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I farmaci orfani: brevi osservazioni sulla definzione di “medicinale simile”

Farmaci
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1. L’evoluzione del settore ed i farmaci orfani

2. Gli incentivi per lo sviluppo dei farmaci orfani: il regime di esclusiva

3. Le definizioni di “medicinale simile” e di “medicinale essenzialmente simile

4. Considerazioni finali

 

1. L’evoluzione del settore ed i farmaci orfani

La variabilità della natura, nella bellezza che reca con sè e nella sua contestuale imperfezione, si riflette anche sulla diversità delle affezioni che coinvolgono gli esseri viventi.

Tanto più una patologia o una errata manifestazione della vita è rara, tanto più, nella sua singolarità, appare difficile da comprendere. Ed è per la sua singolarità, che questa rara patologia, quale parte di una errata manifestazione della vita, spinge naturalmente la scienza a studiarla ed a meglio comprenderne le caratteristiche anche causative.

La complessità del metodo sperimentale, evolutosi fortemente nel ventesimo secolo, ha generato processi altrettamento complicati ma importanti, a tal punto che le soluzioni terapeutiche, soprattutto farmacologiche, devono ormai rispettare precisi requisiti di natura regolatoria. Questi adempimenti sono anche conseguentemente associati ad altissimi costi, per cui la scienza, nell’indirizzare le proprie attività e nel portare a compimento le proprie scoperte ed invenzioni, deve fare i conti con gli aspetti economici e, più in particolare, con la teoria del ritorno degli investimenti.

I rapporti tra il mondo scientifico, le università e l’impresa farmaceutica è sempre stato oggetto di meticolose analisi e discussioni; già nel noto scritto del prof. Vittorio Silano, dal titolo “Medicinali di uso umano – aspetti economici, normativi, procedurali e tecnici connessi a sperimentazione, produzione, prezzi, commercio e vigilanza in Europa e in Italia”, edito nel 2001,  si delineavano iniziative messe a punto dai governi europei e dalla stessa Unione Europea per incentivare la collaborazione scientifica, al fine di dirimere il divario tra gli USA e l’Europa sul tema dello sviluppo farmaceutico.

I principi dei programmi di sviluppo nel settore farmaceutico, in linea molto generale, prevedono una fase iniziale consistente nella scoperta o identificazione di un target, intendendosi per tale un gruppo o uno spettro di entità biologiche (proteine, geni, RNA, etc.) che siano “druggable”, ossia suscettibili di diventare o essere trasformate/prodotte come molecole farmacologiche (piccole molecole o grandi molecole, come i principi attivi di origine biologica).

Si tratta, in alcuni casi, di effettuare una sostanziale attività di screening (high throughput screening), nel quale hanno un ruolo fondamentale gli strumenti di calcolo, anche computazionale, e le banche dati chimiche e biologiche. Questo è molto importante dal punto di vista strategico, perché si possono mettere in competizione anche elementi biologici già noti o scoperti per caso, nonché mettere a frutto esperienze di ricerca già svolte. Non è un caso che gli enti di ricerca internazionali, comprese le strutture di ricerca e sviluppo delle più importanti società farmaceutiche mondiali, possono contare su maggiori possibilità di successo nello sviluppare nuove molecole nei settori in cui hanno raccolto maggiori dati ed esperienze. Per i medesimi motivi, colossi noti nel settore dell’information tecnology, come Samsung, Google ed IBM (solo per citare alcuni) stanno creando al loro interno delle unità di ricerca e business in ambito chimico e farmaceutico. I complessi criteri di calcolo, la capacità e l’esperienza di produzione in ambienti particolari, di cui sono dotate le imprese dell’information tecnology, favoriscono e semplificano la possibilità di investire nel settore farmaceutico.

Il fenomeno della cd. “genericazione” ossia l’accorciamento del periodo di protezione legato al brevetto farmaceutico e la contestuale perdita della copertura brevettuale per importanti molecole, blockbusters mondiali del settore, sembra aver comportato due principali conseguenze: da una parte la sensibile riduzione delle attività di ricerca e sviluppo industriali sulle molecole note, dall’altra la concentrazione delle attività di ricerca e sviluppo su specifici settori (i.e. oncologia e neurologia) e su patologie a bassa diffusione.

In quest’ultimo ambito rientrano i cosiddetti farmaci orfani (orphan drugs), ossia farmaci sviluppati per malattie rare (rare diseases). In Europa una malattia è considerata rara se ha una prevalenza soglia non superiore a 5 persone affette su 10.000; sembra essere un livello molto basso riferito a pochi casi, tuttavia l’elenco delle malattie rare è molto più numeroso di quello che si possa pensare. Sul sito orpha.net vi è una lista sempre aggiornata con la modetodologia di raccolta ed identificazione dei dati per ciascuna patologia rara.

Negli Stati Uniti, invece, non si parla solo di “rare diseases” ma – forse in maniera più appropriata – di “rare disease or condition”, e viene definita tale, o una affezione che colpisce meno di 200 mila persone, negli Stati Uniti, ovvero una affezione che colpisce più di 200 mila persone, ma per la quale non vi è alcuna ragionevole aspettativa che i costi di sviluppo e di messa a disposizione, negli Stati Uniti, di un farmaco per la cura di tale malattia vengano recuperati dalle vendite (una valutazione che deve essere fatta sulla base di fatti ed evidenze). Ma il mercato europeo ed il mercato statunitense sono molto diversi tra di loro, con approcci finanziari e di spesa altrettanto differenti.

 

2. Gli incentivi per lo sviluppo dei farmaci orfani: il regime di esclusiva

In Europa gli incentivi alla ricerca e sviluppo dei farmaci orfani sono stati emanati a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento n. 141/2000 e rientrano nel programma “Horizon 2020”, il più grande programma di ricerca ed innovazione dell’Europa che prevede l’investimenti di circa 80 miliardi di euro nel periodo 2014-2020. All’interno di tale progetto sono previsti finanziamenti a specifici progetti di ricerca per lo più condotti da enti di ricerca pubblici e privati e da qualche azienda farmaceutica a capitale europeo. Per quanto concerne specificatamente l’Italia, invece, a parte le agevolazioni previste per l’accesso alle terapie con i farmaci orfani, che rientrano nella governance della spesa farmaceutica e quindi beneficiano anche delle somme corrisposte dalle imprese farmaceutiche a titolo di ripano, non sembrano esserci importanti progetti di ricerca che rientrano specificatamente nella previsione dell’articolo 9 del citato Regolamento. Certamente un adeguato sistema di incentivi fiscali diretto a sostenere lo sviluppo della ricerca sui farmaci orfani, anche svolta da enti pubblici, stimolerebbe nicchie di scienza e impegnerebbe positivamente risorse intellettuali già presenti in Italia. Tuttavia nel Bilancio di Previsione dello Stato per l’anno 2019, ossia la Legge del 30 dicembre 2018 n. 145, non sembra esserci spazio per l’adozione di misure di incentivo allo sviluppo di farmaci orfani, fermo restando la possibilità, per lo Stato, di intervenire positivamente in tal senso qualora decidesse di rivedere l’interna governance della spesa farmaceutica, attualmente regolata delle disposizioni di cui ai decreti legge, n. 159/2007 (legge conversione n. 122/2007) e n. 95/2012 (legge di conversione n. 135/2012). Ma nel “Documento in materia di governance farmaceutica”, redatto dal Ministero della Salute nel mese di dicembre 2018 non vi è alcuna menzione esplicita a meccanismi di incentivo per i farmaci orfani.

Fermo restando il sistema degli incentivi a livello dei singoli Stati membri, che rimane comunque legato e sottoposto a contingenti logiche di natura economica e politica (che in Italia appaiono preminenti rispetto ad una logica di sviluppo), certamente lo strumento rappresentato dall’esclusiva di mercato per un determinato periodo, così come introdotto dal citato Regolamento n. 141/2000, rimane l’aspetto più interessante ed efficace per le imprese. L'articolo 8 di tale Regolamento prevede infatti un regime di esclusiva di mercato pari a dieci anni, successivamente all'autorizzazione all'immissione in commercio, riducibile a sei anni se alla scadenza del quinto anno dovessero venire meno i requisiti per la natura e quindi l'assegnazione della qualifica di farmaco orfano.

Il regime di esclusiva consiste nel fatto che la Commissione Europea non può concedere altre autorizzazioni all'immissione in commercio, nè accettare altre richieste relative all'estensione delle autorizzazioni all'immissione in commercio, esistenti per medicinali analoghi, con le stesse indicazioni terapeutiche.

Il regime di esclusiva incontra tuttavia tre eccezioni, elencate al comma 3 del citato articolo 8, di cui le prime due fondate su circostanze comunque attribuibili al titolare dell'autorizzazione del farmaco orfano (nel caso in cui esso dia il consenso alla commercializzazione di altro medicinale analogo, ovvero non sia in grado di fornire una quantità sufficiente di medicinale), mentre la terza si basa sull'esistenza di un, secondo, medicinale simile al medicinale orfano già autorizzato, che si presenti come più sicuro, più efficace o comunque clinicamente superiore. Si tratta di una protezione che opera indipendentemente dalla copertura brevettuale ed ha come indiretto obiettivo la protezione degli investimenti effettuati nella ricerca sientifica.

L’esclusiva di mercato, prevista nel citato articolo 8 del Regolamento sui farmaci orfani, tuttavia, dal punto di vista sostanziale, appare più debole rispetto ad una esclusiva di mercato concessa per ragioni brevettuali, in quanto è soggetta all’evoluzione della scienza e, nella fattispecie, all’esistenza di un “nuovo” ed analogo medicinale che dimostri di essere clinicamente superiore. Ci troviamo pertanto, dinanzi ad una esclusiva di mercato concessa nell’ambito di una procedura regolatoria e non nel contesto del riconoscimento di un diritto di proprietà intellettuale che invece, com’è noto, ha l’obiettivo di premiare la novità dell’invenzione o della scoperta. Senza voler entrare nel merito delle sostanziali diversità sottese alle due diverse procedure valutative (quella regolatoria del riconoscimento dello status di farmaco orfano e quella giuridica della concessione del brevetto), l’intento di questa analisi e quello di evidenziare alcuni aspetti relativi alla comparazione tra farmaci così come, peraltro, recentemente modificati dalla legislazione europea.

 

3. Le definizioni di “medicinale simile” e di “medicinale essenzialmente simile

La Commissione, infatti, è recentemente intervenuta con proprio Regolamento n. 781 del 29 maggio 2018 per modificare, nell’ambito della procedura di riconoscimento dello status di farmaco orfano, il concetto di “medicinale simile”, alla luce delle nuove conoscenze tecnico scientifiche e degli importanti progressi compiuti nel settore dei medicinali biologici.

Per "medicinale simile" si intende un medicinale contenente uno o più principi attivi simili a quelli contenuti in un medicinale orfano già autorizzato, che abbia la stessa indicazione terapeutica; ne discende quindi che la definizione di "medicinale simile" è intrinsecamente legata a quella di "principio attivo simile".

Nella legislazione europea in materia di medicinali, con riferimento ai processi regolatori sottesi alle valutazioni ed autorizzazioni di farmaci, si rinvengono due distinte categorie:

- medicinale simile, previsto nell’articolo 3, paragrafo 3, del Regolamento n. 847/2000, così come modificato dall’articolo 1 del Regolamento n. 781/2018, ossia un medicinale contenente uno o più principi attivi simili a quelli contenuti in un medicinale orfano già autorizzato, con la stessa indicazione terapeutica;

- medicinale essenzialmente simile, previsto nell’articolo 10 del D. Lgs. n. 219/2006, che riflette quanto previsto nella Direttiva 2001/83/CE, ossia “un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità”.

Per una corretta comprensione delle due definizioni e del campo di possibile applicazione non si può prescindere dalla più generica ma complessa definizione di medicinale, che consiste in “ogni sostanza o associazione di sostanze” con precise caratteristiche e finalità, contenute nell’articolo 1 del D. Lgs. n. 219/06. La “sostanza”, a sua volta, è il principio attivo che esercita una azione farmacologica, contenuto nel medicinale. Nella sua precedente versione, il Regolamento n. 847/2000, conteneva anche la definizione di “principio attivo”, intendendo per tale una “sostanza che espleta attività fisiologiche o farmacologiche”, ma tale definizione è stata soppressa con la modifica introdotta dal Regolamento n. 781/2018, in quanto non rientra nei compiti della Commissione il potere di definire tale espressione, e comunque essa è già contenuta nell’articolo 1, punto 3 bis, della Direttiva 2001/83.

Il diverso grado, o livello, di similitudine tra le due categorie sopra elencate, deve essere pertanto riferito alla “sostanza”, così come definita nell’articolo 1 del D. Lgs. n. 219/06 e deve, necessariamente, svolgersi sulla base di una indagine strettamente tecnico scientifica.

Tuttavia, una cosa è la similitudine quale rapporto che lega due sostanze farmacologiche, altra cosa è l’efficacia clinica, che è intrisecamente connessa all’indicazione terapeutica. Il rapporto di similitudine si stabilisce infatti mediante l’osservazione (che non è mera osservazione, ma un vero e proprio studio osservativo) della molecola, l’efficacia clinica invece deve essere dimostrata mediante l’esecuzione di precisi studi clinici, quindi segue il metodo sperimentale, cui si accennava all’inizio di questo scritto.

Potrà sembrare banale, ma è pur sempre necessario averlo presente per una esatta comprensione dei fenomeni di cui stiamo discorrendo, ossia che entrambi gli aspetti, quello del rapporto di similitudine e quello della efficacia clinica, si basano sullo “stato della conoscenza della tecnica”, ossia sul livello delle conoscenze scientifiche raggiunte al momento in cui si svolgono le verifiche. Questo è, peraltro, il motivo per cui le Agenzie Regolatorie si riservano sempre di rivedere le proprie posizioni in futuro. Ne è prova il fatto che a distanza di diciotto anni l’Agenzia Regolatoria Europea abbia ritenuto di dover intervenire per rivedere proprio la definizione di “medicinale simile”.

Le due categorie sopra descritte, quindi, non sono esattamente diverse e speculari, ma operano in ambiti differenti e concernono diverse valutazioni della molecola, ovvero del “principio attivo”. Da una diversa prospettiva potremmo affermare che, mediante l’introduzione della categoria di “medicinale simile”, il legislatore europeo ha voluto concedere a chi ha sviluppato un farmaco orfano, di non vedere vanificati i suoi investimenti solo perchè un altro ha sviluppato una molecola simile, con la medesima indicazione terapeutica del farmaco già riconosciuto come “orfano”, ma senza dimostrare di avere una superiorità clinica rispetto ad esso. E su questo, il legislatore europeo, ha voluto dare delle precise indicazioni su come e quando un principio attivo si può considerare simile e come deve essere dimostrata la superiorità clinica.

C’è poi un aspetto, più prettamente formale, legato agli strumenti legislativi adottati: il Regolamento n. 781/2018, infatti, così come il Regolamento 847/2000, sono atti della Commissione delegati dal Parlamento e quindi il potere legislativo, della Commissione, avrebbe potuto esercitarsi solo nell’ambito di quanto pre-definito dal medesimo Parlamento.

Su questa materia il potere attribuito dal Parlamento alla Commissione si inserice all’interno dell’articolo 72 del Regolamento n. 2309/93, ossia nell’ambito di una specifica procedura per la quale la Commissione legifera assistita dal Comitato permanente per le specialità medicinali dell'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA); siamo pertanto nell’ambito di una attività legislativa caratterizzata da un notevole contenuto tecnico e per la quale il contributo del più alto organismo tecnico in materia di farmaci dell’Unione Europea, diventa determinante anche al fine di salvaguardare il necessario coordinamento tra l’attività legislativa e le procedure regolatorie, sotto il profilo dell’unitarietà del sistema.

I Regolamenti n. 781/2018 e n. 847/2000 sono, pertanto, atti legislativi delegati che si inseriscono in una geografia regolatoria già pre-definita dalla legislazione europea in materia di medicinali e rispondono ad una specifica esigenza di introdurre previsioni tecniche a disposizione della Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) nel momento in cui viene chiamata ad esprimersi in merito alla superiorità clinica di un medicinale rispetto ad un altro; una possibilità concessa solo ed esclusivamente nella materia dei farmaci orfani.

Il parallelismo quindi, tra le due definzioni di “medicinale essenzialmente simile” e di “medicinale simile” appare avere un senso nomenclatorio nel momento in cui si ammette che la prima definizione, quella di “medicinale essenzialmente simile”, rientra nei poteri attribuiti alla citata Agenzia ai fini della valutazione all’immissione in commercio, mentre la seconda, quella di “medicinale simile”, ai soli fini della valutazione dell’esistenza, o meno, di quelle condizioni clinico-scientiche che consentono ad un medicinale di continuare a beneficiare dei vantaggi legati all’esclusiva di mercato per lo status di farmaco orfano.

La definizione di “medicinale simile”, contrariamente a quella di “medicinale essenzialmente simile” non è intrisecamente connessa con la valutazione ai fini dell’autorizzazione all’immissione in commercio; un medicinale potrebbe non essere un medicinale simile ma mantenere l’autorizzazione all’immissione in commercio ottenuta secondo la propria procedura di registrazione, che è una procedura di registrazione completa.

Potremmo, pertanto, concludere che:

il “medicinale essenzialmente simile”, attiene a valutazioni dirette al rilascio di una autorizzazione all’immissione in commercio e concerne medicinali aventi il medesimo principio attivo; le procedure registrative dirette ad ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio sono semplificate, sebbene possono variare, nella loro “semplicità”, a seconda del fatto che si tratti di un principio attivio con molecola “chimica” ovvero un principio attivo di origine “biologica”;

il “medicinale simile”, attiene a valutazioni comparative dirette, adeguatamente dimostrate con studi clinici comparativi, immediatamente preliminari o contestuali alla valutazione dell’immissione in commercio e concerne mediciali aventi principi attivi simili ma non diversi; le procedure registrative sono procedure registrative complete.

A ciò si aggiunge una ulteriore e sostanziale differenziazione ossia, mentre la valutazione della essenziale similitudine è diretta a dimostrare la sostituibilità nel corso di un trattamento farmacologico, tra un medicinale ed un altro considerato essenzialmente simile, la valutazione della mera similitudine è solo diretta a stabilire se un medicinale può continuare a godere della esclusiva di mercato, derivante dallo status di farmaco orfano. Nel procedimento previsto dall’articolo 3 del Regolamento n. 847/2000 sembrano assenti elementi idonei a valutare gli effetti clinici e terapeutici di una terapia con un medicinale rispetto ad un altra, e ciò sia dal punto di vista di una eventuale sostituibilità tra farmaci, sia in relazione alla scelta clinica se iniziare un trattamento con un medicinale anzichè con un altro, sebbene caratterizzati da una similitudine tra principi attivi.

Non di minore importanza, appare poi, la differenziazione in termini finalistici tra le due valutazioni e, segnatamente, il fatto che mentre la valutazione della essenziale similitudine cattura la similitudine tra due medicinali sotto il profilo farmacologico, ivi compresa la sicurezza e la tollerabilità, la mera similitudine appare concentrata nel dimostrare la superiorità del beneficio terapeutico, anche in termini di maggior sicurezza, ma non necessariamente l’uno aspetto congiutamente all’altro (beneficio terapeutico e sicurezza, insieme). Non è un caso il fatto che, da un lato il concetto di similitudine esiste solo nei processi valutativi regolatori che riguardano i farmaci orfani, e dall’altro che l’eventuale superiorità di un farmaco rispetto ad un altro,  non fa venir meno l’autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco precedente.

L’esclusiva di mercato è una sorta di premialità che viene concessa ad un medicinale, o meglio al titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio, per aver sviluppato un farmaco orfano e/o per aver sviluppato un farmaco clinicamente superiore ad un farmaco, precedentemente, qualificato come farmaco orfano. In sostanza quello che sembra rilevare è la differenziazione in termini di superiorità clinica rispetto ad una offerta terapeutica pre-esistente.

Il Tribunale Europeo nella causa T-74/08 ha affermato che “la determinazione del beneficio significativo si iscrive pertanto in un’analisi comparativa con un metodo o un medicinale esistente e autorizzato. Infatti, un «miglioramento sostanziale delle condizioni del paziente dal punto di vista clinico» e dal punto di vista della «cura generale», che conferiscono al medicinale orfano potenziale la qualità di beneficio significativo, possono essere determinati solo con un confronto con i trattamenti che siano già stati autorizzato”, con la conseguenza che, in assenza di un presistente medicinale, la comparazione deve essere effettuata nei confronti di – eventuali – metodi di cura preesistenti. Il procedimento di cui all’articolo 3, lettera d) del Regolamento 847/2000 non è esclusivamente finalizzato alla comparazione tra due medicinali bensì, più in generale, tra due soluzioni terapeutiche con le medesime indicazioni di cura.

In questo senso, in altra occasione, il Tribunale Europeo, nella causa T-140/12 ha ribadito che un medicinale può ottenere la qualifica di medicinale orfano anche se esiste una terapia per l’affezione in questione a condizione che esso apporti una un effetto benefico sognificativo alle persone colpite da tale affezione.

La giurisprudenza dell’Unione ha più volte affermato (in primis cfr. già citato T-74/08) che il significativo beneficio si inserisce in una analisi comparativa e non può limitarsi alla sola valutazione delle qualità intrinseche del medicinale senza compararle con quelle dei metodi autorizzati. Il titolate dell’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale per il quale è stata riconosciuto lo status di farmaco orfano, quindi, non ha un diritto di esclusiva di mercato connesso all’esistenza del farmaco stesso, quale può essere il diritto di proprietà industriale sulla molecola o sul processo produttivo o su altri aspetti connessi al medicinale, ovvero quale quello relativo alla tutela del dati contenuti nel fascicolo regsitrativo.

Tale diritto, concesso dal riconoscimento dello status di farmaco orfano è sostanzialmente connaturato al beneficio clinico raggiunto dall’opportunità terapeutica costituita dal medesimo farmaco; così, tale diritto incontra la propria caducità nel momento in cui si affaccia sul mercato una opportunità terapeutica simile e superiore. Per tali motivi il legislatore ha scelto la locuzione di “medicinale clinicamente superiore”, secondo la definizione data dal Regolamento 847/2000.

In questo senso è anche la definizione di “principio attivo simile” che, come afferma il Regolamento n. 847/2000, deve intendersi valida ed applicabile solo ai fini della disciplina contenuta nel Regolamento n. 141/2000. Per principio attivo simile, rientra sia il caso di “identico principio attivo” sia il caso di “principio attivo con le stesse caratteristiche principali di struttura molecolare ... e che agisce attraverso il medesimo meccanismo”. Nella definizione di “principio attivo simile”, che alla base della definizione di “medicinale simile”, rientrano sia i casi di medicinali generici/equivalenti (con identico principio attivo) e di medicinali biosimilari (sebbene con alcune precisazioni in termini di differenziazione della materia biologica di provenienza) sia i casi di medicinali con diverso ma simile principio attivo.

Ma sarebbe incorretto affermare che da ciò ne deriva il corollario per il cui il “medicinale essenzialmente simile” è una categoria del “medicinale simile”, in quanto le due definizioni appartengono a processi regolatori profondamente diversi, pensati e disciplinati con differenti finalità. Per cui, solo la prima (medicinale essenzialmente simile) attiene ad un procedimento diretto ad ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio e l’asserita sostituibilità in corso di terapia (con le cautele nel caso dei farmaci biosimilari) rispetto al farmaco di riferimento, mentre la seconda (medicinale simile) ha la sola funzione di creare (o far venir meno) un periodo di esclusiva di mercato nello specifico settore dei farmaci orfani.

 

4. Considerazioni finali

Le differenze di struttura molecolare, come anche i processi produttivi, possono comportare differenze nella pratica clinica difficilmente prevedibili; soltanto l’osservazione di come si comportano principi attivi simili può dare evidenze chiare. Nell’ambito delle procedure regolatorie dirette ad approvare l’immissione in commercio di medicinali generici/equivalenti, ossia “medicinali essenzialmente simili” l’EMA detta requisiti precisi a volte specifici per categorie di medicinali (cfr. ad esempio i farmaci biologici e loro biosimilari, nonche ì cosidetti farmaci a “narrow therapeutic index”). Le procedure di comparazione tra medicinali non hanno rilevanza dal punto di vista regolatorio, se non nel caso specifico dei farmaci orfani.

Gli Stati membri, sono liberi di adottare politiche che incentivino alcuni farmaci a danno di altri per ragioni economiche, come è la procedura prevista dall’articolo 15, comma 11 ter, del Decreto Legge n. 95/2012, sulla cosidetta “equivalenza terapeutica” tra farmaci aventi principi attivi diversi, ma ciò non ha nulla a che vedere con il rapporto di similitudine così come previsto e disciplinato dal Regolamento in materia di farmaci orfani.

La possibilità accordata agli Stati membri di agire sul concetto di equivalenza terapeutica, in assenza di chiare e precise regole – che siano ampiamente condivise dalle autorità regolatorie europee e dalla comunità scientifica – espone al rischio di uno sbilanciamento verso gli aspetti prettamente economici, verosimilmente di risparmio della spesa – piuttosto che ad una valorizzazione delle caratteristiche scientifiche e della differenziazione tra farmaci.

Certamente poi, tanto maggiori evidenze e certezze si vogliono avere da una equivalenza terapeutica tanto maggiori saranno i costi associati allo svolgimento delle prove cliniche cd. “head-to-head”; sempre nella prospettiva di un bilanciamento dei diversi interessi, ci si potrebbe chiedere se sia più conveniente incentivare le imprese a sostenere costi per studi di comparazione invece che incentivare la ricerca e lo sviluppo di farmaci completamente nuovi (ossia nuovi principi attivi).

Nel contesto della regolamentazione dei farmaci orfani, una procedura di comparazione ha un significato ed uno scopo ben preciso, ma non è detto che sia sic et simpliciter applicabile in maniera generalizzata; in quest’ultimo caso gli effetti nel lungo periodo – per la ricerca farmacologica – potrebbero non essere così positivi.

 

[Ai fini della valutazione del conflitto di interesse si tenga conto che l’autore ricopre il ruolo di Legal Counsel presso una società farmaceutica; i contenuti di questo scritto sono espressione dell’autonoma opinione dell’autore e non rilflettono le, eventuali, posizioni della società per la quale lavora.]