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Nota previa ad una sentenza che tarda ad essere depositata

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Nota previa ad una sentenza che tarda ad essere depositata

Non si conoscono ancora nel momento in cui scriviamo (5 gennaio 2023) le motivazioni della Sentenza della Corte costituzionale italiana del 30 novembre 2022. Il Dispositivo della medesima Sentenza è stato reso noto con un comunicato stampa (1 dicembre 2022) emesso da parte della stessa Corte costituzionale. Non nella sua interezza, quindi. La Corte costituzionale, infatti, si è limitata a renderlo noto per riassunto.

La questione riguardava (e riguarda) la legittimità costituzionale del D. L. n. 24/2021 e del D. L. n. 44/2021. Eccezioni di legittimità costituzionale, relative a questi Decreti, erano state sollevate dai Tribunali di Brescia, Catania, Padova, nonché dal T.A.R. Lombardia e dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana.

L’udienza del 30 novembre 2022 ha fatto registrare un fatto assai singolare: la Presidente della Corte costituzionale ha tolto la parola agli (o ad alcuni) avvocati rappresentanti le parti ricorrenti. Fatto, questo, che potrebbe essere in sé una violazione dei diritti dei ricorrenti che la Corte avrebbe il dovere di garantire e di tutelare: è un principio di civiltà giuridica, infatti, quello secondo il quale nelle controversie giuridiche si devono ascoltare le parti, tutte le parti. Audiatur et altera pars recita il brocardo che gli studenti del primo anno di Giurisprudenza imparano a conoscere.

Non solo. Si è verificato un secondo fatto (almeno apparentemente) singolare: la Corte costituzionale, come riferito ampiamente dalla stampa, ha convocato le parti per una nuova udienza pubblica che si svolgerà il 4 aprile 2023. In questa nuova udienza si discuterà il caso «Sicilia 2» che, da una parte, costituisce il proseguimento dell’analisi del caso «Sicilia 1» e, dall’altra, considererà talune questioni giuridiche nuove. La convocazione, comunque, è stasa fissata dopo aver reso noto (per riassunto) il Dispositivo della Sentenza 30 novembre 2022, ancora non depositata, come si è detto.

Il riassunto presuppone l’esistenza del testo del Dispositivo, che a sua volta presuppone l’esistenza della Sentenza (ancorché non ancora depositata). La nuova udienza pubblica (benché legittima) pone, quindi, un problema innanzitutto di rito o almeno di opportunità.

La presente è una Nota di commento al comunicato stampa ufficiale. Sarà opportuno, anzi è necessario, commentare la Sentenza (motivazioni e dispositivo) dopo averla letta integralmente.

C’è di più. Anche il commento del comunicato stampa ufficiale è possibile solo parzialmente. Non conoscendo gli atti del ricorso alla Corte costituzionale non è possibile considerare due profili riguardanti il Rigetto dei ricorsi: quello relativo al rito (quello che il comunicato stampa etichetta come «ragioni processuali ostative all’ammissione») e quello di merito che riguarda la corresponsione degli assegni a coloro che sono stati sospesi dal servizio o che sono stati impediti di svolgerlo). Ci limitiamo, pertanto, alla considerazione dell’argomento sulla base del quale la Corte costituzionale ha ritenuto possibile dichiarare la legittimità costituzionale (limitatamente ai loro aspetti valutati di dubbia legittimità costituzionale) dei due DD. LL. citati. La Corte, infatti, ha ritenuto che la normativa citata non sia irragionevole e che le scelte del legislatore non siano sproporzionate per il personale sanitario.

Innanzitutto osserviamo che la Corte costituzionale è chiamata a pronunciarsi sulla questione della legittimità costituzionale delle norme ordinarie e degli atti aventi valore normativo, se nei loro riguardi sia stata sollevata l’eccezione di incostituzionalità. Essa, quindi, non è chiamata a pronunciarsi sotto il profilo politico delle norme. Il criterio della ragionevolezza esclude di per sé la valutazione strettamente giuridico-positiva. La ragionevolezza, infatti, è giudizio politico che la Corte non deve prendere in considerazione nelle sue pronunce.

Secondariamente non spetta alla Corte la valutazione circa la proporzionalità delle scelte del legislatore. Nel caso de quo esse investono una questione tecnica prima che politica. Anche il legislatore, infatti, per stabilire le norme di comportamento dei cittadini in presenza di una pandemia necessita di valutazioni scientifiche che non può conoscere se non facendo ricorso a dati scientificamente provati e riprovati e, perciò, relativamente validi. A parte il fatto che nel caso de quo anche le certezze scientifiche non sono … scientifiche (un problema, questo, che necessita di approfondimenti), va osservato che il legislatore non ha competenze proprie in materia. Egli, infatti, legifera su presupposti richiesti e ottenuti da «tecnici» ad esso ausiliari. Tali competenze, perciò, non sono proprie nemmeno della Corte costituzionale. Quindi, il giudizio «politico» che la Corte costituzionale italiana ha espresso non solo esula dalle sue competenze ma pone sul tavolo un delicato problema che non può essere né trattato né tanto meno risolto sulla base di atti di fede e di assunzioni arbitrariamente definite scientifiche.

In terzo luogo la Corte costituzionale sembra abbia omesso di valutare la questione sulla base di canoni ai quali, invece, dovrebbe essere attenta e che sarebbe tenuta ad applicare. Per esempio – è solo un esempio – avrebbe dovuto prendere in attenta considerazione il principio – anche se principio illuministico – dell’eguaglianza, codificato nel testo costituzionale. Alla luce di questo principio (violato dalla normativa oggetto di valutazione sotto il profilo della legittimità costituzionale) diventa inspiegabile l’imposizione della vaccinazione obbligatoria sulla base dell’età anagrafica. La Costituzione non può essere applicata secondo criteri assunti di volta in volta e, perciò, secondo criteri arbitrarî che si dice di ricavare dalle norme. Ciò porterebbe all’espulsione, in ultima analisi, di ogni criterio e all’applicazione dell’ordinamento costituzionale secondo interpretazioni di volta in volta offerte: il cosiddetto «diritto vivente» sarebbe in questo caso puro potere effettivo non legittimato nemmeno dalle sue fonti positive.

In quarto luogo va considerato che l’interpretazione evolutiva della Costituzione porta la giurisprudenza costituzionale a contraddirsi. Ciò è accaduto anche in passato e da parte della Corte costituzionale italiana (cfr., per esempio, Sentenze n. 64/1961, n. 126/1968, n. 147/1969 a proposito della questione dell’adulterio), la quale ha ripetutamente sentenziato sulla base dei presupposti schmittiani: in questo caso sarebbe la società regola per la Costituzione, non la Costituzione regola per la società. Altrimenti detto il diritto costituzionale troverebbe la sua fonte e la sua legittimità nell’effettività: ciò che è effettivo sarebbe giuridico, come per esempio sostenne assurdamente Hegel.

È incomprensibile, poi, che la Corte costituzionale si ritenga attualmente legittimata a smentire quasi in toto la costante sua giurisprudenza, consolidata soprattutto negli ultimi decenni. In particolare a partire dal 1989 (cfr., per esempio, Sentenze n. 203/1989 e n. 334/1996). Soprattutto, però, nel 1991 (cfr. Sentenza n. 467/1991) essa ha sentenziato la legittimità del rifiuto ad adempiere da parte dei cittadini ad obblighi definiti dalla stessa Costituzione come inderogabili. L’imposizione della vaccinazione obbligatoria viola il riconoscimento di questo «diritto», ritenuto di livello costituzionale. La Corte costituzionale ignora, così, persino quanto da essa stessa stabilito.

In quinto luogo la Corte costituzionale «svuota» di ogni contenuto tutte le norme costituzionali relative alla «dignità personale», in particolare l’art. 32 Cost. È vero che attualmente il linguaggio, non più etimologico ma ideologico, rappresenta una via per «adeguare» la normativa, anche quella costituzionale, ad ogni contesto. Parlando per metafore, la Costituzione sarebbe come l’acqua: questa prende sempre e inevitabilmente la forma del recipiente nel quale viene versata e, perciò, la forma del recipiente che la contiene.

Adottando questa metodologia interpretativa, scompare assolutamente la certezza del diritto che soprattutto la modernità giuridica ha cercato e di cui si fa vanto. La certezza, però, in questo caso sta nelle parole, non nei fatti. La cosa non può non preoccupare, poiché questa metodologia fa del diritto positivo lo strumento per la legittimazione di qualsiasi decisione e imposizione.

Ognuna di queste questioni richiederebbe approfondimenti adeguati. In attesa di leggere la Sentenza 30 novembre 2022 (motivazioni e dispositivo) ci limitiamo a queste brevi, anzi telegrafiche, osservazioni preliminari.