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Proroga dello stato di emergenza: ipotesi al vaglio del Governo

Ipotesi al vaglio del Governo
il fiore dell'età
Ph. Sara Caliolo / il fiore dell'età

Dal 31 gennaio 2020 l’Italia è ufficialmente in stato di emergenza a causa del coronavirus. L’allora Governo Conte, temendo di trovarsi impreparato di fronte al possibile aumento dei contagi e della pressione sulle strutture ospedaliere, decise di emanare lo stato d’emergenza, assicurandosi così la possibilità di assumere tutta una serie di decisioni senza necessariamente dover passare dall’approvazione del Parlamento, il cui iter avrebbe richiesto tempo e rischiato di aggravare la situazione.

Da allora lo stato di emergenza è stato oggetto di una serie di proroghe, nonostante il cambio di esecutivo; scaduto il 31 luglio del 2020, è stato prorogato una prima volta fino al 31 gennaio del 2021, una seconda fino al 31 luglio del 2021 e poi - con il decreto legge 105 del 23 luglio al 31 dicembre poi convertito con la legge 126 del 16 settembre – fino al 31 dicembre 2021.

Attualmente lo stato di emergenza è, quindi, in scadenza il 31 dicembre 2021, ma l’ipotesi che venga prolungato ulteriormente è più che probabile, come confermato dal ministro della Salute Roberto Speranza, che ha già ammesso che la soluzione potrebbe essere rinnovata dall’esecutivo «senza timore», qualora dovesse esserci la necessità. Dello stesso avviso anche il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, secondo cui una proroga di 3 mesi sarebbe ragionevole.

 

Proroga dello stato di emergenza: cos’è e cosa comporta la misura

Lo stato di emergenza è stato ideato per intervenire su situazioni territoriali devastate da gravi disastri, come fu il crollo del ponte Morandi a Genova, da alluvioni o da terremoti. L’emanazione può riguardare l’ambito comunale (cat. A), provinciale o regionale (cat. B) o nazionale (cat. C): la pandemia da Covid-19 rientra, senz’altro, in quest’ultima categoria.

Dallo stato di emergenza discendono una serie di misure che dal 31 gennaio 2021 accompagnano quotidianamente la vita degli italiani: uso di mascherine, rispetto del distanziamento, ricorso al lavoro agile (c.d. smart working) e all’eventuale didattica a distanza, divieto di licenziamenti, quarantene per chi viene trovato positivo o per chi rientra dall’estero e persino l’obbligo del green pass.

Inoltre lo stato di emergenza legittima il governo ad emanare i Dpcm, senza bisogno dell'approvazione parlamentare e permette il mantenimento della struttura commissariale guidata dal generale Figliuolo e del Comitato Tecnico Scientifico.

Infine, come stabilito dalla commissione Sanità del Senato, appena terminerà lo stato di emergenza verranno passati in esame i ddl per istituire una commissione di inchiesta sul Sistema Sanitario Nazionale e sulla gestione della pandemia.

Una eventuale proroga consentirebbe, dunque, di mantenere o, all’occorrenza, adottare nuovamente tutte queste misure.

 

Proroga dello stato di emergenza: fino a quando è possibile?

La normativa di riferimento in materia è il decreto legislativo numero 1 del 2 gennaio 2018, il c.d. Codice della Protezione civile. L’articolo 24, al terzo comma, stabilisce che “la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi”. Da questa disposizione si evince, dunque, che lo stato di emergenza non può durare più di 24 mesi, il che significa che non potrebbe essere prorogato oltre il 31 gennaio 2022.

A norma del sesto comma “alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti, subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti”, vale a dire che Regioni e Comuni riprendono appieno i propri poteri, fino a quel momento commissariati dal Governo.

Nell’ipotesi in cui il Governo Draghi ritenesse non sussistenti le condizioni per ritornare alle regole ordinarie, e optasse quindi per un’ulteriore proroga, dovrà farlo mediante approvazione di una norma primaria: una legge o un decreto che modifichi l’attuale legislazione, un emendamento a un provvedimento già all’esame del parlamento o ancora una norma nel decreto Milleproroghe.

Il passaggio per una nuova proroga non è affatto così scontato, un po’ per le crescenti proteste da parte dei No pass e un po’ per i malumori e le critiche provenienti dai partiti politici, anche quelli della maggioranza che sostengono l’esecutivo. È verosimile, quindi, che il nuovo provvedimento debba affrontare un passaggio in parlamento molto delicato e ostico.

 

Proroga dello stato di emergenza: la situazione in altri Paesi UE

La soluzione dello stato di emergenza è stata adottata anche in Francia, Germania e Spagna, ciascun Paese con le sue regole.

In Francia lo stato d’emergenza (definito d’urgenza) è invece regolato dalla legge 1955-385, che prevede situazioni di calamità pubblica. Il Consiglio dei ministri emana un decreto che dichiara l’emergenza, tuttavia la sua proroga oltre i dodici giorni deve essere autorizzata per legge, la quale provvederà a fissare anche la durata definitiva.

In Germania, lo stato di emergenza interno (che include in quest’ultimo anche un pericolo imminente o la minaccia di epidemie), consente limitazioni alle libertà di circolazione - solo per previsione di legge - nel territorio federale. Lo stato di emergenza interno può essere constatato da un Land interessato o dal Governo federale, ma il Parlamento non viene coinvolto nel procedimento e lo stato di emergenza non ha bisogno di essere confermato.

In Spagna, invece, è addirittura la Costituzione stessa, all’articolo 116, a prevedere lo “stato di allarme”, che deve essere dichiarato attraverso un decreto del Consiglio dei ministri, per un periodo massimo di 15 giorni. La legge 4/1981 detta le condizioni per la dichiarazione dello stato di allarme, tra cui sono menzionate le crisi sanitarie come le epidemie e le situazioni di contagio grave. Nell’eventualità in cui il Governo dichiari lo stato di allarme, è gravato dall’onere di presentare immediatamente al Presidente del Congresso una comunicazione con cui accompagnerà il decreto adottato in Consiglio dei ministri.

Nell'eventualità in cui il Governo, in base all'articolo 116 comma 2 della Costituzione, intenda prorogare il termine di 15 giorni, dovrà chiedere l'autorizzazione del Congresso prima della scadenza del termine originario.