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Odori - Cassazione Penale: scatta il reato di disturbo agli inquilini se i cattivi odori derivanti dalla cottura di pietanze risultano molesti all’olfatto, superando il limite della normale tollerabilità

Odori - Cassazione Penale: scatta il reato di disturbo agli inquilini se i cattivi odori derivanti dalla cottura di pietanze risultano molesti all’olfatto, superando il limite della normale tollerabilità
Odori - Cassazione Penale: scatta il reato di disturbo agli inquilini se i cattivi odori derivanti dalla cottura di pietanze risultano molesti all’olfatto, superando il limite della normale tollerabilità

La Corte di Cassazione ha stabilito che i cattivi odori derivanti dalla cottura di cibi avvertita nelle abitazioni delle persone anche a finestre chiuse e che, quindi, superano il limite della normale tollerabilità, integrano il reato di molestie olfattive e di disturbo.

Nel caso di specie, il Tribunale di Vicenza aveva condannato una pizzeria alla pena dell’ammenda, oltre che al risarcimento del danno della ricorrente, per aver cagionato molestia e disturbo agli inquilini residenti negli appartamenti posti al di sopra del locale, a causa dei cattivi odori derivanti dalla cottura delle pietanze, in relazione al reato di cui all’articolo 674 del codice penale.

L’imputato, quale titolare della pizzeria, ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo che gli odori caratteristici della pizza erano inidonei a cagionare molestie olfattive e che le prove orali risultavano contraddittorie, in quanto nessuno dei testimoni aveva ritenuto insopportabile lo sprigionamento dei cattivi odori provenienti dalla pizzeria, nonostante la percezione degli stessi.

Solo un testimone aveva dichiarato di non aver mai percepito odori molesti nella sua abitazione, ma tale testimonianza era stata ritenuta dal Giudice di merito inattendibile.

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso del titolare della pizzeria, sostenendo che la motivazione sul punto indicata nella sentenza impugnata è pienamente sufficiente e coerente, laddove evidenzia che le prove testimoniali risultano concordi nell’affermare che i cattivi odori derivanti dalla cottura delle pizze nell’esercizio dell’imputata si avvertivano anche a finestre chiuse e comunque sul vano scala e nella zona del garage e, in alcuni orari, invadevano le stanze dei vari appartamenti, superando il limite della normale tollerabilità. Tali odori erano stati percepiti anche dal funzionario della ASL che aveva proceduto all’accertamento dei fatti e dal tecnico dell’Agenzia regionale per l’ambiente.

Inoltre, ha affermato la Cassazione, non può essere sindacata l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, relativa all’inattendibilità di quanto affermato da un unico testimone che non aveva percepito cattivi odori, per la dichiarata inimicizia di quest’ultimo con le persone offese.

Pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale, Sentenza 26 ottobre 2016, n. 45255)

La Corte di Cassazione ha stabilito che i cattivi odori derivanti dalla cottura di cibi avvertita nelle abitazioni delle persone anche a finestre chiuse e che, quindi, superano il limite della normale tollerabilità, integrano il reato di molestie olfattive e di disturbo.

Nel caso di specie, il Tribunale di Vicenza aveva condannato una pizzeria alla pena dell’ammenda, oltre che al risarcimento del danno della ricorrente, per aver cagionato molestia e disturbo agli inquilini residenti negli appartamenti posti al di sopra del locale, a causa dei cattivi odori derivanti dalla cottura delle pietanze, in relazione al reato di cui all’articolo 674 del codice penale.

L’imputato, quale titolare della pizzeria, ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo che gli odori caratteristici della pizza erano inidonei a cagionare molestie olfattive e che le prove orali risultavano contraddittorie, in quanto nessuno dei testimoni aveva ritenuto insopportabile lo sprigionamento dei cattivi odori provenienti dalla pizzeria, nonostante la percezione degli stessi.

Solo un testimone aveva dichiarato di non aver mai percepito odori molesti nella sua abitazione, ma tale testimonianza era stata ritenuta dal Giudice di merito inattendibile.

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso del titolare della pizzeria, sostenendo che la motivazione sul punto indicata nella sentenza impugnata è pienamente sufficiente e coerente, laddove evidenzia che le prove testimoniali risultano concordi nell’affermare che i cattivi odori derivanti dalla cottura delle pizze nell’esercizio dell’imputata si avvertivano anche a finestre chiuse e comunque sul vano scala e nella zona del garage e, in alcuni orari, invadevano le stanze dei vari appartamenti, superando il limite della normale tollerabilità. Tali odori erano stati percepiti anche dal funzionario della ASL che aveva proceduto all’accertamento dei fatti e dal tecnico dell’Agenzia regionale per l’ambiente.

Inoltre, ha affermato la Cassazione, non può essere sindacata l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, relativa all’inattendibilità di quanto affermato da un unico testimone che non aveva percepito cattivi odori, per la dichiarata inimicizia di quest’ultimo con le persone offese.

Pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale, Sentenza 26 ottobre 2016, n. 45255)