x

x

Patrocinio a spese dello Stato e mediazione civile obbligatoria

Tra contrapposte interpretazioni giurisprudenziali e istanze di ripensamento dell’istituto si attende un intervento legislativo.
Patrocinio a spese dello Stato e mediazione civile obbligatoria
Patrocinio a spese dello Stato e mediazione civile obbligatoria

L’articolo 75 del D.P.R.30 maggio 2002 n.115 stabilisce che ‹‹l’ammissione al patrocinio è valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse››. La disposizione, evidentemente, lega a doppio filo l’istituto del patrocinio a spese dello Stato con l’attività processuale, enunciando una sorta di ‹‹principio di universalità››[1] del gratuito patrocinio la cui efficacia è condizionata dalla sola ammissione nel processo principale (Cass. pen. Sez. IV, sent., 12.06.2017, n. 29069).

D’altronde la parte III del D.P.R. 115/02, interamente dedicata al “Patrocinio a spese dello Stato”, si apre con l’articolo 74 che lo assicura per la difesa del cittadino non abbiente sia nel processo penale (comma 1) sia in quello civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione (comma 2): seppur distinguendo il processo penale da tutti gli altri (e ciò in virtù delle sue peculiarità) la disposizione confina con chiarezza l’istituto del patrocinio a spese dello stato all’interno del perimetro processuale.

L’attività stragiudiziale non pare contemplata ai fini dell’accesso al beneficio del gratuito patrocinio. È da questo dato che bisogna partire per affrontare la controversa questione dell’applicabilità del patrocinio a spese dello Stato alla mediazione civile obbligatoria.

Secondo l’articolo 17, co.5 bis, d.lgs. 28/2010, quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale ovvero è disposta dal giudice (articolo 5, co.1 bis e co. 2, d.lgs. 28/2010) non è dovuta nessuna indennità all’organismo di mediazione dalla parte che si trova nelle condizioni previste dall’articolo 76 D.P.R. 115/2002.

Dunque nulla prevede la legge in materia di compenso professionale per l’avvocato che assiste la parte nella procedura di mediazione obbligatoria e ciò nonostante ugualmente obbligatoria sia l’assistenza legale in tale procedura (artt. 5, co.1 bis e articolo 8, co.1, d.lgs. 28/2010).

Quindi, se è vero che il patrocinio a spese dello stato riguarda la sola attività giudiziale, la mediazione civile obbligatoria, per poter accedere all’istituto in questione, dovrebbe giuridicamente collocarsi al di fuori dell’attività stragiudiziale per inserirsi in una fase più propriamente processuale.

Nel silenzio della legge la questione è stata affrontata solo sul piano ermeneutico addivenendo a orientamenti contrastanti.

La legislazione sovranazionale sembrerebbe offrire validi appigli per un’interpretazione estensiva dell’istituto del patrocinio a spese dello stato: la c.d. Carta di Nizza, articolo 47, stabilisce che ‹‹a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello stato qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia››; inoltre la direttiva europea sul Legal aid (Direttiva 2002/8/CE del Consiglio del 27 gennaio 2003), intesa a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere civili, ha prodotto, per il tramite del D.Lgs. n. 116/2005 di attuazione, l’estensione dell’applicazione del patrocinio a spese dello Stato a tutti i procedimenti di conciliazione stragiudiziale obbligatori in materia.

Tali disposizioni supporterebbero una lettura costituzionalmente orientata (artt. 2, 3 e 24 Cost.) dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato che farebbe rientrare la mediazione, purché obbligatoria, nel campo di applicazione dell’articolo 75 DPR in quanto attività connessa, strumentale e funzionale alla fase processuale e ciò anche quando, per l’esito positivo della stessa, non sia seguita dal processo (Trib. Firenze sez. II, sent. 13 dicembre 2016).

Inoltre la Suprema Corte ha recentemente utilizzato una nozione “estesa” di attività giudiziale proprio in riferimento all’istituto del gratuito patrocinio: l’attività professionale di natura stragiudiziale svolta dall’avvocato nell’interesse del proprio assistito non è ammessa, di regola, al patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell’articolo 85 DPR, ed il relativo compenso è a carico del cliente trattandosi di attività estranea al processo. Tuttavia, se tale attività viene svolta in vista di una successiva azione giudiziaria, essa viene ricompresa nell’azione stessa ai fini della liquidazione a carico dello Stato ed il professionista non può chiederne il compenso al cliente ammesso al patrocinio gratuito, pena la responsabilità disciplinare (Cass. Sez. Unite sent. n. 9529 del 19/04/2013).

Tuttavia vi sono pronunce di segno opposto (da ultimo, Trib. Roma, sent. 11/01/2018, est. Monastero) che vanno nella direzione di un’interpretazione letterale dell’articolo 75 DPR e decisamente restrittiva dell’istituto del gratuito patrocinio.

Si ritiene in particolare che:

a) il procedimento di mediazione, seppur obbligatorio, non può considerarsi strumentale all’instaurazione di una controversia civile essendo finalizzato, al contrario, ad evitarla;

b) la spesa a carico dello Stato non è supportata da alcun dato normativo e, peraltro, il d.lgs. 28/2010 non prevede alcun nuovo onere a carico dello Stato;

c) la normativa in materia di controversie transfrontaliere è una normativa speciale (e quindi non estensibile per via analogica);

d) il nuovo articolo 97 Cost. impone l’equilibrio di bilancio;

e) sussiste un vincolo di solidarietà a carico delle parti in mediazione.

Tale orientamento, seppur autorevole e sensato, appare poco condivisibile. Innanzitutto appare difficile negare una disparità di trattamento fra l’attività difensiva svolta nei procedimenti stragiudiziali obbligatori in materia di controversie transfrontaliere e quella svolta in sede di mediazione civile obbligatoria su controversie interne.

Inoltre l’adozione di tale orientamento rischierebbe di svuotare di significato la mediazione civile, deprimendone la funzione deflattiva del contezioso: da un lato l’avvocato potrebbe non avere interesse a favorire una risoluzione amichevole della controversia poiché andando a giudizio potrebbe ottenere la liquidazione del compenso a carico dello Stato, dall’altro le parti in mediazione potrebbero essere altrettanto disincentivate a raggiungere un accordo dato il rischio di dover sostenere le spese della controparte in possesso dei requisiti per l’amissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

Tuttavia resta difficilmente contestabile l’esclusione di oneri a carico dello Stato relativamente alla mediazione civile (d.lgs. 28/2010) anche se il riconoscimento del compenso del legale che ha assistito la parte in mediazione con esito positivo potrebbe portare ad un risparmio dello Stato nella fase processuale.

In conclusione appare sicuramente indispensabile un intervento chiarificatore del legislatore che “limiti” gli ampi spazi interpretativi offerti dall’attuale disciplina giuridica, così come appare senz’altro auspicabile una riflessione più ampia sul tema di una possibile estensione del patrocinio a spese dello Stato all’attività stragiudiziale in genere (negoziazione assistita, arbitrato, mediazione civile facoltativa…) nell’ottica di una sua maggiore valorizzazione.

Come acutamente osservato: ‹‹Se oggi la tutela dei diritti non è affidata solo alle procedure giudiziarie, perché il legislatore introduce differenti metodi […], diviene un intervento indispensabile, sul piano della coerenza, ampliare l’aiuto da parte dello Stato dall’aiuto giudiziario all’aiuto giuridico, per chi ha bisogno di avere informazioni o consulenza legale o assistenza, in margine e al di fuori del processo (come nella maggior parte dei paesi europei)›› (Trib. Firenze sez. II, sent. 13 dicembre 2016).

 

[1] cfr. Santi Bologna, Guida al Patrocinio a spese dello Stato, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2018, p. 15.