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Maria: il frutto più eccelso

Festività mariane
Festività mariane

Imitare in semplicità

Potremmo paragonare la vita cristiana alla costante opera imitativa di un bambino verso i genitori.

In fondo, lo stesso Gesù c’invita a farci come fanciulli per essere ammessi nel Regno dei Cieli[1]; mi sembra lecito quindi interpretare questo comando del Maestro anche come un’indicazione pedagogica, tesa a spiegarci come la nostra crescita spirituale dipenda, sostanzialmente, dall’umile imitazione della vita di Cristo. Penso però che la metafora del bambino si fermi qui: il discepolo infatti è chiamato ad una lettura sempre più matura degli insegnamenti lasciati dal Signore, tanto che il limitarsi ad una semplice mimesi esteriore sarebbe non una forma di fedeltà ma di grettezza.

Per questa ragione la Chiesa, che è Corpo di Cristo e guidata dallo Spirito Santo, ha deciso di riproporre ai cristiani l’esistenza terrena del Maestro attraverso una vita liturgica capace di suggerire anche i profondi significati degli avvenimenti. Il cristiano devoto quindi, durante l’anno liturgico, non si limita a ripercorrere i singoli atti compiuti da Gesù, ma li vive in una dimensione nella quale il simbolo si fa interprete della lettera.

Ritengo personalmente che questo invito alla comprensione, ad una pedagogia divina profonda e matura, sia una delle ragioni per le quali la Chiesa presenta ai fedeli il parallelismo fra le feste cristologiche e quelle corrispondenti mariane.

S’inizia dal legame fra il concepimento di Gesù (giorno dell’Annunciazione, 25 marzo) e l’Immacolata Concezione di Maria (8 dicembre), per terminare con quello fra l’Ascensione di Gesù e l’Assunzione in corpo e anima di Maria (15 agosto)[2]. In questo caso, il porre l’esperienza mariana in parallelo a quella di Cristo non chiarisce solamente il significato degli atti del Salvatore, ma li illumina evidenziando il legame fra questi e la comune esperienza umana. Difatti, anche se la Vergine Maria ha percorso il proprio cammino terreno in una relazione unica e irripetibile con Gesù, il profondo legame fra la sua umanità e la nostra le consente di esplicare al meglio quale pregnanza abbiano per noi i diversi momenti dell’azione salvifica di Cristo.

In quest’ottica, un’importanza fondamentale la ricopre la celebrazione dell’Assunzione di Maria: questa solennità infatti non si limita a rammentare ai credenti la bellezza del corrispondente dogma mariano, ma intende risvegliare, nel cuore dei cristiani, la consapevolezza della via che il Signore ci ha aperto con la sua Ascesa al Cielo.

 

La definizione del dogma

Il dogma dell’Assunzione di Maria Santissima al Cielo fu definito da papa Pio XII il primo di novembre del 1950, accompagnato dalla Costituzione Munificentissimus Deus[3]. Il medesimo Pontefice, il primo maggio del 1946, aveva chiesto all’episcopato, con la lettera “Deiparae”, se ritenesse opportuno definire il dogma, dando così il via ad un’accesa discussione teologica, conclusasi con l’annuncio della prossima definizione del 14 agosto del 1950[4].

Questo grande momento nella storia della fede e della Chiesa non giunse però come un fulmine a ciel sereno; era anzi quasi il coronamento di un secolo pregno di devozione mariana. Questa non fu alimentata solo dalle apparizioni di Lourdes e di Fatima[5], ma anche, e soprattutto, dalla definizione di un altro importante dogma mariano, quello dell’Immacolata Concezione, datato l’8 dicembre del 1854[6].

Un dogma tuttavia, per essere tale, non può essere solo la risposta alla sensibilità specifica di un periodo o di un gruppo, bensì la formulazione chiara e vincolante di una verità rivelata riconosciuta, pur gradualmente, dalla Chiesa nella sua universalità. Tale caratteristica è esposta dalla citata Costituzione attraverso tre elementi: il consenso unanime dell’episcopato, l’evoluzione storica della consapevolezza, nella Chiesa, di questa realtà e la base, nella Rivelazione, di questa fede[7].

È proprio quest’ultimo elemento che ci permette di comprendere quella stretta comunione fra Gesù e sua Madre che traspare dalle scelte liturgiche della Chiesa e che, culminando nell’Assunzione al Cielo, chiarifica molti aspetti del nostro rapporto con il Redentore. Cercando di riassumere una materia teologica d’indubbia complessità, posso dire che l’intera esistenza di Maria si è svolta accanto a Cristo, al punto che alla Madre è stato concesso di condividere con il Figlio la sospensione delle “[…] leggi ordinarie della Provvidenza, nel campo fisico (come nelle generazione) e nell’ordine morale (riguardo al peccato)[…][8]. Proprio attraverso questi elementi è stato possibile comprendere come dalla comunione unica della Vergine con Cristo provenisse anche un’esenzione dalla corruzione del corpo e quindi un’anticipata glorificazione in corpo e anima.

 

La profondità della Redenzione

Ecco che quindi l’Assunzione si presenta come il momento culminante di un rapporto di Maria con Gesù così stretto da permetterle di condividere la Sua vita e quindi anche la Sua distanza dal peccato. L’unicità di questo legame, frutto della Grazia di Dio, nasce dalla profondissima e viscerale unione fra la Vergine ed il Salvatore, data dalla condivisione della stessa carne. Questo implica che, se da un lato noi discepoli mai sperimenteremo una simile unità con il Salvatore, dall’altro potremo condividerne i medesimi frutti tramite una comunione di differente natura. Illuminanti, in tal senso, sono le parole del documento conciliare Sacrosantum Concilium, nel quale si afferma che “[…]la Chiesa in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione, e in lei contempla con gioia, come in un’immagine purissima, ciò che essa, tutta, desidera e spera di essere[9].

Quando perciò il cristiano celebra, in comunione con la Chiesa, la solennità dell’Assunzione di Maria al Cielo, rende lode a Dio per tutti quei doni della Redenzione che Cristo ha riversato sull’umanità ed ha reso evidenti nella Madre, a cui va in modo speciale il Suo amore. Nell’innalzamento della Vergine in corpo e anima vediamo la prova della fedeltà di Dio alla Sua promessa di renderci partecipi della Sua vita immortale.

Scoprendo che quel radioso compimento che, come credenti, si è già attuato per un essere umano, la nostra comprensione dei singoli elementi della vita cristiana ne esce rivoluzionata. Non solo il nostro corpo, proprio come quello della Vergine, entra realmente nella nostra concezione della vita eterna, ma il semplice rammentare di come il Signore salvi la totalità del nostro essere, senza spezzarci, ci ricorda di come la vita cristiana, premessa ad una tale benedizione, coinvolga l’interezza della nostra persona.

La differente prospettiva circa il nostro rapporto con Gesù che l’Assunzione di Maria fornisce, ci consente quindi sia di rileggere i differenti misteri della Redenzione alla luce del loro compimento, sia di declinare ogni aspetto della nostra vita spirituale al corretto legame con una materialità che rammentiamo anch’essa redenta.

 

[1] Mt 18, 3-4.

[2] Cf Roberto Coggi, Trattato di mariologia, ESD, Bologna 2011, p. 195.

[3] Cf ivi, pp. 181-182.

[4] Cf ivi, p. 187.

[5] Cf ivi, p. 181.

[6] Cf ivi, p. 159.

[7] Cf ivi, p. 182.

[8] Cf ivi, p. 188.

[9] Sacrosantum Concilium, n. 103.

Testo consigliato

  • Roberto Coggi, Trattato di mariologia, ESD, Bologna 2011