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Nota a sentenza del TAR Lazio, 4 gennaio 2021, n. 17

Prospettiva
Ph. Simona Loprete / Prospettiva

La sentenza

Il TAR Lazio, Roma, Sez. II, 04/01/2021, n.17 accoglie il ricorso di un operatore economico escluso da una procedura di gara a causa dell'errore commesso dalla stazione appaltante nella formulazione della lex specialis.

Secondo il giudice amministrativo occorre, preliminarmente rammentare come la giurisprudenza, quanto ai presupposti, alle modalità e soprattutto ai limiti entro i quali la commissione giudicatrice possa legittimamente intervenire al fine di emendare l’offerta di un concorrente da eventuali errori, sia pressoché consolidata nel ritenere che le offerte, intese come atto negoziale, possano essere interpretate, superandone le eventuali ambiguità, a condizione di giungere ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale ivi assunto, nel solo intento di farne riemergere l’effettiva volontà comunque ivi espressa dall’offerente (in tal senso, ex multis, Consiglio di Stato, Sezione III, 28 ottobre 2020, n. 6610), con la conseguenza che tale attività interpretativa potrà, quindi, consistere anche nell’individuazione e nella correzione di eventuali errori di scritturazione e di calcolo nella formulazione dell’offerta, ma sempre “a condizione che alla rettifica si possa pervenire con ragionevole certezza, senza bisogno di complesse indagini ricostruttive e senza attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima, né a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente” (TAR Lazio, Roma, Sezione II, 21 febbraio 2018, n. 2016) risultandone, altrimenti, violati la par condicio, l’affidamento nelle regole di gara e le esigenze di trasparenza e certezza (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione III, 20 marzo 2020, n. 1998).

Con riferimento, invece, alla rilevanza dell’errore commesso dalla stazione appaltante nella formulazione della lex specialis, idoneo ad incidere sulla formazione della volontà del concorrente, per l’effetto abbagliato dalla modulistica predisposta dalla stazione appaltante, il Consiglio di Stato ha evidenziato come il qualificato affidamento indotto nel concorrente, che si sia attenuto ad un’indicazione fornita dalla stazione appaltante, sia senz’altro meritevole di tutela (in tal senso, ex multis Consiglio di Stato, Sezione V, 29 aprile 2019, n. 2720), anche nei casi in cui i concorrenti non siano tenuti all’impiego dei modelli e formulari erroneamente predisposti (Consiglio di Stato, Sezione V, 6 agosto 2012, n. 4510).

Ciò in quanto non è conforme ai principi di correttezza, buona fede e tutela della par condicio tra i partecipanti alla gara, pretendere che il concorrente, che si avvalga per l’elaborazione dell’offerta di un modulo predisposto dalla stazione appaltante, ne appuri la conformità in ogni suo aspetto agli altri atti di gara, ponendo in essere una verifica che – a ben vedere – esula dall’ordinaria diligenza e sarebbe stato onere della stazione appaltante eseguire e che, pertanto, non può da quest’ultima essere addossata all’offerente, finendo altrimenti, costui per subire le conseguenze del comportamento negligente dell’amministrazione.

In tal senso, la giurisprudenza ha, infatti, già avuto modo di chiarire come “la modulistica predisposta … dalla stazione appaltante assolve al duplice fine di rendere omogenee le offerte per semplificarne l’esame comparativo ed agevolare i partecipanti riducendo il rischio di errori”, finalità che – a ben vedere – risulterebbero evidentemente compromesse qualora si pretendesse dai concorrenti l’onere di controllarne (e, se del caso, correggerne) i contenuti (in senso conforme, Consiglio di Stato, sez. III, 5 febbraio 2015, n. 601).

La questione affrontata dal Tar Lazio è se l’errore in cui cada il concorrente all’atto di rendere le dichiarazioni prescritte a pena di esclusione dal bando o dalla lettera d’invito, allorquando detto errore sia riconducibile ad un errore della stazione appaltante in sede di predisposizione dei modelli allegati al bando di gara.

Giova premettere che, di norma, il mancato utilizzo di moduli approntati dall’Ente per la presentazione delle offerte non costituisce causa di esclusione dalle procedure di gara ma è anche vero che gli stessi moduli devono essere predisposti in modo tale da non trarre in inganno i potenziali partecipanti e, di conseguenza, indurre gli stessi, a formulare dichiarazioni oppure offerte non in linea con quella che è la lex specialis di gara.

Ciò posto, la disamina s’incentrerà sulle differenti conseguenze che discendono dal caso in cui l’omissione imputabile al concorrente derivi dal modello predisposto dalla stazione appaltante erroneamente, cioè in difformità da quanto prescritto dal regolamento di gara, rispetto alla diversa ipotesi in cui il concorrente, nel formulare la domanda o l’offerta, violi un obbligo di legge sancito da una norma imperativa, anche in mancanza di un espresso rinvio a quest’ultima contenuto nella lex specialis.

 

L’interpretazione della giurisprudenza tra “favor partecipationis” e “par condicio

Il problema consiste nello stabilire se l’impresa che abbia compilato una domanda o (l’offerta) in conformità al facsimile approntato dalla stazione appaltante, qualora questo non riproduca tutte le dichiarazioni espressamente e chiaramente indicate come necessarie nel regolamento di gara e presidiate dalla clausola di esclusione, possa considerarsi in “buona fede” e, pertanto, meritevole di tutela sotto il profilo dell’affidamento ingenerato dall’erronea predisposizione del facsimile stesso; oppure se debba escludersi l’errore “incolpevole” dell’impresa partecipante, annettendo prevalenza al principio della par condicio, cui si correla il rispetto degli oneri formali imposti, al netto dell’eventuale procedimento di soccorso istruttorio, a pena di esclusione.

Una parte, ormai minoritaria e datata della giurisprudenza reputava che l’incompletezza delle dichiarazioni previste a pena di esclusione dalla lex specialis non potesse essere giustificata invocando l’errore addebitale all’Amministrazione nell’approntamento del modulo. In tale evenienza, infatti, s’imponeva, in coerenza all’ordinario canone di diligenza, una lettura sistematica della documentazione di gara da parte del concorrente (bando, capitolato, moduli), con la conseguente necessità di colmare le carenze della modulistica allegata, integrandola con quanto richiesto (purché) univocamente dal bando e dal capitolato.

Diverso è, invece, l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza qui richiamata e che segue anche altre pronunce nel tempo consolidatesi.

Il nucleo argomentativo delle pronunce susseguitesi sul tema è imperniato sul rilievo secondo cui, nella fattispecie considerata, nessun addebito può essere contestato all’impresa concorrente, essendo la medesima stata indotta in errore, all’atto della presentazione della domanda di ammissione alla gara, dal negligente comportamento della stazione appaltante, che ha mal predisposto la relativa modulistica.

In altri termini, non può ricavarsi una conseguenza sfavorevole nei confronti del soggetto partecipante alla procedura selettiva dalla circostanza che la dichiarazione da questi resa ricalchi lo schema di domanda articolato erroneamente dalla stazione appaltante.

Da tale premessa i giudici amministrativi traggono la conclusione che l’esigenza connessa alla tutela dell’affidamento, di cui il criterio del favor partecipationis volto a favorire la più ampia partecipazione alle gare pubbliche costituisce corollario, prevale rispetto all’opposto principio della par condicio, fondato sul mero adempimento delle prescrizioni formali di gara.

Tale considerazione viene sorretta, nella motivazione delle pronunce giudiziali, dal richiamo all’ulteriore principio per il quale, in presenza di dubbi sulla reale portata di quanto dichiarato, si rende necessaria una regolarizzazione della dichiarazione stessa secondo le modalità indicate nell’articolo83, comma 9 del Decreto legislativo 50/2016 (c.d. soccorso istruttorio), attribuisce rilevanza alle mancanze sostanziali, piuttosto che a quelle meramente formali.

Ne consegue, in definitiva, che in caso di compilazione della domanda (o dell’offerta) in aderenza al modulo erroneamente approntato dalla stazione appaltante, che si traduca nell’omissione di una dichiarazione prescritta dal bando (o dalla lettera d’invito), l’applicazione dei principi in materia di tutela dell’affidamento e di favor partecipationis osta all’esclusione dell’impresa, potendo la difformità dal regolamento di gara essere sanata mediante richiesta di integrazione ex articolo 89 del codice.

 

Tutela dell’affidamento: fondamento e limiti

L’orientamento giurisprudenziale prevalente di cui la recente sentenza del Tar Lazio, che in questa sede si commenta, valorizza la tutela dell’affidamento quale duplice espressione, nell’ambito dell’ordinamento comunitario, del più generale principio di certezza del diritto e dell’obbligo di assumere contegni improntati al senso di lealtà e buona fede; nel contesto del diritto interno, quale manifestazione del dovere di solidarietà e dei canoni di eguaglianza, ragionevolezza e imparzialità (articoli 2, 3 e 97 Cost.).

La portata applicativa del principio è stata chiarita anche dalla giurisprudenza nazionale, che lo ha elevato, in stretta connessione al favor partecipationis, a cardine dell’interpretazione delle clausole ambigue contenute nella legge speciale di gara per l’aggiudicazione dei contratti pubblici.

L’affidamento degli interessati di buona fede, più in particolare, impone che il regolamento di gara debba intendersi per ciò che esso dice, restando il concorrente dispensato dal ricostruire, attraverso complesse, laboriose (e opinabili) indagini interpretative ed integrative, ulteriori ed inespressi significati; con l’ulteriore conseguenza che, in caso di clausole dubbie, deve preferirsi l’interpretazione che – per l’appunto – favorisca la massima partecipazione alla gara, anziché quella che la ostacoli (in questo senso, tra le tante: Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2009, n. 3320).

Da qui l’utile invocazione del principio proprio per impedire l’esclusione dalla gara dell’impresa che abbia omesso una dichiarazione prevista dalla lex specialis nel caso in cui il facsimile allegato non rechi alcun riferimento ad essa; circostanza suscettibile di generare, oltre all’affidamento incolpevole, una situazione di dubbio tipicamente idonea a legittimare il favor partecipationis e la conseguente richiesta di integrazione documentale.

Diverso è, per contro, il trattamento riservato all’ipotesi in cui l’omissione nella quale incorra l’impresa partecipante derivi non già dall’erronea stesura, per fatto addebitabile alla Pubblica Amministrazione, della modulistica utilizzata dalla medesima impresa, bensì dalla violazione di una norma imperativa di legge che, in ragione della sua finalità e del preminente interesse pubblico ad essa sotteso, rivesta una valenza eterointegrativa delle prescrizioni del bando (o della lettera d’invito).

Si pensi al caso in cui il concorrente, anche in mancanza di un espresso richiamo contenuto nel regolamento di gara, non abbia specificamente indicato in sede di offerta economica l’importo relativo ai costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. La fattispecie, configurando violazione del disposto dell’articolo 97, comma 10, del Codice, rende illegittima l’ammissione alla gara dell’impresa offerente, a nulla rilevando che la lex specialis non preveda alcuna specifica richiesta al riguardo: infatti, la sussistenza di un obbligo di legge, quale è quello dell’indicazione di detti costi, a presidio di esigenze di ordine imperativo, esclude la rilevanza del silenzio serbato sul punto dalla legge di gara, rendendosi altrimenti scusabile una ignorantia legis.

Nell’ipotesi in esame, in sostanza, non ha valore esimente la circostanza che il bando non faccia alcun riferimento all’obbligo di indicare nell’offerta economica i costi che i concorrenti intendono sopportare relativamente a quelli della manodopera e quelli relativi agli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, trattandosi, come detto, di prescrizione normativa eterointegrante il bando stesso.

Tuttavia, qualora sia il modello predisposto dall’Amministrazione, che i concorrenti devono utilizzare per formulare l’offerta, a non prevedere alcuno spazio per l’inserimento dei dati relativi agli oneri di sicurezza, si riespande la portata applicativa della tutela dell’affidamento e del connesso principio del favor partecipationis, essendo – ancora una volta – la stessa modulistica imposta dalla stazione appaltante a dare origine alla mancanza rivelatasi determinante ai fini della partecipazione alla gara.

La giurisprudenza, pertanto, appare orientata nel senso di qualificare differentemente la fattispecie, a seconda che sia solo il bando o anche il facsimile ad esso allegato a non contenere il richiamo agli oneri della sicurezza, conferendo rilievo scusante solamente alla seconda delle ipotesi prospettate.

La stessa Autorità Nazionale Antocorruzione mostra di aderire all’indirizzo giurisprudenziale dominante, precisando che la predisposizione di uno schema domanda di partecipazione difforme dalle prescrizioni della lex specialis di gara costituisce un comportamento equivoco della stazione appaltante, idoneo a generare convincimenti non esatti e a dare indicazioni o avvertenze fuorvianti.

Per tali motivi, l’Autorità considera non legittima l’esclusione dalla gara del concorrente indotto in errore, ritenendo necessaria la richiesta di documentazione integrativa:

“La tutela dell’affidamento e la correttezza dell’azione amministrativa impediscono che le conseguenze di una condotta colposa della stazione appaltante possano essere traslate a carico del soggetto partecipante con la comminatoria dell’esclusione dalla gara” (Parere AVCP 10 settembre 2009, n. 93, nel quale, peraltro, si citano alcuni precedenti “pareri n. 1/2007, n. 52/2008, n. 164/2008, n. 238/2008” e si richiama “il costante orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, sez. V, 17 ottobre 2006, n. 6190 e 21 giugno 2007, n. 3384)”.