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Misure di prevenzione e incompatibilità del giudice

che abbia espresso valutazioni di merito
giudice
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 La riconosciuta natura giurisdizionale del procedimento di prevenzione dovrebbe comportare l’applicazione dei principi atti a garantire la terzietà e l'imparzialità del giudice, affermati dall'art. 111, comma secondo, Costituzione.

 

La Cassazione a Sezioni Unite, oggi 24 febbraio, è stata chiamata a decidere se nel procedimento di prevenzione il giudice che abbia in precedenza espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale sia incompatibile.

In tema di misure di prevenzione è stata rimessa alle Sezioni Unite con l’ordinanza n. 38902/2021 dalla sezione V della Cassazione, la seguente questione: “Se, e in quali limiti, la disciplina processuale delle cause di incompatibilità del giudice sia applicabile anche al processo di prevenzione.

Se al procedimento di prevenzione sia applicabile il motivo di ricusazione previsto dall’articolo 37, comma 1 c.p.p., nel caso in cui il giudice abbia, in precedenza, espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale”.

L’ordinanza della Cassazione n. 38902/21: Link

 

Cassazione indirizzi giurisprudenziali

Nelle decisioni della Suprema Corte si registrano due indirizzi giurisprudenziali, il primo ritiene che la causa di ricusazione di cui all'art. 37, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. (nell'estensione derivante dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale con la sentenza n. 283 del 2000), non si applica nel caso in cui il giudice, chiamato alla decisione in ordine all'applicazione della misura di prevenzione, abbia in precedenza espresso una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in un altro procedimento di applicazione della misura di prevenzione ovvero in un giudizio penale.

Tale indirizzo recepisce l'orientamento giurisprudenziale espresso, in forza di articolate considerazioni, nella sentenza Sez. 1, n. 43801 del 27/05/2016, Arena, Rv. 268665, secondo cui al procedimento di prevenzione non è applicabile la causa di ricusazione prevista dall'art. 37, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. nel caso configurato dalla sentenza additiva della Corte cost. n. 283 del 2000, in cui il giudice abbia in precedenza espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale.

Nonostante le interrelazioni esistenti fra procedimento penale e procedimento di prevenzione, questo orientamento ritiene e sostiene che le differenze comunque esistenti fra i due procedimenti varrebbero a giustificare, in accordo con la giurisprudenza di legittimità a tal fine citata, la mancata "trasposizione - ragionando in termini di diritto positivo - in sede di prevenzione della più accentuata forma di tutela della imparzialità, prevista in tal caso per il solo giudizio penale".

A fronte di siffatta impostazione, si obietta che la riconosciuta natura giurisdizionale del procedimento di prevenzione comporta la pacifica applicazione dei principi e degli istituti tipici del processo penale, tra cui, in primis, quelli atti a garantire la terzietà e l'imparzialità del giudice, affermati dall'art. 111, comma secondo, Cost. e, quindi, l'applicazione delle norme in materia di incompatibilità, astensione e ricusazione, senza possibilità di limitazione alcuna.

Ciò in quanto si assume che la richiamata diversità “strutturale e funzionale del procedimento di prevenzione", se può legittimamente dar conto di scelte diversificate in punto di conformazione normativa del diritto di difesa, sarebbe tuttavia inidonea a giustificare una difforme disciplina in materia, non potendo ipotizzarsi, in seno al procedimento di prevenzione, "un giudice 'non-capace' o 'meno-capace' rispetto al giudice del processo di cognizione".

Un diverso orientamento, aveva però sostenuto l'applicabilità al procedimento di prevenzione anche di detta causa di ricusazione (Sez. 6, n. 15979 del 08/03/2016, Rv. 266533; Sez. 1, n. 32492 del 10.07.2015, Rv. 264621; Sez. 5, n. 32077 del 24.06.2014, Rv. 261643; Sez. 6, n. 6757 del 07/11/2013, dep. 2014, Rv. 262643; Sez. 4, n. 26670 del 15/02/2011, Rv. 250954; Sez. 5, n. 3278 del 16/10/2008, dep. 2009, Rv. 242942).

La stessa posizione della sentenza Arena è stata in seguito adottata e ribadita da altre pronunzie di legittimità (Sez. 2, n. 37060 del 11/01/2019, Rv. 277038; Sez. 5, n. 236629 del 19/02/2018, Rv. 273281; Sez. 6, n. 51793 del 13/09/2018, Rv. 274576). Tuttavia, l'orientamento nel senso dell'ammissione nel procedimento di prevenzione della ricusazione anche per le ragioni di cui sopra non ha mai perso vigore (Sez. 6, n. 23605 del 24/06/2020, n.m.; Sez. 6, n. 41975 del 02/04/2019, Rv. 277373; Sez. 6, n. 41975 del 11/10/2019., n.m.; Sez. 1, n. 28651 del 18/05/2017, n.m.; Sez. 6, n. 15979 del 08/03/2016, n.m.).

A sostegno della scelta di dare ancora continuità a tale ultimo orientamento sono state svolte più di recente ampie e condivisibili considerazioni (v., in particolare, Sez. 6, n. 41975 del 2019, sopra citata), perfettamente in linea con le pronunce nel frattempo rese dalla Corte costituzione (sent. n. 93 del 2010 e n. 24 del 2019), dalla Corte Edu (Grande Camera, 23/02/2017, De Tommaso c. Italia) e dalla Corte di cassazione (Sez. U., sent. n. 4880 del 2014, dep. 2015, Spinelli; sent. n. 111 del 2018, Gattuso), quanto al genere di garanzie che vanno assicurate in materia di misure di prevenzione, sia personali che patrimoniali.

Al riguardo, rilevano gli interventi e i principi ripetutamente affermati in tema di "giurisdizionalizzazione" del procedimento di prevenzione, che esigono l'ampia applicazione a tale procedimento delle regole del giusto processo, secondo le linee prescritte, quanto in particolare all'incondizionata garanzia della posizione di terzietà del giudice, dall'art. 111, comma secondo, Cost. e dall'art. 6 CEDU.

Tale tutela, non ammettendo deroghe in materia di decisioni giurisdizionali incidenti su beni di rango costituzionale, personali (art. 113 Cost.) e patrimoniali (artt. 41 e 42 Cost.), non può certamente subire ridimensionamenti in ragione delle peculiarità strutturali e di accertamento, in chiave prognostica, che fisiologicamente distinguono il procedimento di prevenzione da quello penale.

Né può recepirsi la tesi secondo cui la sentenza della Corte cost. n. 286 del 2000, laddove ha dichiarato incostituzionale l'art. 37, comma 2, cod. proc. pen. "nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato il giudice che, chiamato a decidere sulla responsabilità di un imputato, abbia espresso in altro procedimento, anche non penale, una valutazione sullo stesso fatto nei confronti del medesimo ricorrente", si sia riferita al solo caso di una decisione da emettere in ordine alla responsabilità nel procedimento penale e, pertanto, non anche a quello in cui la precedente attività "pregiudicante" riguardi i fatti su cui dovrà fondarsi la decisione sulla misura di prevenzione, personale o patrimoniale.

Invero, in direzione contraria a tale tesi si è correttamente osservato che la motivazione della stessa sentenza n. 283 del 2000 ha chiaramente richiamato le precedenti pronunzie della stessa Corte (sent. n. 306 del 1997 e ord. n. 178 del 1999), nel senso che il pregiudizio per l'imparzialità - neutralità del giudice, così come configurato, può rilevare anche in rapporto alla decisione in trattazione in sede di prevenzione e, dunque, anche per il giudice che è chiamata ad adottarla.

Pertanto, alla luce di una lettura coerente e organica delle direttive fissate dalla Corte costituzionale e dell'intera normativa non è possibile limitare il contenuto "espansivo" che rimane rappresentato dalla suindicata dichiarazione di illegittimità, si dà ritenere una direttrice "pregiudicante" di tipo "unidirezionale", che lasci fuori dal presidio il procedimento "giusdizionalizzato" di prevenzione.

Le altre questioni evocate, che richiamano le diverse modalità di selezione dei dati e di adeguamento valutativo alle sopravvenienze ai fini del responso in ordine alla pericolosità sociale affidato al giudice della prevenzione, nulla tolgono alla rilevanza decisionale da assegnare ancor prima al momento "constatativo", basato, secondo i principi ancora ribaditi dalla sentenza Corte cost. n. 24 del 2019, su verifiche probatorie e apprezzamenti in ordine a specifici fatti oggettivi, senza possibilità di importare automaticamente contenuti decisori, in senso favorevole o sfavorevole al proposto, già intervenuti nel procedimento penale. Né, ancora, la distinzione ai fini che qui interessano può essere colta richiamando gli insegnamenti giurisprudenziali secondo i quali, in sede di procedimento di prevenzione, l'attività "pregiudicante" del giudice non può derivare da valutazioni dallo stesso espresse in precedenti provvedimenti circa la sussistenza dei presupposti del sequestro dei beni ai fini della confisca.

Invero, in tal caso risulta, piuttosto, dirimente la considerazione che si tratta di decisioni tutte attribuite all'unico giudice funzionalmente designato per il grado, senza specifiche previsioni di incompatibilità riferite agli atti compiuti nel procedimento e distinzioni per fasi decisionali (in tal senso, fra le altre, Sez. 6, n. 49254 del 14/10/2016, Bianco, Rv.268169; Sez. 5, n. 38458 del 18/07/2012, Garruzzo, Rv. 253570; Sez. 1, n. 15684 del 07/02/2002, Schiavone, Rv. 221844).

Il giudice che decide su tutte le questioni incidentali rimane, dunque, l'unico chiamato poi a definire il grado del procedimento di prevenzione.

Tali condizioni di inscindibilità funzionale sono, del resto, sovrapponibili a quelle in cui si trova nel procedimento penale il giudice designato a trattare una certa fase, quando il medesimo giudice, prima della definizione di tale fase, sia stato incidentalmente chiamato a provvedere in tema di misure cautelari, personali o reali. E anche in tal caso si esclude che possano intervenire valutazioni aventi nel proseguo effetti "pregiudicanti" quanto alla posizione del giudice (fra le altre, Sez. 5, n.3045 del 24/10/2019, dep. 2020, Stambè, Rv. 278658; Sez. 6, n.16453 del 10/02/2015, Celotto, Rv. 263576; Sez. 6, n.42975 del 22/09/2003, Neziri, Rv. 227619).

Deve, pertanto, affermarsi che anche nel procedimento di prevenzione possono dedursi, a sostegno della dichiarazione di ricusazione del giudice, le condizioni dovute alle decisioni "pregiudicanti" di cui all'art. 37, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avuto riguardo alla precedente espressione da parte dello stesso giudice di valutazioni di merito, in un altro procedimento di prevenzione o in un procedimento penale, nei confronti dello stesso soggetto e per lo stesso fatto sul quale si fonda la richiesta di applicazione della misura di prevenzione.

Fermo restando che in tal caso, proprio in considerazione delle particolari connotazioni delle verifiche di prevenzione, deve a maggior ragione tenersi conto delle precisazioni contenute nella sentenza Corte cost. n. 283 del 2000, secondo le quali, ai fini della individuazione dell'attività "pregiudicante", non è sufficiente che il giudice abbia in precedenza avuto mera cognizione dei fatti di causa, raccolto prove, ovvero si sia espresso solo incidentalmente e occasionalmente su particolari aspetti della vicenda processuale sottoposta al suo giudizio.

Attendiamo l'esito della camera di consiglio delle Sezioni Unite che risponderanno al quesito: "Se, e in quali limiti, la disciplina ·processuale delle cause di incompatibilità del giudice sia applicabile anche al processo di prevenzione.

Se al procedimento di prevenzione sia applicabile il motivo di ricusazione previsto dall'art.37, comma 1, cod. proc. pen., nel caso in cui il giudice abbia, in precedenza, espresso valutazioni di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto in altro procedimento di prevenzione o in un giudizio penale".