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Avvocato: ingresso in Costituzione

Una professione che cerca riconoscimento
La Costituzione
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Avvocato: ingresso in Costituzione

La necessità di inserire il ruolo e la figura dell’ avvocato nella Costituzione non è solo un cambiamento formale

Perché non iniziare dalla Costituzione per far capire quale deve essere il ruolo dell’ avvocato nel nostro ordinamento giuridico e, allo stesso tempo, la sua indispensabile funzione?

Iniziamo quindi con il riscrivere l’articolo 24, inserendo un terzo comma come, ad esempio, quello che riportiamo qui in carattere neretto:

Art. 24 Costituzione

Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.

La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.

La difesa è esercitata e garantita esclusivamente da avvocati iscritti negli appositi albi. La legge può prevedere altre categorie di soggetti abilitati alla difesa solo in ipotesi tassativamente indicate.

Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.

La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.

Perché questa aggiunta? Prima di tutto per ricordare chi sono i professionisti che hanno la capacità e il diritto-dovere di assistere chi deve tutelare le proprie ragioni e difendere i propri diritti e, di conseguenza, dare rilievo costituzionale alla nostra categoria che è l’unica a cui deve essere garantito il suo ruolo ed evitare che la funzione propria dell’avvocato possa essere delegata ad altre figure professionali che, con il dovuto rispetto, hanno diverse competenze specifiche. Ed anche nelle fasi stragiudiziali o di mediazione la difesa tecnica deve essere garantita evitando che altre figure si sostituiscano a noi. E questo non è corporativismo, bensì una reale forma di tutela dei diritti delle parti che spesso si affidano ai consulenti sbagliati.

Inserire l’ avvocato nella Costituzione è una necessità imprescindibile in un momento in cui il diritto di difesa viene in più di qualche occasione messo in discussione da una certa magistratura che ci ha accusato di essere furbetti che vogliono far assolvere colpevoli o far durare le cause sine die per lucrare cospicue parcelle. Luoghi comuni che noi, noi frequentatori di aule di giustizia, carceri e cancellerie sappiamo non essere veritieri ma che, purtroppo, hanno facile presa in un utente medio non avvezzo ai tecnicismi; un utente che ragiona non sulla base del diritto o di principi di garanzia e civiltà riconosciuti a livello internazionale ma che preferisce slogan semplici quali “In galera e buttare via la chiave” spesso usati da qualche politico in cerca di consensi populistici.”.

In un periodo storico in cui, oltretutto, la nostra figura professionale di avvocato viene sbeffeggiata da programmi TV altamente diseducativi, denigrata online dal popolo della rete che crede alla giustizia fai da te o sulle fonti di Google e in cui i nostri colleghi vengono minacciati perché “osano” difendere colpevoli, questo riconoscimento contribuirebbe a ridare all’avvocatura un’immagine e un riconoscimento degni della propria funzione.

Si tratta di una modifica all’apparenza minima ma con una portata immensa perché, oltre al ruolo dell’ avvocato, costituirebbe una linea guida per ogni riforma veramente migliorativa della Giustizia. Ogni futura norma in materia, e anche i provvedimenti amministrativi, non potranno conseguentemente limitare o rendere più difficoltoso il diritto alla difesa o delegittimare l’avvocatura fino al punto di farla venire del tutto meno come qualcuno sembrerebbe aspirare.

Tra presunzioni di colpevolezza, tentazioni manettare, ostacoli e intralci alle nostre attività quotidiane, è il momento di ricordare quello che è il compito dell’avvocatura che, seppur previsto nella Costituzione, sente il bisogno di un riconoscimento che non sarebbe solo formale dovendo poi diventare effettivo nei fatti.

Cancellerie inaccessibili; rinvii con tempi biblici; magistrati che si arroccano sulle loro posizioni ed ottengono un ulteriore aiutino alla loro attività con l’Ufficio del Processo; un processo telematico che presenta costanti criticità e costi per l’accesso alla Giustizia insostenibili; misure ritenute deflattive del carico dei ruoli che si concretizzano in ulteriori costose dilatazioni dei tempi. Queste elencate sono solo alcune delle problematiche con le quali costantemente ci dobbiamo confrontare e che il legislatore non sembra voglia affrontare al punto che ha costretto alla presentazione di una serie di referendum dove la vittoria di un SI potrebbe rappresentare un primo importante passo verso una minima e parziale svolta per una Giustizia migliore, ma che sicuramente non sono la svolta decisiva.

Inoltre, l’annunciato sciopero della Magistratura contro la riforma della Giustizia è la dimostrazione di come esista una resistenza del tutto immotivata, se non da interessi corporativi, a quella svolta che da più parti è richiesta. Prescindendo dalla nota vicenda Palamara che ha dimostrato una eccessiva (laddove non totale) politicizzazione della magistratura, le condanne per ingiusta detenzione e eccessiva lunghezza dei processi dovrebbero far ammorbidire i toni e cercare di riflettere le problematiche della Giustizia non certo imputabili agli avvocati.

Per giungere quindi a una riforma complessiva e migliorativa è pertanto necessario che tutte le componenti indispensabili a far funzionare l’intero apparato della Giustizia siano considerate come interlocutori paritetici e, in tal senso, la previsione dell’avvocatura nella Costituzione, quale parte essenziale dell’attività giudiziaria, si sostanzierebbe nella indispensabile partecipazione della stessa ai tavoli di lavoro e di discussione. Cosa che oggi non avviene.

Sterili dibattiti di politica forense devono restare nell’alveo dei salotti: l’avvocatura è chiamata ad un’azione concreta che non si deve esaurire in manifestazioni o prese di posizione comunque importanti ma fini a sé stesse, senza un progetto organico e condiviso.

Esistono pronunce della Corte costituzionale con le quali la nostra funzione è riconosciuta indispensabile come difesa tecnica e Pubblico Servizio; adesso è necessario che entriamo nella Costituzione laddove ci spetta e compete.

Questo riconoscimento ci permetterà di portare avanti proposte muovendo da posizioni non semplicemente associazionistiche bensì provenienti da un organismo riconosciuto dalla Carta costituzionale al pari della Magistratura e di altri corpi istituzionali.

Potremo proporre l’abolizione del Giudice di Pace e una riforma della magistratura onoraria; una nostra partecipazione più incisiva al CSM; le indispensabili modifiche ai codici di procedura e un miglioramento del processo telematico o anche l’obbligo di asili nido in ogni tribunale per chi ha figli (personale ministeriale compreso) e i buoni pasto per le udienze che si protraggono di pomeriggio (questa è una provocazione), e interventi sul sistema carcerario. Parleremo di equi compensi, tariffari, modalità di accesso, pratica forense, e, non ultima, della Cassa Forense, toccando tutti gli aspetti amministrativi della Giustizia. Magari anche della riforma del Consiglio Superiore della Magistratura o della previsione di un Consiglio Superiore di Giustizia.

Ma iniziamo dalla Costituzione. È lì che dobbiamo stare. Non risolverà sicuramente i problemi della categoria e della Giustizia, ma sarebbe un primo importante passo da compiere.