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La tutela amministrativa del dott. nessuno a fronte dell’antisistema Palamara

Palamara
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La tutela amministrativa del dott. nessuno a fronte dell’antisistema Palamara
 

Per la nomina ad un importante Ufficio giudiziario, il giudice dott. Sempronio si era raccomandato – o si era fatto raccomandare da un suo collega - con il dott. Palamara (allora influente membro del Consiglio Superiore della Magistratura), in danno del concorrente giudice dott. Nessuno, sprovvisto di appoggi correntizi ovvero restio ad avvalersene. L’illegittima interferenza risulta documentalmente dimostrata dalle chat sequestrate al dott. Palamara, trasmesse per competenza dalla P.R. di Perugia a tutti gli uffici interessati (P.G. della Suprema Corte, Ministro della Giustizia, Consiglio Superiore della Magistratura). All’esito di siffatto procedimento concorsuale non solo Sempronio ottiene l’ambito ufficio prevalendo su Nessuno, ma l’illecita sua condotta – e del suo eventuale intermediario – non viene sanzionata né in sede disciplinare né in sede penale, sebbene severamente biasimata su giornali e libri. Il dott. Nessuno non ha titolo per ottenere la sanzione disciplinare a carico di Sempronio e - se lo denuncia - non ha diritto neppure a conoscere la valutazione del Procuratore Generale presso la Suprema Corte, alla stregua di uno dei suoi discutibili editti. Astrattamente il dott. Nessuno potrebbe – è vero - denunciare Sempronio ex artt. 110 e 323 c.p. con i diritti della parte offesa, e ottenere il risarcimento dei danni. Tuttavia egli aspira a ottenere l’ambito ufficio e perciò impugna la decisione del C.S.M. davanti al competente T.A.R. Come si è osservato meglio altrove, sotto il perdurante effetto dell’«Antisistema Palamara» il «Sistema» si è blindato. Espulso (con sentenza definitiva) Palamara dalla magistratura e dall’A.N.M. e (con sentenza non definitiva) condannati in sede disciplinare i suoi commensali nella «Notte della magistratura» (ad eccezione dell’on. Ferri), l’ordinamento non ha reagito, né penalmente né disciplinarmente, alle scorrette interferenze dei tanti magistrati (cento circa) che, nella veste di correi, imploravano (ed ottenevano) da Palamara illegittimi aiuti e privilegi nelle procedure concorsuali. Ma si può negare al giudice dott. Nessuno, che tali scorrettezze abbia personalmente subito, il diritto di difendere - e fare valere - davanti al giudice competente la propria situazione soggettiva lesa dalle impunite autopromozioni (Sempronio si raccomandava direttamente a Palamara) o eteroraccomandazioni (Sempronio si raccomandava a Palamara per tramite di altro giudice)? Certamente no, se si vogliano rispettare gli artt. 24 e 97 Cost. Infatti il legislatore – nel dare attuazione all’art. 24 Cost. (per il quale “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi”) – ha espressamente consentito anche agli appartenenti alla magistratura la tutela dei propri interessi legittimi, sussistenti in correlazione ai poteri spettanti al CSM, come statuito per tempo dalla Corte Costituzionale (sent. 14.5.1968 n. 44, § 4). «L’impugnabilità, anche per un organo di garanzia qual è, secondo la communis opinio, il Consiglio superiore della magistratura, deriva dalla <<grande regola>> accolta dall’art. 24 della Costituzione, che dà tutela generalizzata ai diritti soggettivi e agli interessi legittimi» (Corte Cost., 22.4.1992 n. 189). In altri termini, nell’assicurare la propria indipendenza e quella dei magistrati ordinari, il Consiglio Superiore della Magistratura è tenuto – esso stesso in primo luogo - a rispettare, in tutti i propri atti, diritti ed interessi dei magistrati, essendo anch’esso soggetto soltanto alla legge, al pari della Magistratura (art. 101 Cost.). 

Sul tema autorevole Dottrina[1] ha somministrato da ultimo decisivi supporti dogmatici, che si possono così riassumere. In primo luogo, il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi ai magistrati è materia coperta da riserva di legge in ossequio all’art. 108 Cost., in quanto occorre garantire l’indipendenza della magistratura. Il che, per un verso, non comporta che «i necessari criteri generali di valutazione e selezione degli aspiranti debbano essere così analiticamente e dettagliatamente fissati dal legislatore da rendere meccanicistica e meramente esecutiva la concreta attività di selezione del personale di magistratura da preporre agli uffici direttivi». Per altro verso, il principio di legalità vieta che il CSM possa derogare o innovare i criteri di legge. In secondo luogo, «quando si tratta di conferimento di incarichi, o si segue un criterio fiduciario (sia pure basato su una base di requisiti necessari) o si segue un criterio meritocratico. Solo nel primo caso può parlarsi di discrezionalità in senso proprio (tra più candidati aventi tutti i requisiti base, viene scelto quello che piace di più secondo un criterio fiduciario)». Nel secondo caso, come avviene nella valutazione delle offerte negli appalti, «la scelta del migliore avviene mediante un concorso comparativo, con criteri di valutazione predeterminati, e finalizzati a pervenire alla scelta del migliore con scarsi margini di opinabilità; quei pochi che residuassero, vengono sciolti con una attività di giudizio comparativo che nulla ha a che vedere con nozioni quali scelta politica, scelta fiduciaria, scelta di opportunità o di merito amministrativo». L’Autrice confuta così rigorosamente le nuances politiche che velleitariamente talune correnti dell’A.N.M. rivendicano al C.S.M., così oggettivamente fornendo la base teorica dell’Antisistema Palamara. Secondo la Presidente De Nictolis, a fronte dell’’accertamento tecnico’ (che veicola un risultato così scientificamente inoppugnabile da escludere al postutto qualunque effettivo vaglio), la scelta del candidato migliore è frutto di una ‘valutazione tecnica’ (tuttora chiamata ‘discrezionalità tecnica’), «che ricorre nei casi in cui la tecnica lascia un margine finale di opinabilità e dunque di scelta tra più soluzioni tecniche tutte altrettanto plausibili; sicché sulla valutazione tecnica si innesta la scelta più propriamente discrezionale dell’azione amministrativa», verificabile attraverso la categoria del vizio di eccesso di potere dell’atto amministrativo.

Ciò premesso in apicibus, e tornando al tema principale (l’ipotetico ricorso del dott. Nessuno davanti al G.A. contro il C.S.M. e l’impunito Sempronio), si è già segnalato che il procedimento concorsuale di selezione è rigorosamente formalizzato, proprio perché è volto alla «scelta del migliore». La sua tipica funzione è radicalmente scompaginata, già sul piano procedimentale, da segrete informazioni, sollecitazioni e raccomandazione ad aures che, ignote agli altri concorrenti e (eventualmente) ai decidenti non destinatari della raccomandazione, rilevano tecnicamente, ad un tempo, sia come degenerazione istruttoria sia come violazione di legge sia come eccesso di potere, in sfregio all’art. 97 Cost. Inoltre, se la raccomandazione, volta a provocare l’abuso di potere del pubblico ufficiale chiamato a decidere, è astrattamente rilevante in sede disciplinare (art. 2, lett. d del D.lgs. n. 109 del 2006) e penale (artt. 56, 110 e 323 c.p.), l’atto amministrativo (ancorché collegiale) con cui (invece di essere denunciata ai sensi dell’art. 331 c.p.p.) essa venga accolta e assecondata è certamente illegittimo. E mena grave scandalo che il sistema clientelare - spartitorio (in cui ‘abita’ la raccomandazione) alligni proprio nel C.S.M., destinato a tutelare la propria indipendenza e quella dei magistrati ordinari, e quindi l’interesse sia del dott. Nessuno, - il magistrato cioè che, per effetto della raccomandazione, viene illegittimamente ‘scavalcato’ dal raccomandato – sia dell’Utente Finale della Giustizia, che ha diritto ad essere giudicato dal magistrato «migliore» (anziché dal più raccomandato).

Dal punto di vista operativo, giova rammentare che le chat sono state divulgate dalle testate giornalistiche e da almeno tre libri di grande successo editoriale. Non solo esse fanno parte del notorio, ma in più sono state trasmesse - proprio «per competenza» - anche al C.S.M. 

Dunque nel decidere su nomine e promozioni la competente Commissione e lo stesso Plenum non potranno omettere di valutare d’ufficio le ripercussioni delle documentate raccomandazioni sui procedimenti concorsuali in corso. La «scelta del migliore» presuppone a monte la valutazione dell’incidenza negativa sul procedimento delle raccomandazioni stesse (ancorché aliunde non sanzionate), e quindi la legittimità amministrativa del procedimento. Il «migliore» deve essere scelto soltanto tra i magistrati che hanno legittimamente concorso, previa ovvia esclusione dei ‘raccomandati’. Spetta dunque proprio al C.S.M. - ed eventualmente al G.A. - il compito di rigorosamente ‘disarmare’ le raccomandazioni che abbiano ‘drogato’ la procedura selettiva. 

Per fortuna spesso lo stesso Consiglio ha mostrato di volersi adeguare a tali principi. Così quasi tutte le archiviazioni del Plenum per oggettiva incompatibilità nei confronti di magistrati raccomandati si concludono con la esplicita riprovazione dei magistrati stessi e la riserva di ulteriore negativa valutazione in altre sedi consiliari (proprio cioè in sede di promozioni, nomine, verifiche etc,): si indicano - per esempio - i casi dei giudici Canepa, Di Girolamo e Forciniti, ampiamente trattati dalla Stampa (oltre che diffusi da Radio Radicale). 

 Più incisivamente il Plenum del C.S.M., chiamato a decidere il 15 settembre 2022 sulla domanda della dott.ssa Laura Musti, ha di recente sospeso la decisione sulla sua promozione a Procuratore generale della Repubblica di Ancona. A fronte della relazione entusiasta del consigliere prof. Alessio Lanzi (membro laico), il Cons. Di Matteo ha piuttosto rilevato che la Commissione aveva omesso di valutare alcune chat, assai compromettenti, intercorse tra la dott.ssa Musti e il dott. Palamara, «di cui il C.S.M. ha la disponibilità». Accogliendo la sua richiesta e quella della dott.ssa Balduini (membro togato), il Plenum ha disposto la restituzione della pratica alla Commissione per il necessario vaglio delle raccomandazioni[2].

Può capitare purtroppo che l’Ordinamento, minato dall’ambizione e dalla smania di potere di tanti civil servants, non abbia la forza di risanarsi e vaccinarsi autonomamente, ma non sarebbe più uno stato di diritto, se non garantisse neppure i diritti soggettivi e gli interessi legittimi dei cives

Note:
 

[1] R. DE NICTOLIS (Presidente del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana), relazione dal titolo Il sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti del CSM, svolta al convegno “L’indipendenza della magistratura oggi”, tenutosi presso l’Università degli Studi di Milano in data 8.11.2019ora sul sito di Giustizia Amministrativa. 

[2] V. su Radio Radicale, registrazione fonica e trascrizione automatica.