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Parole straniere usate e abusate nella comunicazione quotidiana

Equilibri
Ph. Riccardo Radi / Equilibri

Abstract

Voluntary disclosure, hot spots, whistleblower… quante sono le parole straniere usate fuori contesto, con poca trasparenza, spesso per mascherare il reale significato di decisioni e azioni da parte della politica e dell’informazione.

 

L’italiano è esterofilo di natura, amiamo le auto straniere, i luoghi di vacanza oltralpe, le parole e l’uso in particolar modo dell’inglese. Quando ero ragazzo vedevo con assiduità Football Please prima trasmissione televisiva italiana con immagini del calcio straniero.

La trasmissione di una emittente privata regionale ebbe un successo inaspettato, la novità nell’uso della parole Football please le diede una notorietà nazionale.

Dalle facezie sportive all’uso delle parole inglesi per questioni serie e alle volte drammatiche.

In materia di immigrazione si usa il termine “hot spots”. Andrebbe sostituito con l'espressione "centri di identificazione". Infatti, il termine inglese, per quanto ora adottato nell’inglese burocratico dell’UE, ha già altre connessioni semantiche assolutamente diverse che si sovrappongono pericolosamente al presunto senso nuovo, a esempio “punto di connessione Wi-Fi”, “locale alla moda”, per non considerare i vari impieghi italiani di “hot” in contesti ludici, sessuali e alimentari, occultandone il reale significato, serio e drammatico per la vita delle persone che entreranno in questi Centri.

Hot spots” nella nuova accezione risulta offensivo, elusivo rispetto alla realtà, dunque politicamente scorretto.

Voluntary disclosure”: un forestierismo crudo e oscuro, di difficile pronuncia per la maggior parte degli italiani, a meno che non li si pretenda anglofoni fin dalla culla. Si tratta di un termine inadatto alla trasparenza della vita civile, in una nazione amica dei suoi cittadini. Questo termine, che indica l’operazione con cui si dichiarano al fisco capitali indebitamente detenuti all’estero, dovrebbe essere risolutamente abbandonato... a vantaggio di collaborazione volontaria, espressione italiana chiarissima e adatta allo scopo, già usata dalla legge 2014/186 e dall’Agenzia delle entrate.

Smart working”: in sostituzione del quale si dovrebbe usare l'italiano "lavoro agile”.

Bail in, bail out”: termine usato nella finanza e negli istituti bancari. In una ottica di trasparenza gli operatori finanziari e i responsabili dell’informazione dovrebbero sostituire, nell’uso e nelle comunicazioni con il largo pubblico, tali espressioni inglesi con, rispettivamente, "salvataggio interno" e "salvataggio esterno".

A proposito di forestierismi usate e abusatisi ricordano i seguenti: il prefisso cyber-, start-up, wi-fi, stakeholder, car pooling e car sharing, grooming, stalking, privacy, spread e stage. Ci piace definirci nipoti di Dante ma siamo succubi degli inglesismi a “go-go”, mi sono fatto prendere la mano anch’io (gulp).

Riprendiamo la rassegna e citiamo “stepchild adoption”, tale anglismo appare assolutamente improponibile e sarebbe preferibile ripiegare sulla perifrasi "adozione del figlio del partner". Potrebbe suscitare perplessità la presenza di un forestierismo, cioè "partner", ma questo forestierismo è ormai di uso comune e si offre alla lettura in forma non diversa dalle parole italiane (si legge come si scrive, almeno nella pronuncia adattata che ha corso da noi).

Rammentiamo la proposta lanciata dal prof. Francesco Sabatini di tradurre "stepchild" con un neologismo: "configlio", modellato in analogia ad altri gradi di parentela acquisiti da tempo, come compare, consuocera, consuocero.

Nell’ambito universitario si usano con molta frequenza termini aziendali inglesi (ad esempio, analisi on desk, benchmark, benchmarking, tool, student satisfaction, debriefing, executive summary, distance learning, peer review, public engagement, valutazione della performance, abstract, feedback, road map, deadline, graduation day).

Nel sistema universitario italiano è presente una forte disponibilità a impiegare termini ed espressioni provenienti dal mondo economico-aziendale, per designare o descrivere momenti della valutazione relativi alla didattica e alla ricerca, o per indicare fasi burocratico-organizzative previste nella vita ordinaria dell’istituzione.

Esistono vari equivalenti italiani, i quali eviterebbero di accentuare quell’immagine aziendalistica dell’università che sembra oggi imperante, ma che in realtà non riscuote consensi incondizionati.

Fatta salva la libertà di scelta di ogni utente della lingua, si invita a riflettere sul rischio che questa fitta terminologia aziendale anglicizzante venga applicata in maniera forzosa e sia esibita per trasmettere un’immagine pretestuosamente moderna dell’istituzione universitaria, lasciando credere agli utenti e agli operatori professionali che i termini tecnici inglesi siano privi di equivalenti nella lingua italiana, cosa che appare falsa.

Gli equivalenti italiani sono i seguenti: analisi preliminare o analisi a tavolino (al posto di analisi on desk); parametro di riferimento (al posto di benchmark); confronto sistematico o analisi comparativa (al posto di benchmarking); strumento (al posto di tool); soddisfazione dello studente o dell'utente (al posto di student o client satisfaction); resoconto (al posto di debriefing); sintesi (al posto di executive summary); apprendimento a distanza (al posto di distance learning); revisione tra pari (al posto di peer review); impegno pubblico (al posto di public engagement); valutazione dei risultati (al posto di valutazione della performance); sommario o sintesi (al posto di abstract); riscontro (al posto di feedback); piano operativo o cronoprogramma (al posto di road map); termine ultimo o scadenza (al posto di deadline); festa dei laureati (al posto di graduation day).

Whistleblower”: il termine inglese opaco e di ostica pronuncia “whistleblower”, letteralmente “soffiatore nel fischietto”, suggerirei di sostituirlo nelle comunicazioni con il pubblico con il più chiaro “allertatore civico”.

Da rilevare che il traducente qui proposto per la lingua italiana gode dell’appoggio del francese “lanceur d’alerte” e dello spagnolo “alertador”.

Il corrispondente sostantivo astratto “whistleblowing” potrà a sua volta essere utilmente sostituito da “allerta civica”.

Home restaurant”: l'espressione inglese si potrebbe sostituire con l'italiano "ristorante domestico".

 “Caregiver familiare”: In famiglia nessuno ha mai sofferto di gengivite? Mi ha detto una allarmata nonnetta.

Sembra più rassicurante l'italiano "familiare assistente”. L’uso e l’abuso di parole forestiere determina, per gran parte della popolazione, una evidente difficoltà di comprensibilità e consapevolezza di quanto accade nella vita sociale e politica.

Molte volte si ha l’impressione che l’uso della parola forestiera serva a mascherare decisioni indigeste per la cittadinanza. Ricordate il jobs act? La spending review?

Le alternative italiane per le espressioni spending review, jobs act e flat tax: rispettivamente revisione della spesa pubblica, legge sul lavoro e tassa forfettaria saranno meno “glamour” ma sono chiare a tutti.

Come ha scritto George Bernard Shaw:

Nessun uomo che conosce a fondo la propria lingua sa padroneggiarne un'altra”.
(Uomo e superuomo, 1903)