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Malpractice medica - Cassazione Penale: attenzione alla valutazione dell’operato del medico come imprudente che applica pedissequamente le linee guida non evita la responsabilità per colpa

Malpractice medica - Cassazione Penale: attenzione alla valutazione dell’operato del medico come imprudente che applica pedissequamente le linee guida non evita la responsabilità per colpa
Malpractice medica - Cassazione Penale: attenzione alla valutazione dell’operato del medico come imprudente che applica pedissequamente le linee guida non evita la responsabilità per colpa

Il fatto 

La Corte di Appello della Capitale aveva confermato la sentenza di primo grado del Tribunale, nella quale si condannava per omicidio colposo un medico chirurgo, colpevole di non aver prestato la dovuta prudenza che ci si sarebbe dovuti attendere da un soggetto che opera in conformità con le pratiche dettate dalla medicina.

Più precisamente l’operatore medico era considerato responsabile perché, in primo luogo non aveva correttamente valutato, a seguito dei patemi fisici lamentati dalla paziente nei giorni successivi all’operazione, il peggioramento delle sue situazioni di salute ricollegandole alle conseguenze post-operatorie e, in secondo luogo, perché avrebbe dovuto accorgersi da un esame maggiormente specifico ed attento che le complicanze erano dovute da una ben più grave occlusione intestinale, la quale sarà la ragione del perforamento intestinale, che a sua volta porterà alla morte della paziente pochi giorni dopo l’operazione d’urgenza realizzata dallo stesso medico chirurgo.

 

La decisione 

Secondo la Cassazione la sentenza della Corte di Appello è carente di motivazione circa la ragione per cui i sintomi mostrati dalla paziente potessero essere oggettivamente considerati come indicanti un’occlusione intestinale alla visita del medico chirurgo. 

Non solo, infatti, non sarebbe possibile chiarire con precisione in quale momento del decorso ospedaliero si sia verificata l’occlusione a cui seguirà poi la perforazione intestinale (causa della morte), ma non sono neanche accettabili le tesi dei periti secondo cui la sintomatologia avrebbe potuto suggerire al medico di realizzare ulteriori esami.

L’esame degli specialisti, ha infatti evidenziato, in una relazione che si riferisce ad un comportamento auspicabile del medico, come i sintomi della paziente non fossero univocamente ricollegabili all’occlusione intestinale. 

Secondo la Cassazione, “per stabilire se la condotta di un sanitario sia penalmente rilevante non può prescindersi dal verificare la conformità della stessa alle linee guida e alle buone pratiche dettate dalla medicina”. L’analisi istruttoria avrebbe dovuto essere svolta con riferimento alla condotta ma anche a quello che avrebbe dovuto essere l’alternativo comportamento considerato diligente in base alle circostanze del fatto concreto

I giudici di legittimità si concentrano poi sulla parte di sentenza di secondo grado in cui la condotta viene definita imprudente. 

Nonostante la Corte territoriale abbia definito il comportamento come imprudente, secondo la Cassazione è da constatare come una definizione di tale comportamento consiste nella “realizzazione di un’attività positiva che non si accompagni nelle speciali circostanze del caso a quelle cautele che l’ordinaria esperienza suggerisce di impiegare a tutela dell’incolumità e degli interessi propri ed altrui”, e che nella specie la condotta tenuta dal ricorrente viene più considerata come un’omessa o incompleta diagnosi e quindi ascrivibile sotto l’alveo della negligenza e più precisamente sotto quello dell’imperizia

(Corte di Cassazione - Sezione Sesta Penale, Sentenza 26 aprile 2018, n. 24384)