Le soluzioni al sovraffollamento non si vedono e in carcere si continua a morire

Ultimo atto disperato di un giovane 21 anni che non ce l’ha fatta a reggere l’inferno
Carlo Nordio
Carlo Nordio

Le soluzioni al sovraffollamento non si vedono e in carcere si continua a morire

 

Signor  Ministro Nordio aveva promesso una task force che avrebbe individuato le soluzioni al sovraffollamento, con l’ultimo decreto ha dichiarato di aver aperto le soluzioni per affidamento e detenzione domiciliare  per tutti quei detenuti che nei termini (15 mila secondo le stime dei suoi uffici)…e poi l’enfatico annuncio della task force che avrebbe analizzato i “malato” individuandone patologia e cura  entro la fine di settembre.

Ministro ci siamo….sabato 27 settembre nella disperazione della cella a Pavia si è tolto la vita (suicidato) un giovane di soli 21 anni. È il 64esimo dall’inizio dell’anno secondo il Dossier su suicidi e decessi in carcere pubblicato da Ristretti Orizzonti: “È il più alto numero di sempre. Siamo di fronte a un’emergenza”

E lunedì 29 settembre al carcere Sant’Anna di Modena,  un altro giovane detenuto di 24 anni si è tolto la vita, portando il numero dei suicidi a 65 dall’inizio dell’anno.

Un dato che si inserisce in una crisi più ampia del sistema penitenziario, fatta di sovraffollamento, degrado delle condizioni di vita, carenza di servizi psicologici e pressione crescente sul personale sanitario.

Contiamo suicidi in carcere  ormai come  su un pallottoliere, ogni settimana, ad ogni suo annuncio di provvedimento risolutivo.

Il 15  luglio il Ministro Nordio annunciava la costituzione di una  task force per studiare le soluzioni opportune contro il sovraffollamento annunciando per 10.000 detenuti possibili misure alternative

Il 25 luglio il Ministro presentava Due schemi di disegno di legge presentati, il primo dei quali riguarda il recupero dei detenuti tossicodipendenti o alcoldipendenti, “che sono persone da curare più che criminali da punire” ha sottolineato il Ministro “per i quali è prevista, a certe condizioni, una detenzione differenziata extramoenia, cioè fuori dal carcere”.

Ci sarà quindi, ha spiegato il Guardasigilli “una detenzione differenziata rispetto al carcere, fatta in strutture certificate e credibili, essenzialmente di comunità”.

E se solo un terzo del numero complessivo di questi detenuti (31% dei 61.861 complessivi) partecipasse al trattamento di detenzione differenziata, ha proseguito Nordio, “sarebbe numericamente già una riduzione molto sensibile del sovraffollamento carcerario”.

L’11 settembre 2025  il Ministro dichiarava : “La soluzione del sovraffollamento delle carceri per noi è una priorità ma il problema non può essere risolto con la bacchetta magica, essendosi sedimentato nei decenni: sono necessari provvedimenti strutturali”.
La strategia del ministero punta  non solo alla costruzione di nuove strutture, ma anche a una “progressiva diminuzione dei detenuti in attesa di primo giudizio, di quelli stranieri e di quelli tossicodipendenti che sono più malati da curare che criminali da punire”. La necessità di “adeguare la capienza delle carceri al numero di persone che devono scontare una pena”, ha sottolineato il ministro, si accompagna a misure legislative e operative mirate a ridurre l’affollamento, con l’obiettivo di diminuire la popolazione carceraria fino a 15-20 mila unità in meno.

E puntualmente arriva il 30 settembre u.s. la  terza riunione della cabina di regia per l'edilizia penitenziaria. Ministri, sottosegretari, commissario straordinario riuniti per assestare i numeri che sulla carta dovrebbero impressionare: 10.676 nuovi posti detentivi entro dicembre 2027, cantieri che partono, padiglioni che si inaugurano, una macchina organizzativa che teoricamente funziona come un orologio svizzero. Per ora, ci accontenteremo di 506 posti in più a fine dicembre.

Peccato che la realtà delle carceri italiane assomigli più a un orologio rotto, dove le lancette girano all'impazzata senza segnare mai l'ora giusta. E mentre Nordio, Salvini, Mantovano e gli altri membri della cabina di regia si congratulano per i progressi del programma triennale, nei penitenziari si continua a morire, a soffocare, a impazzire, nelle celle le condizioni anche igieniche sono disumane e del tutto assente ogni adeguata assistenza sanitaria di cura e prevenzione.

Il calendario ufficiale prevede 506 posti da rendere disponibili tra settembre e dicembre 2025 (di cui 445 a cura del ministero delle Infrastrutture), 5.739 nel 2026, 4.074 nel 2027. Come è sono nella mente di chi parla ignorando una condizione ormai estrema per detenuti e operatori in primis polizia penitenziaria ed educatori.

Eppure il problema non è solo contare i posti. È farli diventare reali, sostenibili e dignitosi. Qui si concentra il nodo vero: tempistiche, procedure d’appalto, costi reali, gestione del personale e, soprattutto, l’assenza di misure che riducano la popolazione detenuta — le cosiddette misure “deflattive” — che restano marginali nel progetto governativo. A  mancare è una vera  strategia sul versante dei percorsi alternativi alla detenzione.

La strategia annunciata punta in parte su moduli prefabbricati — nei fatti container adattati a celle — e su un’accelerazione delle ristrutturazioni. Ma le soluzioni “rapide” hanno già mostrato il loro rovescio. Bandi annullati, aumenti dei prezzi e ricorsi rischiano di rimandare di mesi, se non anni, consegne e risparmi promessi. Per un lotto di prefabbricati previsto per 384 posti la spesa è salita dagli iniziali 32 milioni a oltre 45 milioni: circa 118 mila euro a posto letto. È solo un esempio del fatto che la formula “più posti a costi contenuti” non regge se la procedura è affrettata. La Corte dei conti ha già richiamato l’attenzione: permangono ritardi strutturali nell’attuazione del cosiddetto “Piano Carceri” e criticità nell’organizzazione degli appalti e delle risorse. La cronaca dei dieci anni passati mostra che progetti simili finiscono spesso per incagliarsi su contenziosi, limiti tecnici e carenze di progetto. Se la macchina amministrativa non tiene, i posti restano numeri nei comunicati.

Il sovraffollamento reale,  è di circa 16mila detenuti oltre la capienza. Nel migliore degli scenari, ammesso che tutti i cantieri vengano completati nei tempi previsti, ammesso che non ci siano ritardi, intoppi burocratici, problemi con le imprese appaltatrici, arriveremmo al 2027 con un sistema che a malapena riesce a pareggiare i conti. Ma c'è un problema: la popolazione carceraria non sta ferma ad aspettare che i cantieri finiscano. Cresce, si muove, risponde a logiche che hanno poco a che fare con i programmi triennali e molto con le scelte di politica criminale. Ed è qui il nodo centrale a cui questo Ministro non è in grado, non vuole affrontare.

La vera riforma (in attesa dell’adeguamento delle strutture in una prospettiva di ammodernamento anche concettuale dello spazio detentivo) sta nella diversa declinazione della pena o meglio delle pene.

Mentre si discute di padiglioni e moduli prefabbricati, il governo continua imperterrito sulla strada del carcerocentrismo. Nuovi reati, pene inasprite, una concezione della giustizia penale che vede nel carcere l'unica risposta possibile a ogni problema sociale. Il piano di Nordio è nato vecchio proprio perché ignora questo paradosso fondamentale. Non si può affrontare il sovraffollamento carcerario continuando a riempire le celle più velocemente di quanto si riesca a costruirle e a svuotarle (con teoriche e solo annunciate misure alternative che non si applicano)