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Le indagini fra scienza, diritto e letteratura

Indagare
Indagare

Indice:

1. Perché gli animali non investigano?

2. Dalla scienza al crimine, dal giallo al poliziesco

3. L’errore madornale: il Codice non è un menù

4. Dalle regole esterne al cuore dell'investigazione

 

1. Perché gli animali non investigano?

Indagare origina dal termine latino indāgo: rete utilizzata per la caccia. Col tempo il significato si è esteso, passando a indicare la caccia realizzata spingendo la selvaggina in un recinto di reti e solo in seguito è emersa per traslazione l’accezione odierna.

Indagare contiene perciò un concetto ancestrale legato agli animali. Ma se l’indāgo era una tecnica di caccia tutto sommato semplice, non molto distante da quella dei lupi in branco, l’indagare moderno è al contrario un’attività ben più complessa, che utilizza gli strumenti della deduzione, induzione e abduzione, che combina intuito e capacità di astrazione, che aspira a fondare collegamenti inediti e tutt’altro che ovvi. L’indagare moderno è anche una conquista di civiltà: non lapidiamo più un bimbo solo perché il giorno della sua nascita sono giunte le cavallette, e non copriamo d’oro un santone solo perché ha fatto tornare il sole dopo un’eclissi totale – o almeno non dovremmo; cerchiamo invece collegamenti solidi e razionali fra gli eventi, alla ricerca di una qualche specie di “verità”.

Indagare sfrutta una porzione importante delle nostre capacità mentali, e sebbene l’intuizione sia uno dei suoi strumenti cardine, resta comunque un’attività anti-intuitiva, i cui risultati non sono immediati e vanno spiegati e dimostrati o rischiano di ricevere rifiuti e resistenze. Inoltre è un’attività faticosa, richiede risorse, impegno e controllo sugli errori: è del tutto anti-economica.

Ed ecco perché i regimi totalitari spesso preferiscono alle indagini altre scorciatoie: punizioni preventive, purghe, eliminazione generalizzata dei sospetti. Ed ecco perché gli animali, per rispondere alla domanda da cui siamo partiti, non indagano. Mammiferi, uccelli, insetti e tutti gli altri sono spesso in grado di cogliere il nesso fra eventi distinti e orientare il proprio comportamento in modo opportuno. In certi casi sanno riconoscere collegamenti anche sottili fra circostanze e conseguenze. Ma quando quel legame è nascosto e complesso, e sarebbe necessaria un’approfondita, lunga ed elaborata indagine, i meccanismi naturali fondanti (gestione ottimale delle risorse, selezione naturale, competizione fra individui, pressione dell’ambiente, etc) “consigliano” all’animale di desistere dalle pericolose, durature e onerose indagini, e l’animale “obbedisce”.

Questa è la teoria; però anche noi siamo animali.

Perciò da dove arriva quella spinta a indagare, quella volontà di andare fino in fondo e di scoprire, ad esempio, chi ha ucciso un nostro simile?

Domanda banale che richiede però una risposta tanto complessa da poter essere qui solo accennata: entrano in gioco la complessità del pensiero umano, la nostra struttura sociale, la disponibilità di risorse oltre la soglia della sopravvivenza. Ma è sufficiente che uno solo di questi fattori vacilli ed ecco che l’attività d’indagine svanisce dalle pratiche umane, quasi a volerci ricordare che, alla fine, anche noi siamo mammiferi.

 

2. Dalla scienza al crimine, dal giallo al poliziesco

Indagine numero 1. Qualcuno si chiede in che modo cadano gli oggetti. Nessuno lo sa. Aristotele sostiene che la loro velocità dipenda dal peso. Facciamo una prova, lasciamo cadere alcuni oggetti dal tavolo: una piuma, un martello, una pallina da ping pong e scopriamo che Aristotele ha torto. Accidenti, qui serve un investigatore. Chiamiamo Galileo che, dopo una breve indagine, relaziona: esistono due fattori indipendenti che concorrono, la gravità e l’attrito prodotto dall’aria. Nel 1971 l’astronauta David Scott esce dalla navicella spaziale e lascia cadere un martello e una piuma: toccano il suolo lunare insieme. Caso risolto.

Indagine numero 2. I pianeti del sistema solare vanno in giro un po’ come ne hanno voglia loro. Pare che Newton e Keplero non avessero proprio ragione del tutto. Chiamiamo a indagare il matematico francese Urban Le Verrier, che si mette al lavoro e nella sua relazione ipotizza l’esistenza di un pianeta mai osservato. Due astronomi di Berlino gli credono: il 23 settembre 1846, dopo mezz’ora appena di ricerca, scoprono Nettuno. Il caso sembra risolto ma c’è un altro problema: l’orbita di Mercurio si sposta e non si capisce perché. Le Verrier propone l’esistenza di un ulteriore pianeta, Vulcano, che però non si trova e allora dobbiamo assumere un investigatore più brillante: Albert Einstein. Questi riferisce: la massa di un corpo influenza la “forma” dello spazio, il Sole ha tanta massa quindi sposta Mercurio, che gli sta vicino, e devia perfino la luce che arriva dalle stelle. Nel 1919 l’astronomo Arthur Eddington, sfruttando un’eclissi, riesce a constatare questo “piegamento” dei raggi di luce provocato dalla gravità del Sole: caso risolto.

Queste due indagini sarebbero degne di un libro giallo: l’investigatore raccoglie le prove e le combina per induzione, usa la logica deduttiva per raggiungere le conclusioni, sfrutta la creatività che nasce dal processo di abduzione.

Ma c’è una grossa differenza rispetto alle indagini criminali.

Quando si investiga per scoprire i meccanismi nascosti dell’universo, la natura sembra certe volte prendersi gioco di noi, ma è solo un’impressione. Quando invece si indaga alla ricerca di un criminale questi non solo ha ragionevolmente fatto di tutto per non farsi scoprire, ma in alcuni casi continua a mettere in atto ogni tipo di comportamento che gli possa garantire l’impunità: disinformazione, reazioni strategiche di difesa, false piste, intimidazione e attacchi all’investigatore. L’investigazione in questo caso agisce contro un’opposizione attiva e consapevole, capace di creare ostacoli effettivi alle indagini. È una differenza fondamentale che spiega perché spesso gli scienziati si sono rivelati pessimi investigatori: la natura non li inganna davvero, i criminali sì.

Ed ecco che, dal punto di vista letterario, si passa dal giallo classico, nel quale l’investigatore si limita a ricostruire un puzzle, al poliziesco, nel quale protagonista e avversario interagiscono e si ostacolano in maniera ricorsiva.

 

3. L’errore madornale: il Codice non è un menù

Immaginiamo la stanza di una Questura. Entra un agente di polizia, trafelato, e dice: “Commissario, c’è stato un omicidio. Abbiamo trovato il cadavere del sindaco fuori città”.

Il Commissario prende il Codice di Procedura Penale, lo apre, e lo scorre come fosse un menù.

“Prenderei volentieri un tabulato, per cominciare. Poi facciamo: due sommarie informazioni, ma belle corpose, e se ho ancora fame una bella intercettazione. Quelle ambientali le avete?”

Non funziona così! Le indagini hanno regole proprie che pre-esistono al Codice, il quale in realtà pone solo dei limiti e dei paletti alle attività investigative più incisive, non dice perché svolgerle.

Alla fine la maggior parte degli articoli del Codice relativi agli strumenti investigativi serve solo a rendere lecite attività che altrimenti non lo sarebbero, come l’accesso nel domicilio, la captazione di conversazioni, l’apprensione di proprietà private. Se ora agendo al contrario volessimo immaginare un menù del ristorante progettato come il Codice di Procedura Penale, ci troveremmo davanti una carta senza alcun piatto, che concede la possibilità di ordinare qualunque ricetta, fermo restando alcuni paletti del tipo: “Non si servono funghi fuori stagione”, “In questo ristorante è vietato spolverare il parmigiano sul pesce”, “Per integrare due carni diverse in una ricetta serve l’autorizzazione preventiva dello chef”. A quel punto il cliente potrebbe sceglie un piatto a piacere, anche inventato lì per lì, secondo il suo gusto personale, avendo la sola accortezza di rispettare le regole del ristorante.

Queste considerazioni appariranno banali a chi pratica i sentieri penali da lungo tempo, ma se nella fase creativa delle investigazioni non c’è una forte coerenza e una pianificazione tattica e strategica, l’indagine assomiglierà più al ritorno a casa di un ubriaco, che zigzaga per la via e colpisce a spallate i pali e le auto parcheggiate, che all’incedere sicuro di un giaguaro immerso nella notte (sebbene questi, come detto, non indaghi).

Se nel mondo reale la tentazione di usare il menù è sempre dietro l’angolo, gli investigatori della letteratura e del cinema agiscono quasi sempre nel modo opposto: come predatori ben determinati avanzano verso l’obiettivo e solo agli antagonisti è concesso, talvolta, di intralciarne i passi.

 

4. Dalle regole esterne al cuore dell'investigazione

Indagare possiede regole e principi propri, che purtroppo non sono ancora stati sistematizzati in modo accademico. Investigatori diversi, in ogni provincia d’Italia e in ogni paese del mondo, continuano a riscoprirli con fatica ed esperienza, ricominciando ogni volta da capo. Ma fra le pieghe del diritto e delle diverse normative i principi dell’investigazione restano gli stessi.

Essere invisibili; sembra che un boss mafioso abbia detto “la polizia non fa paura quando la vedi”. L’irreversibilità delle scelte investigative (presa una strada non si torna indietro); la conoscenza dell’avversario, delle sue credenze, del suo modo di ragionare; la necessità di completezza, in contrasto alle risorse che sono sempre per forza di cose limitate; la pianificazione che deve tenere conto dell’attrito esistente nel mondo reale, attrito che intralcia ogni pianificazione in modo ricorsivo; l’uso di sorpresa, inganno, stratagemmi; la gestione ottimale del tempo, declinato come velocità, ritmo e tempismo.

Le regole imposte dall’esterno possono influire sul modo in cui viene svolta un’indagine; ma il suo cuore, la geometria dei movimenti investigativi, possiede quella bellezza particolare che hanno solo gli oggetti di natura, che come tali si riconoscono e spiccano anche in mezzo alle macerie.

E qui si annida l’inevitabile distacco rispetto alle indagini letterarie e cinematografiche che non sono orientate alla ricerca, ma perseguono un obiettivo ben diverso: il conflitto fra personaggi, il loro continuo confronto, allo scopo di destare interesse nei lettori e spettatori. Un distacco inevitabile, quello fra finzione e realtà, che forse non è nemmeno opportuno sanare.