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Non vi è demansionamento per il dipendente comunale che viene assegnato ad altro ufficio

Non vi è demansionamento per il dipendente comunale che viene assegnato ad altro ufficio
Non vi è demansionamento per il dipendente comunale che viene assegnato ad altro ufficio

La problematica oggetto di discussione è quella attinente al demansionamento o meno di un dipendente, nel caso comunale, ma comunque appartenente ad un ente pubblico, qualora  venga raggiunto da un provvedimento amministrativo che assegni quest’ultimo da un ufficio ad un altro.

Ebbene, pare che la giurisprudenza sia unanime e costante nel ritenere che il provvedimento amministrativo di destinazione di un dipendente, frutto di un’organizzazione della pianta organica, sia un atto di macro organizzazione la cui legittimità può essere valutata incidentalmente ai fini di un’eventuale disapplicazione (cf. Cassazione Civile, Sezioni Unite n. 1140/07) e che, dunque, l’atto di riorganizzazione degli uffici sia un atto del tutto legittimo e valido. Tanto deriva dal fatto che la pubblica amministrazione può discrezionalmente decidere di modificare la pianta organica e redistribuire i servizi, al fine di un miglioramento degli stessi, senza con ciò ledere i diritti dei dipendenti o commettere alcun demansionamento, qualora lo spostamento consista in mansioni equivalenti e di uguale livello professionale.

Su tale punto la Cassazione, in particolare, con la Sentenza delle Sezioni Unite n. 8740/08, ha chiarito proprio questo, tanto da specificare come il datore di lavoro, quando adibisce il dipendente a mansioni diverse da quelle originarie, non arreca alcun danno in termini di demansionamento, se le mansioni nuove siano da annoverare nella medesima categoria, secondo una valutazione non sottoponibile al vaglio giudiziale. 

La Cassazione Civile, con Sentenza n. 11835/2009, si è espressa comunque sanzionando lo svuotamento totale delle mansioni affidate ad un dipendente, ponendo pertanto dei limiti alla sottrazione integrale di ogni funzione da svolgere.

Con Sentenza dell’11 marzo 2015, r.c. n. 379/2015, il Giudice del lavoro del Tribunale di Brindisi, interpellato su un caso simile a quello discusso, ha confermato la giurisprudenza degli ultimi anni. La suddetta sentenza merita di essere segnalata perché il Giudice del Lavoro ha rigettato le motivazioni addotte dalla parte ricorrente, (tra l’altro l’azione era stata proposta con un procedimento ex articolo 700 del codice di procedura civile), proprio perché ha ritenuto insussistente il fumus boni iuris e addirittura superflua la sussistenza del periculum in mora, con ciò confermando in toto le ragioni dell’amministrazione datrice di lavoro.

La problematica oggetto di discussione è quella attinente al demansionamento o meno di un dipendente, nel caso comunale, ma comunque appartenente ad un ente pubblico, qualora  venga raggiunto da un provvedimento amministrativo che assegni quest’ultimo da un ufficio ad un altro.

Ebbene, pare che la giurisprudenza sia unanime e costante nel ritenere che il provvedimento amministrativo di destinazione di un dipendente, frutto di un’organizzazione della pianta organica, sia un atto di macro organizzazione la cui legittimità può essere valutata incidentalmente ai fini di un’eventuale disapplicazione (cf. Cassazione Civile, Sezioni Unite n. 1140/07) e che, dunque, l’atto di riorganizzazione degli uffici sia un atto del tutto legittimo e valido. Tanto deriva dal fatto che la pubblica amministrazione può discrezionalmente decidere di modificare la pianta organica e redistribuire i servizi, al fine di un miglioramento degli stessi, senza con ciò ledere i diritti dei dipendenti o commettere alcun demansionamento, qualora lo spostamento consista in mansioni equivalenti e di uguale livello professionale.

Su tale punto la Cassazione, in particolare, con la Sentenza delle Sezioni Unite n. 8740/08, ha chiarito proprio questo, tanto da specificare come il datore di lavoro, quando adibisce il dipendente a mansioni diverse da quelle originarie, non arreca alcun danno in termini di demansionamento, se le mansioni nuove siano da annoverare nella medesima categoria, secondo una valutazione non sottoponibile al vaglio giudiziale. 

La Cassazione Civile, con Sentenza n. 11835/2009, si è espressa comunque sanzionando lo svuotamento totale delle mansioni affidate ad un dipendente, ponendo pertanto dei limiti alla sottrazione integrale di ogni funzione da svolgere.

Con Sentenza dell’11 marzo 2015, r.c. n. 379/2015, il Giudice del lavoro del Tribunale di Brindisi, interpellato su un caso simile a quello discusso, ha confermato la giurisprudenza degli ultimi anni. La suddetta sentenza merita di essere segnalata perché il Giudice del Lavoro ha rigettato le motivazioni addotte dalla parte ricorrente, (tra l’altro l’azione era stata proposta con un procedimento ex articolo 700 del codice di procedura civile), proprio perché ha ritenuto insussistente il fumus boni iuris e addirittura superflua la sussistenza del periculum in mora, con ciò confermando in toto le ragioni dell’amministrazione datrice di lavoro.