei fondi impiegati nel rapporto d’affari o nell’operazione;

d) di assicurare un controllo continuo e rafforzato del rapporto d’affari.

5. CONCLUSIONI

In conclusione, sembra meritevole di riproposizione in questa sede una tematica già emersa, a cura delle Commissioni II (Giustizia) e VI (Finanze e Tesoro) [23], in sede di recepimento della seconda Direttiva, in ordine alla necessità di individuare correttamente i profili di responsabilità del professionista, evidenziando uno “spartiacque, quello della cooperazione consapevole alla realizzazione dello scopo illecito che il cliente si propone di conseguire per il tramite dello strumento legale predisposto dal professionista o dall’attività professionale di costui”. In altri termini, una cooperazione consapevole del professionista integrerà le fattispecie di cui al 648 bis o 648 ter, evidenziando, con tutta evidenza, un profilo di responsabilità penale che assorbirà la violazione amministrativa comunque commessa.

Ma senza questa consapevolezza, per chiudere con le parole delle Commissioni Parlamentari, “appare difficile addossare ad un privato cittadino, non chiamato a funzioni o compiti pubblici, un vero e proprio ruolo di supplenza o addirittura di ausilio ad un ruolo di contenuto eminentemente pubblico”.



[1] Decreto Legislativo 20 febbraio 2004, n. 56.

[2] Articolo 3. Obblighi di identificazione e di conservazione delle informazioni. – 1. Gli obblighi previsti nell’articolo 13 del decreto – legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, come sostituito dall’articolo 30, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, e poi dall’articolo 2, comma 1, della legge antiriciclaggio, anche con riguardo alle operazioni frazionate di cui al comma 2 del medesimo articolo 13, si applicano ai soggetti indicati nell’articolo 2, comma 1. (Nel novero dei soggetti indicati dal predetto articolo 2 si ricorda, per quanto d’interesse della presente trattazione, coloro che [lettera s] sono iscritti nell’albo dei ragionieri e dei periti commerciali, nel registro dei revisori contabili, nell’albo dei dottori commercialisti e nell’albo dei consulenti del lavoro, ai quali si aggiungono [lettera t] i notai e gli avvocati quando, in nome o per conto dei propri clienti, compiono qualsiasi operazione di natura finanziaria o immobiliare e quando assistono i loro clienti nella progettazione o nella realizzazioni delle operazioni indicate nei punti da 1 a 4 del citato articolo 2).

Articolo 8. Disposizioni transitorie e finali. - [omissis] 4. Il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti l’UIC e le competenti amministrazioni interessate, al fine di assicurare omogeneità di comportamento, stabilisce con regolamento, da adottarsi entro 240 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, le norme per l’individuazione delle operazioni di cui all’articolo 3 della legge antiriciclaggio da parte dei soggetti indicati nell’articolo 2, comma , lettere s) e t).

A titolo esemplificativo, si ricorda in questa sede Enrico Brivio, Ue l’Italia è in ritardo, in “Il Sole-24 Ore” del 3 dicembre 2004, pag. 6; ivi, Giovanni Negri, Nuovo colpo al falso in bilancio, pag. 31; Claudio Di Gregorio, Giovanni Mainolfi, Antiriciclaggio. Verso una disciplina per i professionisti, in “il fisco”, n. 47/2004, fasc. 1, pag. 17082; N. Am., Antiriciclaggio, ancora troppe falle, in “Il Sole-24 Ore” del 5 febbraio 2006, pag. 12. Da ultimo, la stampa specializzata ha dato notizia dell’emanazione dei decreti dopo il parere positivo del Consiglio di Stato, [si veda Simona Andreazza, Lotta a tutto campo sul riciclaggio, in “Italia Oggi” del 29 settembre 2005, pag. 26] e, successivamente, entro gennaio 2006, [si veda Luigi Ferrajoli, Professionisti, debutto antiriciclaggio, in “Il Sole-24 Ore” del 09 gennaio 2006, pag. 30].

[3] Direttiva 2005/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 25 novembre 2005, n. 309.

[4] In base agli articoli 1 e 22 della legge 25 gennaio 2006, n. 29, cd. legge comunitaria 2005, il Governo è delegato ad emanare, entro 18 mesi dall’approvazione della legge, “uno o più decreti attuativi” della citata Direttiva 2005/60/CE.

[5] Cristina Bartelli, Professionisti, 007 antiriciclaggio, in “Italia Oggi”, 30 gennaio 2006, pag. 5

[6] Antonio Balsamo, La destinazione delle somme di denaro fa scattare il finanziamento del terrore, in “Guida al diritto – Diritto Comunitario ed internazionale”, n. 1/2006, pag. 37.

[7] GAFI (Group d’action financière sur le blanchiment de capitaux), altrimenti denominato FATF (Financial Action Task Force on money laundering) è un gruppo di azione, a carattere intergovernativo, costituito nel 1989 a Parigi e composto da esperti di 29 Stati, in Claudio Di Gregorio, Giovanni Mainolfi, Le transazioni finanziarie sospette: controlli e adempimenti, Bancaria editrice, Roma 2004, pag. 121

[8] Per una breve disamina della questione si rimanda a Giancarlo Pezzuto, I nuovi obblighi antiriciclaggio per i professionisti, in “il fisco” n. 31/2004, pag. 4811. Nell’articolo, l’Autore riporta anche il parere espresso, in data 18 dicembre 2003, dalle Commissioni II (Giustizia) e VI (Finanze e Tesoro) riunite del Senato, che hanno espresso sul punto alcune riserve, rilevando che “l’effettiva incisività ai fini del contrasto antiriciclaggio potrebbe essere compromessa dalla prevista limitazione degli obblighi di identificazione e segnalazione ai soli professionisti iscritti agli albi. Non può sfuggire infatti che la strada di identificare quali destinatari della disciplina in commento gli iscritti agli albi mostra il fianco alla ovvia osservazione che le operazioni ’sospette’ si indirizzeranno verso altri professionisti non iscritti negli Albi e quindi non tenuti ad alcuna segnalazione”. Possono essere consultati anche Conti, Sull’antiriciclaggio il Parlamento chiede di estendere gli obblighi, in “Il Sole-24 Ore” del 23 dicembre 2003; Nella lotta al riciclaggio arruolati i professionisti, in “Il Sole-24 Ore” del 7 novembre 2003;M.C. De Cesari, Antiriciclaggio, fuori i senza Albo, in “Il Sole -24 ore” del 11 febbraio 2004.

[9] Giancarlo Pezzuto, I nuovi obblighi antiriciclaggio per i professionisti, cit.

[10] Per completezza di trattazione, si ricorda che l’articolo 21 della legge comunitaria 2005 ha introdotto la lettera s -bis) all’articolo 2, comma 1 del D. Lgs. 56/2004, estendendo gli obblighi antiriciclaggio ad ogni altro soggetto che rende i servizi forniti da revisori contabili, periti, consulenti ed altri soggetti che svolgono attività in materia di amministrazione, contabilità e tributi.

[11] Decreto legge 15 dicembre 1979, convertito con modificazioni, nella legge 6 febbraio 1980, n. 15. Articolo prima sostituito ex legge 19 marzo 1990, n. 55 (art. 30) e successivamente ex d.l. 3 maggio 1991, n. 143 (articolo 2), convertito nella legge 5 luglio 1991, n. 197.

[12] Corre l’obbligo di ricordare che, in riferimento alla tipologia di operazioni che determinano l’identificazione della clientela, il d. m. 19 dicembre 1991 ha individuato la trasmissione o movimentazione dei mezzi di pagamento, il trasferimento di denaro contante o titoli al portatore, le operazioni frazionate e i conti, depositi o altri rapporti continuativi.

[13] Facoltà prevista nella II Direttiva, che non però ha trovato recepimento nel D. Lgs. 56/2004, era quella per i professionisti di poter adempiere a tali obblighi mediante i propri ordini professionali.

[14] La citata direttiva 91/308/CE viene abrogata dall’articolo 44 della Direttiva 2005/60/CE

[15] L’articolo 3, 6) della terza Direttiva definisce “titolare effettivo” la persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedano o controllano il cliente e/o la persona fisica per conto delle quali viene realizzata un’operazione o un’attività.

[16] Direttiva Comunità europea del 26 ottobre 2005, n. 60.

Articolo 37 : [Misure adottate per il controllo del rispetto degli obblighi] 1.Gli Stati membri impongono alle autorità competenti almeno di controllare in modo efficace e di adottare le misure necessarie per garantire che gli enti e le persone soggetti alla presente Direttiva. 2. Gli Stati membri assicurano che le autorità competenti dispongano di poteri adeguati, compresa la facoltà di esigere la comunicazione di ogni informazione pertinente per il controllo dell’osservanza degli obblighi prescritti e di effettuare verifiche e siano dotate di risorse adeguate per l’assolvimento delle loro funzioni.[omissis]

[17]  L’articolo 13 della legge 15/1980 aveva originariamente fissato l’importo in 20 milioni, poi modificato in 12.500 euro con il D.M. 17 ottobre 2002

[18] Articolo 4 legge 197/1991.

[19] Si riporta qui, a titolo esemplificativo, quanto emerso nel documento presentato dall’Unione Triveneta dei Consigli degli Ordini degli Avvocati che, oltre a definire “prematuro” l’introduzione della terza Direttiva, “quando ancora non tutti gli Stati membri hanno completamente attuato la seconda”, evidenziava una serie di perplessità in merito alle disposizioni del citato provvedimento, con particolare riferimento ai seguenti punti:

“a) definizione di “relazione d’affari” (“business relationship”): non è chiaro quando inizi, ma il momento di inizio è molto importante perché da tale momento sorge l’obbligo di sottostare agli obblighi antiriciclaggio (addirittura in qualche caso sembrerebbe che un obbligo di segnalazione possa sorgere anche prima dell’instaurarsi di una relazione d’affari);

b) è difficile parlare di “relazione d’affari” nel campo dell’attività professionale “pro bono”;

c) il continuo monitoraggio della pratica, pure richiesto, va al di là dei termini di un tipico rapporto fra avvocato e cliente;

d) un avvocato dovrebbe porre fine al rapporto professionale se non è andata a buon fine la procedura di verifica dei dati;

e) viene introdotto il termine “sospetto” attraverso l’espressione “sospetti o abbia ragionevole motivo di sospettare”: ciò implica un’attenta considerazione delle implicane relative;

f) viene ora introdotto un espresso ed inderogabile divieto del “tipping off”, mentre nella 2^ Direttiva si consentiva agli Stati membri di non imporre tale divieto”.

[20] Financial Intelligence Unit, individuata per l’Italia nell’Ufficio Italiano Cambi

[21] Direttiva CE 2005/60-

Articolo 22 - 1. Gli Stati membri impongono agli enti e alle persone soggetti alla presente Direttiva e, se del caso, ai loro amministratori e dipendenti di collaborare pienamente:

a) informando prontamente l’UIF, di propria iniziativa, quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo;

b) fornendo prontamente all’UIF, su sua richiesta, tutte le informazioni necessarie secondo le procedure di cui alla legislazione vigente.

2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono trasmesse all’UIF dello Stato membro nel cui territorio è situato l’ente o la persona che trasmette le informazioni stesse. Tale trasmissione è effettuata di regola dalla persona o dalle persone designate secondo le procedure di cui all’articolo 34.

[22] Antonio Balsamo ricorda che sulla compatibilità dell’ obbligo di segnalare tali situazioni sospette con il diritto di difesa resta aperta la questione su cui dovrà pronunciarsi la Corte di giustizia europea su iniziativa della Corte di arbitrato belga, Legali: una parola certa sui confini del segreto, in “Guida al diritto – Diritto Comunitario ed internazionale”, n. 1/2006, pag. 38.

[23] Parere del 18 dicembre 2003. Ne dava notizia Giancarlo Pezzuto, I nuovi obblighi antiriciclaggio per i professionisti, cit. Cfr. anche nota 8.