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Quale è il bilanciamento tra i principi costituzionali e green pass?

Green pass
Green pass

Abstract

Il presente contributo si propone di offrire spunti di riflessione in merito ai principi costituzionali che entrano in gioco sul controllo e l’utilizzo del green pass.

This contribution aims to offer food for thought on the constitutional principles that come into play on the control and use of the green pass.

 

L'ordinanza della Corte Costituzionale n. 254 del 23 dicembre 2021

Con ordinanza n. 254 del 23 dicembre 2021 e depositata in questi giorni, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito dell’omesso esame da parte della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica della petizione ex articolo 50 Costituzione, presentata alle Camere il 1° e il 7 settembre 2021 da 27.252 cittadini italiani, parte del corpo docente, studentesco e del personale della scuola di ogni ordine e grado e dell’università, e avente ad oggetto la conversione del Decreto legge 6 agosto 2021, n. 111 (Misure urgenti per l’esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti), promosso da D. G., in proprio e in qualità di rappresentante dei firmatari della petizione, «in merito al rilascio, alla verifica e all’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19» – conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, della I e della XII Commissione permanente della Camera dei deputati, della I e della X Commissione permanente del Senato della Repubblica, nella persona dei rispettivi presidenti, del Consiglio dei ministri, del Presidente del Consiglio dei ministri e del Presidente della Repubblica.

La petizione all’origine del conflitto ha ad oggetto l’introduzione con il decreto legge n. 111 del 2021, come convertito, dell’obbligo di certificazione verde COVID-19 (cosiddetto “green pass”), definita dall’art. 9, comma 1, lettera a), del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52 (Misure urgenti per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19), convertito, con modificazioni, in legge 17 giugno 2021, n. 87, quale certificazione di avvenuta vaccinazione contro il SARS-CoV-2 o di guarigione dall’infezione da SARS-CoV-2, ovvero di effettuazione di un test molecolare o antigenico con risultato negativo al virus SARS-CoV-2 (nel primo caso la certificazione ha una durata di 9 mesi, nel secondo di 6 mesi, nel terzo di 48 ore) Attraverso la citata petizione i firmatari della stessa chiedevano di essere esonerati dall’obbligo di certificazione verde, in ragione di quanto garantito dagli articoli 33 e 34 Costituzione, opponendosi alla conversione del citato decreto-legge.

Nella specie, il decreto legge n. 111 del 2021, come convertito, nel richiedere il possesso della certificazione verde per coloro che accedono alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e alle università, imporrebbe surrettiziamente un obbligo vaccinale di cui non sussisterebbero i presupposti, poiché chi abbia scelto di non vaccinarsi, in ragione di una legittima libera scelta sancita espressamente dal citato regolamento n. 953/2021/UE, si troverebbe nella necessità di dover effettuare un test ogni 48 ore, tenuto conto che il mancato possesso della certificazione preclude l’accesso ai luoghi di lavoro e studio, potendo portare anche alla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione. In primo luogo, sarebbero violati gli articoli 1, 2, 3, 4, 7, 9, 10, 11, 13, 16, 17, 19, 21, 32, 33, 34, 35 e 36 Costituzione.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 32 Costituzione, un trattamento sanitario potrebbe divenire obbligatorio con una disposizione di rango legislativo solo se di tale trattamento siano garantite sicurezza ed efficacia, poiché la tutela della collettività non potrebbe mai imporre il sacrificio del singolo, esponendolo a danni o a pericoli, salvo che il sacrificio medesimo non sia assunto dal singolo con il di lui consenso (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 118 del 1996).

L’asserito obbligo vaccinale in questione sarebbe del tutto sui generis, innanzitutto perché indiretto, poi in quanto il consenso informato alla somministrazione del vaccino in tal modo non sarebbe né un consenso, essendo «estorto» con la «minaccia» del mancato accesso al luogo di lavoro o di studio e della sospensione senza retribuzione, né informato, in quanto non sarebbero note le controindicazioni che potrebbero derivare dalla somministrazione dei vaccini, come confermerebbero le autorizzazioni condizionate rilasciate dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA) per i sieri vaccinali in commercio.

Oltretutto, sarebbero altresì violati gli artt. 9, 21, 33 e 34 Costituzione, oltre all’articolo 13 CDFUE, venendo limitati la libertà di insegnamento e il diritto all’istruzione, nonché la libertà di ricerca scientifica, che non sarebbe promossa con riferimento ad altre plausibili e possibili soluzioni alla pandemia.

L’obbligo di green pass, infine, sarebbe lesivo anche del patrimonio costituzionale comune degli Stati membri dell’Unione europea, in riferimento al principio personalista, al principio democratico, alla separazione dei poteri e al sistema di giustizia costituzionale.

Per tali ragioni, il ricorrente chiedeva alla Corte di accertare il diritto di presentare la citata petizione innanzi alle Camere, nonché di accertare e dichiarare che non spettava: alla Camera dei deputati, al Senato della Repubblica, alle Commissioni permanenti I e XII della Camera dei deputati e alle Commissioni permanenti I e X del Senato della Repubblica, nonché ai loro rispettivi presidenti, non esaminare la suddetta petizione.

Nel caso specie, la petizione è stata regolarmente ricevuta dalle Camere, numerata e assegnata alle commissioni competenti.

Secondo la Corte, il conflitto è palesemente inammissibile, perché privo tanto del requisito soggettivo quanto di quello oggettivo, risultando in realtà promosso al solo scopo di portare impropriamente all’attenzione di questa Corte gli asseriti vizi di legittimità costituzionale del decreto legge n. 111 del 2021 e della legge di conversione.

La Corte Costituzionale ha pertanto dichiarato inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

 

I principi costituzionali che vengono in gioco

Nel nostro ordinamento, in primo luogo, deve essere rispettato il principio sancito dall’articolo 32 della Costituzione, in base al quale “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. La difesa di questo principio ha determinato l’adozione di provvedimenti eccezionali, ma necessari nella lotta alla pandemia.

L’articolo 32 della Costituzione, quindi, si è prepotentemente imposto quale ulteriore ed invalicabile limite cui vanno soggette tutte le altre situazioni soggettive meritevoli di protezione rafforzata, in questo momento di rischio di contaminazione senza precedenti.

Il bilanciamento in questione è proporzionale se il pericolo per la salute collettiva “non deve essere evitabile con misure alternative all’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio, in quanto in caso contrario lo Stato sarà tenuto a porre in essere le misure, diverse dai trattamenti sanitari obbligatori, in grado di evitare il pericolo per la salute collettiva senza il sacrificio della libertà personale dei cittadini”.  In sostanza, solo allo Stato va “ascritta ogni competenza e responsabilità – anche di matrice politica – in merito alla decisione di introdurre o meno obblighi di questo genere”. E nel caso in esame il provvedimento è stato assunto dal governo con un decreto legge.

È particolarmente opportuno porre l’accento su due dei limiti enunciati dal secondo comma dell’articolo 41 Costituzione: l’utilità sociale e la sicurezza, entrambi di centrale importanza in relazione al contesto che ha dato vita alla normativa emergenziale adottata a seguito del diffondersi della pandemia da Covid-19, compreso il green pass.

Quello costituito dalla “sicurezza” è un limite che ricorre spesso in tema di diritti fondamentali e che, com’è noto, sottende una nozione più ampia della semplice incolumità pubblica.

Infine, il green pass sarebbe un provvedimento lesivo del diritto dell’Unione europea, perché in contrasto con il regolamento (UE) 2021/953 approvato dal Parlamento e dal Consiglio.

Tale regolamento, nell’introdurre un certificato verde digitale per agevolare la libera circolazione dei cittadini nell’UE durante la pandemia da Covid-19, ha stabilito il divieto di discriminare chi non è vaccinato.

 

Conclusioni

La questione del green pass pone tanti interrogativi e molti profili della sua regolazione: in primo luogo, il fatto che vale a eludere una chiara assunzione di responsabilità da parte dello Stato, rimettendo ai singoli la scelta se vaccinarsi o no; in secondo luogo, il suo utilizzo a protezione di situazioni di privilegio, come avviene in modo eclatante nel caso dei treni e infine, il rischio che possa operare come alibi, per le pubbliche autorità, per non intervenire attraverso misure strutturali come il potenziamento del trasporto pubblico, l’assunzione di un numero adeguato di insegnanti, l’attribuzione al Servizio sanitario nazionale di tutte le risorse di cui necessita.