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Green pass: riduzione durata?

ed estensione dell’obbligo
Polinesia
Ph. Simona Balestra / Polinesia

Con l’aumento dei contagi torna il timore di nuove chiusure, anche se i ricoveri ordinari e in terapia intensiva - seppur in aumento - appaiono ancora sotto controllo grazie all’alto tasso di vaccinazione del Paese. La paura del passaggio in giallo e in arancione, con le conseguenti restrizioni e ripercussioni socio-economiche, spinge i governatori a chiedere misure restrittive solo per i non vaccinati, sul modello austriaco. Anche se il Governo per il momento frena e si riserva nuove valutazioni a dicembre, tuttavia sembrerebbero al vaglio alcune ipotesi riguardanti green pass e terza dose.

 

Green pass: taglio della durata da 12 a 9 mesi

Con l’obiettivo di somministrare la terza dose per contrastare il calo di protezione dei vaccini decorsi 6 mesi dalla seconda somministrazione (secondo il rapporto Iss l’efficacia calerebbe dal 75.7% al 50.2% per il contagio e dal 91.8% all’82.1% per la malattia severa), il Governo sembra orientato a ridurre la durata della certificazione da 12 a 9 mesi, come era previsto in origine. Problematica la riduzione a 6 mesi, da molti scienziati invocata, dato che creerebbe buchi temporali (la terza dose è possibile solo dopo 180 giorni dalla seconda) e lascerebbe milioni di italiani sprovvisti della certificazione.

Altra ipotesi al vaglio dell’esecutivo in queste ore è l’estensione dell’obbligo della certificazione anche al 2022 svincolandolo dal perdurare dello stato di emergenza (anch’esso in fase di rinnovo attraverso norma primaria).

 

Green pass: che sorte per i tamponi?

Attualmente è possibile ottenere il Green pass - oltre che con ciclo di vaccinazione o avvenuta guarigione - anche con un test molecolare, antigenico o salivare negativo effettuato nelle 48h precedenti.

Numerosi medici e scienziati chiedono a gran voce l’eliminazione del tampone negativo per ottenere il Green pass, ma così facendo si introdurrebbe un obbligo vaccinale, seppur mascherato.

Altra ipotesi è quella di ricorrere soltanto ai test molecolari, più efficienti di quelli rapidi, ai quali sfuggirebbero circa il 30% dei positivi.

Il Governo Draghi sembrerebbe orientato a trovare un compromesso, lasciando inalterate le attuali regole, ma riducendone la validità da 48h a 24h.

 

Green pass: cosa potrebbe succedere in zona arancione e rossa

La linea di Palazzo Chigi è quella di mantenere l’attuale impianto a colori e relative regole, ma con qualche libertà in più per coloro che sono vaccinati. In zona arancione e rossa le restrizioni potrebbero scattare solo per i non vaccinati, sulla linea del Green pass tedesco, che prevede l’accesso ad alberghi e ristoranti solo a vaccinati e guariti. La soluzione sembrerebbe utile al fine di garantire anche la stagione sciistica: in zona arancione gli impianti sarebbero costretti a restare chiusi anche quest’anno, nonostante per ottenere lo Skipass sia già obbligatorio essere in possesso della certificazione verde.

Proprio per evitare questo scenario Forza Italia e la Lega vogliono limitare le misure della zona arancione solamente a chi rifiuta il vaccino, così da poter permettere a vaccinati e guariti l’accesso agli impianti.

 

Green pass: obbligo terza dose per i sanitari

Al fine di contenere l’aumento dei contagi negli ospedali, quasi triplicati negli ultimi 2 mesi, sembra quasi certo l’obbligo di effettuare la terza dose per i sanitari (senza mandare così in affanno il sistema sanitario); stesso discorso vale per i luoghi dove sono presenti soggetti anziani e particolarmente fragili, estendendo l’obbligo anche per il personale che lavora nelle Rsa.

Del resto l’obbligo vaccinale per il settore sanitario è stato già introdotto dal DL 44/2021 e ritenuto legittimo dal Consiglio di Stato che, con sentenza n. 7045 del 20 ottobre 2021, ha respinto nel merito un ricorso collettivo presentato dai sanitari della Regione Friuli V. Giulia.

Non si esclude che, se i contagi e le ospedalizzazioni dovessero continuare a salire, tale obbligo possa essere esteso ad altre categorie di lavoratori, ad esempio nel mondo scuola, dove si sono sviluppati numerosi focolai, in particolar modo materne e primarie, dove i bambini non possono ancora essere vaccinati.