x

x

Lo stalking tra legislazione e psicanalisi

La natura umana nella sua complessità, ha attraversato nel tempo itinerari sempre piu’ interessanti ed importanti, che hanno gioco forza investito la letteratura scientifica, le scienze criminologiche e ovviamente il diritto.

E’ proprio in seno a queste tematiche sociali, che è opportuno e necessario intervenire con una corretta identificazione di talune fattispecie che si vanno ad affrontare, così da addivenire ad una sempre piu’ efficace collocazione del diritto, unico strumento che deve (rectius dovrebbe) contrastare e punire quei fenomeni, che per definizione ledono la persona umana. Faccio riferimento a quei comportamenti eccessivamente ingerenti, ossessivi, petulanti che minano il libero arbitrio e che provocano gravi stati di ansia e di paura con il fondato timore per la propria vita e per coloro i quali gravitano intorno a noi, costringendo così a modificare, alterare le proprie abitudini di vita quotidiana

Tale fenomenologia, abbisogna di una chiara ed esaustiva conoscenza da parte di tutti i consociati attraverso una corretta informazione o piuttosto una formazione il più conforme alle reali ed effettive necessità, senza falsi allarmismi o condizionamenti di sorta ovviamente, ma senza però sorvolare su atteggiamenti, che possono assumere se sottovalutati delle vere e proprie forme di violenza.

La fattispecie che si andrà ad esaminare ex professo, ha un suo percorso, strutturato e organizzato in un crescendo che trova origine dai primi passi che l’uomo compie nell’ambito familiare sino poi ad arrivare in quell’ambiente piu’ largo e diversificato che è la società famiglia.

Quei comportamenti o piuttosto quelle assenze affettive, ad esempio dei genitori o anche solo uno di essi, mettono in moto un meccanismo, che dietro la falsa autoregolamentazione di se stessi, contrariamente evidenzia delle patite, latenti sofferenze, che possono condurre alcuni di quei soggetti, forse meno consapevoli, o piu’ facilmente vulnerabili ad essere oggetto, loro malgrado, di manipolazioni o essere essi stessi dei manipolatori.

Stiamo parlando in definitiva di quelle condotte che interessano i rapporti interpersonali, peraltro senza distinzioni né di genere, né di età; uno sconosciuto, un semplice conoscente magari vicino di casa o anche un ex persona amata e non di meno lo stesso partner, che di colpo finisce per diventare un sogno angoscioso.

Un amico, un compagno/a eccessivamente geloso che ha investito la propria vita in quella dell’altro da sè, assume un atteggiamento ossessivo tale da voler avere il pieno controllo nella vita dell’altro, per timore di perderla.

Questi atti abnormi possono essere racchiusi nel termine STALKING[1] , definito anche “sindrome del molestatore assillante” consiste in un insieme di comportamenti anomali e fastidiosi verso una persona costituiti o da comunicazioni intrusive (ad esempio: sms, lettere anonime, telefonate, invio email), o da comportamenti volti a controllare la propria vittima (ad esempio:- appostamenti, pedinamenti, violenza, aggressioni, omicidio).

In concreto lo stalking “ identifica una sistematica violazione della libertà personale”[2] . L’etimologia STALKING di origine anglosassone “TO STALK” è un termine proprio della caccia, significa appunto avvicinarsi, appostarsi alla preda senza farsi notare.

Accanto a tale definizione puo’ essere aggiunta quella gergale di “fare la posta”.

Quest’ultima definizione che apparentemente è la piu’ semplice tra le tante, trova tuttavia alcuni disaccordi rispetto al altrettante considerazioni in tal senso che parlano di stalking soltanto nel momento in cui si osservano “ una serie di comportamenti ripetuti e intrusivi di sorveglianza, alla ricerca di un contatto e di comunicazione nei confronti di una vittima che risulta infastidita e/o preoccupata da tali attenzioni o comportamenti”[3]

Da tale ultima definizione si evince chiaramente, che lo stalker si proietta verso una persona, la idealizza affettivamente e monopolizza nei suoi confronti l’attenzione, attraverso una reiterata serie di atteggiamenti per sorvegliare, comunicare e cercare un contatto . A tal punto, la persona che viene scelta dal molestatore come sua vittima percepisce con consapevolezza, di sentirsi minacciata, vessata e impaurita da questi comportamenti amplificati e ingerenti nella vita privata.

Tali comportamenti molesti avvengono in contesti quali quelli di coppia con una percentuale assai alta tale da giungere, in diversi casi, addirittura all’omicidio.

Questa tipologia di stalking, ci porta ad affermare che l’attaccamento ad una persona che si prende cura di noi, lo stesso stile di attaccamento che è possibile porre in essere nel tempo e l’eventuale separazione o abbandono creano in questi individui la convinzione che qualcosa sta cambiando o cambierà nella vita di relazione e che pertanto gli affetti precedenti non esistono piu’. Di conseguenza queste persone che esasperano la loro vita negli affetti e nei sentimenti vogliono sembrare loro stessi vittime degli altri quando contrariamente sono i soggetti autori della violenza.[4]

E in tale quadro si intrecciano fatti e circostanze nelle quali occorre necessariamente far leva sull’altra persona a desistere dall’intento errato di separarsi, fino a giungere alla condivisione delle emozioni negative. E in effetti le motivazioni sopra esposte portano a raccogliere nell’autore dello stalking comportamenti prepotenti e di dominio assoluto sull’altro, manifestandosi con tutta la loro forte autorità, elaborata e assunta nel tempo, quasi come fosse custodita e tenuta da parte per l’occorrenza.

A ben vedere, tali asserzioni di pensiero sullo stalking non risultano del tutto disancorate da alcune fattispecie penalmente rilevanti già esistenti nel nostro diritto positivo, ante l’entrata in vigore del DL nr. 11 del 2009 (convertito nella Legge nr.38 del 2009). Tale legge, in ritardo rispetto agli altri paesi europei ha introdotto il reato di “atti persecutori” finalizzata a rendere vana la pericolosa condotta persecutoria nei confronti delle donne, in special modo.

La figura ai sensi dell’art 612 bis c.p. prevede che, “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a quattro anni

La condotta in esame è costituita da una reiterazione di minacce o molestie, quindi si puo’ ragionevolmente affermare che trattasi di reato abituale, nonostante la minaccia quale ipotesi prevista nell’art. 612 c.p. tra gli elementi costitutivi, possa indurre a considerare la configurabilità degli atti persecutori quale reato complesso.

Si ritiene che il termine “molestia” così come definito vada esaminato in un contesto molto piu’ ampio, tale da ingenerare nella persona offesa uno stato perdurante di paura e ansia che ledono in concreto la libertà individuale.

In vero, giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che ai fini della configurabilità del reato di minaccia è sufficiente che il “male prospettato possa incutere timore nel soggetto passivo, menomandone la sfera della libertà morale”[5]

Dunque il solo timore di ricevere un male ingiusto e quindi una minaccia da cui possa derivare la prospettazione di un ingiusto danno in ragione di quella separazione da un partner ad esempio, mina senza ombra di dubbio alcuno la sfera volitiva e quindi la libertà personale.

Tuttavia, in un contesto globale quale quello che viviamo oggi, l’informatizzazione esagerata sta diventando sempre piu’ un ostacolo all’effettiva e concreta certezza di arrivare in tempi rapidi ad una risoluzione definitiva della problematica in capo alla persona offesa.

E’ chiaro che la condotta dello Stalker puo’ avere un crescendo non sempre controllabile fino ad arrivare ad una persecuzione tale da portare all’omicidio.

Le petulanti telefonate, le molestie o il disturbo alle persone nel nostro ordinamento sono trattati e considerati come contravvenzione [6] La pena per questo reato attraverso il pagamento di una ammenda estingue il reato, con il risultato che l’inadeguatezza della pena, induce a ritenere, erroneamente, ad avviso dello scrivente che non vi sia alcuna gravità tangibile quando si commettono tali crimini.

Parimenti in assenza di condizione di procedibilità il reato di cui all’art. 612 c.p. attuato mediante l’offesa alla quiete privata, in assenza della condizione di procedibilità non viene perseguito, restando solo la perseguibilità della contravvenzione.[7]

Per logica conseguenza anche l’introduzione dell’art. 612 bis del codice penale, quale sforzo del nostro legislatore di rimediare e quindi in qualche modo riuscire a tutelare le numerose vittime dello stalking, non è di per se’ sufficiente, dato per certo, che questo reato di danno e di pericolo, pur richiedendo un dolo generico, di per sé risulta inadeguato, rispetto alle caratteristiche psicologiche dello stalker, imprevedibile, capace di usare i mezzi piu’ disparati per arrivare alla concretizzazione di quanto elaborato nella sua mente.

Tali elementi non sono sempre rinvenibili aprioristicamente e individuabili come condotte certe dell’autore.

Le forme di tale reato sono da ritenersi libere e se appare semplice pensare che lo stesso (reato) possa integrarsi solo in presenza di condotte minacciose o molestatrici, è altrettanto vero che le stesse da sole non sono per sé sufficienti, se non reiterate nel tempo per potersi avere concretizzato quella fattispecie.

Ma in concreto cosa vuol dire reiterare la condotta e il concetto stesso di minaccia o molestia se a ragion veduta lo stalking, puo’ definirsi un reato di pericolo?

Puo’ la condotta di un soggetto, che è da ritenersi alterato nel suo stato mentale e nel suo comportamento essere controllata o limitata con il semplice divieto?

Sicuramente sono elementi che possono aiutare ad evitare il peggio, ma se ad esempio la molestia e il disturbo delle persone è individuato nell’ordine pubblico considerato nel suo particolare aspetto di pace e tranquillità pubblica, puo’ l’introduzione del reato di “ atti persecutori” tutelare la tranquillità pubblica?

E’ lapalissiano, che anche in presenza di atti persecutori tale norma resta inadeguata rispetto al fatto che molte vittime non denunciano il reato di molestie che quotidianamente si concretizzano nell’ambito familiare, lavorativo.

In effetti tale denuncia è pregiudizievole per se e per l’altro coniuge e l’eventuale richiesta di protezione da parte dell’autorità è subordinata alla sussistenza di tutti quegli elementi sopra descritti, che spesso sono facilmente oggetto di interpretazione latamente soggettiva .

Del resto il momento consumativo del reato si ha quando si ha il sentore o piuttosto si riceve una minaccia che non consente piu’ al soggetto libero di poter agire secondo le proprie inclinazioni e scelte di vita, dato per certo che la condotta dello stalker ha prospettato un male futuro ed ingiusto dipendente appunto dal suo agire?

La difficoltà alla corretta qualificazione del reato di Stalking è referente alla complessità dello stesso, che come abbiamo potuto rilevare è data appunto dalla connotazione di diverse altre fattispecie penalmente rilevanti, ancorchè distinte e qualificate separatamente dal nostro codice penale.

A tal proposito è opportuno sottolineare che il reato di cui all’art. 612 c.p,. come sopra detto richiede un dolo generico, proprio per il contenuto della minaccia e la sua “strumentalizzazione”. Pertanto la stessa deve raggiungere una intensità di contenuto da apparire idonea al fine propostosi dall’agente e deve essere usata per costringere il soggetto passivo a tenere il comportamento alternativamente richiesto.

Accade quindi che non viene qualificato e pertanto attribuito all’agente il reato di minaccia ad esempio per “colui il quale minacci la vittima costringendola a non uscire di casa al fine sia di farla restare nella abitazione che di tollerare le sue intemperanze”[8]

A tal uopo, viene da domandarsi se la minaccia o la violenza privata vengano assorbite negli atti persecutori o piuttosto, debba ammettersi un concorso di reati con le forme aggravate di cui al 610 e 612 c.p.

Si puo’ ritenere che così non sia, dato che è proprio la minaccia o la molestia che già sono di per sé perseguibili e per i quali non occorre una reiterazione necessaria nel tempo se non in presenza di un 81.cp…

Su questo punto, si puo’ invece sostenere, che la minaccia e la molestia sono il mezzo per costringere taluno a fare cose dipendenti esclusivamente dall’autore dell’illecito.

E ad avviso di chi scrive, anche una sola condotta minacciosa, puo’ essere di per sé idonea a “infliggere un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina etc”.

In definitiva lo sforzo in tal senso , è di certo pregevole, ma non è la strada giusta per venirne fuori; le condanne, le pene, la norma secondaria appunto, non sempre consente al soggetto autore di stalking di ripristinare il suo stato emozionale.

Tale reato ha radici assai piu’ lontane e fattori di rischio importanti che trovano la loro essenza in situazioni familiari compromesse e altre latenti “patologie”.

Il fenomeno dello stalking è vitale in ogni società e in ogni ordine sociale, il piu’ delle volte non reso pubblico, altrettante volte assolutamente sottovalutato rispetto all’importanza che esso riveste oggi giorno.

Il vuoto legislativo è tuttora esistente, in quanto il fenomeno è così articolato e “subdolo” che proprio per la sua petulanza conduce il piu’ delle volte un vero e proprio nichilismo delle capacità di autodeterminazione della vittima di tale illecito.

Questa fattispecie non viola solo quelle norme che sono poste a tutela del cittadino in uno stato di diritto, ma cosa assai piu’ grave danneggia in primis quel diritto naturale che è il rispetto della persona nelle proprie scelte personali, di comunione di intenti e di risoluzione di quei rapporti interpersonali che non si ritiene piu’ debbano perseverare nel tempo, solo per tema di essere minacciati o addirittura annientati fisicamente.

Anche la letteratura giuridica internazionale ha dato ampio spazio alla tematica, intervenendo il legislatore, magari definendo una fattispecie autonoma del reato, come disciplinato nei paese quali USA, Canada e Regno Unito, tuttavia il risultato non è del tutto soddisfacente.

Allo stesso modo anche il Belgio, l’Olanda e la Germania hanno introdotto nel loro ordinamento il reato dello stalking.

Malgrado cio’, hanno ritenuto di favorire l’ingerenza della condotta nella sfera privata, a differenza dei paesi del Common Law, che ritengono invece, rilevante ai fini della configurazione della fattispecie il requisito del panico e dell’angoscia.

In concreto, il bene giuridico tutelato da legislatore è nella libertà morale, ovvero nella libertà di autodeterminazione dell’individuo, che va dunque a danneggiare un bene costituzionalmente garantito della salute, o piuttosto nell’incolumità individuale. Per tali motivazioni l’illecito in argomento deve essere considerato un reato plurioffensivo.

Il delitto in esame, orbene, si consuma nel momento in cui, a seguito delle summenzionate condotte, il reo procuri nella vittima uno degli eventi lesivi sopra descritti.

Non è previsto per ovvi motivi il tentativo, dato per certo che lo stesso non puo’ essere compatibile con le caratteristiche criminose del reato, anche perché tale ipotesi, allorché riconosciuta, la si potrebbe intravedere solo nel momento in cui non si è in possesso della prova idonea della reiterata realizzazione di atti sufficienti ad integrare quel numero di condotte reiterate nel tempo, che fanno del soggetto attivo del reato un individuo con una condotta seriale.

Il reato di stalking è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Laddove il molestare si spinge sino al reato di omicidio della vittima di stalking, è previsto, in tal caso l’ergastolo.

La pena è aumentata sino a due terzi se il fatto è commesso da persona già condannata per il delitto di cui al primo comma dell’art. 612 c.p.

La pena è aumentata sino alla metà e si procedete d’ufficio, se il fatto è commesso nei confronti di un minore ovvero se ricorre una delle condizioni previste dall’articolo 339 c.p..

Si procede d’Ufficio se il fatto è commesso con minacce gravi ovvero nei casi in cui il fatto è connesso con altro delitto per il quale si procede d’Ufficio.

Il delitto è punito a querela della persona offesa e il termine per la presentazione della querela è di sei mesi, fatta salva la procedura d’Ufficio per i casi sopra citati.

Nel caso in cui una persona, a suo dire si ritiene offesa da condotte che evidenziano gli elementi del reato di cui all’art. 612-bis, puo’ richiedere al questore competente del luogo un ammonimento nei confronti del molestatore in attesa di presentare formale querela.

Una volta ricevuta la richiesta, l’autorità di pubblica sicurezza se lo riterrà opportuno, una volta assunte informazioni dagli organi di investigazione e dalle persone informate sui fatti e riscontra il fondamento dei fatti a supporto dell’istante, provvede all’ammonimento orale del soggetto nei cui confronti è richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge a mezzo di un formale verbale.

Qualora il soggetto ammonito, perseveri nel suo intendo molestatore, si procede d’ufficio e la pena è aggravata di un terzo. A tal punto questi viene poi diffidato, soltanto dopo che, l’autorità di pubblica sicurezza abbia ottenuto l’autorizzazione del Pubblico Ministero e innanzi ad atti concreti, che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione del reato.

Per concludere, è evidente che la legislazione in tal senso, non è da sola in grado di definire e risolvere la questione dello Stalking.

Questa condotta, nasce da un stato di sofferenza interiore, che radicatosi nel tempo nell’animo umano, esplode dinnanzi a rapporti affettivi che si inclinano, o piuttosto si risolvono, nostro malgrado anche con acredine.

L’incapacità ad accettare la risoluzione di un rapporto, il timore di non potersi piu’ esprimere anche soli, laddove si perde la persona amata, abbisogna di un esame analitico della sfera psicologica del soggetto autore dello stalking.

I punti di ascolto con personale qualificato e conoscitore della tematica, ad avviso di chi scrive, sono e saranno i soli a indirizzare un percorso di recupero di se stessi attraverso un atto di catarsi dell’animo malato di chi erroneamente pensa di legare a se inopportunamente chi crede sia l’ancora di salvezza per affrontare la quotidianità.

La prevenzione, la corretta e tempestiva diagnosi dello stalker, dovrebbe evitare, quanto meno l’aumento spropositato di violenze morali, che sono l’inizio di un cammino che spesso porta al trapasso della vittima di tale innaturale e illecita condotta.

Di casi nazionali di stalking ve ne sono stati diversi e non sempre tra soggetti di sesso diverso, ma anche nel mondo omosessuale sussiste tale illecito, o meglio ancora tale condotta ossessiva d’amore, di gelosia o quant’altro legato alla sfera emozionale.

Un caso di recente, portato alla luce dalle indagini condotte dalla polizia, dimostra in maniera eclatante come lo stalking, non solo non ha limiti dietà, ma prescinde altresì dal concetto di uguaglianza e di differenza di genere.

La storia parla di due ragazze coetanee di 36 anni, Paula e Laura, legate sentimentalmente da lungo tempo. Una vita la loro difficile con qualche piccolo pregiudizio penale alle spalle e tanta difficoltà ad affrontare la quotidianità. Una è di origine cilena, un tipo sportivo, forte, dominante, appassionata di arti marziali. L’altra invece con un passato travagliato e sofferente alla luce di droga e alcool, vivono insieme in un appartamento superando i pettegolezzi, le ipocrisie e i pregiudizi della gente. Tuttavia, forse per le precarie condizioni economiche o altre motivazioni, il rapporto di inclina e dopo due anni all’inizio dell’estate la storia d’amore termina.

Si separano. Laura resta nell’appartamento che avevano in comune, invece Paula va a vivere in un altro locale.

Tuttavia questa soluzione, questo distacco non appiana la sofferenza che si alimenta sempre piu’ nell’animo di Paula, che non riesce in alcun modo ad accettare la separazione. La gelosia, il possesso, il rancore arde dentro di lei e si amplifica e giunge all’apice, quando Paula scopre che Laura ha intrapreso una relazione, ma stavolta con un uomo. Messaggi, minacce, pedinamenti, inizia il tormento per Laura, la quale gioco forza è costretta a rivolgersi all’autorità per denunciare la condotta insostenibile della sua ex compagna. La denuncia da parte di Laura agli organi competenti, ovviamente prevede che l’autorità di pubblica sicurezza diffida formalmente la molestatrice, obbligando quindi Paula a stare alla larga dalla casa, dai luoghi frequentati da Laura.

Cio’ nonostante la diffida non interrompe l’intento delittuoso di Paula che un venerdì sera dopo insulti verbali passa alle vie di fatto con una aggressione nei confronti di Laura, dove questa pare abbia avuto la peggio. Solo l’intervento della Polizia giunta subito dopo sul posto, ha scongiurato il peggio. La molestatrice Paula, dopo che gli agenti hanno ricostruito l’ante fatto e verificato la sussistenza della diffida formale a suo carico, arrestano la prevenuta e la conducono al carcere.

Pare che situazioni analoghe non siano sempre denunciate, soprattutto quando trattasi di soggetti con orientamenti sessuali diversi.

Il pudore, il timore di cattiverie e di vergogna, sovrastano e minano il libero arbitrio delle vittime, che spesso evitano di denunciare fatti che integrano palesemente il reato di stalking.

Questo episodio si commenta da solo.

E’ ad avviso dello scrivente, secondo le modalità, l’ambiente, i soggetti attori, un caso evidente di stalking.

Lo stalker agisce nei confronti di una persona che è già individuata come vittima in ragione di un investimento affettivo, fondato su una relazione amorosa, di convivenza reale (Paula e Laura erano legate sentimentalmente e vivevano sotto lo stesso tetto).

Paula (Stalker) ha attuato il suo disegno criminoso prima attraverso una comunicazione con telefonate, messaggi, poi successivamente con il contatto. Condotte queste ripetute nel tempo, insistenti ed intrusive nell’altrui libertà personale (reiterazione delle condotte nel tempo; lo stalking è da ritenersi un reato pluri offensivo cui la violenza e la minaccia fanno parte integrante e sono lo strumento idoneo e diretto alla consumazione del reato in esame).

E’ emerso il tentativo di fare pressione dal punto di vista psicologico sulla vittima, cercando di coartare il suo comportamento a mezzo di minacce.

Tal è, che la vittima, ha percepito e vissuto dei comportamenti persecutori, fastidiosi e petulanti cagionati dallo stalker, vivendo preoccupata, angosciata e quindi timorosa della propria incolumità.

In definitiva con ragionevolezza, si puo’ ritenere alla luce dei fatti narrati dalla cronaca che la condotta e le modalità esecutive poste in essere dall’autore del reato, integrano la fattispecie dello stalking, sia dal punto di vista psicologico che giuridico, a nulla rilevando la circostanza che trattasi di un rapporto affettivo e di coesistenza tra persone dello stesso sesso.

 



[1] Massimo Lattanzi Stalking. Il lato oscuro delle relazioni interpersonali Ediservice 2003

[2] Massimo Lattanzi e Gaia Oddi 2001

[3] Galeazzi e Curci Paolo (La sindrome delle molestie assillanti (stalking) ) Ed. Bollati – Boringhieri 2003

[4] Autori Vari Stalking Aspetti psicologici, sociologici e giuridici pag.17 (Lattanzi 2007)

[5] Cassazione Penale sentenza 4633 del 18.12.2003 Rv228064 (C.p. 612)

[6] Art. 660 c.p. “Molestia o disturbo alle persone”

[7] Cassazione Penale sentenza 25045 del 09.05.2002 Rv222705 (C.p. 660 e 612)

[8] Cassazione Penale sentenza 11525 del 28.05.1987 Rv 176995 (C.p. 610 e 612)

La natura umana nella sua complessità, ha attraversato nel tempo itinerari sempre piu’ interessanti ed importanti, che hanno gioco forza investito la letteratura scientifica, le scienze criminologiche e ovviamente il diritto.

E’ proprio in seno a queste tematiche sociali, che è opportuno e necessario intervenire con una corretta identificazione di talune fattispecie che si vanno ad affrontare, così da addivenire ad una sempre piu’ efficace collocazione del diritto, unico strumento che deve (rectius dovrebbe) contrastare e punire quei fenomeni, che per definizione ledono la persona umana. Faccio riferimento a quei comportamenti eccessivamente ingerenti, ossessivi, petulanti che minano il libero arbitrio e che provocano gravi stati di ansia e di paura con il fondato timore per la propria vita e per coloro i quali gravitano intorno a noi, costringendo così a modificare, alterare le proprie abitudini di vita quotidiana

Tale fenomenologia, abbisogna di una chiara ed esaustiva conoscenza da parte di tutti i consociati attraverso una corretta informazione o piuttosto una formazione il più conforme alle reali ed effettive necessità, senza falsi allarmismi o condizionamenti di sorta ovviamente, ma senza però sorvolare su atteggiamenti, che possono assumere se sottovalutati delle vere e proprie forme di violenza.

La fattispecie che si andrà ad esaminare ex professo, ha un suo percorso, strutturato e organizzato in un crescendo che trova origine dai primi passi che l’uomo compie nell’ambito familiare sino poi ad arrivare in quell’ambiente piu’ largo e diversificato che è la società famiglia.

Quei comportamenti o piuttosto quelle assenze affettive, ad esempio dei genitori o anche solo uno di essi, mettono in moto un meccanismo, che dietro la falsa autoregolamentazione di se stessi, contrariamente evidenzia delle patite, latenti sofferenze, che possono condurre alcuni di quei soggetti, forse meno consapevoli, o piu’ facilmente vulnerabili ad essere oggetto, loro malgrado, di manipolazioni o essere essi stessi dei manipolatori.

Stiamo parlando in definitiva di quelle condotte che interessano i rapporti interpersonali, peraltro senza distinzioni né di genere, né di età; uno sconosciuto, un semplice conoscente magari vicino di casa o anche un ex persona amata e non di meno lo stesso partner, che di colpo finisce per diventare un sogno angoscioso.

Un amico, un compagno/a eccessivamente geloso che ha investito la propria vita in quella dell’altro da sè, assume un atteggiamento ossessivo tale da voler avere il pieno controllo nella vita dell’altro, per timore di perderla.

Questi atti abnormi possono essere racchiusi nel termine STALKING[1] , definito anche “sindrome del molestatore assillante” consiste in un insieme di comportamenti anomali e fastidiosi verso una persona costituiti o da comunicazioni intrusive (ad esempio: sms, lettere anonime, telefonate, invio email), o da comportamenti volti a controllare la propria vittima (ad esempio:- appostamenti, pedinamenti, violenza, aggressioni, omicidio).

In concreto lo stalking “ identifica una sistematica violazione della libertà personale”[2] . L’etimologia STALKING di origine anglosassone “TO STALK” è un termine proprio della caccia, significa appunto avvicinarsi, appostarsi alla preda senza farsi notare.

Accanto a tale definizione puo’ essere aggiunta quella gergale di “fare la posta”.

Quest’ultima definizione che apparentemente è la piu’ semplice tra le tante, trova tuttavia alcuni disaccordi rispetto al altrettante considerazioni in tal senso che parlano di stalking soltanto nel momento in cui si osservano “ una serie di comportamenti ripetuti e intrusivi di sorveglianza, alla ricerca di un contatto e di comunicazione nei confronti di una vittima che risulta infastidita e/o preoccupata da tali attenzioni o comportamenti”[3]

Da tale ultima definizione si evince chiaramente, che lo stalker si proietta verso una persona, la idealizza affettivamente e monopolizza nei suoi confronti l’attenzione, attraverso una reiterata serie di atteggiamenti per sorvegliare, comunicare e cercare un contatto . A tal punto, la persona che viene scelta dal molestatore come sua vittima percepisce con consapevolezza, di sentirsi minacciata, vessata e impaurita da questi comportamenti amplificati e ingerenti nella vita privata.

Tali comportamenti molesti avvengono in contesti quali quelli di coppia con una percentuale assai alta tale da giungere, in diversi casi, addirittura all’omicidio.

Questa tipologia di stalking, ci porta ad affermare che l’attaccamento ad una persona che si prende cura di noi, lo stesso stile di attaccamento che è possibile porre in essere nel tempo e l’eventuale separazione o abbandono creano in questi individui la convinzione che qualcosa sta cambiando o cambierà nella vita di relazione e che pertanto gli affetti precedenti non esistono piu’. Di conseguenza queste persone che esasperano la loro vita negli affetti e nei sentimenti vogliono sembrare loro stessi vittime degli altri quando contrariamente sono i soggetti autori della violenza.[4]

E in tale quadro si intrecciano fatti e circostanze nelle quali occorre necessariamente far leva sull’altra persona a desistere dall’intento errato di separarsi, fino a giungere alla condivisione delle emozioni negative. E in effetti le motivazioni sopra esposte portano a raccogliere nell’autore dello stalking comportamenti prepotenti e di dominio assoluto sull’altro, manifestandosi con tutta la loro forte autorità, elaborata e assunta nel tempo, quasi come fosse custodita e tenuta da parte per l’occorrenza.

A ben vedere, tali asserzioni di pensiero sullo stalking non risultano del tutto disancorate da alcune fattispecie penalmente rilevanti già esistenti nel nostro diritto positivo, ante l’entrata in vigore del DL nr. 11 del 2009 (convertito nella Legge nr.38 del 2009). Tale legge, in ritardo rispetto agli altri paesi europei ha introdotto il reato di “atti persecutori” finalizzata a rendere vana la pericolosa condotta persecutoria nei confronti delle donne, in special modo.

La figura ai sensi dell’art 612 bis c.p. prevede che, “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a quattro anni

La condotta in esame è costituita da una reiterazione di minacce o molestie, quindi si puo’ ragionevolmente affermare che trattasi di reato abituale, nonostante la minaccia quale ipotesi prevista nell’art. 612 c.p. tra gli elementi costitutivi, possa indurre a considerare la configurabilità degli atti persecutori quale reato complesso.

Si ritiene che il termine “molestia” così come definito vada esaminato in un contesto molto piu’ ampio, tale da ingenerare nella persona offesa uno stato perdurante di paura e ansia che ledono in concreto la libertà individuale.

In vero, giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che ai fini della configurabilità del reato di minaccia è sufficiente che il “male prospettato possa incutere timore nel soggetto passivo, menomandone la sfera della libertà morale”[5]

Dunque il solo timore di ricevere un male ingiusto e quindi una minaccia da cui possa derivare la prospettazione di un ingiusto danno in ragione di quella separazione da un partner ad esempio, mina senza ombra di dubbio alcuno la sfera volitiva e quindi la libertà personale.

Tuttavia, in un contesto globale quale quello che viviamo oggi, l’informatizzazione esagerata sta diventando sempre piu’ un ostacolo all’effettiva e concreta certezza di arrivare in tempi rapidi ad una risoluzione definitiva della problematica in capo alla persona offesa.

E’ chiaro che la condotta dello Stalker puo’ avere un crescendo non sempre controllabile fino ad arrivare ad una persecuzione tale da portare all’omicidio.

Le petulanti telefonate, le molestie o il disturbo alle persone nel nostro ordinamento sono trattati e considerati come contravvenzione [6] La pena per questo reato attraverso il pagamento di una ammenda estingue il reato, con il risultato che l’inadeguatezza della pena, induce a ritenere, erroneamente, ad avviso dello scrivente che non vi sia alcuna gravità tangibile quando si commettono tali crimini.

Parimenti in assenza di condizione di procedibilità il reato di cui all’art. 612 c.p. attuato mediante l’offesa alla quiete privata, in assenza della condizione di procedibilità non viene perseguito, restando solo la perseguibilità della contravvenzione.[7]

Per logica conseguenza anche l’introduzione dell’art. 612 bis del codice penale, quale sforzo del nostro legislatore di rimediare e quindi in qualche modo riuscire a tutelare le numerose vittime dello stalking, non è di per se’ sufficiente, dato per certo, che questo reato di danno e di pericolo, pur richiedendo un dolo generico, di per sé risulta inadeguato, rispetto alle caratteristiche psicologiche dello stalker, imprevedibile, capace di usare i mezzi piu’ disparati per arrivare alla concretizzazione di quanto elaborato nella sua mente.

Tali elementi non sono sempre rinvenibili aprioristicamente e individuabili come condotte certe dell’autore.

Le forme di tale reato sono da ritenersi libere e se appare semplice pensare che lo stesso (reato) possa integrarsi solo in presenza di condotte minacciose o molestatrici, è altrettanto vero che le stesse da sole non sono per sé sufficienti, se non reiterate nel tempo per potersi avere concretizzato quella fattispecie.

Ma in concreto cosa vuol dire reiterare la condotta e il concetto stesso di minaccia o molestia se a ragion veduta lo stalking, puo’ definirsi un reato di pericolo?

Puo’ la condotta di un soggetto, che è da ritenersi alterato nel suo stato mentale e nel suo comportamento essere controllata o limitata con il semplice divieto?

Sicuramente sono elementi che possono aiutare ad evitare il peggio, ma se ad esempio la molestia e il disturbo delle persone è individuato nell’ordine pubblico considerato nel suo particolare aspetto di pace e tranquillità pubblica, puo’ l’introduzione del reato di “ atti persecutori” tutelare la tranquillità pubblica?

E’ lapalissiano, che anche in presenza di atti persecutori tale norma resta inadeguata rispetto al fatto che molte vittime non denunciano il reato di molestie che quotidianamente si concretizzano nell’ambito familiare, lavorativo.

In effetti tale denuncia è pregiudizievole per se e per l’altro coniuge e l’eventuale richiesta di protezione da parte dell’autorità è subordinata alla sussistenza di tutti quegli elementi sopra descritti, che spesso sono facilmente oggetto di interpretazione latamente soggettiva .

Del resto il momento consumativo del reato si ha quando si ha il sentore o piuttosto si riceve una minaccia che non consente piu’ al soggetto libero di poter agire secondo le proprie inclinazioni e scelte di vita, dato per certo che la condotta dello stalker ha prospettato un male futuro ed ingiusto dipendente appunto dal suo agire?

La difficoltà alla corretta qualificazione del reato di Stalking è referente alla complessità dello stesso, che come abbiamo potuto rilevare è data appunto dalla connotazione di diverse altre fattispecie penalmente rilevanti, ancorchè distinte e qualificate separatamente dal nostro codice penale.

A tal proposito è opportuno sottolineare che il reato di cui all’art. 612 c.p,. come sopra detto richiede un dolo generico, proprio per il contenuto della minaccia e la sua “strumentalizzazione”. Pertanto la stessa deve raggiungere una intensità di contenuto da apparire idonea al fine propostosi dall’agente e deve essere usata per costringere il soggetto passivo a tenere il comportamento alternativamente richiesto.

Accade quindi che non viene qualificato e pertanto attribuito all’agente il reato di minaccia ad esempio per “colui il quale minacci la vittima costringendola a non uscire di casa al fine sia di farla restare nella abitazione che di tollerare le sue intemperanze”[8]

A tal uopo, viene da domandarsi se la minaccia o la violenza privata vengano assorbite negli atti persecutori o piuttosto, debba ammettersi un concorso di reati con le forme aggravate di cui al 610 e 612 c.p.

Si puo’ ritenere che così non sia, dato che è proprio la minaccia o la molestia che già sono di per sé perseguibili e per i quali non occorre una reiterazione necessaria nel tempo se non in presenza di un 81.cp…

Su questo punto, si puo’ invece sostenere, che la minaccia e la molestia sono il mezzo per costringere taluno a fare cose dipendenti esclusivamente dall’autore dell’illecito.

E ad avviso di chi scrive, anche una sola condotta minacciosa, puo’ essere di per sé idonea a “infliggere un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina etc”.

In definitiva lo sforzo in tal senso , è di certo pregevole, ma non è la strada giusta per venirne fuori; le condanne, le pene, la norma secondaria appunto, non sempre consente al soggetto autore di stalking di ripristinare il suo stato emozionale.

Tale reato ha radici assai piu’ lontane e fattori di rischio importanti che trovano la loro essenza in situazioni familiari compromesse e altre latenti “patologie”.

Il fenomeno dello stalking è vitale in ogni società e in ogni ordine sociale, il piu’ delle volte non reso pubblico, altrettante volte assolutamente sottovalutato rispetto all’importanza che esso riveste oggi giorno.

Il vuoto legislativo è tuttora esistente, in quanto il fenomeno è così articolato e “subdolo” che proprio per la sua petulanza conduce il piu’ delle volte un vero e proprio nichilismo delle capacità di autodeterminazione della vittima di tale illecito.

Questa fattispecie non viola solo quelle norme che sono poste a tutela del cittadino in uno stato di diritto, ma cosa assai piu’ grave danneggia in primis quel diritto naturale che è il rispetto della persona nelle proprie scelte personali, di comunione di intenti e di risoluzione di quei rapporti interpersonali che non si ritiene piu’ debbano perseverare nel tempo, solo per tema di essere minacciati o addirittura annientati fisicamente.

Anche la letteratura giuridica internazionale ha dato ampio spazio alla tematica, intervenendo il legislatore, magari definendo una fattispecie autonoma del reato, come disciplinato nei paese quali USA, Canada e Regno Unito, tuttavia il risultato non è del tutto soddisfacente.

Allo stesso modo anche il Belgio, l’Olanda e la Germania hanno introdotto nel loro ordinamento il reato dello stalking.

Malgrado cio’, hanno ritenuto di favorire l’ingerenza della condotta nella sfera privata, a differenza dei paesi del Common Law, che ritengono invece, rilevante ai fini della configurazione della fattispecie il requisito del panico e dell’angoscia.

In concreto, il bene giuridico tutelato da legislatore è nella libertà morale, ovvero nella libertà di autodeterminazione dell’individuo, che va dunque a danneggiare un bene costituzionalmente garantito della salute, o piuttosto nell’incolumità individuale. Per tali motivazioni l’illecito in argomento deve essere considerato un reato plurioffensivo.

Il delitto in esame, orbene, si consuma nel momento in cui, a seguito delle summenzionate condotte, il reo procuri nella vittima uno degli eventi lesivi sopra descritti.

Non è previsto per ovvi motivi il tentativo, dato per certo che lo stesso non puo’ essere compatibile con le caratteristiche criminose del reato, anche perché tale ipotesi, allorché riconosciuta, la si potrebbe intravedere solo nel momento in cui non si è in possesso della prova idonea della reiterata realizzazione di atti sufficienti ad integrare quel numero di condotte reiterate nel tempo, che fanno del soggetto attivo del reato un individuo con una condotta seriale.

Il reato di stalking è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Laddove il molestare si spinge sino al reato di omicidio della vittima di stalking, è previsto, in tal caso l’ergastolo.

La pena è aumentata sino a due terzi se il fatto è commesso da persona già condannata per il delitto di cui al primo comma dell’art. 612 c.p.

La pena è aumentata sino alla metà e si procedete d’ufficio, se il fatto è commesso nei confronti di un minore ovvero se ricorre una delle condizioni previste dall’articolo 339 c.p..

Si procede d’Ufficio se il fatto è commesso con minacce gravi ovvero nei casi in cui il fatto è connesso con altro delitto per il quale si procede d’Ufficio.

Il delitto è punito a querela della persona offesa e il termine per la presentazione della querela è di sei mesi, fatta salva la procedura d’Ufficio per i casi sopra citati.

Nel caso in cui una persona, a suo dire si ritiene offesa da condotte che evidenziano gli elementi del reato di cui all’art. 612-bis, puo’ richiedere al questore competente del luogo un ammonimento nei confronti del molestatore in attesa di presentare formale querela.

Una volta ricevuta la richiesta, l’autorità di pubblica sicurezza se lo riterrà opportuno, una volta assunte informazioni dagli organi di investigazione e dalle persone informate sui fatti e riscontra il fondamento dei fatti a supporto dell’istante, provvede all’ammonimento orale del soggetto nei cui confronti è richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge a mezzo di un formale verbale.

Qualora il soggetto ammonito, perseveri nel suo intendo molestatore, si procede d’ufficio e la pena è aggravata di un terzo. A tal punto questi viene poi diffidato, soltanto dopo che, l’autorità di pubblica sicurezza abbia ottenuto l’autorizzazione del Pubblico Ministero e innanzi ad atti concreti, che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione del reato.

Per concludere, è evidente che la legislazione in tal senso, non è da sola in grado di definire e risolvere la questione dello Stalking.

Questa condotta, nasce da un stato di sofferenza interiore, che radicatosi nel tempo nell’animo umano, esplode dinnanzi a rapporti affettivi che si inclinano, o piuttosto si risolvono, nostro malgrado anche con acredine.

L’incapacità ad accettare la risoluzione di un rapporto, il timore di non potersi piu’ esprimere anche soli, laddove si perde la persona amata, abbisogna di un esame analitico della sfera psicologica del soggetto autore dello stalking.

I punti di ascolto con personale qualificato e conoscitore della tematica, ad avviso di chi scrive, sono e saranno i soli a indirizzare un percorso di recupero di se stessi attraverso un atto di catarsi dell’animo malato di chi erroneamente pensa di legare a se inopportunamente chi crede sia l’ancora di salvezza per affrontare la quotidianità.

La prevenzione, la corretta e tempestiva diagnosi dello stalker, dovrebbe evitare, quanto meno l’aumento spropositato di violenze morali, che sono l’inizio di un cammino che spesso porta al trapasso della vittima di tale innaturale e illecita condotta.

Di casi nazionali di stalking ve ne sono stati diversi e non sempre tra soggetti di sesso diverso, ma anche nel mondo omosessuale sussiste tale illecito, o meglio ancora tale condotta ossessiva d’amore, di gelosia o quant’altro legato alla sfera emozionale.

Un caso di recente, portato alla luce dalle indagini condotte dalla polizia, dimostra in maniera eclatante come lo stalking, non solo non ha limiti dietà, ma prescinde altresì dal concetto di uguaglianza e di differenza di genere.

La storia parla di due ragazze coetanee di 36 anni, Paula e Laura, legate sentimentalmente da lungo tempo. Una vita la loro difficile con qualche piccolo pregiudizio penale alle spalle e tanta difficoltà ad affrontare la quotidianità. Una è di origine cilena, un tipo sportivo, forte, dominante, appassionata di arti marziali. L’altra invece con un passato travagliato e sofferente alla luce di droga e alcool, vivono insieme in un appartamento superando i pettegolezzi, le ipocrisie e i pregiudizi della gente. Tuttavia, forse per le precarie condizioni economiche o altre motivazioni, il rapporto di inclina e dopo due anni all’inizio dell’estate la storia d’amore termina.

Si separano. Laura resta nell’appartamento che avevano in comune, invece Paula va a vivere in un altro locale.

Tuttavia questa soluzione, questo distacco non appiana la sofferenza che si alimenta sempre piu’ nell’animo di Paula, che non riesce in alcun modo ad accettare la separazione. La gelosia, il possesso, il rancore arde dentro di lei e si amplifica e giunge all’apice, quando Paula scopre che Laura ha intrapreso una relazione, ma stavolta con un uomo. Messaggi, minacce, pedinamenti, inizia il tormento per Laura, la quale gioco forza è costretta a rivolgersi all’autorità per denunciare la condotta insostenibile della sua ex compagna. La denuncia da parte di Laura agli organi competenti, ovviamente prevede che l’autorità di pubblica sicurezza diffida formalmente la molestatrice, obbligando quindi Paula a stare alla larga dalla casa, dai luoghi frequentati da Laura.

Cio’ nonostante la diffida non interrompe l’intento delittuoso di Paula che un venerdì sera dopo insulti verbali passa alle vie di fatto con una aggressione nei confronti di Laura, dove questa pare abbia avuto la peggio. Solo l’intervento della Polizia giunta subito dopo sul posto, ha scongiurato il peggio. La molestatrice Paula, dopo che gli agenti hanno ricostruito l’ante fatto e verificato la sussistenza della diffida formale a suo carico, arrestano la prevenuta e la conducono al carcere.

Pare che situazioni analoghe non siano sempre denunciate, soprattutto quando trattasi di soggetti con orientamenti sessuali diversi.

Il pudore, il timore di cattiverie e di vergogna, sovrastano e minano il libero arbitrio delle vittime, che spesso evitano di denunciare fatti che integrano palesemente il reato di stalking.

Questo episodio si commenta da solo.

E’ ad avviso dello scrivente, secondo le modalità, l’ambiente, i soggetti attori, un caso evidente di stalking.

Lo stalker agisce nei confronti di una persona che è già individuata come vittima in ragione di un investimento affettivo, fondato su una relazione amorosa, di convivenza reale (Paula e Laura erano legate sentimentalmente e vivevano sotto lo stesso tetto).

Paula (Stalker) ha attuato il suo disegno criminoso prima attraverso una comunicazione con telefonate, messaggi, poi successivamente con il contatto. Condotte queste ripetute nel tempo, insistenti ed intrusive nell’altrui libertà personale (reiterazione delle condotte nel tempo; lo stalking è da ritenersi un reato pluri offensivo cui la violenza e la minaccia fanno parte integrante e sono lo strumento idoneo e diretto alla consumazione del reato in esame).

E’ emerso il tentativo di fare pressione dal punto di vista psicologico sulla vittima, cercando di coartare il suo comportamento a mezzo di minacce.

Tal è, che la vittima, ha percepito e vissuto dei comportamenti persecutori, fastidiosi e petulanti cagionati dallo stalker, vivendo preoccupata, angosciata e quindi timorosa della propria incolumità.

In definitiva con ragionevolezza, si puo’ ritenere alla luce dei fatti narrati dalla cronaca che la condotta e le modalità esecutive poste in essere dall’autore del reato, integrano la fattispecie dello stalking, sia dal punto di vista psicologico che giuridico, a nulla rilevando la circostanza che trattasi di un rapporto affettivo e di coesistenza tra persone dello stesso sesso.

 



[1] Massimo Lattanzi Stalking. Il lato oscuro delle relazioni interpersonali Ediservice 2003

[2] Massimo Lattanzi e Gaia Oddi 2001

[3] Galeazzi e Curci Paolo (La sindrome delle molestie assillanti (stalking) ) Ed. Bollati – Boringhieri 2003

[4] Autori Vari Stalking Aspetti psicologici, sociologici e giuridici pag.17 (Lattanzi 2007)

[5] Cassazione Penale sentenza 4633 del 18.12.2003 Rv228064 (C.p. 612)

[6] Art. 660 c.p. “Molestia o disturbo alle persone”

[7] Cassazione Penale sentenza 25045 del 09.05.2002 Rv222705 (C.p. 660 e 612)

[8] Cassazione Penale sentenza 11525 del 28.05.1987 Rv 176995 (C.p. 610 e 612)