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Il vincolo di giustizia in ambito f.i.g.c. non opera in relazione a fattispecie che integri gli estremi di un reato

E’ noto che il c.d. “vincolo di giustizia” (art. 30, c. 2, Statuto F.I.G.C.) preclude ai soggetti appartenenti all’ordinamento sportivo calcistico (società sportive, tesserati e tutti i soggetti, organismi e loro componenti, che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevanti per l’ordinamento federale) di rivolgersi all’A.G.O., salvo specifica autorizzazione da parte del Consiglio Federale F.I.G.C. per gravi ragioni di opportunità.

Ogni comportamento tenuto in contrasto con l’obbligo di rispettare il vincolo di giustizia o comunque volto ad eluderlo, comporta l’irrogazione delle sanzioni disciplinari previste dalle norme federali.

La breve digressione sul tema in argomento, però, non può prescindere da un sintetico excursus riepilogativo afferente alla L. n. 280/03.

A seguito dell’entrata in vigore del richiamato provvedimento legislativo é stato stabilito che ”la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo” (art. 1, c. 1) e che “i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo” (art. 1, c. 2).

In tal senso, dunque, emerge una riserva di giurisdizione statale nelle ipotesi in cui le sanzioni e gli atti di natura sportiva, non esaurendo la propria incidenza nello specifico contesto di riferimento, siano produttivi di conseguenze lesive nell’ambito dei rapporti sociali e, pertanto assumono rilevanza per l’ordinamento generale.

Di conseguenza, al soggetto sportivo coinvolto deve essere garantito il diritto agire in giudizio per la tutela dei propri diritti (art. 24 Cost.) e di rivolgersi al giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.).

In sostanza, in ambito sportivo operano due tipologie di giustizia: la giustizia sportiva, preposta alla soluzione delle questioni e al soddisfacimento delle esigenze proprie dell’ordinamento settoriale di riferimento; la giustizia ordinaria, quale indispensabile garanzia a tutela delle situazioni giuridiche soggettive ove quelle connesse all’attività sportiva abbiano rilevanza “esterna” riflettendosi, nel senso anzidetto, in seno all’ordinamento statale.

Ci si domanda, a questo punto, se, ad esempio, in occasione della commissione di un reato da parte di un soggetto appartenente all’ordinamento sportivo nei riguardi di altro parimenti operante nel medesimo contesto, il “vincolo di giustizia” debba ritenersi operativo o se, invece, nel caso specifico, la giustizia sportiva debba cedere il passo a quella statuale.

Al riguardo, si può assumere, senza tema di smentita, che la materia penale senz’altro esula dalla giurisdizione sportiva, priva di potestas iudicandi e, pertanto, non in grado di favorire l’accesso a strumenti idonei a garantire qualsivoglia tutela delle posizioni di diritto soggettivo eventualmente pregiudicate.

Se, dunque, la materia penale si sottrae alla giurisdizione federale, l’esigenza (o addirittura l’obbligo) per il soggetto di richiedere l’autorizzazione a rivolgersi all’A.G.O. viene senz’altro meno; diversamente, sarebbero posti nel nulla i principi di cui agli artt. 24 e 25 della Costituzione.

In conclusione, se da un lato la piena vigenza dell’art. 30, c. 2, Statuto F.I.G.C. (c.d. vincolo di giustizia) é pacificamente individuabile con riferimento all’autonomia dell’ordinamento sportivo, come detto, riconosciuto e favorito dalla Repubblica, dall’altro essa si affievolisce, sino a perdere di significato, con riferimento alla materia penale, e quindi a reati i quali, a prescindere dalla relativa azionabilità a querela di parte o d’ufficio, non potranno che richiedere l’intervento esclusivo dell’A.G.O..

E’ noto che il c.d. “vincolo di giustizia” (art. 30, c. 2, Statuto F.I.G.C.) preclude ai soggetti appartenenti all’ordinamento sportivo calcistico (società sportive, tesserati e tutti i soggetti, organismi e loro componenti, che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevanti per l’ordinamento federale) di rivolgersi all’A.G.O., salvo specifica autorizzazione da parte del Consiglio Federale F.I.G.C. per gravi ragioni di opportunità.

Ogni comportamento tenuto in contrasto con l’obbligo di rispettare il vincolo di giustizia o comunque volto ad eluderlo, comporta l’irrogazione delle sanzioni disciplinari previste dalle norme federali.

La breve digressione sul tema in argomento, però, non può prescindere da un sintetico excursus riepilogativo afferente alla L. n. 280/03.

A seguito dell’entrata in vigore del richiamato provvedimento legislativo é stato stabilito che ”la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo” (art. 1, c. 1) e che “i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo” (art. 1, c. 2).

In tal senso, dunque, emerge una riserva di giurisdizione statale nelle ipotesi in cui le sanzioni e gli atti di natura sportiva, non esaurendo la propria incidenza nello specifico contesto di riferimento, siano produttivi di conseguenze lesive nell’ambito dei rapporti sociali e, pertanto assumono rilevanza per l’ordinamento generale.

Di conseguenza, al soggetto sportivo coinvolto deve essere garantito il diritto agire in giudizio per la tutela dei propri diritti (art. 24 Cost.) e di rivolgersi al giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.).

In sostanza, in ambito sportivo operano due tipologie di giustizia: la giustizia sportiva, preposta alla soluzione delle questioni e al soddisfacimento delle esigenze proprie dell’ordinamento settoriale di riferimento; la giustizia ordinaria, quale indispensabile garanzia a tutela delle situazioni giuridiche soggettive ove quelle connesse all’attività sportiva abbiano rilevanza “esterna” riflettendosi, nel senso anzidetto, in seno all’ordinamento statale.

Ci si domanda, a questo punto, se, ad esempio, in occasione della commissione di un reato da parte di un soggetto appartenente all’ordinamento sportivo nei riguardi di altro parimenti operante nel medesimo contesto, il “vincolo di giustizia” debba ritenersi operativo o se, invece, nel caso specifico, la giustizia sportiva debba cedere il passo a quella statuale.

Al riguardo, si può assumere, senza tema di smentita, che la materia penale senz’altro esula dalla giurisdizione sportiva, priva di potestas iudicandi e, pertanto, non in grado di favorire l’accesso a strumenti idonei a garantire qualsivoglia tutela delle posizioni di diritto soggettivo eventualmente pregiudicate.

Se, dunque, la materia penale si sottrae alla giurisdizione federale, l’esigenza (o addirittura l’obbligo) per il soggetto di richiedere l’autorizzazione a rivolgersi all’A.G.O. viene senz’altro meno; diversamente, sarebbero posti nel nulla i principi di cui agli artt. 24 e 25 della Costituzione.

In conclusione, se da un lato la piena vigenza dell’art. 30, c. 2, Statuto F.I.G.C. (c.d. vincolo di giustizia) é pacificamente individuabile con riferimento all’autonomia dell’ordinamento sportivo, come detto, riconosciuto e favorito dalla Repubblica, dall’altro essa si affievolisce, sino a perdere di significato, con riferimento alla materia penale, e quindi a reati i quali, a prescindere dalla relativa azionabilità a querela di parte o d’ufficio, non potranno che richiedere l’intervento esclusivo dell’A.G.O..