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Lo scambio elettorale politico mafioso

Le ultime novità giurisprudenziali
Acquario di Genova
Ph. Simona Balestra / Acquario di Genova

Indice:

1. Il reato di scambio elettorale politico mafioso

2. L’associazione mafiosa e il c.d. “metodo mafioso”

 

Il reato di scambio elettorale politico mafioso

Il reato di scambio elettorale politico mafioso è stato introdotto all’interno del codice penale dal d.l. n. 306 del 1992.

È collocato all’articolo 416 ter, si tratta di un reato plurioffensivo che mira a tutelare l’ordine pubblico, l’esercizio del diritto di voto e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione. Esso, nel corso del tempo, ha subito due importanti modifiche ad opera della legge n. 62 del 2014 e della legge n. 43 del 2019.
Nella sua versione nativa tale reato puniva la condotta del politico che stringeva un patto con la criminalità organizzata affinché questa procacciasse i voti necessari al politico in cambio di denaro. Dunque la sanzione penale era prevista solo per il politico.

La legge n. 62 del 2014 ha aggiunto quale corrispettivo del politico alla organizzazione criminale anche “altre utilità”; ha inteso punire anche l’altra parte dell’accordo e non più solo il politico ed infine ha precisato che il procacciamento dei voti dovesse avvenire “mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416 bis”.

Con la legge n. 43 del 2019 invece viene inserita una ulteriore modalità di realizzazione del patto politico mafioso che punisce il promissario anche in caso offrisse la propria disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa e quindi non più solo nei casi di dazione o promessa di denaro o di altre utilità. Inoltre è punito anche l’intermediario che si presenta a rappresentanza di uno dei soggetti del patto; occorre precisare che già anteriormente alla riforma del 2019 l’intermediario era incluso nel novero dei soggetti attivi, sia direttamente dato che tale reato è un reato comune e quindi realizzabile da chiunque sia indirettamente tramite il combinato disposto con l’articolo 110 c.p. che consentiva tranquillamente di punire condotte di agevolazione.

Tale ultima riforma ha inoltre specificato le condotte penalmente rilevanti ritenendo configurabile il reato quando la promessa di procurare voti provenga da soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’articolo 416 bis oppure se il procacciamento dei voti avvenga mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416 bis. Infine ha previsto una aggravante ad effetto speciale che prevede un aumento della metà della pena base qualora il candidato vinca le elezioni e la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici ai soggetti del patto sceleris.

Dunque oggi, l’articolo 416 ter punisce “chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all’articolo 416 bis o mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416 bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa è punito con la pena stabilita nel primo comma dell’articolo 416 bis.
La stessa pena si applica a chi promette, direttamente o a mezzo di intermediari, di procurare voti nei casi di cui al primo comma. Se colui che ha accettato la promessa di voti, a seguito dell’accordo di cui al primo comma, è risultato eletto nella relativa consultazione elettorale, si applica la pena prevista dal primo comma dell’articolo 416 bis aumentata della metà.
In caso di condanna per i reati di cui al presente articolo, consegue sempre l’interdizione perpetua dai pubblici uffici".
Vengono quindi punite le condotte di chi accetta, da un lato, la promessa di procurare voti laddove l’impegno preveda che l’acquisizione degli stessi avvenga o da soggetti appartenenti alla criminalità organizzata o da soggetti che si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivano (queste le modalità delineate dal terzo comma dell’articolo 416-bis c.p.) e, dall’altro, di chi eroga o promette denaro o altre utilità come controprestazione.

L’articolo 416 ter c.p. è un reato istantaneo, di pura condotta, che si perfeziona nel momento in cui viene posto in essere un semplice patto di scambio ed è questa la differenza con il concorso esterno in associazione mafiosa (articolo 110 e 416 bis c.p.) che è un reato di evento permanente e richiede una disponibilità stabile o prolungata nel tempo da parte del politico e la circostanza che questi abbia effettivamente contribuito a rafforzare l’organizzazione.

Il reato de quo ha il precipuo scopo di anticipare la tutela penale dal momento che il reato si consuma con la semplice stipula del patto di scambio (promessa di voti contro denaro o altra utilità), senza necessità che l’accordo trovi poi realmente esecuzione.

Si tratta di un reato comune, plurisoggettivo proprio, configurabile nei confronti di chiunque.

Ne possono rispondere, pertanto, anche il mediatore, oltre che il promittente ‘mafioso’ e il candidato e sussiste nei suoi elementi costitutivi per il solo fatto che sia stata raggiunta l’intesa dei cosiddetti voti contro favori.

Come è facilmente intuibile si tratta di un reato di pericolo a cd. consumazione anticipata in quanto la soglia di punibilità è arretrata rispetto alle iniziative che dovessero concretamente essere adottate per la ricerca dei voti.

In altre parole si tratta di un reato-contratto che si consuma immediatamente, nel momento dello scambio delle promesse oggetto del patto. Il reato de quo si qualifica, così differenziandosi da altre figure affini, per l’impegno al procacciamento del consenso elettorale con le già viste modalità mafiose. Esse si considerano sussistenti in re ipsa laddove il promittente sia per certo un’appartenete della criminalità organizzata ovvero abbia agito per conto di tale associazione delinquenziale. Devono essere, al contrario, provate come oggetto dell’intesa se manca tale requisito. Ciò accade nei casi in cui chi promette operi a ‘titolo individuale’ oppure non risulti affiliato ad un clan di tipo mafioso (Cass. Pen. 8518/2021).

 

L’associazione mafiosa e il “metodo mafioso”

Come abbiamo visto colui che si impegna a procacciare voti è o un soggetto appartenente all’associazione di tipo mafioso oppure un soggetto che ricerca i suddetti voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416 bis.

Quest’ultimo precisa quando l’associazione è di stampo mafioso, nello specifico l’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte “si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali”.

Da questo sforzo legislativo è possibile ricavare il più volte citato metodo mafioso: esso si compone di tre elementi fondamentali, una organizzazione di persone alle spalle, la forza di intimidazione del vincolo associativo e dalla condizione di assoggettamento ed omertà che da esso deriva.

La forza di intimidazione consiste nella paura che incute il soggetto mafioso, non occorre che tale soggetto ricorra alla violenza o ad atti di minaccia ma deve sussistere un alone penetrante e avvertibile di presenza intimidatoria e sopraffattrice, frutto di uno stile di vita consolidato nel tempo (G. Turone. Il delitto di associazione mafiosa. Giuffrè, 2015).

È proprio la forza di intimidazione l’elemento specializzante dell’associazione mafiosa rispetto all’associazione a delinquere tradizionale.

Per quanto concerne l’omertà, essa si ravvisa in un comportamento di non collaborazione con l’autorità, di reticenza e persino di favoreggiamento. Importante è sottolineare che il pericolo per l’ordine pubblico è dato dalla stessa esistenza dell’associazione mafiosa e a prescindere dalle finalità che essa persegue. Per tale motivo l’associazione può anche avere ad oggetto attività lecite.