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L’articolo 52 della legge antiriciclaggio: compiti e responsabilità degli organi di controllo - Parte II

Con particolare riguardo all’Organismo di vigilanza ex Decreto Legislativo 231/2001
Articolo 52 Decreto Legislativo 231/2007

1. Fermo restando quanto disposto dal codice civile e da leggi speciali, il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza, il comitato di controllo di gestione, l’organismo di vigilanza di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e tutti i soggetti incaricati del controllo di gestione comunque denominati presso i soggetti destinatari del presente decreto vigilano sull’osservanza delle norme contenute nel presente decreto.

2. I soggetti di cui al comma 1:

a. comunicano, senza ritardo, alle autorità di vigilanza di settore tutti gli atti o i fatti di cui vengono a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che possano costituire una violazione delle disposizioni emanate ai sensi dell’articolo 7, comma 2;

b. comunicano, senza ritardo, al titolare dell’attività o al legale rappresentante o a un suo delegato, le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 41 di cui hanno notizia;

c. comunicano, entro trenta giorni, al Ministero dell’economia e delle finanze le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12 e 13 e all’articolo 50 di cui hanno notizia;

d. comunicano, entro trenta giorni, alla UIF le infrazioni alle disposizioni contenute nell’articolo 36 di cui hanno notizia.

- Gli obblighi informativi dell’ODV (articolo 52 comma 2)

E’ opportuno precisare il contenuto delle comunicazioni obbligatorie per l’ODV.

In primis, “tutti gli atti o i fatti di cui venga a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che possano costituire una violazione delle disposizioni emanate ai sensi dell’articolo 7, comma 2”.

Si tratta delle disposizioni delle Autorità di vigilanza, relative alle modalità di adempimento degli obblighi di adeguata verifica del cliente, all’organizzazione, alla registrazione, alle procedure e ai controlli interni volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria a fini di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

In secondo luogo: “le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 41 di cui hanno notizia”.

L’articolo 41 prevede l’obbligo di segnalazione delle c.d. operazioni sospette, che la nuova normativa riferisce sia alle operazioni aventi ad oggetto denaro/utilità di sospetta provenienza dai delitti di riciclaggio sia a quelle aventi ad oggetto denaro/utilità che si sospetta possano essere destinati al finanziamento del terrorismo.

A ben vedere, tra le violazioni dell’articolo 41 rientrano sia l’omessa segnalazione che la tardiva segnalazione (effettuata non rispetto la prescrizione del “senza ritardo”).

Poi: “le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12 e 13 e all’articolo 50 di cui hanno notizia”.

Si riportano le disposizioni richiamate:

Articolo 49 (Limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore)

1. È vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore dell’operazione, anche frazionata, è complessivamente pari o superiore a 5.000 euro. Il trasferimento può tuttavia essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane S.p.A.

5. Gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 5.000 euro devono recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.

6. Gli assegni bancari e postali emessi all’ordine del traente possono essere girati unicamente per l’incasso a una banca o a Poste Italiane S.p.A.

7. Gli assegni circolari, vaglia postali e cambiari sono emessi con l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.

12. Il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore non può essere pari o superiore a 5.000 euro.

13. I libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a 5.000 euro, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono estinti dal portatore ovvero il loro saldo deve essere ridotto a una somma non eccedente il predetto importo entro il 30 giugno 2008.

Articolo 50 (Divieto di conti e libretti di risparmio anonimi o con intestazione fittizia)

1. L’apertura in qualunque forma di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia è vietata.

2. L’utilizzo in qualunque forma di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia aperti presso Stati esteri è vietata.

Infine, “le infrazioni alle disposizioni contenute nell’articolo 36 di cui hanno notizia”: si tratta degli obblighi di registrazione dei dati e delle informazioni raccolti dalla clientela.

Per quanto consta, lo schema di T.U. antiriciclaggio del 5 giugno 2008 propone l’eliminazione di tale ultimo adempimento.

La sanzione prevista per l’inadempimento di questi obblighi risiede nell’art 55 comma 4 e consiste nella reclusione fino ad un anno e nella multa da 100 a 1000 euro.

Non può non rilevarsi che vengono puniti penalmente (lett. a e b) inadempimenti non legati ad un termine certo: l’articolo 52 li prescrive “senza ritardo”.

In secondo luogo appare irragionevole accomunare sotto una stessa sanzione omesse comunicazioni in favore di autorità di vigilanza e omesse comunicazioni interne (lett. b: omessa segnalazione operazioni sospette).

Infine l’obbligo di comunicazione verso le autorità di vigilanza manca proprio per l’adempimento cruciale della collaborazione attiva: la segnalazione di operazioni sospette.

Anche le nuove linee guida di Confindustria sottolineano che quello in esame è l’unico caso in cui il legislatore ha espressamente disciplinato una specifica fattispecie di reato a carico dell’OdV (reato omissivo proprio), “a seguito del riconoscimento di una atipica attività a rilevanza esterna dello stesso”.

- La comunicazione della violazione delle disposizioni delle disposizioni emanate ai sensi dell’articolo 7, comma 2

Come, già accennato, il primo obbligo di comunicazione stabilito dall’articolo 52, comma 2 del Decreto ha come oggetto “tutti gli atti o i fatti di cui [gli organismi] vengono a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che possano costituire una violazione delle disposizioni emanate ai sensi dell’articolo 7, comma 2”.

In sostanza, gli organismi di vigilanza (al pari degli altri organi di controllo di cui al citato articolo 52) devono segnalare alle “Autorità di vigilanza di settore” tutte le possibili violazioni delle normative attuative del Decreto Legislativo 231/07 in materia di:

1. obblighi di adeguata verifica del cliente

2. organizzazione

3. obblighi di registrazione

4. procedure e controlli interni “volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria di cui all’articolo 11 e di quelli previsti dall’articolo 13, comma 1, lettera a), a fini di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo”.

Sin da una prima analisi di tale previsione, non possono non sorgere dubbi circa la sua compatibilità con quelli che sono i compiti dell’organismo di vigilanza sanciti dal Decreto Legislativo 231 del 2001.

Ai sensi dell’articolo 6, infatti, l’organo dirigente dell’ente deve affidare all’organismo di vigilanza “il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento", dotandolo “di autonomi poteri di iniziativa e di controllo”.

Ebbene, siffatti poteri, non meglio descritti dal legislatore, comprendono una serie di attività che le Linee Guida di Confindustria elencano come segue:

- vigilanza sull’effettività del modello;

- disamina in merito all’adeguatezza del modello;

- analisi circa il mantenimento nel tempo dei requisiti di solidità e funzionalità del modello;

- cura del necessario aggiornamento in senso dinamico del modello:

- presentazione di proposte di adeguamento del modello verso gli organi/funzioni aziendali;

- follow-up, ossia verifica dell’attuazione e dell’effettiva funzionalità delle soluzioni proposte.

In estrema sintesi, l’organismo di vigilanza deve verificare che quel complesso di organizzazione, procedure e controlli definito “Modello” sia attuato in modo concreto e coerente rispetto ai requisiti definiti dalla normativa e sia aggiornato rispetto all’evoluzione dell’ordinamento giuridico e dell’organizzazione dell’ente medesimo. Laddove riscontrasse nell’esercizio delle sue funzioni carenze organizzative o altre violazioni delle norme che prescrivono i requisiti di cui un modello deve essere dotato, l’organismo d’iniziativa segnalerà agli organi aziendali siffatte circostanze, curando l’aggiornamento del modello o proponendone gli opportuni adeguamenti.

Quello sin qui descritto è un processo che nasce nell’ente e termina nell’ente, senza investire Autorità esterne. I poteri conferiti all’organismo di vigilanza ai sensi del Decreto Legislativo 231/01 innescano, infatti, un “circolo virtuoso di autoconservazione dell’ente”.

E’ l’ente (attraverso il proprio organismo di vigilanza) che riscontra le proprie carenze ed è sempre l’ente (tramite le competenti funzioni) a porvi rimedio.

Ebbene, la previsione di cui all’articolo 52 del Decreto Legislativo 231/07 “spezza” questo ciclo “immunitario”, portando all’esterno la segnalazione delle carenze organizzative dell’ente e coinvolgendo l’Autorità di settore.

A ben vedere, infatti, l’oggetto degli “autonomi poteri di iniziativa e controllo” e degli obblighi di comunicazione di cui all’articolo 52, comma 1, lett. a) sono coincidenti.

Come si è accennato in precedenza, in base alla normativa antiriciclaggio, l’organismo di vigilanza deve comunicare all’Autorità la violazione delle disposizioni che questa ha dettato circa l’organizzazione le procedure ed i controlli degli enti in materia di contrasto al riciclaggio e prevenzione finanziamento del terrorismo.

Ma tali modelli organizzativi prescritti dalla normativa secondaria (quella di cui all’articolo 7, comma 2 del Decreto Legislativo 231/2007), proprio perché “volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria di cui all’articolo 11 e di quelli previsti dall’articolo 13, comma 1, lettera a), a fini di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo”, sono parte integrante del modello di organizzazione e di gestione” previsto dal Decreto Legislativo 231/01.

Ecco quindi emergere chiaramente il potenziale contrasto tra le due normative: laddove l’organismo di vigilanza dovesse riscontrare carenze del modello organizzativo che possano anche integrare violazioni delle disposizioni di cui all’articolo 7, comma 2 del Decreto Antiriciclaggio:

- da un lato, dovrebbe innescare il processo di conservazione dell’ente, segnalando tali carenze agli organi aziendali competenti, affinché vi pongano rimedio;

- dall’altro dovrebbe comunicare quanto riscontrato alle Autorità di settore, le quali – dopo eventuali attività istruttorie – potrebbero anche irrogare nei confronti dell’ente le sanzioni previste dagli articoli 56 e ss. del Decreto Legislativo 231/07.

L’organismo di vigilanza, pertanto, mentre nelle ipotesi in cui esercita i poteri sanciti dal Decreto del 2001, si trova ad assolvere ad una funzione prettamente “costruttiva” e “conservativa” del modello organizzativo e dell’ente medesimo di appartenenza, laddove si trova ad adempiere agli obblighi di cui al Decreto del 2007, esso esercita una funzione delatrice che mal si attaglia alla sua originaria configurazione.

- La comunicazione dell’omessa/tardiva segnalazione di operazione sospetta

Va aggiunto che, per quanto consta, la Commissione ministeriale per la redazione del Testo Unico Antiriciclaggio aveva proposto, coerentemente con tale impostazione, che l’obbligo di comunicazione di cui all’articolo 52 dello schema, comma 2 lett. b) (operazioni sospette), sussistesse anche nei confronti dell’UIF e non soltanto nei confronti del legale rappresentante.

E’ infatti difficile attribuire un senso alla disposizione che obbliga l’organo di controllo a comunicare al medesimo soggetto tenuto alla segnalazione – e che in ipotesi l’ha omessa o l’ha ritardata – l’omissione della stessa.

A meno che non si voglia intendere che oggetto di tale comunicazione debba essere l’omesso inoltro endoaziendale della segnalazione: in altri termini l’ODV dovrebbe comunicare al responsabile antiriciclaggio che il cassiere o il promotore o l’agente assicurativo non hanno attivato la procedura interna di segnalazione.

Va infine evidenziata una possibile irragionevolezza della norma incriminatrice.

a) prima sproporzione “esterna” (rispetto al contesto normativo in cui è stata inserita): l’omessa segnalazione di operazione sospetta all’UIF è punita con una sanzione amministrativa a carico del Delegato, o comunque del soggetto su cui grava l’obbligo di segnalare. L’omessa comunicazione della mancata segnalazione da parte dell’organo di controllo, ai sensi dell’articolo 52, è invece punita penalmente.

b) seconda sproporzione “interna” (rispetto al trattamento sanzionatorio delle altre condotte di cui all’articolo 52): se prendiamo i destinatari delle informative di cui all’articolo 52 Decreto Legislativo 231/07 come indicatore del disvalore che il legislatore intende attribuire alle diverse omesse comunicazioni, rileviamo che le omissioni degli obblighi previsti dalle lettere a), c) e d) – avendo come destinatari le autorità – dovrebbero comportare una riprovazione maggiore rispetto al mancato assolvimento del dovere di informare il “titolare dell’attività” o il “legale rappresentante” o “un suo delegato”, previsto dalla lettera b). Se così fosse, appare ingiustificato l’indifferenziato trattamento sanzionatorio previsto per le citate condotte.

Già in sede di primo commento ci si è chiesti come possano conciliarsi le disposizioni dell’articolo 52 con le esigenze di riservatezza che circonda la segnalazione di operazione sospetta, “a meno di non volere intendere imposta una procedura di verifica ex post generalizzata, demandata ai soggetti indicati: solo in questo modo, infatti, questi ultimi potranno avere contezza delle eventuali violazioni” (CAPUTI).

(continua)

Articolo 52 Decreto Legislativo 231/2007

1. Fermo restando quanto disposto dal codice civile e da leggi speciali, il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza, il comitato di controllo di gestione, l’organismo di vigilanza di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e tutti i soggetti incaricati del controllo di gestione comunque denominati presso i soggetti destinatari del presente decreto vigilano sull’osservanza delle norme contenute nel presente decreto.

2. I soggetti di cui al comma 1:

a. comunicano, senza ritardo, alle autorità di vigilanza di settore tutti gli atti o i fatti di cui vengono a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che possano costituire una violazione delle disposizioni emanate ai sensi dell’articolo 7, comma 2;

b. comunicano, senza ritardo, al titolare dell’attività o al legale rappresentante o a un suo delegato, le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 41 di cui hanno notizia;

c. comunicano, entro trenta giorni, al Ministero dell’economia e delle finanze le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12 e 13 e all’articolo 50 di cui hanno notizia;

d. comunicano, entro trenta giorni, alla UIF le infrazioni alle disposizioni contenute nell’articolo 36 di cui hanno notizia.

- Gli obblighi informativi dell’ODV (articolo 52 comma 2)

E’ opportuno precisare il contenuto delle comunicazioni obbligatorie per l’ODV.

In primis, “tutti gli atti o i fatti di cui venga a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che possano costituire una violazione delle disposizioni emanate ai sensi dell’articolo 7, comma 2”.

Si tratta delle disposizioni delle Autorità di vigilanza, relative alle modalità di adempimento degli obblighi di adeguata verifica del cliente, all’organizzazione, alla registrazione, alle procedure e ai controlli interni volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria a fini di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

In secondo luogo: “le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 41 di cui hanno notizia”.

L’articolo 41 prevede l’obbligo di segnalazione delle c.d. operazioni sospette, che la nuova normativa riferisce sia alle operazioni aventi ad oggetto denaro/utilità di sospetta provenienza dai delitti di riciclaggio sia a quelle aventi ad oggetto denaro/utilità che si sospetta possano essere destinati al finanziamento del terrorismo.

A ben vedere, tra le violazioni dell’articolo 41 rientrano sia l’omessa segnalazione che la tardiva segnalazione (effettuata non rispetto la prescrizione del “senza ritardo”).

Poi: “le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12 e 13 e all’articolo 50 di cui hanno notizia”.

Si riportano le disposizioni richiamate:

Articolo 49 (Limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore)

1. È vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore dell’operazione, anche frazionata, è complessivamente pari o superiore a 5.000 euro. Il trasferimento può tuttavia essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane S.p.A.

5. Gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori a 5.000 euro devono recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.

6. Gli assegni bancari e postali emessi all’ordine del traente possono essere girati unicamente per l’incasso a una banca o a Poste Italiane S.p.A.

7. Gli assegni circolari, vaglia postali e cambiari sono emessi con l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.

12. Il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore non può essere pari o superiore a 5.000 euro.

13. I libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a 5.000 euro, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono estinti dal portatore ovvero il loro saldo deve essere ridotto a una somma non eccedente il predetto importo entro il 30 giugno 2008.

Articolo 50 (Divieto di conti e libretti di risparmio anonimi o con intestazione fittizia)

1. L’apertura in qualunque forma di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia è vietata.

2. L’utilizzo in qualunque forma di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia aperti presso Stati esteri è vietata.

Infine, “le infrazioni alle disposizioni contenute nell’articolo 36 di cui hanno notizia”: si tratta degli obblighi di registrazione dei dati e delle informazioni raccolti dalla clientela.

Per quanto consta, lo schema di T.U. antiriciclaggio del 5 giugno 2008 propone l’eliminazione di tale ultimo adempimento.

La sanzione prevista per l’inadempimento di questi obblighi risiede nell’art 55 comma 4 e consiste nella reclusione fino ad un anno e nella multa da 100 a 1000 euro.

Non può non rilevarsi che vengono puniti penalmente (lett. a e b) inadempimenti non legati ad un termine certo: l’articolo 52 li prescrive “senza ritardo”.

In secondo luogo appare irragionevole accomunare sotto una stessa sanzione omesse comunicazioni in favore di autorità di vigilanza e omesse comunicazioni interne (lett. b: omessa segnalazione operazioni sospette).

Infine l’obbligo di comunicazione verso le autorità di vigilanza manca proprio per l’adempimento cruciale della collaborazione attiva: la segnalazione di operazioni sospette.

Anche le nuove linee guida di Confindustria sottolineano che quello in esame è l’unico caso in cui il legislatore ha espressamente disciplinato una specifica fattispecie di reato a carico dell’OdV (reato omissivo proprio), “a seguito del riconoscimento di una atipica attività a rilevanza esterna dello stesso”.

- La comunicazione della violazione delle disposizioni delle disposizioni emanate ai sensi dell’articolo 7, comma 2

Come, già accennato, il primo obbligo di comunicazione stabilito dall’articolo 52, comma 2 del Decreto ha come oggetto “tutti gli atti o i fatti di cui [gli organismi] vengono a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che possano costituire una violazione delle disposizioni emanate ai sensi dell’articolo 7, comma 2”.

In sostanza, gli organismi di vigilanza (al pari degli altri organi di controllo di cui al citato articolo 52) devono segnalare alle “Autorità di vigilanza di settore” tutte le possibili violazioni delle normative attuative del Decreto Legislativo 231/07 in materia di:

1. obblighi di adeguata verifica del cliente

2. organizzazione

3. obblighi di registrazione

4. procedure e controlli interni “volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria di cui all’articolo 11 e di quelli previsti dall’articolo 13, comma 1, lettera a), a fini di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo”.

Sin da una prima analisi di tale previsione, non possono non sorgere dubbi circa la sua compatibilità con quelli che sono i compiti dell’organismo di vigilanza sanciti dal Decreto Legislativo 231 del 2001.

Ai sensi dell’articolo 6, infatti, l’organo dirigente dell’ente deve affidare all’organismo di vigilanza “il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento", dotandolo “di autonomi poteri di iniziativa e di controllo”.

Ebbene, siffatti poteri, non meglio descritti dal legislatore, comprendono una serie di attività che le Linee Guida di Confindustria elencano come segue:

- vigilanza sull’effettività del modello;

- disamina in merito all’adeguatezza del modello;

- analisi circa il mantenimento nel tempo dei requisiti di solidità e funzionalità del modello;

- cura del necessario aggiornamento in senso dinamico del modello:

- presentazione di proposte di adeguamento del modello verso gli organi/funzioni aziendali;

- follow-up, ossia verifica dell’attuazione e dell’effettiva funzionalità delle soluzioni proposte.

In estrema sintesi, l’organismo di vigilanza deve verificare che quel complesso di organizzazione, procedure e controlli definito “Modello” sia attuato in modo concreto e coerente rispetto ai requisiti definiti dalla normativa e sia aggiornato rispetto all’evoluzione dell’ordinamento giuridico e dell’organizzazione dell’ente medesimo. Laddove riscontrasse nell’esercizio delle sue funzioni carenze organizzative o altre violazioni delle norme che prescrivono i requisiti di cui un modello deve essere dotato, l’organismo d’iniziativa segnalerà agli organi aziendali siffatte circostanze, curando l’aggiornamento del modello o proponendone gli opportuni adeguamenti.

Quello sin qui descritto è un processo che nasce nell’ente e termina nell’ente, senza investire Autorità esterne. I poteri conferiti all’organismo di vigilanza ai sensi del Decreto Legislativo 231/01 innescano, infatti, un “circolo virtuoso di autoconservazione dell’ente”.

E’ l’ente (attraverso il proprio organismo di vigilanza) che riscontra le proprie carenze ed è sempre l’ente (tramite le competenti funzioni) a porvi rimedio.

Ebbene, la previsione di cui all’articolo 52 del Decreto Legislativo 231/07 “spezza” questo ciclo “immunitario”, portando all’esterno la segnalazione delle carenze organizzative dell’ente e coinvolgendo l’Autorità di settore.

A ben vedere, infatti, l’oggetto degli “autonomi poteri di iniziativa e controllo” e degli obblighi di comunicazione di cui all’articolo 52, comma 1, lett. a) sono coincidenti.

Come si è accennato in precedenza, in base alla normativa antiriciclaggio, l’organismo di vigilanza deve comunicare all’Autorità la violazione delle disposizioni che questa ha dettato circa l’organizzazione le procedure ed i controlli degli enti in materia di contrasto al riciclaggio e prevenzione finanziamento del terrorismo.

Ma tali modelli organizzativi prescritti dalla normativa secondaria (quella di cui all’articolo 7, comma 2 del Decreto Legislativo 231/2007), proprio perché “volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria di cui all’articolo 11 e di quelli previsti dall’articolo 13, comma 1, lettera a), a fini di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo”, sono parte integrante del modello di organizzazione e di gestione” previsto dal Decreto Legislativo 231/01.

Ecco quindi emergere chiaramente il potenziale contrasto tra le due normative: laddove l’organismo di vigilanza dovesse riscontrare carenze del modello organizzativo che possano anche integrare violazioni delle disposizioni di cui all’articolo 7, comma 2 del Decreto Antiriciclaggio:

- da un lato, dovrebbe innescare il processo di conservazione dell’ente, segnalando tali carenze agli organi aziendali competenti, affinché vi pongano rimedio;

- dall’altro dovrebbe comunicare quanto riscontrato alle Autorità di settore, le quali – dopo eventuali attività istruttorie – potrebbero anche irrogare nei confronti dell’ente le sanzioni previste dagli articoli 56 e ss. del Decreto Legislativo 231/07.

L’organismo di vigilanza, pertanto, mentre nelle ipotesi in cui esercita i poteri sanciti dal Decreto del 2001, si trova ad assolvere ad una funzione prettamente “costruttiva” e “conservativa” del modello organizzativo e dell’ente medesimo di appartenenza, laddove si trova ad adempiere agli obblighi di cui al Decreto del 2007, esso esercita una funzione delatrice che mal si attaglia alla sua originaria configurazione.

- La comunicazione dell’omessa/tardiva segnalazione di operazione sospetta

Va aggiunto che, per quanto consta, la Commissione ministeriale per la redazione del Testo Unico Antiriciclaggio aveva proposto, coerentemente con tale impostazione, che l’obbligo di comunicazione di cui all’articolo 52 dello schema, comma 2 lett. b) (operazioni sospette), sussistesse anche nei confronti dell’UIF e non soltanto nei confronti del legale rappresentante.

E’ infatti difficile attribuire un senso alla disposizione che obbliga l’organo di controllo a comunicare al medesimo soggetto tenuto alla segnalazione – e che in ipotesi l’ha omessa o l’ha ritardata – l’omissione della stessa.

A meno che non si voglia intendere che oggetto di tale comunicazione debba essere l’omesso inoltro endoaziendale della segnalazione: in altri termini l’ODV dovrebbe comunicare al responsabile antiriciclaggio che il cassiere o il promotore o l’agente assicurativo non hanno attivato la procedura interna di segnalazione.

Va infine evidenziata una possibile irragionevolezza della norma incriminatrice.

a) prima sproporzione “esterna” (rispetto al contesto normativo in cui è stata inserita): l’omessa segnalazione di operazione sospetta all’UIF è punita con una sanzione amministrativa a carico del Delegato, o comunque del soggetto su cui grava l’obbligo di segnalare. L’omessa comunicazione della mancata segnalazione da parte dell’organo di controllo, ai sensi dell’articolo 52, è invece punita penalmente.

b) seconda sproporzione “interna” (rispetto al trattamento sanzionatorio delle altre condotte di cui all’articolo 52): se prendiamo i destinatari delle informative di cui all’articolo 52 Decreto Legislativo 231/07 come indicatore del disvalore che il legislatore intende attribuire alle diverse omesse comunicazioni, rileviamo che le omissioni degli obblighi previsti dalle lettere a), c) e d) – avendo come destinatari le autorità – dovrebbero comportare una riprovazione maggiore rispetto al mancato assolvimento del dovere di informare il “titolare dell’attività” o il “legale rappresentante” o “un suo delegato”, previsto dalla lettera b). Se così fosse, appare ingiustificato l’indifferenziato trattamento sanzionatorio previsto per le citate condotte.

Già in sede di primo commento ci si è chiesti come possano conciliarsi le disposizioni dell’articolo 52 con le esigenze di riservatezza che circonda la segnalazione di operazione sospetta, “a meno di non volere intendere imposta una procedura di verifica ex post generalizzata, demandata ai soggetti indicati: solo in questo modo, infatti, questi ultimi potranno avere contezza delle eventuali violazioni” (CAPUTI).

(continua)