L’applicabilità del D. Lgs. 231 del 2001 alla società cancellata dal Registro delle Imprese alla luce di Cass. Pen., n. 9006 del 22 febbraio 2022

The applicability of Legislative Decree 231 of 2001 to a company deleted from the Commercial Register in the light of Cass. Pen., n. 9006 of February, 22nd 2022
Mario Rigamonti - Solo fiori
Mario Rigamonti - Solo fiori

Abstract

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte ha nuovamente affrontato il tema dell’applicabilità del D. Lgs. 231 del 2001 alla società che sia stata cancellata dal Registro delle Imprese.

In particolare, il Giudice di Legittimità ha ritenuto di non aderire all’orientamento affermato dalla giurisprudenza e condiviso dalla dottrina secondo il quale, in caso di avvenuta liquidazione della società e di conseguente cancellazione della stessa dal Registro delle Imprese, non è sostenibile l’applicabilità delle norme (tanto più delle sanzioni) in materia di responsabilità amministrativa degli enti, essendo venuto meno il soggetto destinatario dei precetti normativi e del relativo apparato sanzionatorio.

La recente pronuncia della Suprema Corte trae spunto – oltre che da ragioni sistematiche – dalla consolidata giurisprudenza di legittimità che sostiene l’ascrivibilità della responsabilità ex D. Lgs. 231 del 2001 alle società fallite e fonda sul trasferimento della titolarità dell’impresa dall’ente ai singoli soci, in quanto beneficiari dell’attivo residuo all’esito della procedura di liquidazione e destinatari di eventuali azioni da parte dei creditori.

Pur riconoscendo una linearità all’iter logico che guida le motivazioni della sentenza qui in commento, non si può prescindere da considerazioni di carattere pratico e altrettanto valide sotto il profilo sistematico che ricollegano – ragionevolmente – alla chiusura della fase di liquidazione e all’ultimo momento della cancellazione dell’ente dal Registro delle Imprese la fine della sua esistenza e, così, determinano l’impossibilità di ricondurre allo stesso alcuna forma di responsabilità.

 

In the sentence under review, the Supreme Court once again addressed the issue of the applicability of Legislative Decree No. 231 of 2001 to a company that has been deleted from the Commercial Register.

In particular, the Judge of Legitimacy has expressed his disagreement with the orientation affirmed by case-law and shared by doctrine according to which, in case a company is liquidated and consequently deleted from the Commercial Register, the applicability of the dispositions (and much more so of the sanctions) concerning the administrative liability of entities should be excluded, since the subject of the regulatory precepts and of the related apparatus of sanctions has ceased to exist.

The Supreme Court’s recent decision originates - as well as from systematic reasons - from the well-established legitimacy case-law that upholds the applicability of Legislative Decree 231 of 2001 to bankrupt companies and is based on the transfer of ownership of the enterprise from the entity to the individual shareholders, as beneficiaries of the remaining assets at the end of the liquidation procedure and as recipients of any action initiated by the creditors.

While recognizing a linearity to the logic that underlies the reasons of the decision at issue, one should take into account also those practical and equally valid considerations that - reasonably – connect the end of the existence of the entity to the closure of the liquidation phase and to the final moment of its cancellation from the Commercial Register and, thus, make it impossible to attribute it any form of liability.

 

Sommario

1. Il caso portato all’attenzione della Suprema Corte

2. Il precedente e maggioritario orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito

3. Il giudizio della Suprema Corte

4. Considerazioni conclusive

 

1. The case brought to the attention of the Supreme Court

2. The previous and prevailing orientation of the legitimacy and merit case-law

3. The judgement of the Supreme Court

4. Final considerations

 

1. Il caso portato all’attenzione della Suprema Corte

La vicenda sottoposta al giudizio della Suprema Corte trae origine da un infortunio sul lavoro verificatosi ai danni di un operaio, che aveva riportato plurime fratture a seguito di una caduta avvenuta da un’altezza di 3,60 metri, mentre si trovava su una scala a pioli, posizionata in modo instabile, per applicare dei pannelli isolanti sulla parte esterna di un edificio.

Il procedimento penale scaturito dall’infortunio ha visto il coinvolgimento come imputati di due persone fisiche, in qualità di soci e legali rappresentanti della società per la quale l’operaio prestava la sua attività, a cui veniva contestato di non aver messo a disposizione della vittima un’attrezzatura idonea per l’esecuzione di lavorazioni in quota (ponteggio o impalcatura tubolare mobile su ruote) e di non aver proceduto ad una adeguata formazione del dipendente. Unitamente alle persone fisiche, è stata chiamata in giudizio ex D. Lgs. 231 del 2001 anche la persona giuridica, a cui veniva contestato di aver tratto un vantaggio e di aver avuto un interesse nelle condotte omissive a carico degli amministratori.

Sia le persone fisiche che l’ente sono stati condannati in primo grado e le condanne sono state confermate dalla sentenza di appello.

Avverso la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte di Appello di Bologna hanno interposto ricorso in cassazione sia gli imputati che la società: quest’ultima, in particolare, ha eccepito l’estinzione dell’illecito amministrativo a seguito dell’avvenuta conclusione della fase di liquidazione e della sua successiva cancellazione dal Registro delle Imprese.

 

2. Il precedente e maggioritario orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito

Il tema dell’applicabilità del D. Lgs. 231 del 2001 alle società in fase di liquidazione è già stato affrontato in passato sia dalla giurisprudenza di merito che dalle pronunce di legittimità[1]: in particolare, è stato ritenuto come momento dirimente quello in cui – conclusa la procedura con il bilancio finale di liquidazione e la ripartizione dell’attivo – si sia proceduto alla cancellazione della società dal Registro delle Imprese.

Prima di tale momento, infatti, è astrattamente ancora possibile non solo la commissione di condotte che possano dare luogo a reati presupposto della responsabilità dell’ente (basti pensare, ad esempio, ai reati societari che possono essere ascritti ai liquidatori[2]), ma anche la riscossione di ipotetiche sanzioni pecuniarie che potrebbero derivare da una condanna dell’ente ex D. Lgs. 231 del 2001. Di minore interesse, invece, è il tema dell’applicabilità delle sanzioni interdittive all’ente in fase di liquidazione, in virtù della necessaria cessazione dell’attività connaturata a tale momento della vita della società[3].

In argomento, si è pronunciato per la prima volta il Tribunale di Torino con la sentenza del 2 gennaio 2007, con la quale la Prima Sezione Penale ha stabilito non doversi procedere nei confronti di una società in nome collettivo per la quale era intervenuta la cancellazione dal Registro delle Imprese prima che il Pubblico Ministero esercitasse l’azione penale.

Il Tribunale, in particolare, ha richiamato l’art. 2495, comma 2 c.c., secondo cui “ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino a concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione”, per sostenere che – una volta intervenuta la cancellazione dal Registro delle Imprese – la società deve ritenersi estinta; la predetta norma – prevista per le società di capitali – è stata dal collegio torinese ritenuta estensibile anche alle società in nome collettivo, “non essendoci sul punto ragioni per distinguere tra i vari tipi di società”.

 

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[1] Sia consentito, sul tema, il rinvio a CAMINITI I. – SOLIDA S., “La responsabilità ex D. Lgs. 231 del 2001 e le ipotesi di vicende modificative dell’ente”, in Sistema 231, 2021, nn. 2-3, 207 ss.

[2] È il caso, ad esempio, del delitto di false comunicazioni sociali, previsto dagli artt. 2621 e 2622 c.c.

[3] Si veda, sul tema COLAIANNI F. – COLOMBO D., Cancellazione dal registro delle imprese e responsabilità 231: per la Cassazione l’illecito non si estingue, in Giurisprudenza Penale Web, 2022, 4, secondo cui “la cancellazione della società dal registro delle imprese travolge completamente le sanzioni interdittive, le quali giocoforza non potranno essere più applicate a qualsivoglia ente non più in essere. Circostanza in verità priva di elementi di criticità, atteso che la dissoluzione volontaria dell’ente “colpevole” costituisce l’espressione più drastica delle finalità special-preventive che ispirano le sanzioni interdittive stesse”.