x

x

Corte d’assise: scabinato o giuria?

Venezia
Ph. Riccardo Radi / Venezia

La Corte d’assise è da sempre luogo austero e suggestivo dove si decidono i “grandi delitti” e si fa la storia dell’avvocatura e del sistema giustizia.

 

Sfogliando l’Almanacco giuridico-forense italiano del 1934, il piacere della ricerca di libri sconosciuti o dimenticati è una mania incurabile, leggo un titolo che mi incuriosisce: “Giuria o scabinato?”.

Il resoconto di un congresso svolto in Corte di Cassazione dove si confrontavano la dottrina, con il professore dell’Università di Parigi Donnedieu De Varres, e la magistratura, con il Presidente di sezione della Corte di cassazione Ugo Aloisi.

L’argomento dibattuto sugli scranni del Palazzaccio era: “Quale sia l’organo giurisdizionale più adatto per giudicare i grandi delitti: e cioè se si debba accogliere il sistema del giurì ovvero quello dello scabinato”.

Scabinato? Confesso la mia ignoranza e incuriosito vi invito a seguire la lettura del resoconto non prima di un breve excursus storico giuridico sulla corte d’assise.

 

Corte d’assise: origini ed evoluzioni

La corte d'assise in Italia venne introdotta durante la denominazione napoleonica, fu ripresa dal Regno di Sardegna nel codice di procedura penale del 1859.

Inizialmente era composta, sul modello francese, da tre giudici togati e da una giuria di dodici cittadini.

Nel 1907 furono eliminati i due giudici togati che affiancavano il presidente e nel 1913 il numero dei giurati fu ridotto a dieci.

In epoca fascista con il R.D. 23 marzo 1931, n. 249, venne ridimensionato il ruolo dei giudici laici, ridotti a cinque e fatti sedere, con il nome di assessori, in un unico collegio giudicante assieme a due togati.

Il decreto legge 5 ottobre 1944, n. 290, mutò il nome degli assessori in giudici popolari; nel 1946si ritornò alla vecchia composizione di un presidente e dieci giurati; infine, con la legge 10 aprile 1951, n. 287, tuttora vigente, la composizione è stata stabilita in due giudici togati e sei giudici popolari. La stessa legge ha inoltre istituto la corte d'assise d'appello.

Questo breve excursus mi permette di addentrarmi con maggiore consapevolezza nelle disquisizioni filosofiche e politiche-giuridiche dei relatori del convegno del 1934 che convengono nel dichiararsi favorevoli ad “un giudizio unico di fatto e diritto con un giudice formato di magistrati e di assessori o scabini, scelti in tutte le classi.

 

Corte d’assise: gli scabini

Ancora una volta confesso una mia défaillance: chi erano gli scabini?

Consulto la Treccani e scopro che nel Medioevo gli scabini erano: “gli uomini liberi, istruiti nelle leggi di buona condotta, che nominati dall’imperatore o dal re, costituivno un corpo di giudici permanenti nell’ambito della contea. La loro istituzione risale all’età carolingia”.

 

Corte d’assise e lo scabinato

Il termine scabinato è ancora presente nella giurisdizione spagnola e brasiliana; dove organi analoghi alla corte d'assise sono il tribunal del jurado (Spagna) e il tribunal do júri (Brasile). Forme di partecipazione dei cittadini all'amministrazione della giustizia, attraverso la giuria o la presenza in collegi giudicanti assieme a giudici togati cosiddetto scabinato.

Ai giorni nostri non sono “istruiti nelle leggi” ma dovrebbero portare nella camera di consiglio la ponderatezza dell’uomo comune per evitare condanne a pene “eccessive”.

Questo era l’auspicio che si trae leggendo i lavori preparatori della Carta Costituzionale dove si decise di prevedere la partecipazione “diretta” del popolo all’amministrazione della giustizia.

 

Corte d’assise e Costituzione

Nel nostro ordinamento l’istituto trova la sua collocazione nel terzo comma dell’art. 102 della Costituzione che recita: “la legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia” elevando a rango costituzionale la presenza popolare nelle vicende giudiziarie.

I giudici laici inseriti nella giuria avrebbero spinto nel valutare “il fatto umano” così come avvenuto avrebbe permesso, secondo i Costituenti, di avvicinare la giustizia al popolo superando l’eccessivo tecnicismo che rendeva le decisioni dei giudici sovente opache ed incomprensibili.

A favore della giuria si schierò l’on. Carboni osservando come “il magistrato togato, attraverso l’abitudine costante e quotidiana dell’applicazione della legge scritta, talvolta diventa schiavo del formalismo giuridico, che in qualche caso si risolve in un’ingiustizia sostanziale. Per contro, i giurati hanno impresso sovente un impulso rinnovatore e adeguatore della legge alla mutata coscienza giuridica del popolo. (…) Basterebbero queste osservazioni per consigliare maggiore ponderatezza prima di respingere l’istituto della giuria”.

Parafrasando ai giorni nostri: la vicenda Lucano insegna.

La chiosa finale è che i giurati possono essere giudici del fatto solo se i togati gli forniscono gli strumenti per comprenderlo secondo le vie del diritto; altrimenti accade quanto scritto da Trilussa nella poesia:

 

Il decimo giurato

Er decimo giurato solamente

restava con la fronte pensierosa

e scriveva ogni tanto quarche cosa

come d’un dubbio che ci avesse in mente.

Ma sia pe distrazzione o che so io

a un certo punto prse e stracciò er foio

e lo buttò vicino ar posto mio

Io l’arricorsi pé curiosità

Ci aveva scritto: Zucchero, petroio,

ova, patate, strutto baccalà …