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L’innovation manager nello studio legale

Cambiamento
Cambiamento

Cambiamento: oramai sentiamo questa parola in tutte le salse. Abbiamo capito che il cambiamento sarà l’elemento costante del futuro; ci è chiaro che bisogna essere flessibili per poter agire con tempestività; è noto a tutti che indietro non si torna e che fare i nostalgici serve a poco. Quindi come si può affrontare questo cambiamento epocale che sta investendo anche gli studi professionali, tra cui gli studi legali? La gestione del cambiamento prende il nome (inglese, neanche a dirlo) di “change management” e richiede competenze per poter introdurre senza scossoni e senza distruggere l’esistente in una organizzazione.

La domanda a questo punto è chi porta l’innovazione? Da dove arriva l’innovazione da introdurre? Giunge dal basso o dall’alto? Sono i collaboratori a portarla in studio? Magari i collaboratori più giovani, generazione nata con il tablet in mano? Oppure sono i “vecchi saggi” di studio a capire che si deve cambiare per sopravvivere, sulla scorta degli insegnamenti di Charles Darwin per cui non è il più forte della specie a sopravvivere, ma colui che si adatta meglio al cambiamento?

Per capire come il cambiamento può essere introdotto in una organizzazione partiamo dal mondo aziendale, che su questi temi è decisamente più avanti di quello professionale.

 

NASCE L’INNOVATION MANAGER

È questa una figura relativamente nuova persino nelle aziende. Nasce con l’esigenza di rimanere al passo con la tecnologia, che rivoluzione i processi produttivi, organizzativi e di business. Razionalizzare, ottimizzare, rendere più performanti insomma i processi è determinante per rimanere competitivi sul mercato e le nuove tecnologie permettono esattamente questo. Ma come? Quali? E a che costo? Ecco che nasce una figura professionale con questa mission specifica: portare innovazione dentro le organizzazioni.

Pensate che questa figura nel mondo aziendale è stata recentemente disciplinata dal MISE (Ministero dello Sviluppo Economico), con un voucher fino a 80mila euro per le PMI che intendano avvalersi di un professionista dell’innovazione.

In particolare, le aree di interesse per cui è previsto l’incentivo sono:

  • Big Data e Data analyst
  • Cyber Security
  • Realtà virtuale e aumentata
  • Robotica avanzata e collaborativa
  • Integrazione e sviluppo digitale dei processi aziendali
  • Digital marketing.

In 1 anno, da luglio 2019 ad oggi, sono oltre 9000 i professionisti iscritti all’elenco degli Innovation Manager e sono stati oltre 3600 le imprese che hanno fatto domanda.

 

COSA FA L’INNOVATION MANAGER

Prendiamo spunto da questa novità introdotta nel mondo aziendale per capire se e come possa essere utile anche per gli studi professionali la figura di un professionista dell’innovazione.

Diciamo che riassumendo sono 3 le funzioni principali di un innovation manager:

  • Prima di tutto esplora il mondo dell’innovazione tecnologica per capire cosa possa essere utile all’organizzazione di riferimento.
  • Una volta identificate le innovazioni utili all’organizzazione, diventa un change manager, con la funzione di facilitare il processo di innovazione, di gestirne la sua introduzione e renderlo sostenibile all’organizzazione.
  • Infine si occupa di coordinare e verificare il funzionamento delle novità, in modo che siano consolidate e integrate nei processi organizzativi e rappresentino una risorsa e un fattore di miglioramento delle performance.

 

QUALE INNOVATION MANAGER PER LO STUDIO LEGALE

All’interno di uno studio professionale la figura dell’iunnovation manager potrebbe essere rivestita da un professionista interno, da un manager dell’organizzazione o da un consulente esterno. Ciò che conta è che tale figura abbia un certo carisma per avere una funzione di leadership e guidare il cambiamento, abbia buone doti comunicative, capacità di gestione dello stress e dei conflitti, entusiasmo e energia contagiose.

Nessun risultato si può ottenere senza entusiasmo, quindi la positività, la flessibilità, la curiosità e la capacità di coinvolgimento sono essenziali per questo ruolo. Avere delle competenze di coaching, per esempio, può fare la differenza, così come ottime doti comunicative ed empatiche.