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Marcatura temporale - Cassazione Civile: la conservazione dei documenti da parte degli enti accreditati si presume corretta salva prova contraria

Marcatura temporale - Cassazione Civile: la conservazione dei documenti da parte degli enti accreditati si presume corretta salva prova contraria
Marcatura temporale - Cassazione Civile: la conservazione dei documenti da parte degli enti accreditati si presume corretta salva prova contraria

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 12393 del 23.05.2017, ha avuto occasione di pronunciarsi in merito ad un aspetto che sta assumendo sempre più rilevanza e centralità nell’ambito dell’informatica giuridica, ovvero la conservazione a norma e la datazione dei documenti informatici.

La controversia in argomento prende le mosse dalla decisione del Tribunale di Rovigo di respingere, in sede di rinvio, l’opposizione allo stato passivo di un fallimento proposta da un istituto bancario ritenendo inammissibile la produzione di un CD- ROM contenente alcuni contratti di leasing in virtù di un asserito difetto di datazione certa dei documenti in questo contenuti. Il Tribunale rodigino, seppur da un lato aveva riconosciuto che sui documenti era stata apposta una marca temporale ai sensi dell’articolo 1 del Codice dell’Amministrazione Digitale, dall’altro aveva ritenuto che l’opponente non avesse dimostrato il rispetto da parte della società certificatrice che aveva emesso le marche temporali “delle regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme digitali, validazione temporale del documento informatico, formazione e conservazione del medesimo ai sensi del D.P.C.M. 30 marzo 2009”.

Il fulcro della questione riguarda la verifica del rispetto delle regole tecniche da parte dell’ente certificatore che aveva emesso le marche temporali apposte sui documenti informatici contenuti nel CD- ROM.

Ai sensi dell’articolo 1 del D.P.C.M. 22 febbraio 2013, che detta le regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, qualificate e digitali (e che sostituisce il D.P.C.M. del 30 marzo 2009), per marca temporale si intende “il riferimento temporale che consente la validazione temporale e che dimostra l’esistenza di un’evidenza informatica in un tempo certo”.

In altre parole, la marcatura temporale è un sistema in base al quale viene attribuito data e ora certa - quindi opponibili ai terzi - al documento informatico cui viene apposta, e consiste nella generazione, da parte di un ente certificatore, di una apposita coppia di chiavi asimmetrica che viene apposta la documento, consentendo così la validazione temporale del documento stesso.

Gli enti certificatori accreditati sono iscritti nel pubblico registro tenuto dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID ex CNIPA) ai sensi dell’articolo 29 del Codice dell’Amministrazione Digitale (nel testo applicabile ratione temporis al caso in esame). Da tale accreditamento ne consegue che sono tenuti a rispettare le regole tecniche richiamate all’articolo 20 comma 3 del Codice dell’Amministrazione Digitale, ovvero “Le regole tecniche per la formazione, per la trasmissione, la conservazione, la copia, la duplicazione, la riproduzione e la validazione dei documenti informatici, nonché quelle in materia di generazione, apposizione e verifica di qualsiasi tipo di firma elettronica” che trovano sede nel D.P.C.M. del 3 dicembre 2013.

Per quanto riguarda la validazione temporale dei documenti informatici, il medesimo articolo stabilisce che “La data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle regole tecniche sulla validazione temporale”, ovvero quelle dettate dal citato D.P.C.M. del 22 febbraio 2013.

Con la condivisibile sentenza in esame, la Cassazione, quindi, respinge la ricostruzione del giudice di primo grado sul presupposto che debba essere riconosciuta in capo all’ente certificatore regolarmente accreditato e iscritto nel pubblico registro tenuto presso l’Agenzia per l’Italia Digitale una presunzione di conformità della sua attività di certificazione rispetto alle predette regole tecniche. Ne consegue, che sarà onere della parte che contesta che una certificazione sia avvenuta in conformità delle regole tecniche richiamate dall’articolo 71 Codice dell’Amministrazione Digitale dimostrare che l’ente certificatore non le abbia rispettate.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza del Tribunale di Rovigo e ha enunciato il seguente principio di diritto: “è onere della parte interessata a negare la certezza della data - e dunque, nel giudizio di opposizione a stato passivo, è onere del curatore fallimentare allegare e provare la violazione delle regole tecniche sulla validazione temporale, al rispetto delle quali l'articolo 20, comma 3, cod. amm. digitale subordina l'opponibilità ai terzi della data (e dell'ora) apposta al documento informatico da certificatore accreditato e iscritto nell'elenco di cui all'articolo 29, comma 6, cod. cit. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 179 del 2016), e tale allegazione in fatto non può essere effettuata per la prima volta nel giudizio di rinvio”.

(Corte di Cassazione, Sentenza 23 maggio 2017, n. 12939)