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NURAGHI, IL MODELLO STONEHENGE DA UN MILIONE E MEZZO DI VISITATORI

foto di Sergio Melis
foto di Sergio Melis

NURAGHI, IL MODELLO STONEHENGE DA UN MILIONE E MEZZO DI VISITATORI  

 

Promuovere la candidatura del patrimonio nuragico sardo alla World Heritage List dell’Unesco. Mobilitare la comunità scientifica italiana e internazionale sulle prospettive di studio e ricerca offerte dalle nuove tecnologie. Far crescere la consapevolezza nella società civile e coinvolgere le figure di eccellenza sarde che lavorano in Italia e nel mondo.

I nuraghi sono il segno visibile di un popolo che ben prima della nascita di Roma, tra il 1800 e l’800 A.C. raggiunse il suo splendore e conquistò una centralità straordinaria nel Mediterraneo, stringendo rapporti molto forti con l’Egitto dei Faraoni. Ma sono anche il tratto fondativo di una civiltà antica, misteriosa e carica di fascino che la Sardegna vuole proporre al mondo come carta di identità e testimonianza delle proprie radici più lontane e profonde.

Oggi l’isola, con i suoi 377 Comuni, è unita nella richiesta presentata all’Unesco di inserire i nuraghi nella lista dei beni considerati patrimonio dell’umanità. Ad aprile l’Associazione “La Sardegna verso l’Unesco”, al termine di un lavoro durato più di due anni, ha presentato al Ministero della Cultura il dossier progettuale propedeutico alla candidatura.

La documentazione è basata sullo studio di 32 siti che, ricollegandosi ai 20.000 monumenti nuragici presenti in Sardegna, rappresentano il biglietto da visita e la vetrina dello straordinario paesaggio culturale di questa civiltà protostorica. L’obiettivo ora è promuovere questa candidatura e rafforzare l’attività di racconto di questa cultura millenaria, troppo poco conosciuta in Italia e nel mondo, creando una sorta di nuovo “brand Sardegna” che aiuti l’isola ad attirare turismo 12 mesi l’anno con ricadute economiche su tutte le filiere.

Una battaglia che sta coinvolgendo pezzi importanti della società civile sarda - professori universitari, archeologi, liberi professionisti, economisti, antropologi, genetisti - e ha portato la Regione a programmare 34 milioni di investimenti per riqualificare e rendere accessibili i nuraghi. La posta in gioco è importante. Dai nuraghi - secondo uno studio realizzato da OC&C-Eumetra - può arrivare 1 miliardo di euro l’anno per il Pil della Sardegna. Una cifra destinata a salire nel momento in cui si riuscirà a valorizzare in maniera compiuta il patrimonio nuragico sardo, oggi sconosciuto alla metà dei turisti che visita la Sardegna (il 47% non ha mai sentito parlare di nuraghi e il 30% di quelli che ne conoscono l’esistenza non hanno intenzione di visitarli mentre appena il 10%, per lo più stranieri, visita i siti nuragici).

Secondo lo studio l’ingresso nell’Unesco può rafforzare in maniera notevole la propensione alla visita, ma da solo non basta. Il gap rispetto ai grandi siti storici e archeologici è troppo ampio e i numeri lo testimoniano. Se a Pompei arrivano 3,6 milioni di visitatori l’anno, ai Trulli di Alberobello 2 milioni, ai Sassi di Matera 1,9 milioni, i Nuraghi si fermano a 400mila visitatori. Cogliere il potenziale inespresso, argomenta lo studio, è possibile. Ma serve un piano di investimenti all’altezza e un programma di lungo periodo con una regia chiara.

La civiltà nuragica, insomma, può rappresentare un fattore decisivo per costruire una sorta di “marchio Sardegna”, cambiando radicalmente il modello di sviluppo economico dell’Isola e rendendo l’immagine della regione riconoscibile in tutto il mondo, ma serve uno sforzo di sistema.

I nuraghi sono un grande patrimonio diffuso, si estendono su una superficie di 24mila chilometri quadrati e in Sardegna mediamente è possibile trovarne uno ogni 3 km quadrati. Sono un sistema costruito dall’uomo unico nel suo genere e nel mondo. In dimensioni più piccole c’è qualcosa in Corsica e a Pantelleria. Ma la magnificenza delle strutture nuragiche, la cui altezza superava a volte i 25 metri - erano le costruzioni più alte dopo le piramidi - l’adozione di soluzioni architettoniche sorprendenti, la vastità della loro estensione e i misteri che ancora li circondano possono essere paragonati solo all’Egitto faraonico.

Il lavoro da fare è ancora molto. Ma oggi la Sardegna unita è decisa a presentare al mondo questo diamante tenuto per troppo tempo nascosto e mai adeguatamente raccontato. In questi mesi è stata fatta un’opera di catalogazione e ricerca molto importante e l’osservazione tramite i droni ha portato alla scoperta di nuraghi finora sconosciuti e a una rielaborazione delle loro strutture tramite l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.

A Cagliari, con il coordinamento scientifico dei professori Antonella Sanna e Francesco Pigliaru, è appena andata in scena “Sardegna, Isola dei Nuraghi”, la prima Conferenza internazionale promossa dall’Associazione “La Sardegna verso l’Unesco”, con esperti internazionali provenienti da tutto il mondo come Cristiana Collu (Direttrice della Galleria d’Arte Moderna di Roma), gli archeologi Peter van Dommelen (Brown University, Università Pompeu Fabra, Mustapha Khanoussi (Ministero della Cultura, Tunisi), Mark Pearce (Nottingham University), Marcella Frangipane, esperta di fama mondiale della preistoria del Vicino Oriente, gli economisti Luis César Herrero Prieto (Presidente Association Cultural Economics International) e Luigi Guiso (Einaudi Institute for Economics and Finance) e il paesaggista Joao Nunes (Accademia di Mendrisio). Senza dimenticare Antoni Ferrer, Direttore dell’Agenzia che nel 2023 ha conquistato l’inserimento dei Talayots di Minorca, (monumenti coevi e con molte parentele con i nuraghi) nella Lista UNESCO dei Patrimoni dell’Umanità.

“Noi siamo convinti che l’identità profonda della Sardegna che è rappresentata dal patrimonio unico al mondo dei monumenti della civiltà nuragica, abbia la dignità per diventare patrimonio dell’umanità” spiega Pierpaolo Vargiu, presidente dell’Associazione La Sardegna verso l’Unesco. “Questo riconoscimento può rappresentare uno straordinario volano di sviluppo e trainare l’intera economia della nostra Isola. Abbiamo tra 8 e 12mila monumenti che per noi sono diventati la normalità, ci sembrano parte integrante del nostro paesaggio e quasi non ci colpiscono più. In realtà sono un elemento paesaggistico straordinario e unico al mondo. Dobbiamo valorizzare questo diamante, tirarlo fuori dalla cassaforte e farlo diventare un racconto in grado di affascinare il mondo”.

ll convegno è stato concluso dalle riflessioni di Luigi Guiso, (AXA Professor of Household Finance, Einaudi Institute for Economics and Finance) che si è soffermato sul potenziale economico del patrimonio nuragico. “I nuraghi hanno un potenziale economico significativo. L’Associazione sta facendo un grande lavoro per far comprendere la valenza di questo patrimonio, che ha anche una valenza economica. Stonehenge può rappresentare un modello. Stonehenge non è che un piccolo nuraghe, con un potenziale di impatto visivo decisamente minore rispetto alle risorse sarde, eppure ha un milione e mezzo di visitatori. A Chicago, nella sede del Chicago Tribune, c’è un mattone romano incastonato nel muro - ha proseguito il professor Guiso - Questo sta a significare che quel mattone è prezioso: per chi non lo ha è una merce rara. Noi abbiamo una enorme ricchezza di beni archeologici e dobbiamo renderli fruibili e riconoscibili, facendo sì che questo ‘nuovo turismo’ diventi davvero una potente leva di sviluppo. Dobbiamo farlo sfruttando l’unicità della Sardegna che mantiene l’identità di un’isola preistorica, una preistoria vivente che è un tratto unico al mondo. È un vantaggio comparato enorme, non abbiamo bisogno di importare una risorsa, questa risorsa è già qui”.