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Organismo di vigilanza e collegio sindacale: entità distinte e distinguibili

La città muta - Movimenti (I)
Ph. Anuar Arebi / La città muta - Movimenti (I)

*Contributo sottoposto con esito positivo a referaggio secondo le regole della rivista

 

Abstract

Il D. Lgs. n. 231/2001 demanda il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei Modelli 231 ad uno specifico Organismo di Vigilanza, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo. Dal 2011 è prevista la possibilità che il ruolo di Organismo di Vigilanza venga svolto dal Collegio Sindacale, lasciando alle società e agli enti l’opportunità di optare per l’attribuzione di più funzioni in capo ad un unico soggetto, ovvero per la separazione dei compiti e delle responsabilità.

In base alle dimensioni, alla complessità e ai rischi che ne caratterizzano l’attività, società ed enti devono procedere alla nomina di un Organismo di Vigilanza che possa svolgere il proprio ruolo con coerenza ai fini della costante idoneità del Modello 231 nel suo complesso, anche di fronte all’autorità giudiziaria.

 

Abstract

Pursuant to the italian decree 231/2001 is legalised that the task of overseeing such operations, in compliance with the models, has been delegated to an organisation within the body vested with powers to act on its own initiative and conduct monitoring. Since 2011 there is the possibility that the role of Supervisory Board pursuant to decree 231/2001 will be carried out by the Board of Auditors, leaving to companies and institutions the opportunity to opt for the attribution of several functions in charge of a single entity, or for the separation of tasks and responsibilities.

Depending on the size, complexity and risks that characterize its activity, companies and institutions must proceed with the appointment of a Supervisory Board that can play its role consistently for the purposes of the constant suitability of the Model 231 as a whole, also before the judicial authority.

 

Sommario

1. Premessa

2. La composizione e i requisiti dell’Organismo di Vigilanza

3. Vantaggi e criticità conseguenti alla sovrapposizione dell’Organismo di Vigilanza col Collegio Sindacale

4. Aspetti operativi dell’assunzione del doppio incarico

5. I rapporti con l’Organismo di Vigilanza secondo le norme di comportamento del Collegio Sindacale CNDCEC

 

Summary

1. Introduction

2. Composition and requirements of the supervisory board

3. Benefits and critical points concerning to the dual posts

4. Matters among the dual posts

5. The connections between the supervisory board and the board of auditor according to the rules of the italian CNDCEC

 

1. Premessa

Come noto, il D. Lgs. n. 231/2001 afferma che ai fini dell’esclusione della responsabilità amministrativa di società ed enti, gli stessi debbano adottare ed efficacemente attuare un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (di seguito “Modello 231”), oltre che nominare un Organismo di Vigilanza (di seguito anche “OdV”). In tal senso, l’art. 6, co. 1, lettera b), D. Lgs. 231/2001 asserisce che “il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei Modelli e di curare il loro aggiornamento è affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo”, mentre al successivo art. 7, co. 4, lettera a) del medesimo Decreto, viene stabilito come il sotteso Organismo debba svolgere verifiche periodiche. In merito all’attività di competenza dell’Organismo di Vigilanza diviene dunque interessante comprenderne le dinamiche relative ai rapporti con gli altri Organi, in particolar modo con il Collegio Sindacale.

Giova in tal senso ricordare come la Legge di stabilità 2012 (L. 183/2011), emanata al fine di introdurre misure dirette a diminuire il carico degli oneri e degli adempimenti amministrativi che gravano su Imprese e Cittadini, all’art. 14, co. 12, ha introdotto la facoltà per il Collegio Sindacale (o altro organo equivalente, nel caso di adozione di forme di governo societario differenti da quella tradizionale) di svolgere le funzioni dell’Organismo di Vigilanza. In ottemperanza a detta previsione, anche il D. Lgs. n. 231/2001 è stato aggiornato con il co. 4-bis dell’art. 6, così disciplinato: “nelle società di capitali il Collegio Sindacale, il Consiglio di sorveglianza e il Comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell’Organismo di Vigilanza di cui al comma 1, lett. b)”, aprendo nei fatti un nuovo modo di interpretare il ruolo dell’Organismo di Vigilanza.

Sin dall’introduzione della citata e prevista sovrapposizione dei ruoli, numerose erano state le palesi reazioni critiche nei confronti dei profili applicativi della norma. Confindustria, in primis, da subito si era esposta con perplessità, indicando quale gap sotteso allo specifico presupposto di Legge la previsione secondo cui i Sindaci stessi potessero rendersi potenziali autori di taluni reati presupposto e citando nel caso specificatamente i reati societari.

Banca d’Italia e ABI, in conseguenza, si erano pronunciate in termini possibilisti, ricordando però come gli Istituti di Credito potessero prevedere la sovrapposizione di ruolo solo dandone adeguata motivazione e sottolineando come tale previsione non potesse in alcun frangente rappresentare un obbligo, bensì sempre e solo una facoltà. Inoltre, la circolare ABI n. 1/2012 sanciva espressamente la contrarietà alla contestazione dell’inidoneità del Modello 231 per “asserita incompatibilità delle funzioni”, suggerendo in tal senso la macchinosa distinzione senza via d’equivoco degli incarichi, ovvero delle azioni svolte dall’Organo di controllo e di quelle portate avanti dall’Organismo di Vigilanza.

Infine, anche l’Associazione degli Organismi di Vigilanza, nel position paper del 23 marzo 2012, aveva profondamente criticato la previsione normativa di specie e l’attribuzione mista dei ruoli, riportando al centro delle considerazioni l’ipotesi di un pesante conflitto d’interessi interno e della possibile carenza dei tratti basici che raffigurano la professionalità di un Organismo di Vigilanza in contrapposizione all’Organo di controllo.

Altra fonte di confusione latente in merito al delicato rapporto tra gli Organi di controllo e l’Organismo di Vigilanza, è stato poi il D.L. n. 5/2012 in materia di semplificazione e sviluppo. Lo stesso aveva difatti apportato ulteriori modifiche a quanto già previsto dalla Legge di stabilità 2012, consentendo alle società a responsabilità limitata l’adozione del Sindaco unico in alternativa al Collegio Sindacale e prestando così il fianco a diverse interpretazioni riguardo una suppletiva carica da attribuire ad un organo tra l’altro monocratico.

Partendo dalle valutazioni critiche rispetto alla previsione di sovrapposizione dell’Organo di controllo e dell’Organismo di Vigilanza, resta dirimente comprendere i profili che possono derivare da logiche applicative. In tal senso, dovranno essere ponderate le possibili implicazioni in tema di responsabilità, sia in capo al professionista autore del controllo, sia in capo alla società, la quale in un’ottima di mero risparmio potrebbe assumere taluni rischi senza probabilmente esserne nemmeno a conoscenza.

 

2. La composizione e i requisiti dell’Organismo di Vigilanza

L’Art. 6 del D. Lgs. n. 231/2001 prevede che si possa parlare di esonero dalla responsabilità amministrativa conseguente alla commissione di reati presupposto qualora l’Organo amministrativo abbia, tra le altre cose:

  1. adottato modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire i reati considerati;
  2. affidato il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del modello e di curarne l’aggiornamento a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo.

Il conferimento dell’attività di controllo all’Organismo di vigilanza, così come l’adeguatezza del suo intervento, sono, dunque, presupposti indispensabili per l’esonero dalla responsabilità e rendono evidente il principio di effettività in materia 231: in tal senso, è importante che questi presupposti non rappresentino un adempimento meramente formale, ma che l’Organismo di Vigilanza sia effettivamente posto nelle condizioni di assolvere ai complessi e delicati compiti di cui la legge lo investe. L’Organismo di Vigilanza deve essere in grado di svolgere attività specialistiche che presuppongono la conoscenza di strumenti e tecniche ad hoc e deve essere caratterizzato da continuità d’azione, al fine di assolvere in modo efficace il suo ruolo in favore di società ed enti. Una corretta individuazione dei professionisti che compongono l’Organismo di Vigilanza sottende, poi, una ponderazione in merito alle esigenze specifiche della società o dell’ente, alle loro dimensioni e alla complessità aziendale intrinseca. La nomina deve essere approcciata valutando i compiti conferiti all’Organismo di Vigilanza dalla legge, nonché i requisiti necessari ai fini dell’adeguato svolgimento di tali compiti, anche alla luce della giurisprudenza maturata sul punto.

La volontà del legislatore è quella di lasciare a società ed enti la più totale libertà di scelta nella composizione dell’organismo stesso: l’Organismo di Vigilanza può, difatti, essere previsto in forma monocratica, vale a dire costituito da una sola persona, oppure pluripersonale (altrimenti detto collegiale), ossia composto da più soggetti. Sia per la composizione monocratica che per quella pluripersonale la norma non regolamenta la presenza di componenti interni o esterni rispetto alla società o all’ente, sebbene nel caso di Organismo di Vigilanza monocratico possa risultare critica la presenza di un componente appartenente alla struttura aziendale, in riferimento ai chiari conflitti d’interesse riscontrabili.

Come anticipato pocanzi, è prevista la possibilità che il Collegio Sindacale, o un organo equivalente nel caso di adozione di forme di governo societario differenti da quella tradizionale, venga investito del ruolo di Organismo di Vigilanza. Sul punto, occorre distinguere l’ipotesi secondo cui un solo membro del Collegio Sindacale sia nominato nel contempo Organismo di Vigilanza, da quella di totale sovrapposizione dei due Organi, previsti in forma pluripersonale.

Intendendo in questo frangente soffermarci sulla nomina formale, dal punto di vista dei requisiti soggettivi – quali autonomia, onorabilità e continuità d’azione – è ormai assodato che uno dei sindaci possa essere chiamato a far parte dell’Organismo di Vigilanza, nonostante non risulti sovrapponibile la fase pratica di designazione. Da un lato, difatti, la nomina del Collegio Sindacale è rimessa ad una delibera assembleare, mentre, dall’altro, la designazione dell’Organismo di Vigilanza – inclusa anche la previsione secondo cui siano nominati uno o più componenti del Collegio Sindacale – si configura quale atto gestorio e quindi è di stretta competenza dell’Organo amministrativo, il quale vi potrà procedere in prima istanza in sede di adozione del Modello 231. Unico caso di contemporanea nomina è, invece, la designazione dell’intero Collegio Sindacale a rivestire le funzioni dell’Organismo di Vigilanza: in questo frangente pare d’uopo rammentare la tesi secondo la quale la nomina del Collegio Sindacale con funzioni di Organismo di Vigilanza intervenga in sede assembleare (organo deputato al business judgement rule).

Quale che sia la scelta organizzativa compiuta dalla società o dall’ente, l’Organismo di Vigilanza dovrà sempre rispettare alcuni basilari requisiti e risultare realmente dotato dei poteri e compiti previsti dal legislatore. Per verificare se esista già, nell’ambito dell’organizzazione societaria, una struttura dotata dei requisiti necessari per svolgere le funzioni attribuite all’Organismo previsto dal D. Lgs. n. 231/2001, pare utile individuarne i principali requisiti, desumibili dal decreto stesso e interpretati dalla Giurisprudenza.

Come disciplinato dalle linee guida di Confindustria, i requisiti per la designazione al ruolo di Organismo di Vigilanza sono riconducibili ai presupposti di seguito riportati.

Autonomia e indipendenza: il requisito è intrinseco nella norma, la quale affinché il Modello 231 spieghi efficacia esimente, all’articolo 6, comma 1, lettera b), del D. Lgs. n. 231/2001 richiede che “il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento” sia stato affidato a “un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo”. Inoltre, la Giurisprudenza ha affiancato al requisito dell’autonomia quello dell’indipendenza (cfr. G.i.p. Tribunale Milano, ordinanza 20 settembre 2004). Il primo requisito, infatti, sarebbe svuotato di significato se i membri dell’Organismo di Vigilanza risultassero condizionati a livello economico e personale o versassero in situazioni di conflitto di interesse, anche potenziale.

I requisiti di autonomia e indipendenza si possono tradurre nella pratica nella necessità di evitare ogni coinvolgimento di carattere operativo all’Organismo di Vigilanza, al fine di scongiurare ogni identità, anche parziale, tra controllato e controllante e nella eliminazione pratica delle ingerenze o dei condizionamenti di tipo economico o personale da parte del vertice societario. All’interno del Modello 231 vanno previste effettive cause di ineleggibilità e decadenza dal ruolo di membro dell’Organismo di Vigilanza, al fine di garantire onorabilità, assenza di eventuali conflitti d’interesse e relazioni di parentela con gli organi societari.

Professionalità: requisito da considerare in riferimento alle competenze, agli strumenti e alle tecniche che l’Organismo di Vigilanza deve possedere per poter svolgere efficacemente la propria attività. Anche la Giurisprudenza si è espressa denotando l’essenzialità della verifica del possesso di specifiche competenze professionali, rammentando come non sia sufficiente un generico rinvio al curriculum vitae dei singoli, ma che il Modello 231 debba esigere che i membri dell’OdV abbiano competenze in “attività ispettiva, consulenziale, ovvero la conoscenza di tecniche specifiche, idonee a garantire l’efficacia dei poteri di controllo e del potere propositivo ad esso demandati” (così Trib. Napoli, 26 giugno 2007). Il requisito di professionalità si può tradurre nella pratica con la nomina di soggetti competenti in materia ispettiva e consulenziale, in grado di compiere attività di campionamento statistico, di analisi, valutazione e contenimento dei rischi, di elaborazione e valutazione dei questionari.

Continuità d’azione: per garantire l’efficace e costante attuazione di un Modello 231, soprattutto nelle aziende di grandi e medie dimensioni, si rende necessaria la presenza di una struttura dedicata a tempo pieno all’attività di vigilanza sul Modello stesso, priva di mansioni operative che possano portarla ad assumere decisioni con effetti economico-finanziari (cfr. Trib. Roma, 4 aprile 2003).

Con riferimento agli Organismi di Vigilanza a composizione collegiale, il requisito della continuità di azione può essere soddisfatto attraverso molteplici profili applicativi: ad esempio, attraverso la presenza di componenti interni che possano offrire un contributo frequente, oppure, nel caso di componenti esterni, attraverso la costituzione di una segreteria tecnica o di referenti che possano assicurare la costante individuazione di una struttura di riferimento nella società o dell’ente.

Il requisito di continuità d’azione si può tradurre nella pratica con la previsione di una struttura dedicata all’attività di vigilanza e attraverso la cura costante della documentazione comprovante l’attività svolta.

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