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L’Egitto in una stanza: gli “scavi” di Giuseppe Botti tra i papiri dei musei italiani

Laurea Honoris Causa conferita a Giuseppe Botti dall’Università di Praga nel 1965. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, cartella 20)
Laurea Honoris Causa conferita a Giuseppe Botti dall’Università di Praga nel 1965. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, cartella 20)

“Perché, forse gli astronomi vanno sulle stelle?”

Così pare rispondesse il papirologo e demotista ossolano Giuseppe Botti, vissuto tra il 1889 e il 1968, a chi gli domandava perché non fosse mai andato nella terra dei faraoni, ritenendo tale scelta alquanto singolare se non addirittura sconveniente per un egittologo. Agli occhi dei suoi contemporanei, infatti, l’assenza di un’esperienza diretta sul campo e la mancata partecipazione alle campagne di scavo potevano sollevare dubbi sul valore scientifico del suo lavoro: com’era possibile comprendere la storia dell’antico Egitto o leggerne le carte senza aver mai visitato i luoghi in cui quella civiltà si era sviluppata? Può forse sembrare una stranezza ma lo studioso non vide mai quei siti da cui provenivano i frammenti dei papiri alla cui decifrazione dedicò un’intera esistenza. Ma la scelta di Botti era perfettamente coerente alla visione che egli aveva dell’Egitto, terra ideale e immagine di una realtà quasi extraterrena, come lui stesso rivela nel corso di una conferenza:

"Ho detto vita: perché l'Egitto non è affatto la classica terra dei morti, quale noi purtroppo siamo soliti pensare, ma oltre che il paese del sole è il paese della vita, perché i suoi morti, nella credenza del Paese, vivono, sotto un'altra forma [...]. Morire, nel senso assoluto della parola, non era concepibile in Egitto [...]".

Prima pagina della minuta del discorso tenuto all'Accademia di Cortona il 26 novembre 1950. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 8, fasc. 19)
Prima pagina della minuta del discorso tenuto all'Accademia di Cortona il 26 novembre 1950. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 8, fasc. 19)

Giuseppe Botti, pur non condividendo con Ernesto Schiaparelli, di cui fu allievo e collaboratore, l’esperienza dei viaggi avventurosi nella Valle del Nilo, ha dato un contributo straordinario alla ricostruzione storica dei contesti portati alla luce nel corso delle più importanti missioni archeologiche che si svolsero in Egitto agli inizi del Novecento: primo studioso di demotico in Italia, egli ha condotto i suoi “scavi” tra il ricco patrimonio di papiri conservato nei musei di Torino, Firenze, Pavia, Napoli, Bologna, Parma e Roma, siti ideali per approfondire e perfezionare lo studio della difficile scrittura demotica, impiegata prevalentemente nella compilazione di documenti di carattere amministrativo.

Il fondo Giuseppe Botti conservato nell’Archivio di Stato di Torino ripercorre il lavoro infaticabile di ricerca e analisi di un accademico eclettico e dalla mente brillante, esperto di filologia, archeologia ed egittologia, lungo un arco temporale che va dal 1901 al 1968. Tale complesso documentario, insieme a testimonianze custodite negli Istituti e nei musei dove lo studioso prestò servizio, consente di ricostruire, nel dettaglio, le tappe del suo percorso formativo e della sua attività professionale.

Le carte del demotista piemontese, versate all’Archivio di Stato di Torino dalla Soprintendenza Speciale alle Antichità Egizie in due lotti, nel 2010 e nel 2012, sono state sottoposte ad un lavoro di schedatura analitica, riordinamento, inventariazione e ricondizionamento, che ne ha reso fruibili i contenuti: materiale di varia natura, costituito da appunti, contributi inediti su testi in prevalenza demotici e ieratici, quaderni di studio, schedari e corrispondenza di carattere professionale e personale.

L’archivio di Giuseppe Botti rappresenta un’importante integrazione rispetto alla documentazione del Museo Egizio presa in carico dall’Istituto archivistico torinese a partire dal 2005 attraverso 3 versamenti che oggi costituiscono l’archivio del Museo delle Antichità Egizie di Torino: quest’ultimo, grazie ad un progetto di digitalizzazione, è in gran parte visibile sul web, dove risultano caricate oltre 80.500 immagini (per un approfondimento v. Link).

L’ordinamento archivistico dato al fondo, come si evince dall’inventario consultabile anche on line a questa pagina si articola in 9 serie di cui 8 strettamente connesse agli studi di papirologia e alla carriera accademica e una dedicata a carte di natura privata, che testimoniano altri interessi ed ambiti di ricerca.

Giuseppe Botti inizia ad appassionarsi alla cultura dell’antico Egitto proprio a Torino, negli anni della frequentazione universitaria, sia per la vicinanza della sua abitazione al Museo Egizio, di cui diventa assiduo visitatore, sia per l’interesse che suscitano in lui le lezioni universitarie di Egittologia del suo direttore, Ernesto Schiaparelli, che, alla guida di fortunate campagne di scavo nella terra dei faraoni, contribuì ad arricchire la già notevole collezione del Museo torinese.

Dopo la laurea in Lettere con una tesi sulla letteratura cristiana, Botti decide di dedicarsi allo studio del demotico, una scrittura che suscita in lui un profondo interesse e che rappresenta la materia attorno a cui prende forma il suo archivio. Schiaparelli coglie sin dai primi incontri la vivacità intellettuale del giovane studente ma anche la sua natura schiva, che lo rende più propenso a trascorrere interminabili sessioni di analisi filologica su testi antichi di difficile comprensione, in perfetta solitudine, e meno adatto ad essere coinvolto nelle frenetiche missioni di scavo in Egitto.

Appunti di studio sulla scrittura geroglifica e demotica: esempio di testo con trascrizione ad opera di Giuseppe Botti. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 11, fasc. 7)
Appunti di studio sulla scrittura geroglifica e demotica: esempio di testo con trascrizione ad opera di Giuseppe Botti. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 11, fasc. 7)

Attorno agli anni Venti inizia così un felice sodalizio tra allievo e maestro: Botti viene incaricato di sistemare i papiri ieratici della collezione Drovetti conservati a Torino e da questo apprendistato nascono importanti contributi: La collezione Drovetti e i papiri del Regio Museo di Torino (in "Rendiconti dell'Accademia Nazionale dei Lincei", serie V, 30, 1921), primo approfondimento sulla ricca collezione di antichità che rappresentava il nucleo originario del Museo, Frammenti di registri di stato civile della XX Dinastia, (in "Rendiconti dell'Accademia Nazionale dei Lincei", serie V, 31, 1923), studio dedicato a frammenti di papiri di piccole dimensioni provenienti da alcuni registri di stato civile rinvenuti nella necropoli di Tebe, e Il Giornale della necropoli di Tebe (Torino, 1928), opera che, attraverso la traduzione dei papiri di Deir El-Medineh getta luce su un aspetto inedito della quotidianità dell’antico Egitto, ossia l’organizzazione del trattamento economico dei lavoratori come risultava descritta in un giornale di contabilità.

Ma decifrare frammenti di papiri di pochi centimetri era impresa ardua, che richiedeva spirito di sacrificio e conoscenze altamente specializzate. Botti decide perciò di intraprendere un percorso formativo che lo porta a Praga, dove frequenta i corsi di specializzazione del prof. Lexa all’Università Carlo IV tra il 1932 e il 1934 e poi nel 1939. La scelta è quasi obbligata e nasce dall’esigenza di acquisire le competenze necessarie per studiare e ricomporre la cospicua mole di papiri ieratici e demotici rinvenuti dalla missione italiana in Egitto nell’oasi di Al-Fayoum e depositati presso il Regio Museo Archeologico di Firenze, dove l’egittologo inizia a lavorare terminata l’esperienza torinese.

Colpiscono gli oltre 40 quaderni di appunti risalenti a quegli anni, in cui Botti ha voluto fissare preziose nozioni che, rientrato a Firenze, lo aiuteranno nella catalogazione e nel riordino della collezione della sezione egizia del Museo.

Quaderni di appunti: lezioni di demotico e di fonetica demotica del prof. Lexa e corso di neoegiziano del prof. Černy. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 10/1) I 43 quaderni e le 2 rubriche contenenti appunti sulla grammatica egizia e sulle tre scritture studiate da Giuseppe Botti (geroglifico, demotico e copto) sono stati suddivisi per affinità di argomento in fase di inventariazione e condizionati in 3 mazzi (10/I-II e 11).
Quaderni di appunti: lezioni di demotico e di fonetica demotica del prof. Lexa e corso di neoegiziano del prof. Černy. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 10/1) I 43 quaderni e le 2 rubriche contenenti appunti sulla grammatica egizia e sulle tre scritture studiate da Giuseppe Botti (geroglifico, demotico e copto) sono stati suddivisi per affinità di argomento in fase di inventariazione e condizionati in 3 mazzi (10/I-II e 11).
Quaderni di appunti: lezioni di demotico e di fonetica demotica del prof. Lexa e corso di neoegiziano del prof. Černy. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 10/1) I 43 quaderni e le 2 rubriche contenenti appunti sulla grammatica egizia e sulle tre scritture studiate da Giuseppe Botti (geroglifico, demotico e copto) sono stati suddivisi per affinità di argomento in fase di inventariazione e condizionati in 3 mazzi (10/I-II e 11).
Quaderni di appunti: lezioni di demotico e di fonetica demotica del prof. Lexa e corso di neoegiziano del prof. Černy. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 10/1) I 43 quaderni e le 2 rubriche contenenti appunti sulla grammatica egizia e sulle tre scritture studiate da Giuseppe Botti (geroglifico, demotico e copto) sono stati suddivisi per affinità di argomento in fase di inventariazione e condizionati in 3 mazzi (10/I-II e 11).
Quaderni di appunti: lezioni di demotico e di fonetica demotica del prof. Lexa e corso di neoegiziano del prof. Černy. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 10/1) I 43 quaderni e le 2 rubriche contenenti appunti sulla grammatica egizia e sulle tre scritture studiate da Giuseppe Botti (geroglifico, demotico e copto) sono stati suddivisi per affinità di argomento in fase di inventariazione e condizionati in 3 mazzi (10/I-II e 11).
Quaderni di appunti: lezioni di demotico e di fonetica demotica del prof. Lexa e corso di neoegiziano del prof. Černy. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 10/1) I 43 quaderni e le 2 rubriche contenenti appunti sulla grammatica egizia e sulle tre scritture studiate da Giuseppe Botti (geroglifico, demotico e copto) sono stati suddivisi per affinità di argomento in fase di inventariazione e condizionati in 3 mazzi (10/I-II e 11).

Gli anni che seguono sono scanditi dalla pubblicazione di contributi che gli valgono numerose attestazioni di stima e riconoscimento da parte del mondo accademico. A tal proposito, le carte conservate presso l’Archivio di Stato di Torino rivelano un aspetto peculiare della sua personalità, vale a dire una meticolosità quasi ossessiva: nella serie “Scritti editi di Giuseppe Botti”, creata in fase di riordinamento, sono stati inseriti, oltre alle numerose copie di estratti, contributi e articoli accademici, anche gli appunti e le note usate nella loro stesura nonché le bozze di stampa che l’autore, con molta cura, ritenne di dover conservare a futura memoria.

Bozze di stampa con correzioni e minuta dell'articolo Papiri figurati e dipinti, pubblicato in "Papiri della Società Italiana" 14, 1957, pp. 174-180. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 5, fasc. 7)
Bozze di stampa con correzioni e minuta dell'articolo Papiri figurati e dipinti, pubblicato in "Papiri della Società Italiana" 14, 1957, pp. 174-180. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 5, fasc. 7)
Minuta, bozza dattiloscritta e prove di stampa dell'articolo Papiri demotici dell'epoca imperiale da Tebtynis, pubblicato in "Studi in onore di A. Calderini e R. Paribeni" 2, Milano-Varese, 1957, pp. 75-86. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 5, fasc. 8)
Minuta, bozza dattiloscritta e prove di stampa dell'articolo Papiri demotici dell'epoca imperiale da Tebtynis, pubblicato in "Studi in onore di A. Calderini e R. Paribeni" 2, Milano-Varese, 1957, pp. 75-86. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 5, fasc. 8)

Verso la fine degli anni Trenta, la fortunata compagna di scavo a Tebtynis guidata dal prof. Carlo Anti è per Botti occasione ideale per mettere in pratica gli studi fatti a Praga e avviare l’ambizioso progetto di pubblicare un vocabolario di demotico, impresa a cui si dedica tra il 1935 e il 1938, compilando oltre 10.000 schede paleo-lessicografiche.

Schede manoscritte di lemmario demotico. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 1/IV) Nell’archivio Botti sono conservate migliaia di schede manoscritte (mazzi 1/I-VIII), suddivise per tipologia (paleo-lessicografiche, bibliografiche, inventariali, di lemmario demotico e di prosopografia demotica) alcune compilate in vista della pubblicazione de L’Archivio demotico del Deir El- Medineh e La storia dell’Egittologia, altre per l’edizione di un vocabolario di demotico, altre ancora per finalità di catalogazione
Schede manoscritte di lemmario demotico. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 1/IV) Nell’archivio Botti sono conservate migliaia di schede manoscritte (mazzi 1/I-VIII), suddivise per tipologia (paleo-lessicografiche, bibliografiche, inventariali, di lemmario demotico e di prosopografia demotica) alcune compilate in vista della pubblicazione de L’Archivio demotico del Deir El- Medineh e La storia dell’Egittologia, altre per l’edizione di un vocabolario di demotico, altre ancora per finalità di catalogazione.
Frammento di papiro da Tebtynis con appunti e trascrizione di Giuseppe Botti. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 22, fasc. 6)
Frammento di papiro da Tebtynis con appunti e trascrizione di Giuseppe Botti. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 22, fasc. 6)

I risultati del lavoro sui testi demotici (papiri e ostraca) conservati presso i musei di Firenze, Napoli e Bologna vedono la luce con la pubblicazione de Testi demotici vol. I, edito nel 1941, mentre rimane inedito il volume II, che nel progetto originario dell’autore avrebbe dovuto contenere la traduzione e l’esame dei testi demotici del Museo Gregoriano Egizio del Vaticano.

(v. ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 4, fasc. 7; mazzo 14; mazzo 23 fasc. 16)

Parallelamente, inizia l’ascesa anche nel mondo accademico: prima con la libera docenza in Egittologia all’Università degli Studi di Firenze, ottenuta nel 1942, poi con l’assegnazione nel 1955 della prima cattedra di ruolo presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Milano ed infine con il conferimento della neoistituita cattedra di Egittologia per docenti ordinari presso l’Università “La Sapienza” di Roma, dove rimarrà in servizio sino al 1960. Traguardi importanti se si pensa che in Italia, a partire dal 1900, l’Egittologia era insegnata solo all’Università di Torino dal direttore del Museo Egizio di Torino, che teneva le sue lezioni in qualità di docente “associato”.

L'Egittologia e il suo sviluppo in Italia, minuta e testo dattiloscritto con correzioni della lezione introduttiva al corso di Egittologia presso l'Università di Roma, 21 febbraio 1956. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 8, fasc. 15)
L'Egittologia e il suo sviluppo in Italia, minuta e testo dattiloscritto con correzioni della lezione introduttiva al corso di Egittologia presso l'Università di Roma, 21 febbraio 1956. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, mazzo 8, fasc. 15)
Laurea Honoris Causa conferita a Giuseppe Botti dall’Università di Praga nel 1965. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, cartella 20)
Laurea Honoris Causa conferita a Giuseppe Botti dall’Università di Praga nel 1965. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, cartella 20)
Diploma di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, 1965. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, cartella 20).
Diploma di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, 1965. (ASTo, Archivio Giuseppe Botti, cartella 20).

 Il 1967 è l’anno dell’opera più importante, L’Archivio demotico da Deir El-Medineh, in cui l’autore presenta l’archivio di una famiglia egiziana scoperto nel corso della Missione Archeologica Italiana guidata da Schiaparelli nel 1905, lavoro che precede la pubblicazione del catalogo generale del Museo Egizio di Torino.

Ma come considerava, retrospettivamente, il Botti uomo maturo quell’esistenza vissuta senza mai oltrepassare i confini delle carte e degli ambienti che scandivano le sue giornate? La sua risposta svela un mondo inedito al quale il professore sentiva di appartenere:

Non sono affatto solo. Con me, da questi frammenti, da questi miei fogli, sorge continua una folla cangiante di spiriti, di attività, di passioni, di pene e di gioie che mi fanno molta compagnia e mi chiariscono la vita nostra oggi. Vivo tra continue novità antiche: difficoltà familiari, concorrenze villane, scioperi di operai perché i dirigenti rimandano i pagamenti, sposi, fidanzati, innamorati, che si dicevano le stesse frasi che si ripetono anche oggi. […] Nessuno, credo, vive faccia a faccia con tanta gente, come ci vivo io: anche dormendo![1]

 

[1] Discorso riportato in G. GADDO (1988), L’egittologo Giuseppe Botti di Vanzone Ossola, in “Bollettino degli ex allievi e dei Collegi Rosminiani di Domodossola”, 46.