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L’infanzia sic et simpliciter!

Rapporto tra bambini e adulti
Rapporto tra bambini e adulti

Abstract

L’Autrice, prendendo spunto da alcuni atti internazionali, suggerisce agli adulti un atteggiamento consapevole nella loro relazione con i più piccoli.

 

“Tutti abbiamo provato talvolta a osservare un piccolo che gioca o che si fissa su un particolare minimo della natura: la realtà più semplice si trasfigura ai suoi occhi in un microcosmo in cui egli è ospite e signore, immerso nel suo desiderio di scoprire e sviscerare” (il teologo Gianfranco Ravasi).

L’infanzia da rispettare (etimologicamente “guardare indietro, di nuovo”) nella sua semplicità e naturalezza: giocare, fissare, desiderare, scoprire, sviscerare (è tipico dei bambini rompere dei giocattoli per vedere come sono fatti dentro e come funzionano)… L’articolo 27 par. 1 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia recita: “Gli Stati parti riconoscono il diritto di ogni fanciullo ad un livello di vita sufficiente atto a garantire il suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale”. In questa disposizione è rilevante ogni singola parola, tra cui l’aggettivo “suo” (che è di quel bambino e non di altri) e “sviluppo”, che è il contrario di “inviluppo”, che è lo stato in cui riducono il figlio, spesso, i genitori con i loro errori educativi o con loro scelte individualistiche.

Da un cartone animato sul canale televisivo Boing: “La mia mamma sta combattendo contro un’incipiente menopausa”. Nella realtà, una bambina di 5 anni: “Mia madre ha le mestruazioni nervose”. Nella quotidianità si deve, invece, “[...] assicurare al fanciullo capace di formarsi una propria opinione il diritto di esprimerla liberamente e in qualsiasi materia, dando alle opinioni del fanciullo il giusto peso in relazione alla sua età e al suo grado di maturità” (dall’articolo 12 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Perché non far sentire e acquisire al bambino un linguaggio adeguato alla sua età e al suo grado di maturità? La vita non è anatomia ma esperienza e scoperta di emozioni, sentimenti e relazioni. Anziché dire termini che non riguardano ancora l’infanzia (come mestruazioni, menopausa, spermatozoi ed altro), bisogna parlare con i bambini e tanto (conversare più che dialogare), anche per far fronte al forte impoverimento lessicale cui si sta assistendo. Le parole sono mezzo e fonte di emozione. Attraverso le parole passano l’arte e la cultura della vita stessa, perché la parola è “parabola”. Bisognerebbe recuperare il narrare, il raccontare, il raccontarsi, anziché preoccuparsi dell’indottrinamento scientifico dei bambini che è solo apparente e non funzionale. I bambini hanno bisogno di sentire la comunità intorno e di ricevere orientamento e consigli, come si legge nell’articolo 5 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. Come pure hanno bisogno di padroneggiare la lingua madre, perché fondamentale per la vita e per le altre lingue, per conoscere se stessi e approcciarsi ad altre conoscenze, per acquisire quella “competenza alfabetica funzionale” che è la prima delle cosiddette “competenze chiave europee” (o “competenze di cittadinanza”) dalla nuova Raccomandazione sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente del Consiglio dell’Unione europea del 22 maggio 2018.   

Nel film “Un pizzico d’amore e di magia”, una bambina chiede: “Dicono che stiamo andando avanti, ma stiamo andando avanti tutti o solo alcuni?”. Le si risponde: “Hai fatto una bella domanda!”. È fondamentale educare i bambini a porsi domande e per gli adulti imparare a rispondere alle loro domande: educare e educarsi alla responsabilità (che è già corresponsabilità). “Domandare” deriva dal verbo latino “demandare” che significa “affidare, raccomandare”, pertanto è un atto di fiducia: l’infanzia stessa è una “domanda” di vita, di fiducia.

Lo scrittore Aldo Nove spiega: “Loro, i bambini, lo sanno. Le cose sono docili, obbediscono ai sogni e li assecondano perché non sfuggano nel ritmo forsennato degli eventi e del caso. Basta prendere una scopa con la determinazione di dominarla sapendo di essere un re, per essere in tutto e veramente re. Allora quella scopa diventa un cavallo prodigioso, il più affidabile e lungimirante dei cavalli. Basta decidere di essere il re che lo cavalca per andare a visitare le proprietà più lontane, o incominciare una guerra, o semplicemente girare dentro un cortile immaginando che ogni angolo sia un confine del mondo, perché lo è. Ma tutti i confini hanno in sé un pericolo. E allora incominci a incontrare dei mostri. Veri”. I mostri che deturpano l’infanzia non sono solo i temuti pedofili, ma possono esserlo anche i genitori (e non solo loro) con gli abbandoni, con l’esacerbata conflittualità tra di loro, con i maltrattamenti, con l’iperprotettività, con l’incapacità genitoriale. Purtroppo oggi manca spesso la fase dell’infanzia, bruciata da ansie, aspettative o altre scelte sbagliate degli adulti.

Un bambino: “Perché preghiamo? Ah, noi mandiamo una melodia lassù e ci torna indietro”. I bambini sanno dare le risposte vere ed essenziali ai quesiti esistenziali. I bambini: maestri di empatia e di vera simpatia (da “sum-patheia”, soffrire con, sentire insieme il medesimo sentimento). I bambini vedono il bene, vogliono il bene perché sono l’armonia e la poesia della vita. Poi ci si dimentica, però, di essere stati bambini, si mette a tacere il proprio essere bambini e non si ascoltano i bambini.

Ogni bambino rappresenta l’unicità e la meraviglia della vita: bisognerebbe ripeterlo a chi sceglie l’insegnamento per ripiego e a chi cerca ad ogni costo la genitorialità solo per appagamento egoistico. La scuola, senza significato, senza scopo, diventa un luogo di detenzione e non di attenzione (dal pensiero del sociologo Neil Postman). Qualsiasi luogo, anche la famiglia, senza significato, senza scopo, diventa un luogo di detenzione e non di attenzione.

“Egli [il bambino] trova veramente il tutto nel nulla. Proprio al contrario della nostra superficialità di adulti che passa in mezzo a un mondo di meraviglie, a presenze luminose, con l’indifferenza di un mercante che calcola solo costi e ricavi, rischi e vantaggi” (il teologo Gianfranco Ravasi). La famiglia sia una coeducazione alla meraviglia della vita e nella meraviglia della vita con i bambini, come i bambini. L’infanzia è una poesia (letteralmente “produzione”) spontanea e accorata alla vita, invece la vita attuale si rivela un “pesticida dell’infanzia”: occorre attenzione, molta attenzione (etimologicamente “volgere l’animo a qualcosa, porre cura”). “I bambini hanno diritto a essere parte di processi artistici che nutrano la loro intelligenza emotiva e li aiutino a sviluppare in modo armonico sensibilità e competenze” (articolo 3 Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura, Bologna 2011).

Il maestro e pedagogista Mario Lodi richiamava che “[…] i bambini attuali, insieme a quelli non nati per paura dell’avvenire, sono la testimonianza del dramma che stiamo vivendo noi adulti in questi ultimi decenni”[1]. Non ci sono più tanti bambini e i bambini non sono tanto bambini, perché non ci sono più tanti adulti e gli adulti non sono tanto adulti. Quando si parla di diritto al futuro bisogna prima comprendere e garantire il diritto all’infanzia.

Ernesto Balducci, “educatore delle coscienze”, scriveva: “La vera infanzia dell’uomo abita nel futuro, è la patria verso cui si tende, quella dell’identità tra l’uomo inedito e l’uomo edito, tra essenza ed esistenza, per usare il linguaggio di Marx, che pur riconoscendo nell’ingenuità del fanciullo una «verità primordiale» ricordava sarcasticamente che «un uomo non può diventare fanciullo, altrimenti diviene infantile»”[2]. Educare a essere se stessi è educare al futuro. Il primo diritto dei bambini è il diritto alla loro infanzia per non divenire, poi, solo apparenti adulti e rimanere infantili, puerili o, peggio, soffrire di infantilismo.

“Bambini e giovani uomini e donne sono agenti critici del cambiamento e troveranno nei nuovi obiettivi una piattaforma per incanalare le loro infinite potenzialità per l’attivismo verso la creazione di un mondo migliore” (dal punto n. 51 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale il 25 settembre 2015).

 

[1] M. Lodi, “La scuola e i diritti del bambino”, Einaudi 1983

[2] E. Balducci da “La necessità della comunione” in “La terra del tramonto. Saggio sulla transizione”, Giunti Editore, 2005