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Procreazione assistita: no a coppie gay per infertilità patologica

Corte di Cassazione e forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico differente
procreazione assistita
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Procreazione assistita: no a coppie gay per infertilità patologica

Non è possibile rettificare l’atto di nascita al fine di aggiungere il nome della madre intenzionale. Questo è il principio applicato dalla Corte di Cassazione in seguito alla richiesta presentata da una coppia formata da due donne per due bambini nati con la procreazione assistita.

Il legislatore con la legge 40 del 2004 ha limitato l’accesso alla procreazione assistita soltanto ai casi di infertilità patologica. Questa è una condizione che non può essere riconosciuta nel caso di infertilità della coppia omosessuale.
 

Procreazione assistita: legge n. 40 del 2004.

“Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito.

Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità.”

Ciò è stato posto alla base della legge n. 40 del 2004. Infatti, il legislatore ha evidenziato all’art. 1 le finalità della legge sulla procreazione assistita.

L’art. 4, rubricato “accesso alle tecniche”, sancisce: Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l'impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico. 
Le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate in base ai seguenti princípi:

a) gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della minore invasività;

b) consenso informato, da realizzare ai sensi dell'articolo 6.

3. È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.

Mentre l’art. 5, rubricato Requisiti soggettivi, sancisce Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi.”

 

Corte di Cassazione: la procreazione assistita

La corte di Cassazione con l’ordinanza n. 10844 ha respinto il ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello. Questa aveva ritenuto assolutamente legittimo il rifiuto dell’Ufficiale di Stato civile di porre in essere la correzione dell’atto di nascita nel neonato.

Infatti, la procreazione assistita è avvenuta in Danimarca ma il parto è avvenuto in Italia.

È necessario evidenziare che entrambe le donne hanno espresso consenso scritto ed è stato utilizzato il gamete maschile di un donatore anonimo.

Le donne hanno richiesto al giudice di integrare l’atto di nascita con il nome della madre intenzionale, ossia la donna con la quale la partoriente aveva posto in essere una relazione stabile.

La corte di Cassazione ha respinto il primo motivo di ricorso con il quale le ricorrenti affermavano l’assenza di legittimazione del sindaco nei processi promossi da privati. 

Infatti, la Suprema Corte ha evidenziato che spetta al sindaco la legittimazione passiva, essendo questi ufficiale dello Stato Civile destinatario della richiesta di trascrizione. Inoltre, la Corte ha evidenziato che il Ministero dell’Interno potrebbe essere legittimato ad impugnare l’eventuale decisione sfavorevole essendovi una competenza nel tenere i registri dello stato civile.
 

La ratio della procreazione assistita

La Cassazione ha ritenuto valida la ratio posta alla base della legge n. 40 del 2004 e ha applicato il principio secondo il quale la procreazione assistita è preclusa alle coppie omosessuali.

Infatti, la Cassazione ha ricordato che l’ordinamento italiano non ammette, se non nei casi previsti espressamente dalla legge, “forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico mediante i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto”.

Tale ratio può essere ritenuta applicabile anche nel caso del genitore che abbia intenzione di offrire il proprio ovulo posto nell’utero della partoriente.  La legge n. 40 esclude che le coppie omosessuali possano ricorrere alla procreazione assistita “in presenza di un legame genetico tra il nato e la donna sentimentalmente legata a colei che lo ha partorito”. La ratio posta alla base della scelta del legislatore è quella di limitare l’accesso alla tecnica medica soltanto in relazione all’infertilità patologica  “ alle quali non è omologabile la condizione di infertilità della coppia omosessuale”.  

La Corte di Cassazione ha ritenuto inutile invocare un’interpretazione costituzionalmente orientata della legge 40 del 2004, poichè «una diversa interpretazione delle norme relative alla formazione dell’atto di nascita non è imposta dalla necessità di colmare in via giurisprudenziale un vuoto di tutela che richiede, in una materia eticamente sensibile, necessariamente l’intervento del legislatore».

Più volte la Corte Costituzionale[1] ha evidenziato un vulnus nella disciplina in relazione ai figli nati dopo aver effettuato la procreazione assistita di tipo eterologo in coppie di donne o con la maternità surrogata. Per tale motivo, la Consulta ha evidenziato che non è più ammissibile l’inerzia legislativa in materia di effetti della procreazione assistita. Il legislatore sarà tenuto ad intervenire in nome dell’interesse del minore.

[1] Corte Costituzionale sent. n. 32 e 33 del 2021.