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Lo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose: esigenze di contrasto del fenomeno mafioso, lotta alla corruzione e prevenzione

scioglimento per infiltrazioni mafiose
scioglimento per infiltrazioni mafiose

Lo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose: esigenze di contrasto del fenomeno mafioso, lotta alla corruzione e prevenzione

 

Abstract

In materia di contrasto alla corruzione, prevenzione del fenomeno corruttivo e trasparenza assai peculiare la disciplina che concerne lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose.

L’ultima Relazione sulla prevenzione della corruzione e sulla trasparenza nei Comuni sciolti per mafia – illuminante sul tema - approvata dalla Commissione antimafia il 26 aprile 2022 in uno con la recente indagine ANAC hanno tracciato lo stato dell’arte di tale delicatissima materia.
 

Lo scioglimento di enti pubblici territoriali per infiltrazioni mafiose

Lo scioglimento delle amministrazioni locali conseguente a fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso, è un potente e dissuasivo strumento di contrasto al fenomeno corruttivo introdotto nel nostro ordinamento nel 1991 (decreto-legge n. 164) in uno dei momenti più difficili e bui alla lotta tra Stato e mafia, ed oggetto di numerose modifiche nel corso degli anni, ora compiutamente disciplinato dal Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali o Tuel (artt. 143-146 del decreto legislativo n. 267 del 2000).

La peculiarità di tale strumento concerne la natura non giudiziaria né sanzionatoria ma squisitamente di carattere amministrativo-preventivo (trattasi, nel dettaglio, di un atto di alta amministrazione che, come tale, gode di un elevato margine di discrezionalità amministrativa), a carattere generale, poiché ha come diretti destinatari gli organi elettivi nel loro complesso e non il singolo amministratore (come invece disciplinato dall’art. 142, che prevede la rimozione in caso di «atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico»). Proprio la gravità dei presupposti cui si consente una tale radicale misura ha visto la Corte Costituzionale legittimare il ricorso a tale strumento ma solo come extrema ratio dell’ordinamento, in ossequio ad un principio di proporzionalità, al solo fine di salvaguardare la funzionalità dell’amministrazione pubblica (Corte cost. n. 103 del 1993) e – sia permesso – della democrazia rappresentativa [per un maggior approfondimento si veda G. P. CANCELLARO, Prevenzione della corruzione e trasparenza nei comuni sciolti per mafia: uno sguardo alla luce della relazione approvata dalla Commissione Antimafia, in Giurisprudenza Penale Web, 2/2023]

Attraverso lo scioglimento degli organi elettivi, infatti, si vuole interrompere il possibile o attuale verificarsi di un rapporto di connivenza, ovvero di soggezione, dell’amministrazione locale nei confronti di clan mafiosi, in grado di condizionarne le scelte attraverso il ricorso al metodo corruttivo o per il mezzo di pressioni e atti intimidatori.

Con riferimento all’operatività dell’istituto, in base all’art. 143 del Tuel, lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri (co. 4), al termine di un complesso procedimento di accertamento, effettuato dal Prefetto competente per territorio attraverso un’apposita commissione di indagine (co. 2) (escluso nei casi in cui emergano elementi certi nel corso delle indagini dell’autorità giudiziaria).

Condizione per lo scioglimento è l’esistenza di elementi «concreti, univoci e rilevanti» su collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso degli amministratori locali (sindaci,  anche metropolitani, presidenti delle province, consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, presidenti, consiglieri e assessori delle comunità montane, etc.) o su «forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali», incidendo negativamente sulla funzionalità dei servizi a queste affidati, oppure in grado di originare un «grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica» (art. 143, co. 1).

Quando abbia acquisito elementi in ordine alla sussistenza di forme di condizionamento degli organi amministrativi ed elettivi, il Prefetto è tenuto a trasmettere al Ministro dell’Interno una relazione nella quale si dà conto di tali condizionamenti anche con riferimento al personale non elettivo dell’ente. Nella relazione sono altresì indicati appalti, contratti e servizi interessati dai fenomeni di interferenza mafiosa. In presenza di elementi «concreti, univoci e rilevanti» circa i collegamenti tra amministratori e organizzazioni mafiose, la suddetta relazione deve essere inviata anche all’autorità giudiziaria ai fini dell’applicazione di eventuali – e assai probabili - misure di prevenzione (art. 143, co. 8).

Ricorrendo motivi di urgente necessità, prima dell’emanazione del decreto di scioglimento, il Prefetto può sospendere temporaneamente (per non oltre sessanta giorni) gli organi dalla carica ricoperta e nomina dei commissari che assicurino la gestione dell’ente (art. 143, co. 12).

Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti da dodici a diciotto mesi, prorogabili a ventiquattro in casi eccezionali (art. 143, co. 10). Esso determina anzitutto la cessazione dalla carica di tutti i detentori di ruoli elettivi e di governo (art. 143, co. 4), nonché la risoluzione di tutti gli incarichi dirigenziali a contratto, salvo il rinnovo degli stessi da parte della commissione

Dal periodo che intercorre tra lo scioglimento dell’ente pubblico a quello di nuova formazione e nomina degli amministratori locali l’ente è sottoposto ad una temporanea gestione commissariale.

Con il decreto di scioglimento, infatti, è nominata una commissione straordinaria per la gestione dell’ente; essa «è composta di tre membri scelti tra funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza» (art. 144, co. 1), che operano con il sostegno e sotto il monitoraggio del Ministero dell’Interno (art. 144, co. 2). Si tratta, dunque, di un organo composto (auspicabilmente) da personale estraneo all’ambiente corrotto e dotato di comprovata professionalità e rettitudine nella gestione dell’Amministrazione, in vista di una regolare ripresa del suo funzionamento. La commissione straordinaria ha il compito di definire un piano di interventi prioritari (art. 145, co. 2) e, nel caso in cui siano accertate infiltrazioni di natura mafiosa, procedere ad una verifica puntuale di appalti e concessioni, potendo anche disporre la revoca delle deliberazioni già adottate o la rescissione dei contratti già conclusi (art. 145, co. 4). Su richiesta della commissione e al fine di assicurare il regolare funzionamento dei servizi dell’ente commissariato, il Prefetto può disporre in favore di questo l’assegnazione temporanea di personale amministrativo e tecnico (art. 145, co. 1); per agevolarne il risanamento e la stabilità finanziaria sono, invece, previste norme speciali.

Infine, volendo raccordare quanto sin qui esposto con le disposizioni previste dal Codice antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011), valga ricordare che l’ente locale sciolto per infiltrazioni della criminalità organizzata dovrà acquisire, nei cinque anni successivi allo scioglimento, l’informazione antimafia in relazione alla stipula, approvazione o autorizzazione di qualsiasi contratto, ovvero in occasione del rilascio di qualsiasi concessione o erogazione di cui all’art. 67, indipendentemente dal valore economico degli stessi (art. 100).
 

La Relazione sulla prevenzione della corruzione e sulla trasparenza nei Comuni sciolti per mafia approvata dalla Commissione antimafia il 26 aprile 2022 e l’indagine ANAC

Il 26 aprile 2022 la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali ha approvato la Relazione sulla prevenzione della corruzione e sulla trasparenza nei Comuni sciolti per mafia.

Dalle audizioni svolte sul tema e nei lavori dei diversi comitati, è emerso l’allarmante reiterarsi degli scioglimenti degli stessi enti, soprattutto nelle regioni del meridione, Calabria, Campania e Sicilia. Come detto, la gestione commissariale a cui viene affidato un ente dopo lo scioglimento ha il compito di “epurare” lo stesso dalle infiltrazioni mafiose e consentire una futura azione amministrativa libera dai condizionamenti della criminalità organizzata.

La Relazione ha posto in luce un dato tanto preoccupante quanto simbolico ed emblematico. Dall’analisi, infatti, è emerso che, secondo la Commissione, le gestioni commissariali non presterebbero la dovuta attenzione alla trasparenza e prevenzione della corruzione, in contrasto con il nuovo volto delle organizzazioni criminali, meno violente ma più infiltrate negli apparati pubblici e nell’economia legale.

Di recente pubblicazione – in parallelo con quanto contenuto nella relazione della Commissione Antimafia - l’indagine condotta dall’Autorità Nazionale Anti Corruzione in materia di prevenzione e contrasto alla corruzione; indagine utile ad una maggior comprensione, sia per gli esperti del settore che per i cittadini, del fenomeno corruttivo nel settore pubblico e delle misure di prevenzione e contrasto adottate dalle Pubbliche Amministrazioni. Si tratta, infatti, di un’utile cartina di tornasole in grado di evidenziare e illuminare il livello di sensibilità e preparazione del nostro Paese verso tale tematica. L’indagine condotta dall’Anac, in particolare, è stata effettuata dalla prospettiva di chi è professionalmente incaricato, nelle varie articolazioni territoriali, centrali e periferiche, di attuare i piani di prevenzione: i responsabili della prevenzione della corruzione e della trasparenza (Rpct).

Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, a seguito della legge c.d. “Severino”, ha concentrato su un’unica persona i ruoli di Responsabile della prevenzione della corruzione e di Responsabile della trasparenza. La nomina del Rpct spetta all’organo di indirizzo dell’ente e solitamente coincide con una figura di vertice evitando quelle in potenziale conflitto di interesse.

Il compito principale assegnato al Rpct – ruolo chiave e strategico all’interno delle Amministrazioni pubbliche - è quello di redigere lo strumento del Piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza (Ptpct) che propone e predispone strumenti adeguati interni all’amministrazione [per maggiori approfondimenti v. A. PARROTTA, Corruzione internazionale e adeguati assetti aziendali per la riduzione del rischio (3 novembre 2020) e, dello stesso Autore, Corruzione e strumenti di prevenzione. La successione delle leggi ed il sistema multilivello (23 maggio 2019), entrambi in questa Rivista]. L’ANAC consente nei comuni con meno di cinque mila abitanti di adottare il Piano con modalità semplificate, ovvero mentendo il piano del precedente anno eventualmente integrandolo

I temi maggiormente ricorrenti descritti dai Rpct come ostacoli ad una corretta “introspezione” delle norme in materia di prevenzione alla corruzione e trasparenza concernono molto spesso le difficoltà oggettive nello svolgimento del ruolo, sia per il continuo avvicendarsi di segretari comunali, sia per la presenza ridotta dei segretari stessi, sia per il fatto che il segretario sia assorbito dalle quotidiane mansioni e incombenze;  lo scarso coinvolgimento della parte politica dell’amministrazione, la piena indipendenza per svolgere il suo ruolo; la mancanza di risorse umane e finanziarie e la resistenza al cambiamento del personale; la mancanza di organizzazione, strumenti informatici e di formazione specifica sul tema.

In particolare, assai delicato – ai fini di un corretto assolvimento degli obblighi in materia - la rotazione del personale. Trattasi di una misura posta per limitare il consolidarsi di relazioni che possano sfociare in una collaborazione impropria. Nel Piani triennali si individuano i criteri su come effettuare la rotazione. La difficoltà maggiormente riscontrata dai Comuni è l’oggettiva esiguità delle risorse, soprattutto a livello dirigenziale, che non permette il rispetto di questa misura. Laddove non sia possibile la rotazione, il piano nazionale anticorruzione anti-corruzione, da tempo, suggerisce di adottare misure alternative come l’articolazione delle competenze. Oltre a questo, si aggiunga una certa diffusa resistenza ai “cambiamenti” da parte di alcuni dipendenti delle PP.AA., carenza di sensibilità verso il conflitto di interessi; mancanza dei controlli necessari all’applicazione del divieto di pantouflage; problemi con l’informatizzazione; ostacoli a garantire l’aggiornamento dei dati sulla trasparenza.

Le problematicità accomunano sia le grandi e medie amministrazioni che le piccole anche se dall’esame dei questionari si è osservato essere nei piccoli enti più ampia (il 24%) la fetta di chi considera i doveri correlati alla prevenzione della corruzione come meri adempimenti formali che non migliorano il funzionamento dell’amministrazione. Una maggiore diffusione della cultura della legalità all’interno degli enti, dunque, secondo l’Autorità, potrebbe certamente incrementare il livello di interesse dei dipendenti.

Proprio le dimensioni degli enti, rileva l’indagine, determinano una minor o maggior propensione verso l’osservanza della disciplina anticorruzione: i Rpct lamentano una scarsa sensibilità sul tema che, secondo Anac, potrebbe derivare anche da una seria difficoltà a intercettare i fenomeni rendendo poco efficace la strategia di prevenzione su questo punto. In particolare, nelle piccole amministrazioni, le criticità rilevate in riferimento all’attuazione delle misure di prevenzione sono connesse alle ridotte dimensioni dell’ente, che difficilmente riesce ad adeguarsi alle prescrizioni dettate in materia per mancanza di risorse umane ed economiche sufficienti (proprio in tali enti, di ridotte dimensioni, la rotazione del personale è una di quelle misure dove i responsabili anticorruzione incontrano più difficoltà).

Si dichiarano, invece, più soddisfatti i Rpct con riferimento alle misure in materia di trasparenza: riscontri pervenuti evidenziano un buon grado di osservanza degli obblighi e un buon grado di controllo del Rpct. Dall’indagine sono emerse anche proposte di semplificazione degli obblighi di pubblicazione, tra le quali la centralizzazione delle informazioni relative alle pubbliche amministrazioni nonché l’opportunità di individuare un unico strumento di pubblicazione degli avvisi/ bandi di concorso, coordinando o limitando le altre pubblicazioni legali nazionali, regionali e sui siti degli enti.

Una delle politiche fondamentali, per favorire la lotta alla corruzione, concerne proprio la trasparenza sull’accessibilità alle informazioni che riguardano l’organizzazione e le attività degli enti pubblici, per favorire forme diffuse di controllo sulle funzioni istituzionali e sulle risorse pubbliche. Il Codice della trasparenza delle pubbliche amministrazioni – per questo - ha individuato una serie di atti e documenti che le pubbliche amministrazioni devono pubblicare, questi devono essere inseriti nell’apposita sezione del proprio sito istituzionale “Amministrazione trasparente”. Con il Codice della trasparenza, come noto, è stato anche introdotto e disciplinato l’accesso civico col quale ogni cittadino può richiedere di visionare i documenti che obbligatoriamente devono essere pubblicati.

Purtroppo, sul fronte del verificarsi della “patologia” (scioglimento dell’ente territoriale per sospetta o accertata infiltrazione mafiosa), tali aspetti di trasparenza informativa, che i legislatori storici hanno voluto valorizzare e disciplinare, risultano trascurati proprio dalle gestioni commissariali e ciò nonostante la stigmatizzazione delle omissioni e carenze delle amministrazioni in molti decreti di scioglimento.

In tale ottica, come noto, si è ormai prevista nella sezione Amministrazione trasparente dei siti internet degli enti i contenuti obbligatori da pubblicare a cui si possono aggiungerne alcuni facoltativi per rispettare meglio il principio di trasparenza.
 

Conclusioni

Come sommariamente evidenziato, l’ordinamento, col tempo, si è dotato di strumenti e misure, sia in ottica preventiva, che post factum, per contrastare il dilagante fenomeno della corruzione nel settore pubblico, anche quando tali condotte si manifestano attentando la stessa stabilità e integrità della democrazia rappresentativa a livello locale, con lo strumento dello scioglimento dell’ente pubblico.

L’analisi condotta ha, infatti, evidenziato come le misure definite dall’ordinamento per prevenire i fenomeni corruttivi siano talvolta trascurate proprio nelle delicatissime fasi delle gestioni commissariali. La Commissione Antimafia, nella citata Relazione, ha infine avanzato delle indicazioni che possono risultare utili per sopperire alle carenze riscontrate nel corso dell’analisi: i) una pronta adesione da parte dei comuni all’Anagrafe nazionale della popolazione residente in quanto garantisce la corretta gestione delle liste elettorali; ii) garantire al ruolo del Rpct le condizioni affinché possa svolgere le sue funzioni potendo contare sull’effettiva indipendenza dall’organo di indirizzo politico dell’ente; iii) una maggior attenzione ai casi di mancata o non aggiornata pubblicazione della Relazione triennale, e una riflessione più attenta sulle semplificazioni consentite dall’ANAC ai comuni piccoli; iv) costituire un portale unico per la gestione della sezione Amministrazione trasparente come proposto dal Presidente dell’ANAC; v) creare un organismo che provveda al monitoraggio del rispetto della normativa sulla trasparenza e sulla prevenzione della corruzione e che svolge tale incarico anche negli anni successivi al commissariamento, con possibilità di affidare tale compito alla struttura dell’ANAC. Ancora, più specificamente, vi) possibilità di intervento sul personale degli enti sottoposti a procedure di scioglimento (sia in termini di licenziamento/trasferimento che di nuove assunzioni) durante il periodo di gestione straordinaria; vii) nuove regole in tema di appalti, con l’obbligatorietà di ricorrere alla stazione unica appaltante; viii) allargamento dei controlli sulle infiltrazioni mafiose alle società partecipate ed ai consorzi pubblici anche a partecipazione privata.

A parere di chi scrive, l’origine del rallentamento del nostro Paese verso questa tanto importante quanto delicata materia è prettamente culturale e “di sistema”. Fino a quando il funzionario pubblico non percepirà gli obblighi sulla trasparenza e le misure di prevenzione e contrasto alla corruzione come (anche eticamente) doverosi ma come un inutile aggravio di burocrazia allora nulla cambierà, specialmente in quelle PA di piccole dimensioni. È quanto mai necessaria una diffusa educazione alla legalità anche tra il mondo degli adulti, e in particolare nel settore pubblico.

In conclusione, quanto mai doveroso il monitoraggio, appare altrettanto imprescindibile e decisiva la formazione e l’interiorizzazione da parte di tutti i pubblici funzionari di quei comportamenti e buone prassi la cui attuazione, in ultima istanza, non è altro che espressione e corollario del principio di fonte costituzionale del buon andamento della Pubblica Amministrazione.